Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Rapide identità
Nel Quo vadis? di Mervyn Le Roy (1951), San Pietro (interpretato dal vecchio
Finlay Currie), sull'impervio
cammino della fede, al limitare di un bosco incontra e riconosce la luce di Dio. Ha appena lasciato Roma dove
le cose non promettevano nulla di buono e, incerto e dubbioso sul da farsi, nellíestasi della visione,
domanda:
«Quo vadis?». Che subito traduce: «Dove vado?». Questa concezione di un Dio
poco versato nelle lingue ed un poco tardo di comprendonio mi ricorda quella di
certi registi nei confronti del loro pubblico. Emmerich sembra il San Pietro del Quo
vadis? allorquando,
dirigendo il roboante e neoecumenico Independence Day, caratterizza i suoi personaggi
garantendoci sui loro
irrimediabili destini. Così, è ben chiaro a tutti che chi propende al Bene sarà salvato e
chi non rifugge dal Male
non vedrà la fine del film. Valga per tutti il caso del personaggio positivo (Jeff Goldblum): è
a Brooklyn e gioca a scacchi con il padre,
allíaperto; va in bicicletta; indossa una camicia scozzese di flanellina e tiene slacciati i primi due bottoni
in alto;
dopo aver bevuto, getta la lattina nell'apposito contenitore che promette radiosi ricicli e, appena in ufficio, la
prima mansione cui adempie è quella di spruzzare le foglioline di una pianticella che coltiva
amorevolmente.
Tutto ciò costituisce le ragioni della sua disinteressata intelligenza grazie alla quale, unico terrestre,
capisce che
la diminuzione progressiva di un segnale proveniente da una mastodontica astronave aliena è, in
realtà, un conto
alla rovescia, e, grazie alla quale, viene ancora a lui ed a lui solo l'idea di abbattere temporaneamente lo schermo
magnetico protettivo degli alieni inserendo un virus informatico nel loro sistema di controllo. A costui, dunque,
alla finfine, si deve quella salvezza dell'umanità cui concorre la migliore società interclassista -
una società che
abbraccia l'ubriacone reduce dal Viet-Nam con tre figli sanguemisti a carico, il militare nero, l'ecologo, la moglie
che antepone la carriera alla famiglia e il Presidente stesso degli Stati Uniti d'America. Quasi al centenario
della Guerra dei mondi di Herbert George Wells, dunque, questa rappresentazione degli alieni
in salsa di seppioline bavose, dentute e tentacolari continua ad invadere la Terra con il pretesto di succhiarle le
sue preziose risorse e, com'è come non è, rimedia un fracco di legnate. Fatto è che tanta
tecnologia e tanta
organizzazione nulla possono contro l'arguzia e la buona volontà dell'Uomo - animale cui piace consolarsi
con
racconti del genere. Sulla tecnica di connotazione dei personaggi si gioca, a ben vedere, la credibilità
narrativa di un film. Ma il
problema non sta tanto nei caratteri attribuiti, quanto piuttosto nei tempi e nelle occasioni scelte per attribuirli.
Emmerich, per tornare all'esempio, accumula i tratti positivi del suo eroe in poco più di un minuto e, a
patrimonio
attribuito, non gli passa neppure per l'anticamera del cervello di aggiungergliene altri per via. Così i
personaggi
della vicenda sono, nella realtà percettiva dello spettatore, scatole chiuse, definite in quattro e quattrotto
e prive
di qualsiasi umanità perché private della facoltà di distribuirsi nel tempo e secondo le
circostanze. Anche questo
può essere un criterio per dividere, come diceva Sant'Agostino, «il grano dalla pula».
P.S.: Nel discorso decisivo alle truppe - nel giorno dell'ultima
battaglia contro il nemico - il Presidente degli Stati
Uniti dice ìcombattereteî e fa pensare, more solito, ad una riedizione del noto ìarmatevi
e partiteî. Invece, poco
dopo, nell'enfasi populista, si ricorda del proprio brevetto di pilota e schizza in cielo a fronteggiare i barbari di
persona. E' una buona mossa politica che gli tornerà utile per le prossime elezioni. Fa il paio con quella
di
mostrare il popolo iracheno pronto a combattere, a fianco degli USA. Ancora della serie: «per chi non avesse
capito». I confini fra il cinema e la propaganda - anche la più becera -, com'è noto, sono vaghi
e malfermi.
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