Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 34
dicembre 1974


Rivista Anarchica Online

Egoismo e demagogia
di Luisito

A Roma come a Bucarest

Nel giro di tre mesi due Conferenze internazionali, quella dell'O.N.U. per la popolazione (Bucarest, 19-31 agosto) e quella della F.A.O. sulla fame (Roma 5-16 novembre), hanno visto al centro delle discussioni il problema demografico. In entrambi i casi l'incontro internazionale è degenerato immediatamente, come si prevedeva, nel gioco della bassa realpolitik e, quindi, nel trinceramento in due gruppi di schieramenti, nei tentativi di evasione.
Da un lato, la delegazione USA portava avanti un neomalthusianesimo abbastanza arrogante e bieco con offerte elemosinare fatte sottobanco a paesi poverissimi e interventi a sensazione tipo quello fatto a Roma da un Kissinger letteralmente circondato da sbirri armati, italiani e statunitensi. Accanto agli USA, si schieravano i paesi occidentali industrializzati in una gamma di sfumature che andava dalla supina acquiescenza al falso indipendentismo di tipo gollista.
Notevoli certi interventi inglesi. Sembrava che questi avessero subito l'influenza di sir Joseph Keith, ministro degli interni nel "gabinetto ombra" conservatore e pretendente alla successione di Heath. Come forse i lettori rammenteranno, sir Joseph (esperto economico di rilievo, tra l'altro, nel campo reazionario britannico e grande finanziere della City) partendo dalla costatazione che un terzo delle nascite, nel Regno Unito, avvengono all'interno delle classi quarta e quinta del corpo sociale (in questa suddivisione fatta dai conservatori inglesi le classi quarta e quinta corrispondono rispettivamente al proletariato non specializzato e addetto ai lavori meno sofisticati e al sotto proletariato disoccupato e sottoccupato, marginale, privo di istruzione e quasi sempre di origine sud europea o extraeuropea), ha proposto un rigido controllo delle nascite in queste due classi ultra-subalterne, da attuare addirittura obbligatoriamente in alcuni casi specifici (ragazze madri con già un figlio, mogli o fidanzate di detenuti etc.).
Insomma, gli stati industriali e ricchi, nel loro neomalthusianesimo dogmatico, appena schermato dagli studi e ricerche del MIT di Boston, hanno detto chiaramente di vedere la risoluzione dei problemi mondiali solo nel controllo delle nascite. Non hanno speso una parola sullo sfruttamento sistematico dei paesi del Terzo Mondo, sul saccheggio loro delle materie prime, su una più giusta redistribuzione delle risorse, sui loro sprechi schifosi e insultanti (che continuano anche oggi, in epoca di crisi economica, nonostante le geremiadi dei dirigenti occidentali). Gli occidentali hanno dimostrato in abbondanza che, per esempio, la teoria svedese e nordamericana dell'"arresto a zero dell'aumento di popolazione come obiettivo da perseguire entro i prossimi vent'anni" non è certo stata elaborata per aiutare il Tchad o il Mali ma per difendere la ricchezza, il privilegio, l'arroganza dei paesi occidentali ricchi. Anzi: è saltato fuori anche qualche elemento ancora più indegno: l'enorme speculazione delle ditte farmaceutiche svizzere, svedesi, tedesche e USA sui piani di massa di controllo delle nascite in India e Bangla Desh.
Contrapposto allo schieramento capitalistico occidentale si è posto uno schieramento ridicolmente eterogeneo. Ne facevano parte i rappresentanti del Vaticano, gli sceicchi arabi del petrolio, i nazionalisti arabi "progressisti", i maoisti, i colonnelli e "uomini forti" africani e asiatici di destra e di sinistra, i paesi militarmente controllati o occupati dalla Russia insieme al loro padrone. Questo bel cocktail di tecnocratici, di nazionalisti, di reazionari, di monarchi assoluti, di social-totalitari, di speculatori e sfruttatori, ha sostenuto che la terra è vuota, che ci sono miliardi di posti liberi, magari ai Poli o nei deserti, che il problema della fame o della sete sono collegati solamente al concretamento di "rivoluzioni storiche" in atto. Nessuna parola hanno speso sui problemi collaterali al problema del boom demografico (mancanza di scuole, case, posti di lavoro, eccessivo inquinamento etc., tutti problemi che l'eccesso di popolazione renderebbe irrisolvibili). Hanno sostenuto, con altre parole, la vecchia teoria mussoliniana che "il numero è potenza". Il delegato a Bucarest di uno degli stati più inutili, dannosi, ricchi e schifosamente speculatori della terra, il Vaticano, ha detto che la colpa di ogni male "è l'egoismo dei ricchi, non la fecondità dei poveri".
