Rivista Anarchica Online
Fuori tutti i compagni!
senza autore
Dopo due anni di carcere preventivo. Alle Assise di Milano una sentenza ambigua che sottintende
l'innocenza degli imputati, ne condanna tre,
ne assolve tre e li scarcera tutti.
Al palazzo di giustizia di Milano, il giorno della sentenza, i carabinieri
sono armati di mitra, i poliziotti
schierati in ogni angolo e gli agenti della politica sguinzagliati per prevenire la "sommossa". Il clima
è teso, i compagni, numerosi, attendono un verdetto che ci si aspetta duro, senza illusioni. Dopo
12 ore di camera di consiglio (ci meraviglia un tempo tanto lungo per una sentenza scontata) Curatolo
legge la sentenza con voce impacciata e impaurita. I compagni ascoltano in silenzio. La tensione
accumulata nelle lunghe ore di attesa esplode nel grido "fascisti!", spontaneo e violento più che
mai. La giuria "popolare" (composte in realtà di donnette piccolo e medio-borghesi,
avventizie della
repressione) si ritira in fretta, quasi scappa inseguita dalle grida del pubblico. Il processo agli
anarchici si chiude, dopo le 38 udienze che hanno visto il crollo lento, continuo e
inesorabile dell'istruttoria poliziesca, con la condanna di Angelo Della Savia a 8 anni, Paolo Braschi a
6
anni e 10 mesi, Paolo Faccioli a 3 anni e 6 mesi, l'assoluzione piena per Tito Pulsinelli e l'assoluzione per
insufficienza di prove di Norscia e Mazzanti. Tutti i compagni sono stati scarcerati, anche Faccioli,
Braschi e Della Savia che hanno superato i termini
della carcerazione preventiva e attenderanno perciò il processo d'appello in libertà
vigilata. Si è trattato di un processo fortemente politico, in ogni sua componente, per il taglio
che gli imputati
hanno voluto dare al dibattimento, per l'attacco che gli avvocati più attivi hanno condotto contro
tutta la
montatura e per la partecipazione del pubblico che, nell'aula del tribunale, ha identificato lo scontro
diretto tra chi detiene il potere e chi lo combatte. Soprattutto perché politica, e solo politica, e
stata la
sentenza. Una sentenza vile, vergognosa anche per la logica borghese, per il codice Rocco e un tribunale
fascista. Una sentenza di colpevolezza precostituita, frantumata dai colpi della difesa, ma che
evidentemente non poteva essere di assoluzione. Così, strappando al codice penale ogni articolo,
sfruttando ogni paragrafo, ogni minuzia che fosse in qualche modo tecnicamente sostenibile, sono stati
racimolati a denti stretti i 18 anni complessivi della sentenza. I fascisti rei confessi di attentati, con
quintali di tritolo sotto il letto e le mitragliatrici nell'armadio, se la
cavano in questi casi con una multa (sei mesi in casi disperati). Contro ogni logica giuridica e
razionale, la giuria ha confermato il furto nella cava di Grone (mai
avvenuto, come hanno dichiarati i proprietari della cava e per di più tecnicamente insostenibile)
che è il
nocciolo della sentenza. Il furto deve infatti giustificare i 6 attentati attribuiti ai compagni ma, soprattutto,
il possesso di esplosivi da parte di Valpreda. Il giudizio sulla conclusione del processo ha diversi
aspetti: giuridicamente, un processo è un fatto di
tecnologia repressiva allo stato puro, come tale non ci interessa. Umanamente, due anni di carcere
preventivo (dieci anni complessivi), e una sentenza fascista, sono una sconfitta scontata in partenza.
