rivista anarchica anno 21 nr. 187 dicembre 1991 - gennaio 1992
Rivista Anarchica Online
La mia proposta di Murray Bookchin
Rispondendo ad alcune critiche Murray Bookchin fondatore
dell'ecologia sociale precisa i termini della sua proposta di
"municipalismo libertario". Il dibattito
prosegue.
Forse una delle cause più importanti
all'origine del fallimento dei movimenti per una ricostruzione della
società - mi riferisco qui in particolare alla sinistra, ai
gruppi ecologici radicali e alle organizzazioni che sostengono di
parlare a nome degli oppressi - è stata la loro mancanza di
una politica che portasse la gente oltre i limiti fissati dallo
status quo. Politica al giorno d'oggi sta a significare
una lotta tra partiti burocratici in ribasso o in rialzo, per
l'esercizio del potere sancito dalle elezioni e che offrono vaghi
programmi di "giustizia sociale" per attirarsi i favori di
un non meglio definito "elettorato". Una volta
installatisi al potere, i loro programmi di solito si tramutano in
una serie di "compromessi". Sotto questo aspetto,
molti partiti verdi in Europa sono stati diversi solo per alcuni
motivi marginali dai tradizionali partiti politici. Né i
partiti socialisti, con tutte le loro varie etichette, sono riusciti
ad evidenziare delle differenze basilari rispetto alle proprie
controparti capitaliste. Non c'è dubbio che l'indifferenza
dell'opinione pubblica europea e americana - la sua apoliticità
- sia comprensibilmente deprimente. Date le loro basse
aspettative, le persone che vanno a votare si affidano di norma a
partiti già affermati, se non altro perché sono in
grado di produrre risultati concreti per alcuni aspetti materiali.
Se uno si prende la bega di votare, il più delle volte fa il
ragionamento: perché sprecare il voto per una nuova
formazione che ha tutta le caratteristiche di quelle più
grandi e che comunque verrà corrotta dal successo, se lo
otterrà? Basta guardare i verdi tedeschi, la cui vita interna
e pubblica si avvicina sempre di più a quella degli altri
partiti del nuovo Reich. Il fatto che questo "processo
politico" sia continuato senza praticamente nessun cambiamento
per decenni è dovuto in gran parte all'inerzia del
processo stesso. Il tempo ha logorato sempre di più
le aspettative e le speranze vengono spesso ridotte ad abitudini,
quando ad una delusione ne fa seguito un'altra. Le belle parole
su di una "nuova politica", su di un sovvertimento delle
tradizioni, vecchie come la politica stessa, diventano sempre
meno convincenti. Per decenni, per non dire di più, i
cambiamenti che si sono prodotti nelle politiche radicali sono
soprattutto dei cambiamenti nella retorica piuttosto che nella
struttura. I Verdi tedeschi sono solo l'ultima di tutta una serie di
"partiti non partitici" (per usare il loro modo originale
di descrivere la propria organizzazione) che sono passati dal
tentativo di praticare una politica radicale - e per farlo, ironia
della sorte, hanno scelto proprio il Bundestag! - alla trasformazione
in un partito parlamentare di tipo tradizionale. Il Partito
Socialdemocratico in Germania, il Partito Laburista in Gran
Bretagna, il Nuovo Partito Democratico in Canada, il Partito
Socialista in Francia e altri arrivano oggi a presentarsi come
partiti addirittura liberali nei quali Franklin D. Roosevelt o Harry
Truman non faticherebbero ad ambientarsi. Tutti gli ideali sociali
che questi partiti hanno potuto avere generazioni fa, sono stati
eclissati da un pragmatismo finalizzato al raggiungimento, al
mantenimento e all'estensione dei loro poteri all'interno degli
organismi parlamentari e ministeriali. Sono esattamente questi
obiettivi di tipo parlamentare e ministeriale che oggi chiamano
"politica". Per la moderna immaginazione politica, la
"politica" è precisamente un insieme di tecniche
per mantenere il potere negli organismi rappresentativi - e più
precisamente nelle sedi del potere legislativo ed esecutivo - e non
un'istanza morale basata sulla razionalità, la
comunità e la libertà.