Ora è chiaro che entrambe le posizioni sono fasulle e in malafede. I doppigiochi poi, sono all'ordine del giorno. Russia, Cina e Egitto erano fra le punte più avanzate dello schieramento che si è autodefinito "antimperialista". Eppure la Russia tende a limitare l'espansione demografica, ha legalizzato l'aborto e le pillole sono gratuite. La Cina da dieci anni distribuisce nelle campagne la pillola e nelle città impedisce i matrimoni prima di 25 anni. L'Egitto fa una grande campagna interna per la limitazione delle nascite dal 1968. Questo groviglio di menzogne e verità porto come dogma indiscutibile da ciascuna delle due parti tende a rendere più confuso tutto. Si riflette qui la situazione attuale della politica internazionale, nella quale di fronte ad ogni essere umano viene imposta come implicita la necessità di dover scegliere uno dei tre o quattro schieramenti contendenti. Ora è chiaro che la scelta corrisponde a quella a cui sarebbe chiamato un sano costretto ad optare tra tubercolosi, sifilide, cancro e cirrosi epatica. In realtà la necessità della scelta di campo è apparente frutto di occulte induzioni e il sano può solo cercare di battersi per la propria sanità cercando la solidarietà degli altri sani o dei malati ribelli contro l'infermità.
Ritornando agli schieramenti di Bucarest e Roma possiamo cercare di esaminarli.
Lo schieramento papalino-panislamico-neonazionalista-bolscevico-etc. dimostra, tra le tante irragionevoli anche una paura irrazionale: quella, cioè, che le statistiche del MIT e degli svedesi e le apocalittiche previsioni per l'immediato futuro del pianeta abbiano il compito di nascondere una sottile forma di neocolonialismo e neoimperialismo. Questa paura è logica e giusta. E' chiaro che le dirigenze USA abbiano dato corda al MIT (il cui studio, però, come dice il Sauvy, trascura ogni elemento umano e sembra quello di uno scienziato che se ne stia a guardare quattro miliardi di insetti, tutti uguali ai suoi occhi) per le sue ricerche sulla popolazione con l'intento di bloccare lo sviluppo demografico del Terzo Mondo solamente, per salvaguardare le proprie posizioni di privilegio. E' altrettanto indubbio che le posizioni dei paesi del Nordeuropa, espresse da Kurt Waldheim (secondo il quale il tasso d'incremento annuo della popolazione dovrebbe calare al più presto dal 2% all'1,7%) servono all'egoismo dei paesi ricchi d'Europa, ma non hanno senso in Africa, dove i problemi di produzione alimentare, arresto dell'espansione dei deserti, creazione o sviluppo di un'industria media o leggera di trasformazione di prodotti locali diverrebbero irrisolvibili con un aumento del già notevole spopolamento.
Ma fra il bloccare o controllare una manovra imperialista dei capitalisti e l'imporre una visione fascista, nazionalista, a sua volta imperialista, del mondo, ce ne corre. Il perché dello schierarsi del papa nel blocco cosiddetto "di sinistra" e "antimperialista" è inutile spiegarlo: si fa sempre più chiara la manovra pretesca di aggiramento a sinistra.
Il miscuglio tecnocratico-nazionalista di quello che impropriamente viene chiamato "socialismo arabo" è responsabile della scelta di campo dei vari paesi mussulmani. Ma se, in termini di realpolitik, è logico che Gheddafi e Feisal, con i loro enormi paesi ricchissimi e spopolati, invochino un aumento di popolazione che, solo, li porterebbe alla leadership totale del movimento panislamico, non è facile capire perché Sadat, capo di un paese sovrappopolato, poverissimo di materie prime, con una classe borghese colta già formata da decenni e avida di potere, si accordi alle teorie espansionistiche che, se applicate in Egitto, renderebbero irrisolvibili tutti i suoi problemi. Ma la logica e la razionalità non hanno nulla a che vedere con gli scontri degli opposti dogmatismi imperialismi ed egoismi.
Alcuni osservatori non strettamente legati (almeno ufficialmente) a delegazioni nazionali hanno discusso sulla base delle teorie scientifiche oggi più citate. E' noto che, sul problema della sovrappopolazione, vi sono due teorie principali in conflitto, quella ottimista e quella pessimista. Il più importante degli ottimisti, Josué De Castro sostiene che si arresta automaticamente l'espansione della popolazione una volta che i paesi in maggior boom demografico, quelli sottosviluppati, raggiungono un tasso di benessere simile a quello di oggi nei paesi ricchi dell'occidente. Josué De Castro dice che la saggezza demografica è tipica delle nazioni più sviluppate, e in testa al suo libro "Geopolitica da fame" ha posto il proverbio "Magra è la tavola del povero, fecondo è il suo letto". Gli esperimenti di Slonecker su dieci generazioni di topi portano a concludere a favore di De Castro: la fecondità diminuisce via via che l'alimentazione si arricchisce di proteine.
