Rivista Anarchica Online
La repubblica nata da tangentopoli
di Maria Matteo
La propensione ad una semplificazione e spettacolarizzazione della politica potrebbe divenire il fulcro intorno
al quale verrà disegnata la nuova carta costituzionale
Dormire poco non è mai buona cosa per la salute, specie quando i fasti della
giovinezza cominciano ad
allontanarsi, tuttavia consente di pescare tra la paccottiglia televisiva che affolla l'etere notturno, per lo più
affidato a televenditori di automobili, sesso telefonico e bincheria per la casa, qualche documentario o film di
pregio che è considerato inopportuno, vuoi per ragioni politiche vuoi, ed è quel che più
conta, per ragioni
commerciali, trasmettere in orari più accessibili. Mi è così capitato una notte di
imbattermi in un film i cui protagonisti, un gruppo di compagni di scuola
quattordicenni, per evitare ad uno di loro l'orfanotrofio, lo aiutano a tener celata agli adulti la morte improvvisa
della madre. I ragazzi riescono per alcuni mesi ad intessere una rete segreta di solidarietà che consente
al loro
sfortunato compagno di superare le difficoltà materiali e psicologiche del momento. L'orfano
verrà alla fine
scoperto e deportato in un istituto di cui non ci viene mostrato che un parlatorio sin troppo simile a quello delle
prigioni. Quel che mi ha colpito è lo svilupparsi di una dinamica interpersonale solidale ed
autogestionaria che coinvolge
un gruppo sempre più ampio di ragazzi che, fuori e contro le regole, i pregiudizi ed i luoghi comuni del
mondo
adulto, riescono a dar vita ad una sorta di comunità parallela, non gerarchica, che infrange
momentaneamente
anche le barriere di classe attraverso uno spontaneo comunismo delle risorse e delle capacità. In un
periodo in cui
gli schermi televisivi sono riempiti ogni giorno della consueta corte dei miracoli di politici impegnati a discutere
di riforme istituzionali, di modifiche alle regole di un gioco che continua ad essere agito da pochi, questo racconto
lieve e un po' surreale diviene efficace metafora dell'utopia possibile, ove la critica dell'autoritarismo
immediatamente si traduce in concreta capacità di affrontare e risolvere i problemi quotidiani, in attitudine
a
prescindere con allegria ed intelligenza dalla mediazione istituzionale. A volte la tendenza a tirar tardi risulta
in definitiva salutare, consentendoci di respirare, televisivamente parlando,
una boccata d'aria fresca.Certo, sempre televisivamente parlando, tutto ciò ha l'agro sapore dell'ora d'aria
concessa ai carcerati, che poi altro non è se non il sapore della democrazia, che benevolmente consente
tutte la
voci, poco importa se solo pochi possono fruirne. Un fisico bestiale, come quello della nota canzonetta, non
occorre solo per bere e fumare ma anche per vedere la televisione di notte. Si potrebbe obbiettare che un buon
fisico e nella fattispecie uno stomaco robusto non guasta se si ha voglia di
seguire le odierne pantomime del partito unico che in parlamento siede sia sui banchi della maggioranza sia su
quelli dell'opposizione. Il varo della bicamerale, al di là delle prevedibili schermaglie che ne hanno
accompagnato
la nascita e che, certamente, non mancheranno di segnarne il cammino, si appresta a rendere più
funzionale il
sistema di ricambio delle élite o, se preferite, la democrazia. Una maggior funzionalità che, al di
là della formula
che verrà adottata, più o meno presidenzialista, più o meno federalista, prelude ad un
ridimensionamento del ruolo
dell'assemblea parlamentare, ad un restringersi delle garanzie per le minoranze, di fatto schiacciate in una logica
sempre più bipolare. Il tutto in nome della governabilità, ossia della garanzia che un governo,
una volta insediato, possa reggere per
l'intera legislatura senza essere troppo infastidito dal parlamento, in nome della trasparenza, perchè in tal
modo
si eviterebbero i continui cambi di maggioranze, in nome della democrazia, poichè i cittadini sarebbero
chiamati
non tanto a scegliere dei rappresentanti alla(e) assemblee parlamentari, ma a decidere direttamente quale
schieramento e fors'anche quale premier li governerà nei successivi cinque anni. Il che, tradotto in termini
più
chiari, significa che si punta ad un rafforzamento dell'esecutivo non solo in rapporto al parlamento ma anche e
soprattutto nei confronti della società civile. I patti tra i partiti maggiori e quelli minori saranno conclusi
prima
delle consultazioni elettorali e non dopo e, in caso di adozione del doppio turno, ogni eventuale accordo
potrà
essere rinegoziato tra la prima e la seconda tornata elettorale. Il partito unico appare sostanzialmente unanime
sugli obbiettivi della Commissione bicamerale per le riforme
istituzionali: la partita che si giocherà nei prossimi mesi non sarà tanto tra Polo ed Ulivo, quanto
dentro i due
schieramenti per conciliare gli interessi non sempre convergenti dei vari raggruppamenti che li compongono.
