Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 229
estate 1996


Rivista Anarchica Online

Tentazioni laiche
di Carlo Oliva

Come versare il nostro obolo obbligatorio ad una chiesa (o allo stato) e cercare di sorridere

Perché destinare lo 0,8% alla Chiesa Cattolica, chiede in televisione una voce suadente, su uno sfondo primaverile di cieli azzurri e di nuvole bianche. Già: me lo chiedo anch'io da almeno sei anni, da quando, oltre ad avere il dubbio piacere di contribuire a uno dei sistemi fiscali più esosi e inefficienti del mondo, devo anche tormentarmi per tutto il mese di giugno per decidere se destinare parte delle mie sudatisime tasse a qualche organizzione ecclesiastica, con particolare riguardo a quella chiesa cattolica che nel nostro paese, dal punto di vista ecclesiale, fa da sempre la parte del leone.
Perché certo, posso destinare quella percentuale allo stato, a scopi «sociali e umanitari», se non mi sbaglio, ma vi assicuro che la cosa non mi consola per niente. Sarò incontentabile, ma allo stato credo ancor meno che alla chiesa, e sulla sua capacità di individuare un obiettivo sociale e umanitario che possa condividere anch'io nutro parecchi, igienici dubbi.
E quanto alle chiese evangeliche e agli altri soggetti religiosi a cui pro da qualche tempo posso optare, be', non ho niente contro di loro, naturalmente, ma non vedo neanche perché, per esercitare le loro pur nobili finalità assistenziali e benefiche debbano servirsi del contributo di chi non si annovera tra i loro fedeli.
E' un bel pasticcio, visto che non mi sfugge, naturalmente, che, anche se non scegliessi nessuno, lo stato e la chiesa cattolica, a mio scorno e dispetto, si spartirebbero allegramente quei soldi secondo la proporzione di quanti invece, maledetti loro, hanno scelto. Un vero meccanismo infernale: non so chi lo abbia inventato, ma è poco ma sicuro che nell'arte di gabbare il cittadino, di calpestarne la libertà di pensiero e di imporgli, come se non bastasse, oltre al danno le beffe, doveva essere un genio.
Modesta consolazione: da qualche tempo posso godere, alla radio e in televisione, degli spot delle chiese, e posso ammirarne la pubblicità sui giornali e sui muri cittadini. E non crediate che scherzi: è una consolazione sul serio.
Sono sempre stato convinto che le chiese, in quasi tutte le loro varianti, andassero considerate, grazie agli sforzi dei loro missionari e dei loro predicatori, delle precorritrici, almeno sul piano spirituale, delle moderne tecniche pubblicitarie, ma non avrei mai pensato di vederle ricorrere all'opera dei professionisti della materia. Con ingenuità tutta laica, avevo sempre creduto che considerassero il loro messaggio in qualche modo superiore a quelli volti a incrementare il consumo di formaggini, dentifrici e detersivi per il bucato. E invece no.
Sono tutte lì a cantare come sirene, punteggiando di allettanti messaggi sui media entrambi i mesi della nostra passione fiscale. E con quali argomenti, mio Dio! Se per avere la tua anima le chiese sogliono minacciarti le pene dell'inferno, bisogna ammettere che quando si tratta di mettere le mani sul tuo portafoglio sono assai più garbate. Si appellano alla ragione ed evitano come la peste qualsiasi sottolineatura di tipo religioso.
Non tutti sono espliciti come i valdesi, che specificano e ribadiscono che non una lira andrò comunque alle attività di culto, per cui il loro contributore tipo sceglie quella chiesa proprio perché lui non è valdese (in sede giornalistica ho trovato persino uno slogan del tipo «Do l'0,8% alla Chiesa Valdese PERCHE' NON CREDO», con il «perché non credo» bello in grande), ma poco ci manca.
Gli avventisti del settimo giorno hanno cura di elencare via radio una quantità di disagi perfettamente terreni cui si propongono, con il nostro aiuto, di porre rimedio: introducono cori di uccellini cinguettanti per far meditare sulla solitudine degli anziani, evocano la prospettiva di catastrofi ecologiche e carestie varie per perorare la causa dello sviluppo del terzo mondo, suscitano lo spettro dell'usura in nome del credito solidale.
E persino la buona vecchia chiesa cattolica, che non nasconde l'intenzione di utilizzare parte degli introiti per finanziare le sue attività religiose, precisa in televisione che il primo motivo per scegliere Roma è che essa«porta ovunque aiuto e conforto» e solo se proprio ne avanza destinerà qualcosina anche alle necessità dell'organizzione ecclesiastica.
D'altronde, da tutti i muri delle nostre città occhieggiano enormi manifesti in cui si garantisce che quei quattrini serviranno, in via prioritaria, a finanziare consultori familiari, comunità per tossicodipendenti e ricoveri per gli anziani. Insomma, un trionfo dello spirito laico e della logica della carità fine a se stessa che un vecchio miscredente par mio non può che approvare di tutto cuore.
E non venitemi a dire che, gratta gratta, qualsiasi argomento usino, le chiese sono sempre chiese. Lo so anch'io. Ma ammetterete che è interessante vederle ricorrere, incuranti della loro inesausta polemica con il mondo moderno, a tecniche e argomenti tipici di questo (nostro) mondo. E forse questo punto di vista è addirittura limitativo. Il problema, a ben vedere, non riguarda le argomentazioni adottate, ma è intrinseco alla logica di quel tipo di messaggi. Sappiamo tutti che
il medium non è mai neutrale rispetto al messaggio, ma lo impronta inesorabilmente di sè.
Se, per ipotesi, la campagna in questione, o altre campagne che questa o quella chiesa volesse organizzare a scopo di proselitismo o diffusione, utilizzassero gli argomenti più vieti dei rispettivi catechismi, se, per dirne una, le organizzazioni musulmane assumessero le varie Valeria Marini e Alba Parietti per fare la parte delle uri nel paradiso di Maometto, o quelle cristiane commissionassero a Zeffirelli (o a chi per lui) degli spot di massa ambientati tra le fiamme dell'inferno, con i demoni che inforcano i peccatori come nelle Malebolge dantesche o in un affresco medioevale, e altri ancora che ci portassero in cielo, tra un tripudio di angeli e santi (qualcosa del genere, a dire il vero, credevo di averla già vista, ma mi hanno spiegato che era la clame di una marca di caffè), se a questo tipo di immagini persuasorie si ricorresse, be', i messaggi trasmessi da un mezzo laico e commerciale come la televisione sarebbero, non c'è santi, altrettanto laici e commerciali. Negherebbero la visione del mondo dei loro committenti e accelererebbero il processo di laicizzazione della società non meno di quanto lo faccia la pubblicità dello 0,8%, con la sua enfasi sulla necessità di sanare le sofferenze su questa terra, a prescindere da future compensazioni in sede celeste, e il suo implicito riconoscimento della pari dignità delle varie organizzazioni, laiche e ecclesiastiche, all'uopo concorrenti.
Ipotesi che oggi possono sembrare perfettamente ovvie, ma fino a due o trecento anni fa bastavano ampiamente per spedire qualche disgraziato sul rogo e ancora alla fine del secolo scorso venivano solennemente condannate nel Sillabo. Ed è appunto nella speranza di trovarmi di fronte alle prime manifestazioni di un processo di laicizzazione di lunga durata, che trovo un certo, flebile, conforto alla prospettiva di pagare lo 0,8%.