Ai topi di Slonecker si contrappongono quelli della scuola di Arnhem. Questi ultimi mostravano atteggiamenti aggressivi e omicidi sempre maggiori via via che lo spazio a disposizione ci ciascuno diminuiva, col sovraffollamento delle gabbie; immediato è il riferimento fatto da questi scienziati pessimisti alla criminalità delle metropoli dove vivono accalcati milioni di uomini. I pessimisti insistono, inoltre, con gli studi sull'istinto di territorialità dell'uomo e degli animali che si concluderebbe a favore dell'arresto del boom demografico. Altri scienziati del comportamento, però, affermano che l'istinto del territorio muta enormemente a seconda dell'ambito culturale e geografico: quattro svedesi, dicono, si trovano terribilmente a disagio nello spazio in cui dodici spagnoli si trovano perfettamente a loro agio etc.
Gli ottimisti sostengono, ancora, che il progresso tecnico estende, in pratica, le dimensioni terrestri, aumentando gli ettari coltivabili e, soprattutto, il rendimento per ettaro, via via che vengono introdotte nuove tecniche; che l'industria aumenta geometricamente la conservazione e mutazione degli alimenti e trasforma in alimentari prodotti minerali, e crea metodi di coltura senza terreno. I pessimisti sostengono tutto il contrario: che le esigenze alimentari aumentano pro capite con l'industrializzazione, che le nuove tecniche non garantiscono un adeguato sviluppo delle risorse se la popolazione continua ad aumentare. L'UNESCO stessa rivela la prospettiva della mancanza dell'acqua. Dicono i pessimisti che proprio lo sviluppo industriale assottiglia con l'inquinamento le risorse idriche e che la pellicola di idrocarburi che ricopre gli oceani impedisce l'evaporazione, causa di siccità, il calo delle risorse zootecniche e della coltivazione e impedisce la trasformazione in acqua potabile dell'acqua salata, se non a prezzo di immense spese.
Ho dato alcuni elementi perché possa svilupparsi un dibattito fra compagni sperando che molti altri intervengano sull'argomento, affinché possano giungere a delinearsi prese di posizione sul problema all'interno del movimento libertario. Per quanto riguarda la mia opinione personale sull'argomento, ecco quanto ho da dire. La massima espansione di regimi liberticidi e totalitari in momenti e in luoghi in cui la popolazione presentava notevoli squilibri: o nell'eccesso dell'espansione demografica (es/: impero di Roma) o nella troppa dispersione demografica con relativa mancanza di sviluppo o addirittura involuzione tecnico-economica (prima epoca feudale medioevale in Europa). In ogni caso dove e quando la quantità della popolazione non era adeguata allo sviluppo produttivo e tecnologico, quando la cultura stessa presentava squilibri notevoli.
Io credo che, senza una politica demografica accompagnata all'egualitarismo e alla redistribuzione ecologica, le speranze di redenzione, di rivoluzione contro lo sfruttamento e l'oppressione autoritaria scemano sensibilmente se non scompaiono del tutto. Un'enorme moltitudine di miserabili affamati e disperati potrebbe sì, come sostengono maoisti, "terzomondisti" e "lottatori continui", fare esplodere il mondo. Ma per creare che cosa? Noi libertari non nutriamo sentimenti cristianoidi verso la vita, non vogliamo distruzioni apocalittiche prive di un obiettivo ben preciso. L'esplosione sognata dai maoisti e dai cultori del "tanto peggio" potrebbe solo servire a portare al posto degli attuali padroni del mondo altri capi non meno intolleranti, liberticidi, sfruttatori e arroganti. Le masse disperate e sbandate, storicamente, non sono mai state condotte verso obiettivi razionali e umani, ma verso tiranni e genocidi. Io ritengo che alla base di una vera rivoluzione libertaria vi sia l'istruzione, la spinta culturale in senso ampio, la presa di coscienza, la crescita politica e umana di milioni di esseri viventi.
Solo una rivoluzione cosciente potrebbe ridistribuire equamente le risorse terrestri e l'abitabilità territoriale, spegnere sfruttamento e oppressioni autoritarie, affrontare i problemi alimentari, idrici, d'abitazione, del territorio, dei rapporti sociali e interpersonali. Al contrario, lo scoppio di rivolta disperata di masse immense ignoranti e finalizzate al seguito di leaders carismatici può solo portare a un ricambio dirigenziale e alla nascita di nuove classi di padroni e sfruttatori, ricambio e nascita pagati col sangue di milioni di esseri umani. L'esempio russo e cinese sono evidenti. Io vedo la rivoluzione come crescita, spontanea in gran parte, anche se aiutata dall'opera e dall'esempio rivoluzionario libertario, crescita nella lotta e nell'acquisizione del sapere, del popolo, fatto di milioni di individui coscienti e che si maturano, non fatto di masse manovrabili con quattro paroloni. Il mio pensiero non si rivolge alle masse fanatizzate dai comizi dei Lenin e dei Trotzkij, ma all'umile, intelligente, serio e coraggioso popolo in armi che, negli accampamenti di Emiliano Zapata, deposto il fucile la sera, si raccoglieva per imparare a leggere, scrivere e far di conto.

Luisito