Un'etica civile
Il municipalismo
libertario rappresenta un progetto serio e fondamentale a livello
storico per rendere la politica etica nel suo carattere e ben
radicata tra la gente. Esso è strutturalmente e moralmente
diverso da altri tentativi di radicare la politica tra la gente.
Cerca di guadagnare la sfera pubblica all'esercizio di un'autentica
cittadinanza, rompendo il circolo vizioso del parlamentarismo, con
la sua mistificazione del meccanismo dei partiti come mezzo di
rappresentazione dei pubblici interessi. A questo riguardo, il
municipalismo libertario non è solamente una "strategia
politica". É un tentativo di lavorare a partire da
possibilità democratiche latenti o incipienti per giungere ad
una configurazione radicalmente nuova della società stessa -
una società comunitaria orientata alla soddisfazione dei
bisogni umani e che risponda agli imperativi ecologici, sviluppando
una nuova etica basata sulla condivisione e sulla cooperazione. Che
tutto ciò richieda una forma di politica coerentemente
indipendente è una cosa scontata. Più importante,
invece, è il fatto che ciò richieda una ridefinizione
della politica, un ritorno all'originale significato greco della
parola come gestione della comunità o della polis mediante
assemblee a partecipazione diretta della gente, al fine di formulare
una politica pubblica basata su di un'etica di complementarietà
e di solidarietà. In questa prospettiva il municipalismo
libertario non si rivela come una delle tante tecniche pluraliste
che mira a raggiungere vaghe e indefinite mete sociali. Democratico
per essenza e non gerarchico nelle sue strutture, esso rappresenta
una specie di destino umano e non semplice assortimento di strumenti
o di strategie politiche che non possono essere adottate o scartate
al fine di raggiungere il potere. Il municipalismo libertario, in
realtà, cerca di definire i contorni istituzionali di una
nuova società anche quando avanza il messaggio pratico di una
politica radicalmente nuova per il giorno d'oggi.
Mezzi e fini
Qui i mezzi e i fini
si incontrano in un'unità razionale. La parola democrazia ora
esprime il controllo popolare diretto di una società da
parte dei suoi cittadini, mediante il raggiungimento e il
mantenimento di una vera democrazia nelle assemblee municipali - al
contrario dei sistemi di rappresentazione previsti dalle
repubbliche, che si impadroniscono del diritto dei cittadini di
formulare le politiche che riguardano le loro comunità e
regioni. Una politica del genere si distingue radicalmente dalla
statualità e dallo stato - un corpo professionale composto da
burocrati, polizia, militari, legislatori e simili, che esiste come
apparato coercitivo, chiaramente distinto dalla gente e al di sopra
di essa. L'approccio del municipalismo libertario distingue la
statualità - che oggi di solito caratterizziamo come
"politica" - dalla politica come esisteva nelle comunità
democratiche precapitaliste. Il municipalismo libertario inoltre
implica una chiara delimitazione dell'ambito del sociale - così come
di quello del politico - allo stretto significato del termine
sociale, vale a dire il luogo in cui noi viviamo le nostre vite
private e ci impegnano nella produzione. In quanto tale, l'ambito
del sociale deve essere distinto sia dall'ambito politico che da
quello statale. Enormi danni sono stati causati dall'uso
intercambiabile di questi termini - sociale, politico e stato. In
realtà, la tendenza è stata quella di identificarli
