Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 35
gennaio 1975


Rivista Anarchica Online

Nel paese dei cucchiai d'oro
di R.D.L.

Anche per l'aborto possiamo parlare di un fenomeno all'"italiana". La legge c'è, ma non si applica, tutti lo sanno, molti lo fanno, è peccato, è reato, è immorale, ma ogni anno da uno a tre milioni di donne abortiscono. Cosa c'è di "clandestino" in un fenomeno socialmente così rilevante? Se distribuiamo statisticamente la frequenza annuale degli aborti (calcolando una cifra "timida" di poco superiore al milione) sul totale delle donne in età feconda arriviamo allo stupefacente risultato che, come media statistica, ogni donna italiana abortisce almeno due volte nella sua vita. In realtà, naturalmente ci sono donne che non si trovano mai nella necessità di abortire così come ci sono molte donne (si veda ad esempio la testimonianza riportata in questa stessa pagina) che debbono abortire dieci, quindici volte. Tuttavia il dato medio statistico ci consente di percepire immediatamente la dimensione del fenomeno aborto nell'ambito della società italiana, una società ipocrita e pretesca che nega moralmente quello che fa praticamente.
Anche in termini giudiziari questo fenomeno "clandestino" si presenta in modo non meno spettacolare. Di fronte al milione di reati vari denunciati ogni anno (dall'omicidio alle ingiurie) si erge spropositato il reato d'aborto che, a seconda delle stime, eguaglia o triplica la somma di tutti gli altri delitti. Quando una legge arriva ad una così vistosa condizione di "anomia" (cioè di rifiuto generalizzato) non ha più alcun motivo di perpetuarsi, ha esaurito anche in termini di potere la sua funzione e la sua credibilità sociale.
Eppure i legislatori italiani non sembrano preoccupati di questo divario tra comportamento sociale e norma giuridica. In realtà l'anomia in tema d'aborto, che tutti gli altri Paesi europei (tranne - al solito - Grecia e Spagna) hanno, chi prima chi dopo, risolta adeguando la legge alla morale corrente, cioè liberalizzando l'aborto, è difficilmente risolubile in questa disgraziatissima Italia papalina.
Naturalmente, neppure da pensarci a risolvere la contraddizione riproponendo l'osservanza della legge. Intanto dovrebbero essere istituiti centinaia di tribunali speciali e campi di concentramento per processare i milioni di delinquenti, Ma soprattutto, a parte l'impossibilità tecnica, vi è ben altro ostacolo alla repressione dell'aborto: l'aborto è nella realtà italiana, arma insostituibile di controllo delle nascite. L'aborto è infatti il complemento quasi inevitabile di quelle che sono (a causa delle leggi fasciste e della dottrina cattolica) le due tecniche anticoncezionali più diffuse, soprattutto nelle classi inferiori e medio-inferiori: il coito interrotto e l'Ogino-Knaus, due metodi insicuri che consentono di ridurre ma non di evitare i concepimento indesiderati. Senza l'aborto perciò l'Italia vedrebbe un "baby-boom" spaventoso, insostenibile per l'economia nazionale e inaccettabile per i livelli di vita familiari ed individuali.
Non resta dunque ce risolvere la contraddizione all'altro polo, accettando la realtà ed abolendo le norme giuridiche sull'aborto e sulla propaganda anticoncezionale, espressione di una politica e di una morale di incremento demografico legata a realtà opposte a quella contemporanea. Una politica (recente, fascista) di stupida equazione numero-potenza nazionale ed una morale assai più antica e ragionevole (in passato) che riconosceva in un'alta natalità la sopravvivenza della specie (data l'altrettanto alta moralità). Negli ultimi duecento anni però (e soprattutto nell'ultimo secolo) la realtà s'è andata modificando sino a capovolgere i termini del problema: oggi la sopravvivenza della specie è legata alla riduzione delle nascite.
La maggior parte dei Paesi del mondo ha adeguato in modo anche drastico la propria legislazione alla mutata realtà. In Italia, invece, ufficialmente nulla è cambiato. Grazie alla chiesa cattolica, alla sua millenaria ed ipocrita rigidità morale sessuofobica ed alla sua altrettanto millenaria ed altrettanto ipocrita pratica del compromesso "realista" (esempio: condanna dei rapporti sessuali pre ed extra matrimoniali ed accettazione ammiccante dei bordelli). Grazie ai democristiani che hanno trasferito nell'amministrazione del potere l'immoralità pretesca. Grazie ai comunisti ed al loro disegno trentennale di compromesso storico che impedisce loro di offendere la Chiesa e di mettere la D.C. con le spalle al muro.
Così a fare il mestiere dei democratici, cioè a muoversi perché una riforma delle leggi e delle istituzioni segua "democraticamente" l'evoluzione delle cose, del comportamento comune e delle esigenze socio-economiche, ritroviamo in Italia un pugno di radicali, un pugno di "riformisti extraparlamentari". Li abbiamo già visti costringere la sinistra italiana a battersi per il divorzio. Ora stanno cercando di costringerla a battersi per la depenalizzazione dell'aborto. Ed è probabile che ci riescano, nonostante tutto.
Così la mossa della magistratura fiorentina che ha drammaticamente pubblicizzato la battaglia radicale finirà per sortire effetti contrari agli intendimenti reazionari. Come per il divorzio l'iniziativa reazionaria del referendum abrogativo s'è conclusa con una clamorosa sconfitta della "destra" politica ed etica.
L'aspetto più assurdo di tutta la vicenda (ed è il più tipicamente "italiano" nel senso figurato del termine) è che un gruppetto di irrequieti utopisti democratici (utopisti perché sembrano davvero credere alla possibilità di una democrazia vera, "libertaria" addirittura, come dicono loro) debba spingere un'intera classe politica a risolvere un'anomia troppo vistosa e troppo importante per non finire con l'essere prima o poi nociva alla stabilità del sistema, (smascherando l'opposizione tra società e stato) e che la debba spingere, per di più, in una direzione che hanno già preso "spontaneamente" (cioè senza grandi sollecitazioni, campagne di agitazione, ecc.) quasi tutti gli stati: la politica della depenalizzazione dell'aborto accoppiata alla diffusione dei contraccettivi e (nei Paesi che più risentono della pressione demografica) alla sterilizzazione volontaria. Una politica di "libera" scelta, di procreazione "volontaria" che forse è una fase di transizione tra la vecchia imposizione ad avere figli ed un futuro "numero chiuso" di figli per coppia, (la libera scelta individuale non è e non è mai stata gradita ai legislatori, burocrati, governanti; meglio per loro la "certezza" dell'obbligo e del divieto).
La realtà politica italiana (governo ed opposizione) è talmente arretrata che ciò che negli altri paesi è compito dei riformisti, qui diviene tema d'agitazione delle minoranze extraparlamentari. Ciò che altrove realizza un onesto conservatore come Giscard d'Estaing, da noi deve portare prima in galera Spadaccia (o Pannella o qualche altro sincero democratico) e nelle piazze i "rivoluzionari". Grazie alla chiesa, alla D.C. ed ai comunisti. Ed in subordine grazie anche ai socialisti che non riescono neppure a fare i social-democratici.
Per finire: e gli anarchici? Gli anarchici concordano su iniziative come il C.I.S.A., su organismi che aiutano le donne, soprattutto le giovani e le proletarie (cioè le più deboli e sprovvedute in materia) ad abortire (e meglio ancora a concepire) se e quando lo ritengono opportuno, al di fuori e contro le leggi dello stato. Non dimentichiamo che le prime condanne della repubblica democratica antifascista in base alle leggi contro la propaganda ai metodi anticoncezionali colpirono due noti anarchici: Giovanna Berneri e Cesare Zaccaria. La stessa Adele Faccio, una delle fondatrici del C.I.S.A., si dichiara anarchica, pur non avendo legami con il movimento anarchico organizzato. Dove noi non seguiamo più i radicali è quando dall'azione diretta, cioè dall'ambito sociale, passano ai referendum e alle leggi, cioè nell'ambito istituzionale e statuale.
Perché noi, per l'appunto, siamo rivoluzionari e libertari, loro sono riformisti e democratici, anche se extra-parlamentari.

