Rivista Anarchica Online
Il sapere come "proprietà" dei nuovi
padroni
di Mirko Roberti
La scienza e gli anarchici - 2
A conclusione dell'articolo "La funzione ideologica della scienza", apparso
sul numero scorso della rivista, ci
siamo posti nella prospettiva di vedere come l'anarchismo abbia operato il passaggio dall'analisi filosofico
valutativa della scienza all'analisi della composizione storico-sociale degli "scienziati". Questo passaggio,
che
segna l'individuazione della "nuova classe tecnoburocratica", sarà svolto ora sulla base di alcune
straordinarie
anticipazioni fatte dall'anarchismo nel corso della sua storia. Esse ci presentano, anche se a volte in modo
discontinuo, un quadro sufficientemente vasto di quell'insieme di elementi economici, sociologici, politici,
culturali, eccetera, che presiedono alla nascita e allo sviluppo della nuova classe.
Le tre classi
Le condizioni storico-economiche che favoriscono l'emergere
dei tecnoburocrati sono innanzi tutto inserite in
uno schema dinamico, che spiega l'avvicendamento delle classi al potere. Tale schema comprende, nelle
sue
definizioni generali, i rapporti di dominazione-dipendenza che intercorrono fra esse, cos' che, prima di
una
definizione socio-economica (borghesia-proletariato, classe operaia-masse contadine, ecc.), vi è
una definizione
formale che si precisa e si riassume proudhonianamente in "classe superiore, inferiore e
media" (1). Questo
schema trasferito sul territorio storico, per esempio nell'analisi della rivoluzione francese, permette a
Kropotkin
di individuare la composizione storico-sociale delle ultime due. "Due grandi correnti prepararono e fecero
la
rivoluzione. Una, la corrente d'idee - cioè il complesso delle nuove idee sulla riorganizzazione
politica degli Stati
- veniva dalla borghesia. L'altra, quella dell'azione, veniva dalle masse popolari: dai contadini e dai
proletari delle
città che volevano ottenere degli immediati e tangibili miglioramenti delle loro condizioni
economiche. E
allorquando queste due correnti si incontrarono, dirette a uno scopo, sul principio comune, e s'aiutarono
per
qualche tempo reciprocamente, la Rivoluzione scoppiò" (2). La "corrente d'idee", cioè la borghesia, funge qui da classe
media in ascesa verso il potere (detenuto
politicamente dalla nobiltà), mentre l'altra, "quella dell'azione", cioè la classe dei
contadini e dei proletari delle
città, funge da classe inferiore. Gli elementi fondamentali perché
costanti in questa analisi, dal punto di vista
anarchico, sono definiti, rispetto alla classe media come "corrente d'idee", rispetto alla
classe inferiore come
"corrente d'azione". Elementi costanti perché sono generalmente trasferibili in ogni
situazione storica
rivoluzionaria moderna. "Quantunque operai e contadini siano stati la forza principale di ogni grande
rivoluzione
(...) i dirigenti gli ideologi gli organizzatori delle forme e degli scopi della rivoluzione furono,
invariabilmente,
non operai o contadini, ma un elemento laterale, estraneo, comunemente un elemento
medio, incerto fra la classe
dominante dell'epoca morente e il proletariato della città e della campagna"
(3). Tale elemento medio "che
cresce sulla superficie di decomposizione del vecchio sistema di governo" assume,
rispetto a quest'ultimo, una "posizione rivoluzionaria" e può così diventare
facilmente "guida dei lavoratori
asserviti" (4). Questa dinamica, nei suoi tratti generali, svela a grandi linee la natura della
classe media in ascesa
verso il potere. Rispetto alla classe inferiore che è definita "corrente d'azione" o
"forza principale", quella media
(riassumendo, "il complesso delle nuove idee") si definisce per il patrimonio intellettuale e culturale che
la
sorregge, permettendole in tal modo di esprimere "i dirigenti gli ideologi gli organizzatori delle forme e
degli scopi
della rivoluzione". Essa pertanto si caratterizza per la sua "intelligenza", che diventa
fondamentale se la funzione
di classe media in ascesa verso il potere è svolta dagli "scienziati" o classe
tecno-burocratica. Infatti nella
rivoluzione russa, dove avviene questo fenomeno, tale classe si identifica con "la così detta
intellighentia della
democrazia socialista" (5). Con quest'ultima proposizione viene chiarita ed affermata sia la natura della
classe
tecno-burocratica, l'"intelligenza", sia la natura della sua ideologia, la "democrazia
socialista".