Politicamente questo processo è una vittoria, ha dimostrato in modo altrettanto chiaro l'innocenza
dei
compagni e la colpevolezza della polizia e del giudice Amati. Date le premesse, c'era da aspettarsi
una sentenza simile. C'era anche da aspettarsi, come avevamo
previsto, lo sfacelo della polizia e del famoso giudice. Vorremmo invitare il giudice Amati a leggersi
l'articolo "Sei anarchico, dunque terrorista" pubblicato nel
secondo numero di questa rivista prima che iniziasse il processo, e a tenere maggior conto, per l'avvenire,
di quel che diciamo. Avevamo allora consigliato al signor Giudice di non servirsi troppo della Zublena,
poteva essergli fatale. Non ci ha dato retta ed ora deve ingoiarsi le sue calunnie famigerate passate e
presenti, le sue menzogne vendute e comprate. Ora al signor Giudice dobbiamo dire di stare attento che
il rospo è grosso e difficilissimo da ingoiare, potrebbe anche soffocarlo. E chissà che la
"superteste", un
giorno, non ci racconti come e da chi fu convinta o per così dire "esortata" a dire, scrivere, e
sottoscrivere quello che ha detto, scritto e sottoscritto. La figura del
giudice Amati esce da questo processo sotto una luce sinistra. Di Amati si parla poco, ma
dietro alle vicende chiare e oscure che legano le bombe dell'aprile '69 a quelle sui treni e a piazza
Fontana,
a Pinelli, a Valpreda e alla catena di equivoche istruttorie che a questi fatti criminosi sono legate,
c'è, da
qualche parte, sempre Amati. Non dimentichiamo che è stato Amati ad incarcerare
i compagni per due anni. Sempre Amati spiccò il secondo mandato di cattura un'ora
e mezza dopo che la procura del Tribunale,
nel novembre 1969, aveva ordinato la scarcerazione dei Corradini e di Pulsinelli per mancanza di indizi,
adducendo come nuovi elementi di accusa le rivelazioni di una "testimone segreta". Ancora Amati
è uno
(di altri non v'è traccia) degli "ignoti" di cui è stata chiesta l'incriminazione per
"sottrazione di atti di
ufficio". Sempre lui, quando scoppiarono le bombe romane al palazzo di Giustizia e al Ministero della
Pubblica Istruzione, telefonò ai funzionari di Roma che avevano messo le mani sui responsabili
fascisti
e fece interrompere le indagini dichiarando che i colpevoli erano anarchici milanesi. Di nuovo Amati
è il responsabile del famigerato decreto di archiviazione della istruttoria del giudice
Caizzi, nel luglio del 1970, che dava per certi il suicidio di Pinelli e l'innocenza di Calabresi. Altra
prodezza di Amati fu la telefonata che si dice abbia fatto poco dopo l'esplosione di piazza Fontana
affermando, senza ombra di dubbi, che si trattava di una bomba anarchica. Il 12 dicembre Pietro
Valpreda si trovava a Milano perché era stato convocato proprio quel giorno (semplice
coincidenza) dal
giudice Amati, che non lo ricevette. Pochi giorni dopo, fu uscendo dallo studio di Amati che Valpreda
venne "sequestrato" dalla polizia e tenuto 40 giorni in isolamento e 18 (a tutt'oggi) mesi in
carcere. "Amati è un fascista!" ha gridato Angelo Della Savia in Tribunale, fino ad ora non
risulta che qualcuno
abbia sporto querela. La cronaca delle ultime udienze del processo ha registrato fatti nuovi, che
hanno trovato spazio e rilievo
su tutti i giornali, costretti a scrivere in testa ad ogni articolo "colpo di scena al processo degli anarchici".