R.D.L.

Uno stipendio per ogni aborto

"Ne ho fatti tanti che non ne ricordo più il numero". E' quanto ci dice la madre di un compagno, lavoratrice milanese ora in pensione. Stiamo parlando di aborto. "Il primo l'ho fatto a 24 anni, sono rimasta incinta appena hi smesso di allattare i bambino che mi era appena nato. Il primo aborto non l'ho dimenticato perché è stato il più sicuro dei tanti che ho dovuto subire, eppure ho avuto una forte emorragia.
Ne ho fatti tanti in condizioni incredibili. Sono andata sia da medici sia dalle praticone, secondo la possibilità economica che avevo al momento. Ricordo però che anche questa gente non del mestiere si faceva pagare un mese del mio stipendio di operaia, spesso mi è capitato di dover lasciare in pegno la mia fede nuziale e riscattarla poco alla volta".

ANCHE DA SOLA

Come avveniva l'intervento? "Allora non c'erano ne questo metodo nuovo dell'aspirazione né il sollievo dell'anestesia. Si andava avanti a forza di fazzoletti nei denti e coraggio. Io ho avuto anche la sfortuna di una gravidanza gemellare, quello senz'altro è stato l'intervento più doloroso". Avevi difficoltà a trovare chi ti aiutasse ad abortire? "Qualcuno si poteva sempre trovare, bastava pagare. Il guaio è stato quando mi sono trovata senza soldi e ho dovuto abortire da me". Come hai fatto? "Semplice me l'aveva insegnato una levatrice. Bastava infilare un ferro da lavoro in una cannetta e con la punta penetrare l'utero ed infilarci la cannetta. Dopo un po' veniva una fortissima emorragia e tirando via la cannetta usciva anche il feto. E' inutile dire che le possibilità di lasciarci la pelle erano molte, ma se lo facevo era anche perché un altro figlio non me lo potevo permettere".

MALEDETTA SOCIETÀ

Come sopportavi questi sacrifici?
"Non avevo altra scelta, li dovevo fare. Certo l'ho pagata molto perché dieci anni fa mi hanno dovuto togliere tutto l'apparato genitale per salvarmi la vita. Ma la cosa che mi fa più rabbia è che questa maledetta società che mi imponeva di abortire in maniera pericolosa per i suoi principi morali, se avessi fatto nascere quei bambini non mi avrebbe aiutato in nessun modo per dargli da mangiare, curarli, vestirli o istruirli". Tu, certamente, vuoi che in Italia sia possibile abortire liberamente. E' ovvio, anche se non è più un problema mio, per fortuna. Ma la questione è un'altra: piuttosto che l'aborto, bisognerebbe poter conoscere e usare liberamente gli anticoncezionali ed eliminare così la tortura dell'aborto per le donne che non vogliono o non possono avere figli. Credo che questa sia l'unica soluzione vera del problema".