Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 38
aprile 1975


Rivista Anarchica Online

Psicologia del lavoro e sfruttamento razionale
di Patrich Pidutti

Dal taylorismo alla psicologia moderna - La "ricostruzione" della personalità dei lavoratori al fine di integrarli nel sistema di sfruttamento - Il sistema dei premi per i "buoni" sfruttati.

Questo secolo, che è quello della burocrazia e della produttività, non poteva non essere, fatalmente, anche quello della psicologia applicata. Da una quarantina d'anni, in effetti, quest'ultima si sviluppa con ritmo regolare, che anzi recentemente si è ulteriormente accelerato. Sotto nomi diversi (human engineering, psicologia industriale, organizzazione del lavoro, dinamica dei gruppi) si è ormai imposta ufficialmente negli Stati Uniti e sta prendendo piede anche da noi in Italia, in Francia, ecc..
Oltre atlantico vi sono molti psicologi impiegati in ditte industriali ed in agenzie di Stato; benchè qui da noi ci si accontenti spesso - nella direzione di grandi imprese - delle nozioni generali di psicologia moderna, va notato che ci si avvicina comunque sempre più ai metodi americani. La cosa non può certo destare meraviglia, poiché sono in gioco la produzione e l'efficienza del lavoratore, le quali a loro volta dipendono da molteplici fattori (sua situazione psicologica, esperienze passate, aspirazioni, ecc.): niente dunque sarà trascurato al fine di poterlo sfruttare meglio, assegnandogli la mansione più adatta. E' su questa correlativa necessità di organizzazione, di razionalizzazione e di selezione che la psicologia moderna basa il suo impulso primordiale e l'applicazione delle sue tecniche. Per meglio comprendere la funzione ed i risultati della psicologia applicata, è necessario fare un salto all'indietro nella storia ed esaminare quel primo grande tentativo di razionalizzazione del lavoro industriale che va sotto il nome di "Taylorismo".
Nella sua "Shop management", edita nel 1903, Taylor (inventore del sistema che da lui prese il nome) definì le sue idee principali, che possono essere raggruppate in tre punti:
1) La selezione dell'operaio. E' necessario reclutare "unicamente gli uomini buoni", quelli cioè che presentino le attitudini necessarie all'impiego che si intende dar loro, dal momento che queste attitudini garantiscono l'efficienza del lavoro ed evitano dispersioni di energia.
2) L'educazione funzionale dell'operaio ed il cronometraggio. Bisogna istruire convenientemente gli operai prescelti onde evitare movimenti inutili e perdite di tempo, che inevitabilmente si traducono per l'impresa in un calo di profitti. Punto di partenza di questa "educazione" del lavoratore viene considerato il cronometraggio. Secondo Taylor, i fondamenti del cronometraggio e della conseguente "educazione" del lavoratore si riassumono nei seguenti imperativi:
- dividere il lavoro in tempi elementari;
- individuare tutti i movimenti inutili ed eliminarli;
- studiare la percentuale che conviene aggiungere ai tempi registrati per coprire gli inevitabili ritardi;
- fissare la percentuale che conviene aggiungere per i riposi e studiare gli intervalli di tempo ai quali questi debbono essere concessi per ridurre la fatica:
- ricostruire le combinazioni dei movimenti elementari che si ritrovano più spesso nello svolgersi del lavoro, registrare i tempi di questo insieme di movimenti e classificarli.
3) Il sistematico rallentamento dei tempi di produzione e, per contro, il sistema differenziato dei salari istituito per combatterlo. Taylor presenta il rallentamento volontario e sistematico dei tempi di produzione come un postulato, cioè come una condizione inevitabile: quando cioè si assume un certo numero di operai e li si paga a tariffa giornaliera uniforme, i migliori rallentano la loro velocità di esecuzione (produttività) fino a raggiungere quella dei lavoratori meno produttivi. Per combattere questa realtà, Taylor preconizza un sistema di salari differenziati: indicando con "S" il salario effettivamente percepito dall'operaio, con "sn" il salario normale e con "K" un coefficiente superiore a 1 (funzione dell'attività svolta), ecco che si avrà "S=sn" se la produzione di base non è raggiunta, mentre, se lo sarà, avremo "S=Ksn".
Selezione, apprendistato e motivazione, questi sono dunque i tre dati congiunti a partire dai quali Taylor prevede la possibilità di una organizzazione razionale dal lavoro.
Benchè siamo stati apportati al taylorismo un certo numero di correttivi, sotto l'influenza di concezioni umaniste, i suoi grandi principi continuano ad essere sfruttati, più o meno inconsciamente, dagli psicologi contemporanei ed il suo programma in tre punti costituisce implicitamente il modello teorico al quale fa riferimento la psicologia moderna applicata ai luoghi di lavoro. Bisogna dunque ammettere che "il taylorismo non ha potuto applicarsi che grazie al fallimento delle tecniche psicologiche sunnominate", che in verità il taylorismo stesso non è altro che "la cinica coscienza della esatta finalità della psicologia moderna e delle sue tecniche". La copertura umanitaria appare allora per ciò che veramente è, in altri termini un tentativo di mascherare le motivazioni reali della psicologia moderna e dei problemi che essa è chiamata a risolvere, i quali problemi vengono posti sempre in termini di rendimento, di efficacia e di riuscita.
La prima forma di razionalizzazione del lavoro è intrinsecamente legata al concetto d'attitudine, il quale si presenta come la chiave di volta della psicologia moderna. Secondo questa concezione si tratta di classificare gerarchicamente le intelligenze piuttosto che di scoprire e di valutare le attitudine individuali con lo scopo di incoraggiare le rispettive vocazioni.
Ma ciò che va notato è che questa classificazione risponde più a un pensiero di ordine economico e sociale che ad un insieme di criteri scientifici ben definiti. Così lo psicologo apprezzerà l'intelligenza dei suoi soggetti sulla base del dinamismo di cui essi avranno dato prova nell'esecuzione di una mansione particolare, sulla base della più o meno grande facilità con la quale si saranno adattati ad una nuova situazione, essendo il tutto strettamente legato alla loro capacità di integrazione e di successo nel corpo sociale. E' come se l'economico ed il sociale siano i punti di riferimento principali della psicologia. Insomma, l'idea stessa della classificazione gerarchica delle intelligenze passa necessariamente attraverso l'uso dei test di attitudine, tramite i quali i "tecnici" circuiscono la personalità dei soggetti. Non si tratta, per lo meno all'inizio, che di scoprire i cattivi soggetti, cioè quelli che non presentano le attitudini necessarie all'adattamento socio-economico, al fine di separarli dai buoni soggetti, dal momento che una contaminazione è sempre possibile. Quali sono dunque i soggetti ai quali l'attitudine e l'adattamento fanno difetto? In altri termini, quali sono i cattivi soggetti?

