Rivista Anarchica Online
Centro-sinistra, centro-destra sempre quella
è la minestra
La Redazione
"Un partito di centro che guarda a sinistra". La vecchia definizione della
DC data a suo tempo dal
defunto Alcide De Gasperi è stata più volte ripetuta durante il recente congresso
democristiano di Roma.
Non si è trattato di un congresso qualsiasi, e la DC ne ha approfittato per girare la testa da
destra a
sinistra: un calcetto a Malagodi ed ai suoi colleghi del PLI, ed ecco nuovamente la DC pronta ad offrire
le sue grazie ai socialisti del PSI, con l'abilità di una consumata meretrice par sua. La DC
ha seppellito senza grandi cerimonie il centro-destra, e come un vecchio prestigiatore ha tirato
fuori dal cilindro nientepopodimeno che... la formula di centro-sinistra, sorprendendo i bambini (e solo
loro). Sorprendendo cioè tutti quelli (ed erano tanti) che credevano che il centro-sinistra fosse
morto
per sempre; molti di loro, anzi, pur sbraitando contro il centro-destra dell'odiato Andreotti, dentro di
sé
(forse) gli auguravano lunga vita, convinti che il passo successivo sarebbe stato il regime dei
colonnelli. L'involuzione fascista, "la fascistizzazione dello stato", possono essere arrestate solo da
violente
manifestazioni di popolo, gridavano i "rivoluzionari" della sinistra extra-parlamentare, e allora... dagli
all'odiato Andreotti. Andreotti, si diceva è un servo dei padroni (e come potrebbe non
esserlo un presidente del consiglio?)
ed è peggio del suo predecessore Colombo (padron Colombo fame e piombo). E così,
quando il governo
Andreotti ha cominciato a vacillare in parlamento, per poi miseramente crollare, tutto ciò
è stato
attribuito alle vicende (contrattuali) di alcune categorie di lavoratori allora in lotta. Come si
può credere che siano state le squallide "settimane rosse" anti-DC organizzate da un
gruppuscolo neo-stalinista, o gli infuocati articoli o le invenzioni giornalistiche di Lotta Continua, o la
generale frenesia antiandreottiana, che aveva contagiato un po' tutti i settori della sinistra
extra-parlamentare, a far vacillare e poi crollare l'odiato Andreotti? Si è trattato invece di
una "normale" manovra politica, necessaria per ridare credibilità a sinistra ad un
regime che, con la precedente formula di centro-destra, si era ben coperto a destra. Noi avevamo
ragione quando, quasi soli nel deserto (deserto del buon senso e dell'onestà) all'indomani
delle elezioni del maggio '72, quando già era in cantiere il governo Andreotti, scrivevamo:
"Governo di
centro, centro-sinistra, 'pentarchia' (neologismo), monocolore, consultazioni, programmi...". Al di
là del fumo una sola cosa pare certa: ogni politica governativa oggi, qualsiasi sia la formula
partitica, non può che far perno sul "ristabilimento dell'ordine", di quell'ordine dei padroni senza
il quale
non si esce dalla crisi, senza il quale non si fanno le riforme, senza il quale i padroni (capitalisti e
burocrati) non stanno tranquilli... (cfr. La ricreazione è finita, A 13)". Dopo qualche mese,
quando
Andreotti aveva dimostrato di essere sì repressivo, ma non più di quanto era
funzionalmente necessario
ai padroni (e di quel che avevamo previsto), in contrasto con le grida impaurite e catastrofiche di tanti
"rivoluzionari", riprendevano ed approfondivano la nostra analisi: "Da un lato si tratta di ottenere la
collaborazione dei sindacati, aiutandoli a conservare e ad accrescere il loro prestigio tra i lavoratori (e
conseguentemente il controllo della conflittualità). Dall'altro il governo deve ritrovare la fiducia
dei
capitalisti, necessaria alla ripresa degli investimenti stagnanti. Entro queste direttrici "obbligate", non
resta a nostro avviso molto spazio di differenziazione pratica alle varie formule governative. In effetti
noi, onestamente, non riusciamo ad identificare dei chiari tratti distintivi del governo Andreotti "di
