Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 201
giugno 1993 - luglio 1993


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Il caso Pehuenches
di Gianni Sartori

Se le cose dovessero andare come hanno progettato i tecnici della ENDESA sarebbe un tragico futuro quello che attende le popolazioni indigene che abitano lungo li corso del fiume Bio-Bio, in Cile.
Una zona tra l'altro quanto mai integra dal punto di vista naturalistico, ricca di flora e di fauna.
Il progetto della Endesa consiste, per ora, nella costruzione di almeno sei dighe per centrali idroelettriche con conseguenze irreparabili per l'ambiente.
La spoliazione sistematica delle terre abitate dagli indigeni Pehuenches (appartenenti ai Mapuches) non è sicuramente iniziata in questi giorni ma è di vecchia data.
Limitiamoci a risalire fino al secolo scorso.
Nel 1866 i terreni a sud del Bio-Bio vennero arbitrariamente venduti all'asta dallo stato.
Tra il 1884 e il 1929 circa 475.000 ettari furono consegnati a circa 80.000 Mapuches suddivisi in 3.000 «reducciones» (da «ridotto»; e mal termine fu più appropriato). Tra questi solo poche famiglie ricevettero regolari titoli di proprietà.
Contemporaneamente lo stato cileno regalava ai coloni 9 milioni di ettari (circa 500 ettari a testa).
Nel 1934 (durante la presidenza di Arturo Alessandri) a Ranquil Ralco, Lonquimay, i Pehuenches, intenzionati a riprendersi le loro terre ea dichiararle «territorio liberato», parteciparono ad una rivolta contro i latifondisti. Dei fatti successivi non esiste documentazione precisa: ogni documento, ogni registro risultò scomparso.
Secondo quanto riporta lo storico Ricardo Donoso, dopo la repressione della rivolta, le forze dell'ordine si incamminarono con circa 500 prigionieri verso la città di Temuco: soltanto una ventina sopravvisse.
Secondo altre testimonianze almeno tremila persone appartenenti ai Mapuches vennero assassinate.
Con ogni probabilità la cifra esatta non si conoscerà mai.
In seguito l'occupazione delle terre dei Mapuches continuò, soprattutto per opera delle grandi imprese del legno.
Vennero costruite molte strade, abbattendo piante di ogni genere: larici, pini, araucarie...(dal termine PEHUEN, che indica il frutto dell'araucaria, deriva il nome dei Pehuenches). Le terre dei Mapuches si ricoprirono di villaggi, accampamenti di boscaioli, segherie...
Con la «civilizzazione» arrivarono anche il sistema monetario, la burocrazia, la lingua straniera, l'alcool, il turismo...
Durante la dittatura di Pinochet fece la sua comparsa anche il famigerato «impiego minimo», un sistema con cui masse di disoccupati venivano utilizzate in opere pubbliche.
Nonostante tutto, il popolo Pehuenche conserva ancora la propria identità ma per questo è indispensabile che continui a vivere sulla propria terra, che non venga deportato in conseguenza delle previste dighe.
In proposito dichiara l'organizzazione «Mapuche ad-Mapu» (ricordo che i Pehuenches fanno parte dei Mapuches): «La terra, per noi Mapuches, ha un fondamento collettivo e comunitario. Noi Mapuches vediamo le cose in interazione: terra-uomo-vita sociale». Attualmente la popolazione Pehuenche comprende circa 4.000 famiglie. Questo è quanto rimane di un popolo che anticamente abitava le Ande dalla zona chiamata dagli Spagnoli Curico fino all'attuale IX regione.
In seguito vennero segregati nelle «reducciones» dell'alto Bio-Bio, subendo un inevitabile declino.
Mantengono comunque la loro cultura e la loro lingua tradizionale (parlano il Mapudungun, lingua di tutti i Mapuches). Mantengono i costumi tradizionali, le tecniche di costruzione delle loro tipiche case in legno e la fabbricazione delle canoe tagliate a colpi d'ascia.
Caratteristica è la preparazione dei Pehuen, dei frutti dell'araucaraia.
Conservano i tradizionali rapporti sociali, di tipo comunitario, la gerarchia tradizionale, le loro credenze religiose cosmiche e la tradizione orale.
... e continuano a chiamarlo «progresso» ... Risale almeno alla metà degli anni ottanta la denuncia, da parte di ecologi ed antropologi, delle pretese dell'ENDESA (Empresa Nacional De Electricidad Sociedad Anonima) di costruire sei centrali idroelettriche di grandi proporzioni. Si tratterebbe del maggior progetto del genere in Cile.
Altre centrali analoghe, devastanti per l'ambiente, sono già state realizzate durante la dittatura di Pinochet proprio nelle terre abitate dagli ultimi Pehuenches, nella zona dell'alto Bio-Bio.
Ovviamente l'ENDESA difende la sua posizione in quanto «dettata dal progresso».
Ma come ha rilevato l'antropologa ed ecologa-culturale Katherine Bragg, «quando si discute l'argomento del 'Progresso' si pensa al progresso della cultura dominante, non a quello delle minoranze etniche. Per i Pehuenches il progetto 'ALTO BIO-BIO' lungi dal significare 'progresso', significa la loro definitiva scomparsa».
Naturalmente l'ENDESA si è ben guardata dall'informare gli abitanti della zona che, con le future centrali, le loro terre verranno allagate, che il popolo Pehuenche subirebbe un trasferimento forzato, rischiando quindi la definitiva scomparsa.
E insieme ai Pehuenches scomparirebbero le araucarie (a suo tempo considerate monumento nazionale). Contro questo ennesimo genocidio ed ecocidio è opportuno che si mobilitino (non solo in Cile) tutti coloro che pensano che quello che rimane della natura non può essere lasçiato in mano a pochi affaristi (mossi solo dalla logica del profitto, magari spacciandolo per «bene della collettività»).
Ugualmente dovrebbero promuovere campagne di sostegno alla lotta dei Pehunches, coloro che credono che i popoli originari sono nel loro diritto quando si battono per recuperare terra e identità.
In questo senso, per es., si sta già muovendo a livello nazionale la «Lega per i diritti e la liberazione dei popoli».
Mostriamo ai «padroni dell'energia» che i Pehuenches non lottano da soli.