Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 198
marzo 1993


Rivista Anarchica Online

Giustizia e mutuo appoggio
di Lamberto Borghi

Pëtr Kropotkin, anarchico russo vissuto a cavallo tra '800 e '900, fu una originale figura di filosofo, militante rivoluzionario, studioso di scienze naturali. Lamberto Borghi, autore di numerosi studi di pedagogia, analizza qui i risvolti del suo pensiero in ambito educativo. Questa relazione è stata presentata nell'aprile '91 a Bologna nel corso di un convegno promosso dall'associazione "La rete" e della Biblioteca "Armando Borghi" di Castelbolognese

La portata educativa della personalità e del pensiero di Kropotkin supera il suo tempo ed è ricca di valori che incidono come fermenti innovativi nell'epoca presente. "Uomo universale", colpisce per la stretta unione che caratterizza la sua attività scientifica e il suo impegno pratico. L'ampia prospettiva che si schiude davanti a chi tenti di raccogliere in un quadro complessivo e sistematico la sua vita e la sua opera è stata fatta oggetto di studi e di ricerche che inducono - per evitare ripetizioni o divagazioni prive di utilità - a selezionare alcuni aspetti sui quali maggiormente si soffermò la sua riflessione aprendo orizzonti la cui originalità offre suggerimenti che lo collocano tra coloro che col loro insegnamento costituiscono i promotori privilegiati della nostra formazione. La prima osservazione riguarda l'integrità e l'unità del suo atteggiamento in riferimento sia alla realtà sociale del suo tempo sia alla concezione del suo ideale educativo. In entrambi i settori tale atteggiamento si riassume in quella che egli apprezzava come la qualità da lui ritenuta essenziale per il vero educatore: la creazione e il possesso della "visione di un mondo nuovo" (1). E' significativo che considerasse tale qualità fondamentale non soltanto nell'ambito del campo d'indagine che inizialmente fu propriamente suo, quello delle scienze esatte e particolarmente della geografia e della biologia, esteso poi alle scienze umane e in modo speciale all'etica e alla pedagogia, ma anche del settore umanistico e letterario. Ricordando nelle sue memorie di un "rivoluzionario" quanto aveva soprattutto apprezzato nella scuola del corpo dei paggi, nella quale era stato ammesso giovanissimo, scriveva che "solo il professore di letteratura ...può dare unità alle varie discipline storiche e letterarie grazie a una larga visione filosofica e umanistica, e risvegliare nel cuore dei giovani ideali e aspirazioni più nobili". Aggiungeva che "anche la musica" aveva avuto "una parte importante nella sua formazione, dandogli un godimento e un'esaltazione anche maggiori di quelli che gli dava la poesia". Il teatro, e in particolare il melodramma, esercitarono su di lui una grande influenza. L'opera era favorita anche per i suoi risvolti etico-politici; "durante quegli anni vi fu uno strano ma intimo rapporto fra l'opera italiana e il movimento radicale; e i recitativi rivoluzionari del Guglielmo Tell e dei Puritani erano sempre salutati da applausi calorosi..." (2). L'influenza dell'arte ebbe un posto di primo piano nella sua esperienza di vita e si protrasse fino alla sua tarda età. Emma Goldman,che si recò a visitarlo nel suo soggiorno a Dmitrov, non lontano da Mosca, dopo il suo ritorno in Russia dopo la rivoluzione del 1917 , annotava: "Persino i suoi amici più intimi ignoravano che Pietro Kropotkin era un artista e un musicista di molto talento. Tra le sue opere scoprii una collezione di disegni di grande valore. Egli amava la musica con passione ed era un musicista di non usuale abilità. Buona parte del suo tempo lo dedicava al pianoforte" (3).
Nelle opere che Kropotkin scrisse dopo il suo ritiro in Inghilterra dall'attività rivoluzionaria nel 1886, i riferimenti all'arte nei suoi rapporti con la scienza e col lavoro produttivo ricorrono numerosi. Due di essi attraggono il lettore per la loro affinità che documenta la presenza costante nella mente di Kropotkin dei risultati di una riflessione che egli veniva elaborando senza stanchezza su un argomento che è in lui fondamentale: quello della relazione intercedente tra il lavoro intellettuale e il lavoro manuale. Esso ricorre anzitutto nel libro del 1891, La conquista del pane.

