Rivista Anarchica Online
Nel paese dei cucchiai d'oro
di R.D.L.
Anche per l'aborto possiamo parlare di un fenomeno all'"italiana". La
legge c'è, ma non si applica, tutti lo sanno,
molti lo fanno, è peccato, è reato, è immorale, ma ogni anno da uno a tre milioni
di donne abortiscono. Cosa c'è
di "clandestino" in un fenomeno socialmente così rilevante? Se distribuiamo statisticamente la
frequenza annuale
degli aborti (calcolando una cifra "timida" di poco superiore al milione) sul totale delle donne in
età feconda
arriviamo allo stupefacente risultato che, come media statistica, ogni donna italiana
abortisce almeno due volte
nella sua vita. In realtà, naturalmente ci sono donne che non si trovano mai nella
necessità di abortire così come
ci sono molte donne (si veda ad esempio la testimonianza riportata in questa stessa pagina) che debbono
abortire
dieci, quindici volte. Tuttavia il dato medio statistico ci consente di percepire immediatamente la
dimensione del
fenomeno aborto nell'ambito della società italiana, una società ipocrita e pretesca che
nega moralmente quello
che fa praticamente. Anche in termini giudiziari
questo fenomeno "clandestino" si presenta in modo non meno spettacolare. Di fronte
al milione di reati vari denunciati ogni anno (dall'omicidio alle ingiurie) si erge spropositato il reato
d'aborto che,
a seconda delle stime, eguaglia o triplica la somma di tutti gli altri delitti. Quando una legge arriva ad una
così
vistosa condizione di "anomia" (cioè di rifiuto generalizzato) non ha più alcun motivo
di perpetuarsi, ha esaurito
anche in termini di potere la sua funzione e la sua credibilità sociale. Eppure i legislatori italiani non sembrano preoccupati di questo divario
tra comportamento sociale e norma
giuridica. In realtà l'anomia in tema d'aborto, che tutti gli altri Paesi europei (tranne - al solito -
Grecia e Spagna)
hanno, chi prima chi dopo, risolta adeguando la legge alla morale corrente, cioè liberalizzando
l'aborto, è
difficilmente risolubile in questa disgraziatissima Italia papalina. Naturalmente, neppure da pensarci a risolvere la contraddizione riproponendo
l'osservanza della legge. Intanto
dovrebbero essere istituiti centinaia di tribunali speciali e campi di concentramento per processare i
milioni di
delinquenti, Ma soprattutto, a parte l'impossibilità tecnica, vi è ben altro ostacolo alla
repressione dell'aborto:
l'aborto è nella realtà italiana, arma insostituibile di controllo delle nascite. L'aborto
è infatti il complemento
quasi inevitabile di quelle che sono (a causa delle leggi fasciste e della dottrina cattolica) le due tecniche
anticoncezionali più diffuse, soprattutto nelle classi inferiori e medio-inferiori: il coito
interrotto e l'Ogino-Knaus, due metodi insicuri che consentono di ridurre ma non
di evitare i concepimento indesiderati. Senza
l'aborto perciò l'Italia vedrebbe un "baby-boom" spaventoso, insostenibile per
l'economia nazionale e
inaccettabile per i livelli di vita familiari ed individuali. Non resta dunque ce risolvere la contraddizione all'altro polo, accettando la realtà ed
abolendo le norme
giuridiche sull'aborto e sulla propaganda anticoncezionale, espressione di una politica e di una morale
di
incremento demografico legata a realtà opposte a quella contemporanea. Una politica (recente,
fascista) di stupida
equazione numero-potenza nazionale ed una morale assai più antica e ragionevole (in passato)
che riconosceva
in un'alta natalità la sopravvivenza della specie (data l'altrettanto alta moralità). Negli
ultimi duecento anni però
(e soprattutto nell'ultimo secolo) la realtà s'è andata modificando sino a capovolgere i
termini del problema: oggi
la sopravvivenza della specie è legata alla riduzione delle nascite. La maggior parte dei Paesi del mondo ha adeguato in modo anche
drastico la propria legislazione alla mutata
realtà. In Italia, invece, ufficialmente nulla è cambiato. Grazie alla chiesa cattolica, alla
sua millenaria ed ipocrita
rigidità morale sessuofobica ed alla sua altrettanto millenaria ed altrettanto ipocrita pratica del
compromesso
"realista" (esempio: condanna dei rapporti sessuali pre ed extra matrimoniali ed accettazione ammiccante
dei
bordelli). Grazie ai democristiani che hanno trasferito nell'amministrazione del potere
l'immoralità pretesca.