In effetti le ultime udienze dibattimentali sono state un continuo colpo di scena, Rosemma Zublena ha
continuato ad accusare, ritrattare, confondersi. Non stiamo a riferire i particolari delle sue
dichiarazioni deliranti e il modo con cui gli avvocati difensori
e gli stessi imputati le hanno smantellate, è più importante sottolineare come proprio dalle
testimonianze
della donna sono scaturite le gravissime responsabilità sul comportamento della polizia. La
Zublena è
stata, in pratica, utilizzata per confermare in ogni particolare le tesi della polizia; di queste tesi lei forniva
immancabilmente una testimonianza "esterna". Non per nulla, ad eccezione del metronotte, è
l'unica teste
non poliziotto chiamata dall'accusa. Alle rivelazioni del suo burrascoso passato di calunniatrice incallita,
alla Zublena è venuto a mancare il compiacente appoggio della giuria, preoccupata di non
compromettersi
ulteriormente, ed è diventata una figura pietosa, angosciata. Ha tentato, non sappiamo se di sua
iniziativa,
l'ultima ignobile carta attribuendo a Pinelli la fonte delle sue informazioni. La reazione violenta degli
imputati e una ferma deposizione di Licia Pinelli, hanno spazzato via le sue ultime speranze e alla fine
di un'udienza tormentosa è sbottata nell'unica frase veritiera: "Io non ho fatto che ripetere quello
che
sapeva Calabresi". È a questo punto che la difesa dichiara di rifiutarsi di interrogare ancora
la Zublena perché "non intende
servirsi ulteriormente di una teste la cui credibilità è totalmente distrutta". Avevamo
già detto da mesi che la Zublena era una psicopatica, creatura della polizia. Ma non ci è
piaciuto il modo con cui l'accusa, vista cadere la "superteste" ha cercato di disfarsi della poveretta,
vomitando su di lei insulti e maledizioni dichiarandola mendace, fabulatrice, indegna. Non ci è
piaciuto
perché, secondo noi, la Zublena è donna che merita molta più dignità
e rispetto da coloro che hanno
abusato di lei e di lei si sono serviti per costruire le loro mene reazionarie e assassine. Pochi giorni
dopo il "crollo" della superteste si scopre che uno dei verbali più scottanti dell'istruttoria è
sparito dagli atti istruttori. Si tratta di una lunga deposizione resa dalla Zublena a Calabresi, in cui essa
dichiara di conoscere i Corradini e gli altri come facenti parte di un gruppo terrorista organizzato a livello
internazionale. In pratica il contenuto di questo verbale, di cui la Zublena aveva negato l'esistenza, ripete,
per filo e per segno, le tesi della polizia. Viene chiesta allora l'incriminazione di Calabresi per "falso
ideologico" e "subornazione" di teste (cioè per aver indotto a dire il falso), della Zublena per falsa
testimonianza e di Amati (sotto la voce "ignoti") per "soppressione di atti".
La deposizione di Leslie Finer
Ad aumentare l'inquietudine che i "colpi di scena" ormai quotidiani stanno suscitando, viene a
deporre
da Londra Leslie Finer, redattore dell'Observer (il quotidiano inglese che per primo pubblicò il
famoso
"rapporto P") e corrispondente dalla Grecia dal 1957 al 1968 dell'Observer, del Financial Times e della
B.B.C. Finer, dopo aver confermato la piena ed assoluta autenticità del documento, dichiara
che i fatti in esso
menzionati sono il frutto di una serie di iniziative dei colonnelli greci tendenti a far uscire il regime
fascista
dall'isolamento politico in cui si trova, coinvolgendo l'Italia. Per questo "si trattava di stabilire una serie
di contatti con l'esercito e la polizia italiani, anche attraverso elementi fascisti e dell'estrema destra
italiana". Con chi furono presi questi contatti? Chi fu incaricato di creare la "strategia della tensione?".