Il genio della scoperta
Trattando della condizione dell'uomo nella "Comune anarchica", liberato dallo sfruttamento della proprietà privata e dall'autoritarismo statale, Kropotkin scriveva: "...poiché la forza dell'anarchia deriva dal comprendere tutte le facoltà umane e tutte le passioni, non ignorandone alcuna, diremo in poche parole come ci si potrebbe sistemare per soddisfare ai bisogni intellettuali e artistici dell'uomo. Lavorando quattro o cinque ore al giorno fino a 45-50 anni... l'uomo potrebbe produrre tutto ciò che è necessario per garantire la comodità alla società... L'uomo che avrà fatto quattro o cinque ore di lavoro manuale necessario per vivere avrà ancora davanti a sé cinque o sei ore che egli cercherà di riempire secondo i suoi gusti. E queste cinque o sei ore al giorno gli daranno piena possibilità di procurarsi, associandosi ad altri, tutto quello che vorrà al di fuori del necessario o dell'assicurato a tutti. Si libererà dapprima, sia nei campi che nelle officine, del lavoro che dovrà alla società per la parte di contributo alla produzione generale. E impiegherà l'altra metà della giornata, della settimana, o dell'anno alla soddisfazione dei bisogni artistici o scientifici... E' questo un sogno che noi facciamo? Certamente no per coloro che hanno osservato e riflettuto. In questo stesso momento la vita ci spinge già in questa direzione. È sognare, il concepire una società nella quale tutti essendo divenuti produttori, tutti ricevendo una istruzione che permette loro di coltivare le scienze o le arti, e tutti avendo la libertà di farlo, si associano fra loro per pubblicare i loro lavori apportando la loro parte di lavoro manuale?... È la via della libertà... Le lettere e la scienza non prenderanno il loro vero posto nell'opera del progresso umano che il giorno in cui, liberi da tutto il servaggio mercenario, esse saranno esclusivamente coltivate da coloro che le amano e per coloro che le amano" (4).
Kropotkin dedica gran parte dell'ottavo capitolo del libro a illustrare questo che chiama il suo sogno di una società liberata nella quale "il genio della scoperta" emergerà e fiorirà non soltanto nel campo del lavoro produttivo, ma anche nel multiforme dominio dell'arte nella letteratura, nella pittura, nell'architettura, nella scultura, nell'urbanistica. Una così profonda e comprensiva trasformazione, conclude Kropotkin, "non potrà realizzarsi che in una società nella quale tutti godranno della comodità - e della libertà... Lavorando per abolire la divisione fra padroni e schiavi noi lavoriamo per la felicità degli uni e degli altri, per la felicità dell'umanità" (5).
La seconda opera nella quale il problema dell'arte viene messo a fuoco da Kropotkin è Campi, fabbriche, officine ma la questione di fondo ivi trattata è quella della realtà economico-sociale che occupa le prime tre parti del libro nell'edizione inglese ridotta ed aggiornata da Colin Ward (5).