Il disoccupato "cattivo"

Come c'era da aspettarsi, disadattati socialmente ed economicamente, cioè cattivi soggetti, sono innanzitutto considerati i disoccupati. La classificazione gerarchica delle intelligenze sbocca così in prima istanza nella scoperta e nell'analisi psicologica dei disoccupati. "Ogni volta che si studia la possibilità di insegnare un nuovo lavoro ad un disoccupato - sostiene lo psicologo Billon - si deve cominciare col porgli questa domanda: "Perché siete disoccupato?". Certamente può prodursi una mancanza di posti di lavoro in modo che i richiedenti non sempre possono trovarne uno; ma i buoni lavoratori sono esattamente quelli che conservano il loro posto di lavoro o che, in ogni caso, ne trovano sempre uno nuovo. Un disoccupato è dunque, generalmente un uomo che ha più o meno fallito nella sua professione. Si tratta di gente a cui nessun lavoro riesce, che ha sempre l'impressione di svolgere mansioni troppo faticose, che i suoi superiori non abbiano nessuna comprensione per la sua miseria, e che nessuno sia in grado di trovarle un lavoro conveniente". Ma soprattutto il di disoccupato è considerato un potenziale sobillatore che, quand'anche avrà ritrovato un lavoro, perturberà forzatamente l'armonia del gruppo ed il buon andamento dell'impresa, sentendosi così vittima di una situazione economico-politica particolare. Sembra dunque che il compito della psicologia moderna sia, in un secondo tempo, quello di braccare continuamente tutti i potenziali agitatori. Secondo lo studioso francese Carrard, "il primo esempio (azione sovversiva di un agitatore fino al suo licenziamento) testimonia della influenza di un individuo isolato, che arriva a spezzare l'unità collettiva dell'impresa.
Ogni superiore sa, per esperienza, quanto spesso tali individui riescano ad avvelenare una atmosfera d'équipe. I mezzi che impiegano sono quasi sempre gli stessi: riuniscono intorno a sè i malcontenti, lottando a colpi di argomenti demagogici e di slogans che agiscono in virtù dei loro enunciati semplicistici, spargono voci calunniose, deformano i fatti o meglio li mettono sotto silenzio, facendo appello nello stesso tempo agli istinti inferiori dell'auditorio, quali l'odio, la vendetta, l'invidia, ecc. ... (Il verdetto non si fa aspettare) nei casi dove tutto lo sforzo va in pura perdita, sia che si abbia a che fare con un'incorreggibile, sia che il superiore non possieda affatto la dose di comprensione e di autorità necessarie per correggere l'uomo, uno spostamento o il licenziamento sono le soluzioni migliori. Perché, se tollerato, il "sovversivo" sfinisce tanto il superiore quanto i propri compagni di lavoro, l'atmosfera ne viene avvelenata e l'interessato spesso non trae alcun insegnamento. Il licenziamento è, in alcuni casi, il solo ed ultimo mezzo per indurre questo genere di uomini a farsi una ragione".
In tal modo, si passa insensibilmente dalla scoperta del disoccupato alla scoperta del sobillatore e la psicologia moderna può fin d'ora porre in tutta calma le linee di una rieducazione - sempre possibile quando non è troppo tardi - dei soggetti sviati. Dunque, vediamo subito che questa rieducazione porta alla riorganizzazione della personalità del soggetto in vista della sua fusione nel corpo sociale piuttosto che ad un eventuale orientamento professionale in funzione delle sue attitudini. Questa rieducazione deve essere in grado di pervenire e di eliminare il coefficiente di aggressività o di avversità di cui l'individuo è portavoce e che costituisce una minaccia per il suo prossimo. Una volta liberato da tutti questi agenti perturbatori, "l'individuo potrà ridiventare quell'uomo docile, buon marito, buon padre, buon impiegato, buon cittadino, quale non avrebbe mai dovuto dimenticare di essere". Allo stadio dell'educazione propriamente detta, si tratterà dunque di insegnare agli individui ad integrarsi nel corpo sociale onde evitare di entrare in conflitto con gli altri individui. Il vero scopo dell'educazione come è inteso dalla psicologia moderna è la riconciliazione dell'individuo frustrato professionalmente con la classe dominante, cioè è la riconciliazione delle classi sociali, in una parola, la scomparsa della lotta di classe. In questo senso, la psicologia moderna dimostra di essere un'"igiene sociale" di cui bisogna far godere l'insieme di gruppi sociali più che "un'igiene mentale individuale", e, soprattutto, lo strumento adeguato della protezione dell'attuale corpo sociale, cioè, dell'ordine stabilito. L'individuo deve essere educato o rieducato, non per sè stesso, ma per il gruppo sociale nel suo insieme, di cui bisogna, ad ogni costo, garantire la sicurezza.

