Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

 

Mirafiori Kidz

"...Perché ci rimane in testa un qualsiasi motivetto del cazzo se lo sentiamo molte volte? Forse, e sarebbe triste se lo fosse, i nostri gusti musicali non sono altro che un riflesso psicofisico di ripetizione di certi ritmi.
Ma chi la fa la musica? Sono le case discografiche? Siamo noi? Ma i nostri gusti musicali da dove vengono? Sono una nostra scelta o dipendono da quante volte ci fanno sentire una canzone alla radio o alla televisione? E come mai, anche le radio cosiddette 'alternative' ci fanno sentire mille volte sempre certi pezzi e non altri?
Ovviamente è sempre una questione di soldi, di audience, di 'dare al pubblico quello che vuole sentire' e minchiate simili. A volte è davvero strano il fatto che certi pezzi musicali di dubbia qualità diventino famosi mentre altri nonostante siano pregevoli rimangano nel buio più totale. Qual è la cosa politically correct da fare per chi suona, chi usa la musica come mezzo di espressione, chi vuole produrre qualcosa di concreto, un cd?
Quella classica, quella che senti in tutte le interviste è quella di entrare dentro il sistema, sgomitare, rompere i coglioni, con centinaia di demotapes, entrare nelle varie mafie musicali, e dentro a questo termine ci mettiamo anche le 'mafie buone', i clan di amici che si proteggono a vicenda... Oppure quella più alternativa, chiudersi in un proprio giro, in un circuito esclusivo, autogestito, come hanno fatto negli anni '80 i punks anarchici...
Robert Wyatt ha detto recentemente che non è mica necessario fare dei dischi, ce ne sono già tanti in giro, e questo è vero, è vero anche che viviamo in una società dove tutti sgomitano continuamente per diventare protagonisti, magari anche solo comparendo in fotografia a 'Chi l'ha visto?' o mandando affanculo qualcuno al Maurizio Costanzo show. Perché dobbiamo a tutti costi fare un cd? Perché dobbiamo costringere amici e parenti a comprare un cazzo di cd e farli venire ai nostri concerti? Fare le solite mille copie di rito che nel peggiore dei casi vengono spartite tra tutti in caso di scioglimento del gruppo o che agonizzano a gruppi di cinque negli scaffali polverosi di tanti negozietti, in conto vendita, naturalmente.
A questa domanda si potrebbe rispondere 'truzzescamente' che è bello vedersi lì nella foto di copertina, come i gruppi famosi, imitandone le pose, l'abbigliamento, riempire le note di copertina di centinaia di ringraziamenti ad amici, parenti, fidanzate, la briscola in cinque, etc. Il senso dell'autoproduzione, del 'circuito alternativo', sono cose sulle quali spesso ti interroghi, magari mentre stai cercando di addormentarti sdraiato sul pavimento della casa di chi ha organizzato il concerto al centro sociale nel quale hai suonato poche ore prima, in tasca hai il 'rimborso spese' rigorosamente in biglietti da mille lire, pensi che se domani ti fermerai in un autogrill sarai già 'sotto' con le spese.
Beh, però è stato bello quando gli ultimi scoppiati alle tre del mattino volevano che suonassimo ancora la versione reggae dei Morti di Reggio Emilia o la grande spaghettata tutti insieme e la classica domanda che in tutti i posti ti fanno: 'com'è la situazione a Torino?' e lì allora si scatena Gianni, l'opinion maker del gruppo che anche stasera durante il concerto ha raccontato la storia di Giovanni Pesce e Dante di Nanni, e ti è piaciuto sentirla ancora, un po' come i bambini che si fanno raccontare cento volte le stesse fiabe e non ne hanno mai abbastanza.
E in tutto questo il cd autoprodotto cos'è? È un annuncio all'interno del concerto: 'Adesso faremo un pezzo nuovo, fa parte del nostro nuovo cd, è autoprodotto, se volete comprarlo lo potete trovare qui a fianco del palco, grazie'. Sicuramente è anche questo, specialmente quando vengono a chiedercelo dopo il concerto, vogliono sapere dove trovare un certo pezzo che abbiamo fatto.