Grazie ai comunisti ed al loro disegno trentennale di compromesso storico che impedisce loro di
offendere la
Chiesa e di mettere la D.C. con le spalle al muro. Così a fare il mestiere dei democratici, cioè a muoversi perché una
riforma delle leggi e delle istituzioni segua
"democraticamente" l'evoluzione delle cose, del comportamento comune e delle esigenze
socio-economiche,
ritroviamo in Italia un pugno di radicali, un pugno di "riformisti extraparlamentari". Li abbiamo
già visti
costringere la sinistra italiana a battersi per il divorzio. Ora stanno cercando di costringerla a battersi per
la
depenalizzazione dell'aborto. Ed è probabile che ci riescano, nonostante
tutto. Così la mossa della magistratura
fiorentina che ha drammaticamente pubblicizzato la battaglia radicale finirà per
sortire effetti contrari agli intendimenti reazionari. Come per il divorzio l'iniziativa reazionaria del
referendum
abrogativo s'è conclusa con una clamorosa sconfitta della "destra" politica ed
etica. L'aspetto più assurdo di tutta la
vicenda (ed è il più tipicamente "italiano" nel senso figurato del termine) è che
un gruppetto di irrequieti utopisti democratici (utopisti perché sembrano davvero credere alla
possibilità di una
democrazia vera, "libertaria" addirittura, come dicono loro) debba spingere un'intera classe politica a
risolvere
un'anomia troppo vistosa e troppo importante per non finire con l'essere prima o poi nociva alla
stabilità del
sistema, (smascherando l'opposizione tra società e stato) e che la debba spingere, per di
più, in una direzione che
hanno già preso "spontaneamente" (cioè senza grandi sollecitazioni, campagne di
agitazione, ecc.) quasi tutti gli
stati: la politica della depenalizzazione dell'aborto accoppiata alla diffusione dei contraccettivi e (nei Paesi
che
più risentono della pressione demografica) alla sterilizzazione volontaria. Una politica di "libera"
scelta, di
procreazione "volontaria" che forse è una fase di transizione tra la vecchia imposizione ad avere
figli ed un futuro
"numero chiuso" di figli per coppia, (la libera scelta individuale non è e non è mai stata
gradita ai legislatori,
burocrati, governanti; meglio per loro la "certezza" dell'obbligo e del divieto). La realtà politica italiana (governo ed opposizione) è
talmente arretrata che ciò che negli altri paesi è compito dei
riformisti, qui diviene tema d'agitazione delle minoranze extraparlamentari. Ciò che altrove
realizza un onesto
conservatore come Giscard d'Estaing, da noi deve portare prima in galera Spadaccia (o Pannella o
qualche altro
sincero democratico) e nelle piazze i "rivoluzionari". Grazie alla chiesa, alla D.C. ed ai comunisti. Ed in
subordine grazie anche ai socialisti che non riescono neppure a fare i
social-democratici. Per finire: e gli anarchici? Gli
anarchici concordano su iniziative come il C.I.S.A., su organismi che aiutano le
donne, soprattutto le giovani e le proletarie (cioè le più deboli e sprovvedute in materia)
ad abortire (e meglio
ancora a concepire) se e quando lo ritengono opportuno, al di fuori e contro le leggi dello stato. Non
dimentichiamo che le prime condanne della repubblica democratica antifascista in base alle leggi contro
la
propaganda ai metodi anticoncezionali colpirono due noti anarchici: Giovanna Berneri e Cesare Zaccaria.
La
stessa Adele Faccio, una delle fondatrici del C.I.S.A., si dichiara anarchica, pur non avendo legami con
il
movimento anarchico organizzato. Dove noi non seguiamo più i radicali è quando
dall'azione diretta, cioè
dall'ambito sociale, passano ai referendum e alle leggi, cioè nell'ambito istituzionale e
statuale. Perché noi, per l'appunto, siamo
rivoluzionari e libertari, loro sono riformisti e democratici, anche se extra-parlamentari.
R.D.L.
Uno stipendio per ogni aborto
"Ne ho fatti tanti che non ne ricordo più
il numero". E' quanto ci dice la madre di un compagno,
lavoratrice milanese ora in pensione. Stiamo parlando di aborto. "Il primo l'ho fatto a 24
anni, sono rimasta
incinta appena hi smesso di allattare i bambino che mi era appena nato. Il primo aborto non l'ho
dimenticato perché è stato il più sicuro dei tanti che ho dovuto subire, eppure
ho avuto una forte
emorragia. Ne ho fatti
tanti in condizioni incredibili. Sono andata sia da medici sia dalle praticone, secondo la
possibilità economica che avevo al momento. Ricordo però che anche questa gente non
del mestiere si
faceva pagare un mese del mio stipendio di operaia, spesso mi è capitato di dover lasciare in
pegno la
mia fede nuziale e riscattarla poco alla volta".
ANCHE DA
SOLA
Come avveniva l'intervento? "Allora non
c'erano ne questo metodo nuovo dell'aspirazione né il sollievo
dell'anestesia. Si andava avanti a forza di fazzoletti nei denti e coraggio. Io ho avuto anche la sfortuna
di una gravidanza gemellare, quello senz'altro è stato l'intervento più
doloroso". Avevi difficoltà a
trovare chi ti aiutasse ad abortire? "Qualcuno si poteva sempre trovare, bastava pagare. Il
guaio è stato
quando mi sono trovata senza soldi e ho dovuto abortire da me". Come hai fatto?
"Semplice me l'aveva
insegnato una levatrice. Bastava infilare un ferro da lavoro in una cannetta e con la punta penetrare
l'utero ed infilarci la cannetta. Dopo un po' veniva una fortissima emorragia e tirando via la cannetta
usciva anche il feto. E' inutile dire che le possibilità di lasciarci la pelle erano molte, ma se lo
facevo
era anche perché un altro figlio non me lo potevo permettere".
MALEDETTA
SOCIETÀ
Come sopportavi questi sacrifici? "Non avevo altra scelta, li dovevo fare. Certo l'ho pagata
molto perché dieci anni fa mi hanno dovuto
togliere tutto l'apparato genitale per salvarmi la vita. Ma la cosa che mi fa più rabbia è
che questa
maledetta società che mi imponeva di abortire in maniera pericolosa per i suoi principi morali,
se avessi
fatto nascere quei bambini non mi avrebbe aiutato in nessun modo per dargli da mangiare, curarli,
vestirli o istruirli". Tu, certamente, vuoi che in Italia sia possibile abortire liberamente.
E' ovvio, anche se
non è più un problema mio, per fortuna. Ma la questione è un'altra: piuttosto che
l'aborto,
bisognerebbe poter conoscere e usare liberamente gli anticoncezionali ed eliminare così la tortura
dell'aborto per le donne che non vogliono o non possono avere figli. Credo che questa sia l'unica
soluzione vera del problema".
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