centro" da quelli "di centro-sinistra" ed ancor meno riusciamo ad immaginare come un nuovo
centro-sinistra potrebbe fare una politica diversa da quella di Andreotti". (cfr. Andreotti come gli altri,
A 15). Ora, dunque, il governo Andreotti non è più (amen!). Al momento in cui
scriviamo presidente del
consiglio designato è Mariano Rumor, ministro degli interni nel governo Andreotti (ed anche
all'epoca
della strage di stato), un uomo legato a doppio filo ai vertici della repressione poliziesca (di cui anzi
è,
formalmente, il capo) ed agli intrighi che partono dalla sacra bottega (cioè, dal vaticano). Ma
la figura
centrale nell'attuale operazione di passaggio (indolore) dal centro-destra al centro-sinistra è una
vecchia
volpe della politica italiana, a suo tempo professore di mistica fascista all'Università Cattolica
di Milano,
ed ora massimo custode della "matrice antifascista e popolare della DC ultima versione",
superficialmente unita come non mai in vista del rilancio del centro-sinistra. Si tratta del "famigerato
fanfascista" Amintore Fanfani, che deludendo nel contempo i suoi fedelissimi (ex-camerati) e ammiratori
ed i suoi acerrimi nemici (quegli extra-parlamentari che vedevano in lui il massimo esponente della
reazione neo-fascista della DC) si è volto a sinistra, cercando di ottenere l'appoggio più
o meno
mascherato dei socialisti del PSI, dei sindacati e (perché no?) del PCI. Il ritorno del
centro-sinistra, se da una parte conferma quanto avevamo detto riguardo alla sostanziale
simiglianza delle politiche dei governi che si stanno succedendo, tende d'altra parte a risolvere quei
problemi che l'odiato Andreotti non era riuscito a risolvere, anche perché la presenza al governo
dei
liberali e l'assenza dei socialisti indispettivano ed insospettivano i sindacati ed il PCI. Ed è fin
troppo
chiaro che oggi, senza il tacito appoggio (anche solo parziale) di questi ultimi, nessun governo
può
stabilmente governare: e ciò spiega il perché, fino a poco tempo fa, della
necessità di limitare il diritto
di sciopero anche contro la volontà dei sindacati, si sia recentemente convertito al
centro-sinistra, e
cerchi ora di far passare il suo progetto liberticida con l'appoggio dei sindacati, che, per bocca del
segretario confederale della CGIL Luciano Lama, si sono dichiarati disposti alla "autoregolamentazione"
degli scioperi, cioè al pompieraggio ed al crumiraggio istituzionalizzati. Nessuna lacrima
è stata versata per i liberali, e non saremo certo noi a farlo. Ci basta sottolineare che
la loro presenza è stata utile per ridare fiducia soprattutto ai piccoli e medi imprenditori in un
momento
particolarmente delicato, soprattutto nel loro settore. Ora è però l'appoggio ben
più sostanzioso e
determinante del movimento sindacale (e, genericamente, di sinistra) che si cerca di ottenere, ed
è
naturale che Malagodi ed i suoi accoliti siano liquidati in fretta e senza onore. Tanto nessuno dovrebbe
dubitare che il PLI resterà sempre lì, ad aspettare di essere richiamato in servizio (al
servizio dei
padroni). Lo stesso ex-segretario della DC Arnaldo Forlani, vittima insieme con Andreotti
dell'attuale "svolta a
sinistra" della DC, ha spiegato recentemente che il centro-destra con i liberali è stata
un'esperienza
indispensabile per arginare la crescente insofferenza qualunquista e reazionaria contro il vecchio
centro-sinistra, insofferenza che inevitabilmente sbocca nel MSI. Contrariamente agli
extra-parlamentari, che sono abituati a vedere la realtà attraverso il prisma dei propri
slogans e che di conseguenza credono che ogni cambio di governo comporti un radicale mutamento
della
linea politica dei padroni, noi crediamo fermamente che il futuro governo di centro-sinistra, a parte
alcuni
aspetti perlopiù marginali, non cambierà l'attuale indirizzo politico-sociale del regime:
la minestra è
sempre la stessa.
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