D'altra parte, il sin troppo esplicito flirt tra D'Alema e Berlusconi la dice lunga sulle loro intenzioni nei confronti
delle pretese dei reciproci alleati. Le persistenti fortune elettorali della Lega hanno peraltro indotto tutte le
altre fazioni a dichiararsi favorevoli
all'introduzione di più o meno accentuati elementi federalisti nel nuovo ordinamento istituzionale della
repubblica. E' anche qui interessante notare come le proposte in tal senso di PDS e Forza Italia risultino assai
più
vicine tra loro di quanto non lo siano quelle degli altri gruppi, sia all'interno del Polo che dell'Ulivo: sia i
pidiessine che i forzisti puntano ad un federalismo più fiscale che politico, mirando in tal modo a
contenere lo
scontento dell'elettorato leghista e non certo ad imprimere un'autentica svolta nel senso di un decentramento reale
di poteri e competenze. Il federalismo vero, basato sulla massima autonomia delle situazioni locali e
sull'eliminazione di ogni forma di accentramento autoritario, ovviamente non interessa nessuno dei settanta
deputati e senatori che sono riusciti ad aggiudicarsi un posto nella bicamerale. I padri e le madri della seconda
repubblica, coloro che si sono autoinvestiti del compito di riscrivere la
Costituzione, paiono in questo momento per lo più interessati a tracciare un meccanismo istituzionale che
garantisca al loro schieramento il maggior numero di chances. Non possiamo certo prevedere gli esiti del lavoro
della commissione, possiamo però essere certi che le tendenze delineatesi sempre più
marcatamente negli ultimi
anni non rischiano certo di essere invertite. La propensione ad una semplificazione e spettacolarizzazione della
politica, al coagularsi di schieramenti, per molti versi sempre più intercambiabili, intorno a poche figure
forti,
accattivanti, telegeniche, ha caratterizzato il recente periodo e potrebbe divenire il fulcro intorno al quale
verrà
disegnata la nuova carta costituzionale. Una carta che con ogni probabilità finirà con il sancire
l'approfondirsi
del già enorme divario che separa la società civile da chi pretende di
rappresentarla. Post-comunisti, post-fascisti, post-democristiani, si accingono in tal modo a chiudere il
passaggio dalla prima alla
seconda repubblica, che la crisi di tangentopoli aveva reso necessario per legittimare una classe politica ormai
del tutto screditata. Consumata ormai la transizione da un sistema elettorale proporzionale ad uno maggioritario,
sancita dal plebiscito dei referendum istituzionali, è ormai maturata la possibilità di ridefinire
ruolo, funzioni e
reciproci rapporti dei vari organi dello stato, in modo da garantire la governabilità, il che certo non
significa che
cesserà il valzer delle poltrone ma che i luoghi e i protagonisti della danza risulteranno meno
visibili. poco in definitiva conta se a prevalere sarà il modello francese o quello americano o una terza
formula che in
qualche modo alluda a questo o a quello, quel che invece appare del tutto rilevante è che l'obbiettivo della
governabilità di fatto implica un restringimentodelle garanzie per i governati e la definitiva affermazione
e
legittimazione di un modello lobbistico e consociativo nella definizione degli schieramenti che si disputeranno
il potere politico. Non è quindi azzardato il supporre un ampliamento ulteriore della dicotomia tra
il politico e il sociale che
marcatamente caratterizza lo stato borghese sin dalla sua costituzione. L'accentuarsi dell'autonomia del
politico, che coincide sempre più con lo statuale, ben lungi dall'essere garanzia
di diritti e libertà per i cittadini, accentua la propria funzione di salvaguardia di un ordine sociale ed
economico
fondato sulla diseguaglianza, lo sfruttamento, l'eteronomia dei singoli. La pretesa democratica di incarnare un
sistema non perfetto ma costantemente perfettibile mostra sempre più la propria inconsistenza, il difetto
d'origine
di assegnare alla libertà la funzione di mito fondatore ma riducendola nei fatti a mero rito elettorale. Si
approfondisce quindi lo scarto tra la concezione debole della libertà tipica delle democrazie e la
concezione forte
peculiare del pensiero e dell'approccio libertari. Per i democratici, libertà ed etica sono di fatto separate:
ne
consegue che la libertà è, costitutivamente, una libertà condizionata, una libertà
da sbandierare nei discorsi e nelle
cerimonie ufficiali ma che occorre vieppiù limitare per impedirne gli "eccessi". L'idea anarchica mira
invece a
coniugare libertà ed etica poichè, lungi dal temerne gli "eccessi", ritiene, con Bakunin, che la
libertà di ciascuno
è tanto maggiore quanto maggiore è quella di tutti. Oggi, di fronte al prevedibile
rafforzamento dell'esecutivo che scaturirà dai lavori della Commissione bicamerale
per le riforme istituzionali, diviene sempre più importante impegnarsi a costruire uno spazio politico
extraistituzionale, che risponda all'esigenza di eleborare modalità di confronto e decisione che, furi e
contro ogni
meccanismo di delega, siano radicalmente alternativi allo stato. Soloo lo svilupparsi di una prassi comunalista
e federativa può porre le basi per la delegittimazione simbolica e reale dell'attuale ordinamento,
così come di
quello che la nuova carta costituzionale prossimamente delineerà.
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