Libero sviluppo dell'individualità
Nella quarta parte, che ha per titolo "Lavoro intellettuale e lavoro manuale", Kropotkin riprende motivi già illustrati nella Conquista del pane. Insiste sul principio che mediante la soppressione delle disuguaglianze sociali e della divisione classista della società si accrescerebbe la creatività del lavoro, mentre se ne diminuirebbe la durata quotidiana. In tal modo sarebbe data a tutti la possibilità di impegnarsi nelle occupazioni preferite liberamente scelte ed emergerebbero quelle dedite all'arte e alla scienza. Scriveva Kropotkin al riguardo: "Se ciascuno si accollasse la sua parte di produzione, e se la produzione venisse socializzata... allora a noi rimarrebbe più della metà della giornata lavorativa da dedicare all'arte, alla scienza o a qualsiasi altra occupazione preferita; e il nostro lavoro negli stessi settori sarebbe più proficuo se impiegassimo l'altra metà della giornata in lavoro produttivo; se l'arte e la scienza fossero coltivate per pura inclinazione, e non per scopi commerciali. Inoltre, una società organizzata sul principio che tutti lavorino sarebbe abbastanza ricca per sollevare uomini e donne, una volta raggiunta una certa età, diciamo i quarant'anni o poco più, dall'obbligo morale di partecipare direttamente all'esecuzione del necessario lavoro manuale, e per consentire loro di votarsi interamente all'arte, alla scienza o a qualsiasi altra occupazione" (6).
Aggiungeva Kropotkin, accentuando alcuni dei motivi salienti della sua concezione educativa: "In questo modo sarebbero pienamente garantiti la libera ricerca in nuovi rami dell'arte e del sapere, la libera creazione e il libero sviluppo individuale. E una società come questa non conoscerebbe miseria in seno all'abbondanza;ignorerebbe la dualità di coscienza che permea la nostra vita e paralizza ogni nobile sforzo; e volerebbe liberamente verso le più alte regioni del progresso compatibile con la natura umana" (7).
L'ideale di Kropotkin dell'intimo legame tra attività intellettuale e attività manuale, tra sviluppo artistico scientifico e sviluppo delle capacità produttive non costituisce una sua prerogativa personale, anche se è del tutto originale la posizione che egli assunse nei suoi riguardi. Esso trova dei precedenti degni di menzione non soltanto nel collettivismo comunista di Marx e nel federalismo libertario e mutualista di Proudhon, ma anche nel pensiero democratico orientato in direzione socialista di John Dewey. Quanto a Marx, alcuni motivi preannuncianti l'atteggiamento di Kropotkin assumono un rilievo assai accentuato in alcune pagine dei Lineamenti fondamentali della critica dell' economia politica ( Grundrisse) del 1857-1858. "Un lavoro realmente libero può divenire lavoro attraente, autorealizzazione dell'individuo - Marx scrive con riferimento parzialmente polemico ai rapporti con la visione di Fourier - solamente 1) se è posto il suo carattere sociale, 2) se è di carattere scientifico, e al tempo stesso è lavoro universale, se è sforzo dell'uomo non come forza naturale appositamente addestrata, bensì come soggetto che nel processo di produzione... si presenta... come attività regolatrice di tutte le forze naturali" (8).
Più oltre, sempre nei Grundrisse, Marx insiste sul mutamento della natura della produzione, ormai "minimamente posta in rapporto al tempo di lavoro immediato, ma dipendente invece dallo stato generale della scienza e dal progresso della tecnologia". Insieme colla trasformazione del lavoro attraverso il suo sviluppo scientifico e tecnologico, ha luogo la trasformazione della stessa personalità, "(Subentra) il libero sviluppo delle individualità e la riduzione del lavoro necessario della società ad un minimo, a cui corrisponde poi la formazione e lo sviluppo artistico, scientifico, ecc. degli individui grazie al tempo divenuto libero e ai mezzi creati per tutti loro" (9). Riprendendo la critica già espressa nei riguardi dell'idea del lavoro come gioco del Fourier, Marx ne attenuava la portata e ne sottolineava gli aspetti positivi. "Il lavoro - scriveva - non può diventare gioco, come vuole Fourier, al quale rimane il grande merito di avere indicato come obiettivo ultimo la soppressione non della distribuzione, ma del modo di produzione stesso nella sua forma superiore. Il tempo libero - che è sia tempo di ozio sia tempo per attività superiori - ha trasformato naturalmente il suo possessore in un soggetto diverso..." (10).