con un altro termine esistente nel nostro pensiero e nella nostra
realtà quotidiana. Ma lo stato rappresenta una formazione
completamente aliena, una spina nel fianco dello sviluppo umano,
un'entità esogena che ha incessantemente invaso gli ambiti
del sociale e del politico. Spesso, infatti, lo stato è
risultato essere fine a se stesso, come testimoniano la nascita
degli imperi asiatici, l'antica Roma imperiale e gli stati
totalitari dei tempi moderni. Oltre a ciò, esso ha
ripetutamente invaso l'ambito del politico che, nonostante tutte le
sue insufficienze del passato, ha costituito una spinta per le
comunità, i gruppi sociali e i singoli individui. Questa
invasione non è avvenuta senza contrasti. Infatti il
conflitto tra lo stato da una parte e l'ambito politico e sociale
dall'altra è stata una guerra civile sotterranea continuata
per centinaia d'anni. Spesso è venuta allo scoperto - nei
tempi moderni nel conflitto delle città castigliane
(comuneros) contro la monarchia spagnola nel 1520, nella lotta della
sezione parigina contro la Convenzione Giacobina centralista del
1793 e in innumerevoli altri scontri. Oggi, con la crescente
centralizzazione e concentrazione del potere nello stato-nazione,
una "nuova politica" - che sia davvero nuova - deve
essere strutturata istituzionalmente intorno alla restituzione del
potere alle municipalità. Si tratta di un aspetto non solo
necessario, ma possibile, anche nel caso di aree urbane gigantesche
come quelle di New York, Montreal, Londra e Parigi. Tali agglomerati
urbani non sono, strettamente parlando, città o municipalità
nel senso che tradizionalmente viene attribuito a questi termini,
nonostante vengano designati come tali dai sociologi. E' solo quando
pensiamo che esse siano città che noi ci lasciamo
trarre in inganno dai problemi della dimensione e della logistica.
Ancora prima di affrontare l'imperativo ecologico della
decentralizzazione fisica (una necessità anticipata
sia da Frederich Engels che da Petr Kropotkin), dobbiamo liberarci
di ogni esitazione a decentralizzarli istituzionalmente .
(...) Ovviamente i cambiamenti sociali non si producono in un
vuoto sociale. Né essi garantiscono che una municipalità
decentralizzata, anche se strutturalmente democratica, sia
necessariamente umana, razionale ed ecologica nel suo affrontare
le questioni pubbliche. Il municipalismo libertario ha come sua
premessa la lotta per raggiungere la realizzazione di una società
razionale ed ecologica, una lotta che si fonda sull'educazione e
sull'organizzazione. Fin dal suo inizio esso presuppone un
desiderio genuinamente democratico della gente di arrestare la
crescita dei poteri dello stato-nazione e di reclamarli per la loro
comunità e la loro regione. Fin quando non vi sarà un
movimento - sperabilmente un movimento verde di sinistra - che
persegua questi fini, la decentralizzazione rischierà di
portare al campanilismo parrocchiale altrettanto facilmente di
quanto non possa portare a comunità ecologiche umaniste. Ma
quando mai i cambiamenti sociali fondamentali sono stati senza
rischi? (...) L'interdipendenza economica è un fatto della
vita nel mondo d'oggi e lo stesso capitalismo ha reso le autarchie
campanilistiche una pura chimera. Mentre le municipalità e le
regioni possono puntare al conseguimento di un considerevole livello
di autosufficienza abbiamo da lungo tempo abbandonato l'età
in cui erano possibili comunità autosufficienti che potessero
indulgere ai loro pregiudizi.
