Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 28 nr. 242
febbraio 1998


Rivista Anarchica Online

Cavare sangue dalle rape

Piano piano si sta diffondendo in Italia l'idea che la scuola debba autofinanziarsi, che le entrate debbano o coprire la quasi totalità delle spese scolastiche senza bisogno di contributi statali. La scuola, vista in questo modo, diventa molto americana. Anche in questo caso assistiamo al vassallaggio della nostra società nei confronti degli Stati Uniti, alla sudditanza della nostra cultura verso la cultura del mercato (cui spesso diciamo di non voler appartenere ma cui sempre più decisi ci stiamo avvicinando). Effettivamente negli Stati Uniti Harvard riesce ad essere autosufficiente, una perfetta azienda dove la casellina entrate è sempre riempita con un numero più grande di quello segnato nella casellina uscite. Un laureato ad Harvard non resta disoccupato, le altre industrie sono felici di avere presto tra le proprie fila il prodotto di un'altra industria. In ltalia non e così purtroppo. Qui da noi c'è ancora questa concezione antiquata della scuola come un diritto di ognuno, sia di chi possiede 80.000 dollari l'anno sia di chi non li possiede. Che idea da illusi idealisti! Ma piano piano anche la scuola italiana si va harvardizzando; le Università in particolare. Non solo, ma in ltalia abbiamo anche scoperto un bellissimo trucco pubblicitario che ci consente di salvare la faccia: le fasce di reddito. Che bella invenzione, queste fasce di reddito. Tradotte, suonano più o meno così: chi ha poco paga poco e chi ha tanto paga tanto. Poi però occorre specificare cosa significano poco e tanto.
L'Università di Tor Vergata di Roma ad esempio, ha deciso che poco significa niente. Mi spiego meglio: a Tor Vergata ci sono tre fasce: la A, di chi deve pagare poco (ossia 470.000 lire all'anno); la B, di chi potrebbe pagare poco ma va a finire che paga di più (ossia 1.370.000 lire all'anno); e l'ultima, di chi deve pagare molto (fino a 1.610.000 lire all'anno). Per stare nella classe A bisogna essere in uno stato di povertà tale che l'iscrizione all'università è una spesa che non viene nemmeno presa in considerazione. Per stare nella C occorre avere un reddito tutto sommato nemmeno da nababbi, e non consola molto sapere che anche Berlusconi si troverebbe forse nella stessa classe (ma sta nella C anche chi è fuoricorso, per esempio). Ma la vera meraviglia è la classe B. Qui sono raggruppati tutti quelli che avrebbero diritto alla tassa più bassa ma ancora non sanno quanto dovranno pagare (la differenza è di circa un milione, per cui può darsi che una persona si trovi d'un tratto a dover affrontare una spesa superiore di un milione a quella prevista). Il perverso meccanismo è questo: quelli della B vengono messi in graduatoria, i primi pagano meno e gli altri possono morire. Il numero delle persone che potranno pagare meno viene stabilito in base a quanti sono quelli della A (il 25 percento della A). Non si è capito niente, vero? Beh certo, se fosse stato troppo comprensibile magari qualcuno poteva incazzarsi subito. Esempio se nella classe, A ci sono 100 persone e nella B ce ne sono 1000, i mille della B vengono ordinati secondo un qualche criterio non specificato ed i primi 25 (ossia un numero pari al 25 percento della classe A) pagano meno, gli altri 975 pagano il massimo. Una bella pensata, non c'è che dire.
Qualcuno potrebbe obiettare che in questo modo lo stato (o l'Università, che ne fa le veci) sta chiedendo una barca di soldi a chi non ne produce ma si suppone che stia per ora solo acquisendo le nozioni necessarie ad essere produttivo un domani, questo potrebbe sembrare brutto. Forse è brutto, ma è ciò che lo stato ha sempre fatto. Del resto se lo stato è una grande azienda destinata al fallimento, allora come tutte le aziende fallimentari sta annaspando e cercando di rimandare il disastro arraffando quattrini da ogni parte possibile. Guardando l'intero meccanismo da fuori è chiaro che tutto ciò assomiglia al voler cavare sangue dalle rape. Il fatto che comportandosi in questo folle modo qualcuno possa pensare di stare in realtà facendo il bene del paese può derivare solo dall'avere davanti l'esempio degli Stati Uniti. Ma quelli hanno molte più rape da strizzare, una delle quali siamo noi.

Riccardo Caneba
(Grottaferrata)