La morale come società
Quasi un secolo più tardi, nel 1944, John Dewey riprendeva l'idea di Kropotkin circa il rapporto inscindibile tra lavoro, scienza e educazione come trasfigurazione dell'uomo in forme di vita democratica coinvolgenti sia l'individuo che la società. "Il compito - scriveva in "Problems of men" - è questo: usando le parole in senso lato, esso consiste nell'umanizzare la scienza. E in concreto questo scopo non può essere raggiunto se non si umanizza anche il frutto della scienza, che si chiama tecnica!". Questa finalità egli esprimeva a conferma di quanto aveva affermato poco prima in merito al rapporto tra lavoro intellettuale e lavoro manuale: "...il compenetrare l'educazione professionale di uno spirito liberale e il riempirla di un contenuto liberale non è un sogno utopistico. E' una possibilità dimostrata da scuole sorte qua e là, nelle quali le materie recanti di solito l'etichetta di 'praticamente utili' sono insegnate insieme all'intelligenza scientifica e a un senso delle applicazioni morali e sociali che esse posseggono in potenza" (11).
Queste affermazioni richiamano il senso del nostro discorso sui valori etici e sociali della concezione di Kropotkin. La sua teoria della morale occupò una parte importante della sua età matura e non venne portata a compimento a causa della sua morte. Scriveva Herbert Read nella sua introduzione alla "Società aperta" che "in punto di morte Kropotkin si fermò a mezzo di un frase del suo lavoro sull'ETICA. Nell'opera sul 'Mutuo appoggio' pubblicata nel 1902 egli affermava essere evidente che il mutuo appoggio sia il fondamento reale delle nostre concezioni etiche e che nell'ambito dell'etica l'importanza predominante del principio del mutuo appoggio appare nella sua interezza" (12).
Chiariva questo motivo di fondo del suo pensiero nell'Introduzione di quest'opera: "L'amore, la simpatia ed il sacrificio di sè compiono certamente una funzione immensa nello sviluppo progressivo dei nostri sentimenti morali. Ma non è sull'amore e nemmeno sulla simpatia che la società è basata, nell'umanità: è sulla coscienza della solidarietà umana, non fosse essa che allo stato d'istinto; sul sentimento incosciente della forza che dà a ciascuno la pratica del mutuo appoggio, sul sentimento della stretta dipendenza della felicità di ciascuno dalla felicità di tutti, e sopra un vago senso di giustizia o di equità che porta l'individuo a considerare i diritti di ogni altro individuo come uguali ai propri. Su questa larga base si sviluppano i sentimenti morali superiori". Citava la conferenza, "Giustrzia e moralità" dove aveva trattato la questione della morale appena accennata nell'Introduzione al Mutuo appoggio (13).
Lo stretto rapporto tra moralità, giustizia e mutuo appoggio è approfondito negli scritti di Kropotkin come motivo fondamentale della sua visione filosofica e sociale. L'influenza dell'opera di Proudhon De la giustice dans la révolutiòn et dans l'église è fortemente avvertita nell'etica di Kropotkin. L'idea della morale come socialità si imparenta a quella di essa come reciproco aiuto. L'apertura all'universalità degli uomini e degli esseri viventi nonché alle cose sottolinea la concezione dell'uguaglianza, dell'importanza, della dignità e del valore di ogni partecipante nella totalità del reale. L'accento posto sulla socialità nello sviluppo etico dell'uomo, oltre che a Proudhon, accomuna Kropotkin ai grandi teorici dello sperimentalismo, a William James e a John Dewey e a pensatori libertari, nel senso più lato del termine, come Andrea Caffi e Nicola Chiaromonte.
Un ulteriore approfondimento della concezione che Kropotkin ha sviluppato della morale supera i limiti posti al mio intervento. Mi sembra opportuno soffermarmi soltanto ancora un istante sulla valenza della morale nella dimensione della giustizia, intrinsecamente collegata all'uguaglianza sociale.
Kropotkin aveva caro tale collegamento. Affermava che Proudhon poneva in risalto primario nel suo scritto sulla proprietà, l'identità della giustizia con l'uguaglianza citando l'antica definizione di giustizia: Justum aequale est, injustum inaequale, e aggiungeva con Proudhon che supremo scopo morale per l'uomo è la realizzazione della giustizia (14).
L'idea della morale come giustizia rappresenta una nota essenziale nella filosofia, nella letteratura ed altresì nella scienza dell'educazione. Ricordo sotto quest'ultimo aspetto l'elaborazíone del Test Tsedek che H. Baruk e M.lle Rivière presentarono nel 1947 alla Società medico-pedagogica allo scopo di indagare il giudizio morale in base a una valutazione obiettiva. Gli autori utilizzano il termine biblico "Tsedek", intraducibile in altre lingue, che esprime una specie di fusione ed integrazione di "Giustizia" e "Carità"... (15).