Politica e
amministrazione
Altrettanto
importante è il bisogno di confederazione -
l'interconnessione di varie comunità mediante rappresentanti
revocabili nominati da assemblee municipali dei cittadini e le cui
uniche funzioni sono quelle coordinative e amministrative. La
confederazione ha una sua lunga storia, che risale all'antichità
e che è venuta spesso in superficie come una delle principali
alternative alla nazione-stato. Dalla Rivoluzione americana alla
Rivoluzione francese e alla Rivoluzione spagnola del 1936, il
confederalismo costituisce una delle più importanti sfide al
centralismo statale. Esso non è certo scomparso nei nostri
tempi, nei quali il crollo degli imperi del ventesimo secolo ha
portato alla luce il problema della scelta tra un centralismo
statale e una nazione relativamente autonoma. Il municipalismo
libertario aggiunge una dimensione radicalmente democratica alla
discussione contemporanea sulla confederazione (come per esempio in
Jugoslavia e in Cecoslovacchia), richiamandosi a confederazioni non
di nazioni-stato ma di municipalità e delle
popolazioni sia delle aree metropolitane più grandi che delle
cittadine e dei centri minori. Nel caso del municipalismo
libertario, il verificarsi di fenomeni di campanilismo può
così essere tenuto sotto controllo non solo mediante la
realtà vincolante dell'interdipendenza economica, ma anche
mediante l'impegno delle minoranze municipali a conformarsi al
volere della maggioranza delle comunità partecipanti. Ma
queste interdipendenze e il principio della maggioranza ci
garantiscono che una decisione presa dalla maggioranza sia una
decisione corretta? Certamente no - ma le nostre possibilità
di dar vita ad una società razionale ed ecologica sono molto
più alte in base a questo approccio piuttosto che in base a
quelli fondati su entità centralizzate e apparati
burocratici. Non posso che meravigliarmi del fatto che nessuna rete
municipale sia emersa tra i verdi tedeschi, che hanno centinaia di
rappresentanti in consigli comunali di tutta la Germania, ma che
portano avanti una politica locale del tutto convenzionale e chiusa
su se stessa nel caso di determinate cittadine e città. Molti
degli argomenti contro il municipalismo libertario - e l'enfasi che
esso pone sul confederalismo - derivano dalla mancata comprensione
della distinzione tra l'effettuare una politica e l'amministrazione.
Questa distinzione è un aspetto fondamentale per il
municipalismo libertario e deve sempre essere tenuta a mente. La
politica viene portata avanti da una comunità o da una
assemblea di vicini composta da liberi cittadini: l'amministrazione
viene gestita da consigli confederali composti da rappresentanti
revocabili di quartieri, città e piccoli centri. Se
determinate comunità o gruppi di vicini - o dei loro
raggruppamenti di minoranza - scelgono di percorrere la loro strada
fino al punto di violare diritti umani o di permettere gravi danni
ecologici, la maggioranza di una confederazione locale o
regionale ha tutti i diritti di impedire questi misfatti mediante
il proprio consiglio federale. Non si tratta di una negazione della
democrazia, ma dell'affermazione di un accordo condiviso da tutti
per il rispetto dei diritti civili e il mantenimento dell'integrità
ecologica di una regione. Questi diritti e queste istanze non
vengono difesi tanto da un consiglio confederale, quanto dalla
maggioranza delle assemblee popolari concepite come un'ampia
comunità che esprime le proprie intenzioni mediante i propri
delegati confederali. L'effettuazione di una politica rimane così
locale, ma la sua amministrazione viene conferita alla rete delle
confederazioni nel suo insieme. La confederazione è in
realtà una comunità di comunità basata su
diritti umani e su imperativi ecologici ben distinti. Se il
municipalismo libertario non vuole essere completamente distorto
nella sua forma e spogliato del suo significato, deve diventare
un "desideratum" da conquistare (...) E allo stesso
tempo, per il solo fatto fatto di esistere in un clima di
crescente tensione all'interno della nazione-stato, un processo e un
destino, una lotta che deve avere un compimento, e non un semplice
lascito concesso dai massimi organi dello stato. E' un potere duale
che contesta la legittimità del potere statale
esistente. Si può prevedere che questo movimento inizierà
con lentezza, forse solo sporadicamente, in comunità sparse
qui e là che inizialmente potrebbero porsi come istanza solo
l'autorità morale per cambiare la struttura della
società, prima che esista una rete sufficientemente ampia di
confederazioni che si ponga come fine l'ottenimento del potere
istituzionale per sostituire lo stato. Le tensioni sempre maggiori
che vengono originate dall'emergere di confederazioni municipali
rappresentano uno scontro tra l'ambito statale e quello politico.