Ma la divisione tra musica di serie A e serie B non esiste più come una volta, c'è' solo chi sta sopra e chi sta sotto il palco, certo, dipende dal tipo di palco, ovviamente, però c'è questa specie di mentalità per la quale si pensa che chi ha fatto un disco è già arrivato, ci guadagna sicuramente, forse lo fa già di professione. E questo atteggiamento spesso lo riscontri anche in quegli ambienti che invece dovrebbero essere più attenti a certi contenuti, lo scopri ad esempio quando ti chiedono i dischi da vendere in conto vendita e tu che fai? Non glieli dai facendo quello che ha la puzza sotto il naso o glieli dai sapendo che non riavrai mai i tuoi soldi nel novanta per cento dei casi.
Un disco, cioè il disco che possiamo fare noi, non è quello che leggi nei giornali musicali, di gente che ci lavora mesi, anni, tra un partita a biliardo e un'intervista. Un disco autoprodotto è un culo grande così che ti fai cercando di raccattare i soldi, è una settimana di ferie, salti mortali, panini che ti ingozzano, tensione a fettine, mani sudate, dita che non scorrono sulle corde come dovrebbero, volumi troppo alti o troppo bassi nelle cuffie, volti che ti guardano dall'altro lato di un vetro e scuotono negativamente la testa o fanno strane smorfie di disgusto, chitarre scordate, strani ronzii, suonare con un peperoncino nel culo cercando di fare più in fretta possibile perché tutto costa e alla fine ritrovarti a litigare alle quattro del mattino per fare un missaggio che non ti piacerà mai...".
Riecco, dopo qualche anno di silenzio ufficiale (ben sette ne sono passati dall'album di esordio, quello con in copertina il bambino con la kefiah, una pistola in mano e due occhi grandi così, ma loro non avevano mai smesso di suonare), i Mirafiori Kidz con un nuovo cd.
Il testo che ho riportato qui sopra è la presentazione scritta nell'inlaycard: l'ho messa per intero, non me la sentivo di ritagliare neanche una parola. Sembra che dal loro primo omonimo lavoro su Blu Bus il tempo non sia passato: ancora le loro canzoni rievocano quelle atmosfere "combat" tanto care al gruppo (ed ai numerosi sostenitori) sin dagli inizi, anzi la formula viene riproposta con rinnovata energia e maturate capacità tecniche.
Questa è musica intrecciata a passione e sudore che si traduce in amori Clash mai rinnegati, chitarre ruvide al punto giusto e base ritmica martellante ed operaia. I testi sono impegnati/militanti e scritti di getto, con quel pizzico di sincerità che manca ad altri gruppi altrettanto impegnati sì, ma che mirano anche se non proprio alla classifica, almeno alla bella recensione su carta patinata. Questo è una specie di concept album dedicato al sogno della rivoluzione, in cui si incontrano partigiani e terroristi, il Subcomandante Marcos seduto dietro a Che Guevara in viaggio in motocicletta (disegnati in copertina, oltre che citati tutt'e due qua e là) e un pezzetto di ciascuna delle mille facce incontrate alle manifestazioni di piazza e ai concerti nei centri sociali.
Si distinguono un remake rock/pestone di E se ci diranno di Luigi Tenco, Incontrandoti per caso scritta da Stefano Giaccone (ex Franti), una autocitazione dell'anthem Torneremo sulla Langa e una versione di Dante Di Nanni che sancisce ulteriormente l'ingresso degli Stormy Six nella Hall of Fame rivoluzionaria per acclamazione popolare.
Impossibile non notare la partecipazione di Lalli: voce stupenda, da vent'anni sulle barricate sonore. Impossibile non notare anche la voce dei figli piccoli di uno dei componenti, testimonianza semplice e, se vogliamo, commovente di come riuscire a trasmettere certi amori solo tenendo un bambino per mano.
L'album è autoprodotto e non viene distribuito commercialmente: lo potrete però trovare ai concerti del gruppo e in qualche centro indipendente, oltre che nella lista di Musica per A.
Contatti: mirakidz@lycos.com

Marco Pandin