Immanentismo laico
Nella poesia Dante ha conferito un posto di primo piano al principio della giustizia e alla personalità dell'uomo giusto. "Giusto" si dichiara Pier della Vigna, poeta della Scuola Siciliana, che tenne "ambo le chiavi del cor di Federigo" (Inferno XIII, 58-59 e 72). "Giusto" è chiamato Romeo di Villanova che "accrebbe lustro alla casata di Ramondo Beringhieri conte di Provenza, il quale fu indotto dalle calunnie a dimandar ragione a questo giusto che gli rendè sette e cinque per diece" (Paradiso, VI, 136-133).
Desidero terminare questo breve riferimento alla concezione della giustizia e del giusto nel corso dei tempi ponendo in rilievo l'importanza che ebbero "i giusti" - zaddikim - nella storia dell'ebraismo. Si tratta di una tendenza iscritta nello sviluppo del misticismo delle comunità ebraiche dell'Europa orientale che ebbe la sua maggiore fioritura nei secoli decimottavo e decimonono, ma che vive ancora in diversi paesi, non soltanto in Israele e negli Stati Uniti, ma anche in Francia e in Italia. Questo spiritualismo mistico è ben lontano dall'immanentismo laico di Kropotkin e degli anarchici. Gli zaddikim e i loro seguaci - i Hasidim (devoti) - ebbero la loro prova del fuoco durante l'olocausto e sono degni di un ricordo particolare in un discorso in cui l'ideale morale ha avuto la sua più veridica rappresentazione in chi, come Kropotkin e gli anarchici, hanno collocato il principio della solidarietà umana all'apice della loro coscienza e alla base del loro comportamento. Scriveva Martin Buber, il maggiore storico dell'Hasidismo: "Non gli insegnamenti del Zaddik ma la sua esistenza costituiscono la sua effettiva realtà; e non tanto la circostanza che egli è presente in occasioni stroordinarie, rna che egli lo è nel corso ordinario dei giorni...; non che egli è lì come un capo intellettuale ma come il completo essere umano con tutta la sua vita mondana in cui la compiutezza dell'essere umano è comprovata" (16).
Questa è stata l'influenza del giusto ("zaddik") sui suoi discepoli... Uno dei grandi principi dei "hasidim" sta in ciò che il giusto e la comunità dipendono l'uno dall'altro. Il loro rapporto è affine a quello che hanno la sostanza e la forma, il corpo e l'anima nella vita dell'individuo.. Così i giusti hanno bisogno della comunità e la comunità ha bisogno dei giusti. Le realtà dell'insegnamento "hasidico" si sostanziano in questa interrelazione (17). Giustizia e mutuo appoggio in tale rapporto interculturale avvalorano la visione etica di Kropotkin in un inedito contesto nel quale l'essenza della vita spirituale esprime nella più alta misura le congiunte dimensioni della realizzazione dell'esistenza personale e della comunicazione sociale.

