Rivista Anarchica Online
Il presidente dei tecnici
di S. Parane
Il ruolo del "progressista" Echeverria. Lo sviluppo della classe media in Messico. Lo stato
imprenditore e il potere del Partito Rivoluzionario
Istituzionale. Crisi economica e nuova dirigenza. La modernizzazione del regime messicano passa
attraverso la
repressione dei campesinos ribelli.
"I cosiddetti "tecnici" costituiscono un gruppo sempre più
importante della classe media, sia per il loro numero
sempre in aumento sia perché essi divengono indispensabili per dirigere una società
complessa, ed anche perché
(considerato che nel paese dei cechi il guercio è re) essi contendono i posti direttivi all'uomo
qualunque,
stimando di possedere titoli migliori per la loro conoscenza scientifica e tecnica. Ne risulta che l'apparato
statale
e finanziario ha sempre più difficoltà ad assorbire il torrente di diplomati delle scuole
superiori, tanto che la loro
aspirazione ad inserirsi nelle gerarchie si trova frustrata e che non resta loro altra possibilità se
non quella di
scuotere la società dichiarandosi i portabandiera dei poveri". Quanto riportato è un'opinione che dei libertari potrebbero fare
propria osservando ciò che sta avvenendo in
Messico, anche se il suo autore altri non è che il miglior storico messicano contemporaneo,
Daniel Cosio Villegas,
già consigliere al Banco del Messico e un po' estremista di convinzione o di
temperamento. Una opinione che non è
condivisa dagli intellettuali di sinistra del paese azteco né da coloro che esprimono le
loro opinioni, da lontano, riguardo il regime del Presidente Echeverria. In effetti è di moda, tra
le frange cosiddette
"progressiste" europee, simpatizzare con l'impostazione politica, il comportamento, il linguaggio del
dirigente
supremo del Messico. Una simpatia che la sinistra latino-americana, generalmente, condivide.
Dimenticando, gli
uni e gli altri che lo stesso Echeverria era segretario degli interni all'epoca del massacro degli studenti sulla
Piazza
delle Tre Culture nel 1968. Un massacro contro il quale protestarono allora questi stessi intellettuali di
sinistra...
Certamente le parole possiedono un potere tutto particolare per le persone che hanno per mestiere il
ragionare. E' nel luglio 1970 che Luis Echeverria
viene aletto presidente con 12 milioni di voti, contro il Candidato del
Partito d'Azione Nazionale - P.A.M. -, Gonzales Morfin, che ne raccoglie 2 milioni. Elezioni
presidenziali che
sono una semplice formalità poiché la designazione del candidato da parte del P.R.I. -
Partito Rivoluzionario
Industriale - significa di fatto portarlo alla presidenza. Il solo interesse delle elezioni è di misurare
la
partecipazione elettorale; questa volta essa è stata mediocre: un terzo degli elettori si sono
astenuti, soprattutto
nei centri urbani. Questo fatto è indicativo insieme dello scetticismo verso il partito ufficiale, della
poca fiducia
verso gli oppositori non meno ufficiali e del disinteresse per tutto il sistema. Il P.R.I. fa le elezioni, e Luis Echeverria è un
prodotto del P.R.I.. La sua carriera si è compiuta, senza grande
clamore, nell'apparato del partito. Quello che pertanto lo contraddistingue dai suoi predecessori è
il fatto che
egli è legato con il gruppo emergente degli economisti, amministratori e tecnocrati,
contrariamente agli "anziani",
maggiormente impregnati della tradizione politica - avvocati, licenciados, sottoprodotti della
fraseologia
rivoluzionaria. Egli, cioè, corrisponde alla natura dei problemi che il paese affronta e che il
regime deve risolvere. Quali erano, quali sono
questi problemi? Un rapido accrescimento della popolazione che provoca una
disoccupazione visibile tanto nelle campagne che nelle città; un mercato interno ristretto per una
industria
nazionale protetta ma di debole produttività; la necessità di importare una tecnologia
costosa; una agricoltura
stagnante; una bilancia commerciale deficitaria, un debito con l'estero
considerevole. Le misure proposte dal candidato
e prese dal presidente sono delle più classiche: sforzi per sviluppare le
esportazioni, riforma fiscale per trarne mezzi di autofinanziamento, controllo più stretto sulle
imprese private,
soppressione di una serie di sovvenzioni alle aziende la cui produzione non è ritenuta essenziale
per l'economia
nazionale, lotta alla speculazione. In breve, un intervento dello stato, già padrone di un settore
industriale e
finanziario maggioritario. Questa politica
nazionalista è stata rafforzata da prese di posizione sul piano internazionale: Echeverria si