L'individuo rieducato

Così definita l'educazione psico-socio-economica degli individui apre immancabilmente la via alla abusiva generalizzazione del "sistema dei premi". Ciò è dovuto alla necessità di offrire una ricompensa al soggetto che ci si propone di strappare ai suoi fantasmi vendicativi per rimetterlo sul diritto cammino, ricompensando colui che ha saputo adattarsi alla realtà socio-economica, cioè colui che ha saputo integrarsi nel sociale e diventare un buon impiegato, un buon produttore, un buon padre di famiglia e un buon cittadino.
Componente pratica essenziale dei tecnici della psicologia moderna, "il sistema dei premi" interviene così, per l'individuo, come criterio della sua riuscita sociale e si offre come garante del buon andamento dell'impresa e "angelo sterminatore" dei conflitti sociali dal momento che tutti i lavoratori, se si applicano e si votano completamente al loro lavoro dando prova di buona volontà, possono e debbono trovarci il loro tornaconto.
Conosciamo pertanto le conseguenze pratiche del "sistema dei premi". C'è prima di tutto una aspra rivalità tra i lavoratori di una stessa impresa, dello stesso servizio e dello stesso laboratorio, dal momento che il calcolo dei rendimento individuali e la concessione dei premi hanno il compito di dividere i candidati o gli impiegati allo stesso posto e di eliminare i peggiori produttori.
Ne consegue la sottomissione di tutti alle cadenze infernali e inoltre lo scoraggiamento dei più di fronte al pericolo di una possibile disoccupazione, essendo capaci i più abili solamente - o i più stupidi - di dare per tutto il tempo un rendimento massimale. Quale lavoratore alla catena, in effetti, non ha mai avuto questi sensi di colpa: "Il rendimento che si esige da me è troppo elevato; debbo lasciare il mio impiego?", Quale lavoratore alla catena, assunto di recente, non ha risentito di un complesso di inferiorità di fronte a quelli che hanno un buon rendimento? E, infine, l'alimentazione di tutti, resa inevitabile dalla monotonia dei gesti, la meccanizzazione dei rapporti umani, il dominio della macchina sull'uomo.
Come si vede, nulla manca alla psicologia moderna per costituirsi in degna continuatrice del taylorismo: dalla selezione dei soggetti fino al "sistema dei premi", passando attraverso l'organizzazione o alla riorganizzazione della personalità dell'individuo, essa detiene tutti gli elementi del programma. Sembrerebbe dunque che la psicologia moderna - e non necessariamente lo psicologo - abbia solo in parte fallito la propria vocazione. Il fatto che abbia cambiato la sua "neutralità" originale con una presa di posizione ideologica ben determinata per mettersi al servizio dell'economico e del sociale più che al servizio dell'uomo, porta in ogni caso a crederlo. Certamente, non è ancora che un pericolo latente. In un futuro non lontano, però, questo stesso pericolo potrebbe concretizzarsi.

Patrich Pidutti
(libera traduzione di Aurora F. da Le Monde Libertarire)