Questo scontro può essere risolto solo dopo che il
municipalismo libertario avrà forgiato la nuova politica di
un movimento popolare riuscendo in ultimo a conquistare
l'immaginazione di milioni di persone. Alcuni punti, tuttavia,
dovrebbero risultare ovvi. Le persone che per prime si
impegneranno in prima persona nella sfida tra confederalismo e
statalismo non saranno gli stessi esseri umani che, infine, vedranno
il realizzarsi del municipalismo libertario. Il movimento che cerca
di educarle e le lotte che porteranno alla realizzazione dei
principi del municipalismo libertario, le faranno diventare dei
cittadini attivi, piuttosto che degli "elettori"
passivi. Nessuno che abbia partecipato ad una lotta per una
ristrutturazione della società ne esce con i pregiudizi, le
abitudini e le sensibilità con i quali vi era entrato. E'
pertanto possibile sperare che pregiudizi come il campanilismo
verranno man mano sostituiti da un generoso senso di collaborazione
e da un responsabile senso di interdipendenza.
Municipalizzare
l'economia
Rimane da sottolineare
che il municipalismo libertario non è semplicemente un'eco di
tutte le tradizionali nozioni antistataliste della politica. Proprio
così come ridefinisce la politica per includervi una
democrazia municipale diretta che gradualmente si evolve fino a
livelli confederali, essa prevede anche un approccio municipalista e
confederale all'economia. Il requisito minimo di una scienza
economica libertaria e municipalista è quello di porsi come
istanza una municipalizzazione dell'economia, non la sua
centralizzazione in imprese "nazionalizzate" dallo stato
da una parte, o la sua riduzione a forme di capitalismo
collettivista "controllato dai lavoratori" dall'altra. Il
controllo da parte delle forze sindacali delle imprese "controllate
dai lavoratori (vale a dire il sindacalismo) ha fatto il suo tempo.
(...) Oggi il capitalismo delle grandi imprese preme anch'esso
per ottenere la complicità dei lavoratori con il suo
sfruttamento tramite la "democrazia sul posto di lavoro". Il
municipalismo libertario propone una forma di economia radicalmente
differente : né nazionalizzata, né collettivizzata
secondo quanto prevedono le ricette sindacali. Esso propone che il
territorio e le imprese vengano affidate in maniera crescente alla
custodia dei cittadini riuniti in libere assemblee e dei loro
rappresentanti nei consigli federali. Come pianificare il lavoro,
quali tecnologie usare, quanti beni distribuire, sono tutte
questioni che possono essere risolte solo nella pratica. La massima
"da ciascuno secondo le sue possibilità e a ciascuno
secondo i suoi bisogni" sembra poter essere una guida sicura
per una società economicamente razionale, a condizione di
essere sicuri che i beni siano della massima durabilità e
qualità, che i bisogni si ispirino a norme razionali ed
ecologiche e che le antiche nozioni di limite ed equilibrio si
sostituiscano all'imperativo borghese di un mercato come luogo "di
crescita o di morte". In una tale economia municipale -
confederale, interdipendente e razionale e basantesi su
norme ecologiche e non unicamente tecnologiche - sarebbe
possibile aspettarsi che gli interessi particolari che dividono
al giorno d'oggi la gente in operai, professionisti, amministratori
e altre categorie ancora, si fondino in un interesse generale nel
quale la gente veda se stessa come cittadini che si attengono
scrupolosamente ai bisogni della loro comunità e della loro
regione, piuttosto che alle inclinazioni personali e alle
preoccupazioni professionali. Qui la cittadinanza acquisterebbe
pieno significato, e le interpretazioni razionali ed ecologiche del
bene pubblico sostituirebbero gli interessi gerarchici e di
classe. Questa è la base morale di un'economia morale per
una comunità morale. Ma di importanza ancora maggiore è
l'interesse sociale generale che sostiene potenzialmente tutte le
comunità morali, un interesse che deve infine attraversare