è
presentato come uno dei campioni delle rivendicazioni dell'America Latina nel suo insieme che si
fondano sulla
rivalutazione delle materie prime e dei prodotti tropicali così come sull'abolizione delle barriere
protezionistiche
da parte degli Stati Uniti. Una politica che spiega l'entusiasmo delle correnti di sinistra, tanto
latino-americane
che europee, poiché essa unisce l'anti-yankismo allo sfruttamento delle risorse nazionali e questo
facendo appello
a strati sempre più numerosi di una intelligentsia che intuisce vicina una funzione
storica che essa stima vada
verso di lei. Per essere obiettivi vi era, con
Echeverria, un appello alla discussione, una reazione contro la pesante e tetra
burocrazia, una volontà di provocare la critica. E' quello che egualmente spiega la speranza che
nacque presso
gli oppositori e gli emarginati, la fiducia di uomini come Octavio Paz, Carlos Fuentes, Pablo Gonzales
Casanova
nell'esperienza della nuova presidenza. Così si è creata una convergenza tra il desiderio
di Echeverria di eliminare
le élite di dirigenti anchilosate e sclerotizzate, con la spinta delle nuove generazioni
e l'entusiasmo dei rinnovatori
fino ad allora inchiodati dalla censura, l'autocensura e il conformismo. Il cambiamento proposto, atteso e sostenuto, non turbava il sistema. Esso
mirava alla sua modernizzazione. Il
potere restava unico, ma il suo esercizio stava per essere affidato a dei dirigenti giovani e pieni di
immaginazione.
Nessuno pertanto faceva appello né ai contadini delle province situate sotto il dominio dei grandi
proprietari e
dei loro complici dell'amministrazione ufficiale, né a una classe operaia i cui sindacati sono degli
strumenti del
potere. Si trattava insomma, di integrare le
categorie di candidati alla direzione del paese nel regime di partito-classe-stato
esistente. In altre parole si trattava di poter dire
di avere una sinistra. Da ciò la formazione di diverse opposizioni da parte
delle vecchie burocrazie e delle loro clientele; da parte della Confederazione padronale che intende
vedere i suoi
membri continuare a beneficiare dei crediti pubblici e delle facilitazioni doganali, e degli operai, i cui
salari non
hanno seguito il rapido aumento dei prezzi. Senza contare l'esplosione di movimenti di malcontento nello
stato
di Guerrero, dove questa volta dei contadini - e non degli studenti venuti dalle città - hanno
intrapreso delle
operazioni di guerriglia affrontando la polizia e l'esercito. Inoltre, la congiuntura internazionale ha creato nuovi problemi. La inflazione e il rincaro dei
prodotti importati.
Per quanto la "gestione presidenziale" debba tener conto più del breve periodo che dei
programmi a lunga
scadenza e debba contare su diverse classi del "settore popolare" (statutariamente, il P.R.I. si appoggia
a tre
settori: quello contadino, operaio e popolare, quest'ultimo comprendente i piccoli commercianti
così come il
grande industriale), essa non può, senza il rischio di far saltare il regime, mobilitare le forze
operaie né le forze
contadine. Essa non può cercare e trovare delle soluzioni o dei palliativi se non nel regime stesso,
e se le tensioni
si aggravano e il malcontento scoppia, nella repressione. Così come alle difficoltà interne
di tipo economico
risponderà un rafforzamento dei controlli di stato e delle
nazionalizzazioni. Ciò che genera
l'ammirazione della sinistra intellettuale non è il grado di partecipazione operaia o contadina alla
vita e al destino del Messico, né la natura socialista delle decisioni presidenziali, bensì
è il ruolo che essa vede
giocare dai suoi simili nell'amministrazione del paese, avendo come intermediario un partito così
potente. Cosa può essere più
inebriante, per degli aspiranti al potere, che ascoltare Leopoldo Solis, direttore incaricato
della programmazione economica e sociale della nazione, definire gli obiettivi: "La strategia nazionale
deve, prima
di tutto, cercare di accrescere l'efficienza dell'apparato amministrativo nel suo insieme. Tanto le riforme
amministrative che i lavori di programmazione economica devono avere un carattere permanente, al fine
di
confrontare continuamente gli obiettivi da perseguire e i risultati raggiunti, in vista anche di disporre di
gruppi di
lavoro ai quali sarà dato un doppio obiettivo: armonizzare gli obiettivi e la politica della strategia
nazionale e di
ciascun settore economico; verificare che le misure prese a breve termine siano conformi agli obiettivi
a lungo
termine".
S. Parane
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