L'ideologia del "sapere"
Vediamo ora brevemente questo carattere ideologico che
si riferisce, in genere, la socialismo autoritario. Esso
abbraccia tutte quelle scuole, sansimoniste, marxiste, blanquiste, ecc., che hanno in comune, pur nelle
diverse
strategie, la trasformazione della proprietà privata dei mezzi di produzione in proprietà
statale. In questo processo
la formazione di una classe di funzionari dediti all'amministrazione del "bene pubblico"
risulta, per
l'anarchismo, una conseguenza logica. In virtù della funzione svolta e del sapere ad essa inerente,
tale classe
concorre inevitabilmente alla formazione di "un governo composto da una gerarchia degli "uomini
migliori",
migliori nelle scienze, nelle arti e nell'industria" (6). La componente intellettuale-meritocratica che sta a fondamento di questa ideologia si precisa,
nell'individuazione
bakuniniana, come quella che sanziona non più una disuguaglianza storica, ma
naturale. Su questo punto
decisivo per la formulazione pratico-teorica dell'emancipazione umana, "la sedicente
aristocrazia dell'intelligenza" si esprime storicamente come "l'ultimo rifugio della volontà di
dominio" (7). Ultimo
rifugio perché, confutata ed abolita ogni giustificazione storica della disuguaglianza, non rimane
che quella
"naturale", che, se fosse vera, renderebbe oggettivamente impossibile la costruzione sociale
libertaria ed
egualitaria. Formandosi come "classe a parte" rispetto alla borghesia, la sedicente élite
dell'intelligenza si presenta
sulla scena della storia come "nuova aristocrazia (...) patentata e privilegiata" (8). La caratteristica fondamentale "degli ingegneri di Stato che formeranno
una nuova classe privilegiata politico-scientifica" (9), non si precisa solo nell'identificazione dell'ideologia
marxista ma, come dicevamo, più
generalmente in ogni ideologia socialista autoritaria teorizzante l'accertamento politico e la pianificazione
economica. Le strutture espresse da tale regime rendono congeniale l'uso monopolistico della scienza
(10).
Quest'ultima, fonte di potere puro, come abbiamo già visto nell'articolo precedente,
è disponibile a qualsiasi uso,
secondo la precisazione malatestiana, e può pertanto storicizzarsi diventando così
scienza dell'amministrazione.
Cessato lo Stato borghese, ammonisce il Merlino, può risorgere lo "Stato amministrativo"
perché fra
"amministrazione e dominazione non c'è opposizione" (...). Un'amministrazione centralizzata di
tutta la ricchezza
e di tutta l'industria di un paese sarebbe certamente un dispotismo spaventevole" (11).
Amministrazione delle cose - Amministrazione degli
uomini
Infatti il dispotismo dei padroni di stato "sarebbe uguale al
dispotismo politico della Stato attuale, più la somma
del dispotismo economico di tutti i capitalisti, il cui capitale passerebbe nelle mani dello Stato popolare;
il tutto
moltiplicato con l'aumento di accentramento necessariamente richiesto dal nuovo Stato politico ed
economico
ad un tempo. (Dispotismo dello Stato popolare) = (Dispotismo politico presente) + (Dispotismo
economico di
tutti i capitalisti) X (x gradi di accentramento). E per soddisfare ai bisogni di questo nuovo terribile
mostro, quale
nuovo e mostruoso meccanismo burocratico bisognerebbe creare? Che esercito di impiegati iniziati nei
complicatissimi misteri di governo? Classe distinta o superiore al popolo, e perciò stesso tirannica
ed odiosa" (12). La puntualizzazione di Cafiero
viene ampliata dalla posteriore analisi malatestiana che non vede soluzione di
continuità fra sfera tecnico-amministrativa e sfera politico-direttiva. Tale precisazione, che
confuta un famoso
passo di Engels, si rende necessaria riguardo all'ideologia dell'efficientismo amministrativo come forma
neutra
rispetto all'uso politico parallelo che è sempre necessariamente dominante. "Quando Federico
Engels, forse per
parare una critica anarchica, diceva che sparite le classi lo Stato propriamente detto non ha più
ragione di essere
e si trasforma da governo degli uomini in amministrazione delle cose, non faceva che un vacuo gioco di
parole.