1) Kropotkin, Memorie di un rivoluzionario, Editori Riuniti, 1968, p. 60.
2) Memorie di un rivoluzionario, pp. 60 e 80.
3) Kropotkin, La società aperta, scelta degli scritti e introduzione di Herbert Read con una nota di Carlo Doglio, Edizioni Antistato, Cesena 1973. Le citazioni relative alla vita di Kropotkin contenute nel diario di Emma Goldman sono riportate da Herbert Read nella sua introduzione alle pagine 11-15
4) Kropotkin, La conquista del pane, Anarchismo, Catania, p.70-73. Ivi pp. 75-77.
5) Avverte Colin Ward nella introduzione all'edizione inglese che Campi, fabbriche, officine nacque da una serie di articoli pubblicati tra il 1888 e il 1890, e raccolti in volume nel 1899. L'edizione inglese del libro venne pubblicata nel 1977 col titolo originale Fields, factories and Workshops Tomorrow. La traduzione italiana è stata pubblicata nel 1975 a Milano nelle edizioni Antistato.
6) Kropotkin, Campi, fabbriche, officine, ediz. cit., p. 214.
7) Kropotkin, Ivi, pp. 214- 215.
8) Marx, Lineamenti fondamentali ecc., Firenze , La Nuova Italia, vol. II 1970, pp. 278-279.
9) Marx, Lineamenti, vol. II, pp. 401-402.
10) Ivi, p. 410.
1 1) Dewey, Problems of Men, New York, 1946, Part I: Democracy and Education: I) The democratic faith and education (1944), p. 32. Traduz. ital. di G. Preti, Mondadori, 1950, p. 56.
12) Kropotkin, La società aperta, ed. cit. p.223.
13) Kropotkin, Il mutuo appoggio, Bologna, 1950, p. 17
14) Kropotkin, L'etica, Edigraf, 1972 pp. 232 e 235.
15) Contributo allo studio del Test Tsedek. Rivista di psicologia sociale, IV, 1957.
16) Martin Buber, Tales of the Hasidim vol. 1°, New York 1947 , p. 6. Trad. italiana I racconti dei hasidim, Milano, 1979, p. 16.
17) Martin Buber, Tales of the hasidim, ed. cit., p. 7.

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Pëtr Aleksejevic Kropotkin (1842 - 1921)

Discendente di una delle più antiche famiglie nobili russe, abbandona a vent'anni la carriera militare, a cui la famiglia l'aveva destinato, e si dedica ad importanti ricerche scientifiche di zoologia, antropologia e geografia.
Nel '72, durante un viaggio in Svizzera, aderisce all'AIL. Tornato in Russia viene arrestato nel '74 per la sua attività contro il regime ed imprigionato nella fortezza Pietro e Paolo, da cui riesce ad evadere nel 1876.
Scienziato, conferenziere, scrittore, Kropotkin è uno dei massimi e più prestigiosi teorici anarchici; di lui notissimi sono gli scritti che, per la prima volta, contrappongono alle teorie darwiniste, allora in auge, della selezione naturale, una concezione mutualista dello sviluppo biologico. Per Kropotkin è il senso di solidarietà sviluppato che stabilisce proporzionalmente il grado di sviluppo e di ambientazione, per gli animali quanto per gli uomini. Nel 1914, allo scoppio della guerra, mentre tutto il movimento anarchico resta fedele alla propria tradizione antimilitarista, Kropotkin è uno dei firmatari del noto "Manifesto dei Sedici", la dichiarazione che alcuni anarchici fecero a favore della Francia e dell'Inghilterra contro la Germania. Nel 1917, dopo lo scoppio rivoluzionario, ritorna a Pietroburgo accolto trionfalmente da Kerensky e bande militari. Due anni dopo incontra Lenin per chiedere la liberazione degli anarchici imprigionati e perseguitati dai bolscevichi. Ma è solo nel 1921 che, tra una folla di centomila persone che seguono la sua bara, si potranno vedere, fra tante ipocrite bandiere rosse, le bandiere nere dell'anarchia, quelle dei prigionieri libertari liberati per l'occasione dalle segrete bolsceviche.