Per quanto riguarda la polizia, le risultanze del processo ci suggeriscono alcuni nomi, peraltro di vecchia
conoscenza. Nella deposizione di Finer salta fuori anche la CIA "Papadopulos è agente della
CIA dal 1956". Fascisti
greci, CIA, polizia, esercito, una catena terroristica su cui non sussistono dubbi. I continui colpi di
scena, assumono un aspetto inquietante e l'intero apparato borghese (leggi: polizia,
stampa, magistratura) diffamatore degli anarchici, piano piano, dopo anni di calunnie, cambia rotta. I
giornali di destra pubblicano sempre più scarni resoconti e affacciano l'ipotesi che, in fondo,
molti
attentati potrebbero non averli fatti... Tanto più che nel frattempo Freda, Ventura e Trinca
(fascisti di
Treviso) sono tratti in arresto accusati delle bombe sui treni, nell'agosto 1969, e tutti ricordano la frase
di Calabresi in piazza Fontana, poco dopo lo scoppio: "Questo attentato è da ricollegarsi a quelli
ai treni,
alla Fiera e all'istituto cambi della Stazione". La prossima volta mangiati la lingua, commissario! Al
giudice Curatolo, in piena crisi, si stampa in faccia un sorriso mozzo, che non lo abbandonerà
più per
il resto del processo. Il P.M., più svelto, si slancia coraggiosamente al recupero, smantella lui
stesso i
cardini dell'accusa, attacca la Zublena, smette di suggerire ai testi, parla pochissimo e rimane
perlopiù
avvoltolato nella toga che gli funge da paravento. Mette le mani avanti dichiarando che, naturalmente,
ancora nessuno ha stabilito che i ragazzi sono colpevoli. L'unico che in tanta procella non cambia,
è il
giudice a latere Danzi, rimane quello di prima. Finito il dibattimento, la requisitoria di Scopelliti,
è un
miracolo di equilibrio. Il P.M. cammina sulle uova, cerca di salvare capra e cavoli e la sua reputazione
(pare che in privato sostenga di esser un progressista...); di tutto il castello delle accuse, gli rimane solo
qualche straccio di indizio "Della Savia (in Svizzera) e Braschi (in Italia) riferiscono circostanze ed
episodi del tutto "simili" (ma dimentica che i quotidiani in Italia e in Svizzera, avevano pubblicato
contemporaneamente le stesse notizie). Questo è tutto quanto gli rimane per salvare qualcosa
dell'istruttoria di Amati. La requisitoria del P.M. Si conclude con un memorabile insulto ai compagni
imputati: "Noi sentiamo
l'orgoglio di aver meditato le nostre tesi con sofferenza, senza prevenzioni, senza settarismi... La vera
libertà civile" è questa la misera conclusione della requisitoria "non è
libertà della legge ma libertà nella
legge. Giustizia e libertà vivono e muoiono insieme". Il volto della Giustizia che emerge da
questo processo sono i due anni di carcere dei compagni, la
cospirazione criminale nei confronti di Valpreda, la tomba di Pinelli al campo 74 del cimitero di
Musocco, sulla cui lapide è scritto cosa è la giustizia borghese.
Alla redazione di A
Sono una donna che lavora, una madre, e ho seguito con molto interesse il processo che si
sta facendo
ai giovani anarchici perché ho figli grandi anch'io. Dopo aver letto i servizi e
i commenti di ogni tipo di giornale, mi sento di poter dire che come riesce
difficile - molto difficile - credere che il povero Pinelli si sia suicidato, altrettanto inverosimile è
che
gli attentati di cui si parla siano opera degli anarchici e non piuttosto di estremisti di destra interessati,
come ben si sa, a creare il caos nel Paese per attuare quel famoso colpo di stato i cui responsabili e
mandanti sono tuttora latitanti. Comprendo, pertanto, la veemenza con cui quei giovani
si difendono che, per conto mio, tende ancor
più a provare la loro innocenza dal momento che un colpevole, a lungo andare, si stanca di
recitare
una parte, e comprendo anche la loro angoscia nel trovarsi così a lungo e quasi certamente senza
colpa, in uno stato di cattività. Sperando di far loro cosa gradita, auguro di
cuore che la Giustizia Vera (se c'è) abbia presto a
trionfare su ogni altra considerazione politica.
A.D.E.
P.S. Purtroppo l'anarchico è un'idealista, culturalmente preparato, onesto e questo,
per un potere
ottuso e corrotto (gli scandali sono sui giornali) lo rende un nemico potenziale. Si
spiega, quindi, l'accanimento contro questo Movimento, mentre l'opinione pubblica, nel constatare
come mafia e fascismo restino sempre impuniti, è più che mai disgustata e
disorientata.
|
|