Chi ha il dominio sulle cose, ha il dominio sugli uomini; chi governa la produzione governa il produttore;
chi
misura il consumo è il signore del consumatore" (13). A questo punto stabilito che l'ideologia dell'"intelligenza" privilegia
conseguenzialmente la teorizzazione della
disuguaglianza naturale, ci si domanda, quale forma storica di sfruttamento
si configura dalle strutture tecno-burocratiche, dopo che è scomparso quello
capitalistico-borghese?
La divisione del lavoro come disuguaglianza
naturale
Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare
nuovamente ad analizzare l'uso storico-sociale della scienza,
nella divisione del lavoro fra intellettuale e manuale. In questa divisione gerarchica la scienza, che in
sé è neutra
e quindi fonte di potere puro, secondo la penetrante puntualizzazione malatestiana, si
storicizza in un processo
di monopolizzazione che sfocia in "proprietà intellettuale" (14). Tale proprietà si risolve
operativamente nella
distinzione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale, definiti rispettivamente lavoro "semplice" e lavoro
"composto" proprio sulla base marxiana dell'analisi del valore (15). "Essi pretendono che l'ora di lavoro
dell'ingegnere, dell'architetto o del medico, debba essere considerata come equivalente a due o tre ore
di lavoro
del fabbro, del muratore e dell'infermiera. (...) Ebbene, stabilire questa distinzione (...) significa dividere
la società
in due classi ben distinte: l'aristocrazia del sapere, al di sopra delle mani callose; l'una, consacrata al
servizio
dell'altra; (e tutto questo con) la sanzione della Rivoluzione Sociale" (16). L'analisi di
Kropotkin all'obiezione
"scientifica" che "la "forza-lavoro" dell'ingegnere costa di più alla società che la
"forza-lavoro" dello sterratore
(...) perché le spese "necessarie" per formare un ingegnere sono più considerevoli di
quelle per formare uno
sterratore" (17), non si precisa solo nella controproposta del comunismo anarchico, che qui non interessa
valutare, ma nell'individuazione dell'ideologia mistificante del collettivismo statalizzato. "Ma tanto i
manuali che
gli ingegneri, tessitori o scienziati, sono tutti salariati dello Stato, - tutti funzionari - come ultimamente
si diceva
per indorar la pillola" (18). La divisione del lavoro
fra manuale e intellettuale e la conseguente scala gerarchica dei privilegi, risulta "naturale"
non solo perché vi è la teorizzazione ideologica "dell'aristocrazia dell'intelligenza", ma
anche perché la
"proprietà intellettuale" è apparentemente anonima e
invisibile. E' questa anonimità che crea la premessa per
la dittatura di classe (19) come adeguamento socio-economico conforme all'ordine naturale. Sedato ogni
conflitto
e ogni tensione fra processo storico e natura, ricompensata questa lacerazione nel suo "oggettivo" ordine
gerarchico, la struttura tecno-burocratica si risolve necessariamente in una staticità sociale che
ricorda, per
analogia quella dell'alto medio evo, quando appunto ordine sociale e natura coincidevano. Ma allora, ci
si
domanda nuovamente, quale forma storica si configura nello sviluppo tecno-burocratico?
Il feudalesimo industriale
La risposta si trova, secondo Proudhon, nello sviluppo
insanabile delle contraddizioni economiche e
parallelamente nello sviluppo incontrollato del "capitalismo irrazionale e instabile".
(20). Questo capitalismo, ideale degli economisti
liberisti, sfocia fatalmente in una concentrazione che si risolve in una
"formazione corporativa, in una FEUDALITÀ INDUSTRIALE (21). Essa si precisa e si caratterizza per un "sistema di concessioni governative
e di monopoli di stato, (e per) un
sistema di corporazioni, che unisce insieme i padroni e rappresentanti di assemblee popolari (intraducibile
in
italiano: jurandes)" (22). Questa "FEUDALITÀ", a giudizio di Proudhon, non
risolvendo alcune contraddizioni,
come l'unione fra padroni e operai, sfocia a sua volta in un "IMPERO INDUSTRIALE" (23) che risolve
non solo
le anatomie economiche, ma anche quelle politico-nazionali. La distinzione proudhoniana fra "FEUDALITÀ" e "IMPERO INDUSTRIALE",
è diretta a chiarire che la
"FEUDALITÀ", qui chiaramente anticipatrice del regime economico fascista (il sistema delle
corporazioni), (24)
non risolve tutte le contraddizioni del capitalismo (come avverrà proprio nel fascismo) mentre
l'"IMPERO", sotto
questo aspetto, è un più completo "mezzo di accentramento" (25) e quindi più
perfezionato. L'analogia fra
fascismo e socialismo statale è ripresa, sul piano propriamente economico, da Berneri che scrive
"tanto l'uno che
l'altro partono da due idee centrali: necessità di un preminente intervento statale per
l'organizzazione della vita
economica in piano nazionale" (26). Analogia,
perché entrambi questi regimi hanno attuato un tipo di sfruttamento che vede lo Stato come
monopolizzatore della forza-lavoro, unico signore di essa. Questo rapporto fra Stato e masse sfruttate,
si precisa,
nell'analisi di Merlino, nel rapporto fra classe dirigente tecno-burocratica e classe dei lavoratori manuali.
"I
caporioni della classe operaia s'impadroniranno del potere e se lo terranno. Organizzeranno il lavoro, i
pubblici
servizi, una amministrazione e una burocrazia - anche troppa! - e sapranno introdurre, per mezzo di
imposte od
altro, nella distribuzione dei prodotti del lavoro, distinzioni ed ineguaglianze corrispondenti a
quelle che
passeranno tra le loro rispettive funzioni e quelle degli umili lavoratori manuali"
(27). I rapporti fra stato e forza- lavoro, fra classe
tecno-burocratica e classe dei lavoratori manuali, si definisce e si
esplicita, nel linguaggio di Kropotkin, in una forma chiamata "servaggio di stato" (28). Lo sfruttamento
del lavoro,
infatti, "invece d'essere limitato, viene posto sotto la protezione permanente della legga. Esso diviene una
istituzione, allo stesso titolo dello stato. Diviene una parte della Costituzione, come lo era
appunto la servitù in
Francia fino alla Grande Rivoluzione" (29). L'anarchismo individuando la classe tecnoburocratica ha
contemporaneamente individuato l'ideologia ispiratrice di essa, il socialismo statale. Tale individuazione
è stata
possibile attraverso l'analisi e la spiegazione parallela dell'uso storico sociale della scienza nella divisione
gerarchica del lavoro. L'ideologia socialista autoritaria, però, non è stata l'unica ispiratrice
della tecno-burocrazia,
anche se rispetto al fascismo e al nazismo ha rappresentato una forma più perfetta di
pianificazione. Tutto questo fu compreso da
Proudhon oltre cento anni fa. La distinzione da lui operata fra "FEUDALITÀ",
anticipazione del fascismo (e più in generale delle economie "miste") e forma imperfetta di
pianificazione, ed
"IMPERO", anticipazione del comunismo autoritario di stato come forma perfetta di tale pianificazione,
e così
straordinariamente riassunta: "la conversione progressiva della feudalità industriale in impero
industriale è la
realizzazione del programma comunista". (30).
Mirko Roberti
1) P. J. Proudhon, Manuel du spéculateur a
la bourse, Paris, Garnier, 1857, p.463.
2) P. Kropotkine, La Grande Rivoluzione,
Ginevra, Risveglio, 1911, p.1.
3) P. Arscinov, Storia del movimento
machnovista, Napoli, Ed. R.L., 1954, p.35.
4) Ibidem.
5) Ibid., p.37.
6) P. Kropotkine, La scienza moderna e
l'anarchia, Ginevra, Il Risveglio, 1913, p.76.
7) M. Bakunin, Les endormeurs. Articles
écrtis pour le journal l'Egalité, ora in M. Bakunin, Oeuvres, Tome
V, Paris, P-V. Stock, 1911, p.130.
8) Ibid, p.132.
9) M. Bakunin, Stato e anarchia, ora in M.
Bakunin, Stato e anarchia e altri scritti, Milano, Feltrinelli, 1968,
p.193.
10) F. S. Merlino, Socialismo o
monopolismo?, Napoli, Londra, 1887, p.177.
11) F. S. Merlino, I progressi della scienza politica
e Herbert Spencer, ora in F.S. Merlino Concezione critica
del socialismo libertario, Firenze, La Nuova Italia, 1957, p.193.
12) C. Cafiero, "Rivoluzione": anarchia
e comunismo, ora in Dossier Cafiero, Bergamo, Max Nettlau, 1972,
pp.31-32.
13) E. Malatesta, Stato "socialista", ora in E.
Malatesta, Scritti scelti, Napoli, 1954, p.48.
14) F. S. Merlino, Socialismo o
monopolismo?..., p.176.
15) Scrive Kropotkin nella Conquista del pane
"per Marx questa distinzione è logica, giacché egli aveva ripresa
per suo conto la teoria di Ricardo sul valore, e sostenuto che i prodotti si scambiano in proporzione della
qualità
di lavoro socialmente necessario alla loro produzione". Cfr. P. Kropotkine, La conquête du
pain, Paris, P-V-.
Stock, 1902, pp.221-222.
16) Ibid, p.221.
17) Ibidem.
18) Ibid., p.74.
19) J. Grave, La société future,
Paris, P-V-. Stock, 1895, p.239.
20) P. Proudhon, Manuel du
spéculateur..., p.VII.
21) Ibidem.
22) Ibid., p.VIII.
23) Ibid., p.IX.
24) G. Gurvitch scrive che questo passo di Proudhon
anticipa chiaramente il totalitarismo fascista. Cfr. G.
Gurvitch, Les fondateurs français de la sociologie contemporaine, II,
Proudhon, Paris, C.D.U. 1955, p.54.
Nella "feudalità" proudhoniana, più in generale, si possono vedere configurati tutti i
sistemi "misti" (a economia
privata-statale) contemporanei, "socialdemocratici" e democristiana.
25) P. J. Proudhon, Manuel du
spéculateur..., p.IX.
26) C. Berneri, La vergognosa di Pisa, in
L'adunata dei refrattari, New York, 16 febbraio 1934, ora in C.
Berneri, Pietrogrado 1917 Barcellona 1937, a cura di P. C. Masini e A. Sorti, Milano,
Sugar, 1964, pp.140-141.
Più esplicita è l'individuazione della tecnoburocrazia fatta da Luce Fabbri: "L'essenza di
questa nuova classe di
tecnoburocrati è questa (...) opera di liquidazione delle forme antiquate del capitalismo, la
sostituzione di tali
forme con l'apparato statale, la sostituzione dei tecnici ai borghesi, nelle leve di comando,
l'organizzazione
dell'economia in conformità di un piano (...) e lo sfruttamento del proletariato manuale". Cfr.
Luce Fabbri, Tra
le riviste e i giornali, in Studi Sociali, Montevideo, Anno XII, Serie II, N.16, 31
luglio 1941, p.5.
27) F. S. Merlino, Il lato fossile del socialismo
contemporaneo, ora in F. S. Merlino, Revisione del Marxismo,
a cura di A. Venturini, Bologna, Minerva, 1945, p.32.
28) P. Kropotkin, La scienza moderna...,
p.153 ss.
29) Ibid., p.249.
30) P. J. Proudhon, Manuel du
spéculateur..., p.470.
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