tutte le classi, i generi, le appartenenze etniche e le posizioni
sociali, se l'umanità vuole continuare ad esistere come
specie vitale. Questo interesse è quello a cui ha dato vita,
nei nostri tempi, la catastrofe ecologica. L'imperativo di "crescita
o morte" del capitalismo si trova in radicale contraddizione
con gli imperativi ecologici dell'interdipendenza e del limite. I
due imperativi non possono più coesistere l'uno con l'altro,
né può una società fondata sul mito della loro
riconciliabilità sperare di sopravvivere. O instaureremo una
società ecologica, oppure la società naufragherà
per tutti, indipendentemente dal proprio status
sociale. Questa società non sarà però
autoritaria, o addirittura perfino totalitaria, un ordinamento
gerarchico, implicito nell'immagine del pianeta come di una "nave
spaziale"? Oppure sarà democratica. Se la storia
fornisce una guida, lo sviluppo di una società ecologica
democratica che si voglia distinguere da una società
ecologica autoritaria deve seguire una propria logica. Non è
possibile risolvere questo dilemma storico senza andarne alle
radici. Senza una analisi dei nostri problemi ecologici e delle loro
fonti sociali, le istituzione dannose che ci ritroviamo attualmente
ad avere porteranno a una sempre maggiore centralizzazione e ad
ulteriori catastrofi ecologiche. In una società
democraticamente ecologica, queste radici rappresentano veramente il
"radicamento" tra la gente che il municipalismo libertario
cerca di conseguire.
Cambiamenti minimi
e massimi
Per coloro i quali a
ragione si pongono come obiettivo una nuova tecnologia, nuove fonti
di energia, nuovi mezzi di trasporto e nuovi stili di vita
ecologici, può una nuova società essere qualcosa di
diverso da una Comunità delle comunità basata sulla
confederazione invece che sullo statalismo? Noi viviamo già
in un mondo in cui l'economia è eccessivamente
"mondializzata", centralizzata e burocratizzata. Molto di
quel che può essere fatto a livello locale e regionale viene
già fatto su scala mondiale - in gran parte per motivi di
profitto, di strategia militare e di appetiti imperiali - con una
apparente complessità che in realtà può essere
facilmente semplificata. Se tutto ciò può sembrare
troppo "utopico" per i nostri tempi, allora anche tutta
la corrente di letteratura che chiede un radicale cambiamento delle
politiche energetiche, delle riduzioni di grossa entità
dell'inquinamento atmosferico e delle acque e la formulazione di
programmi a livello mondiale per fermare il riscaldamento globale e
la distruzione dello strato di ozono, può essere considerata
come utopica. È troppo, è illusorio portare queste
istanze ad un gradino superiore per puntare a
cambiamenti istituzionali ed economici che non sono meno drastici
e che in realtà si basano su tradizioni profondamente
radicate nelle più nobili tradizioni democratiche e politiche
d'America - e del mondo. Né siamo obbligati ad aspettarci
che questi cambiamenti avvengano per forza immediatamente.
La sinistra ha lavorato per lungo tempo su programmi di
cambiamento minimi e massimi, nelle quali i passi che potevano
essere intrapresi immediatamente erano connessi a progressi di
transizione e ad aree intermedie che avrebbero infine portato alle
mete ultime che ci si prefiggeva. Tra i passi minimi che possono
essere intrapresi da subito vi è l'avvio di movimenti
municipalisti verdi di sinistra che propongano assemblee popolari di
quartiere e di città anche se all'inizio svolgeranno funzioni
unicamente morali - ed eleggere nelle piccole e grandi città
dei consiglieri che promuovano la causa di queste assemblee e di
altre istituzioni popolari. Questi passi minimi possono portare
passo a passo alla formazione di organi confederali e ad una
crescente legittimazione di organismi veramente democratici. Banche
civiche per fondare imprese municipali e finanziare l'acquisto di
terreni; la promozione di nuove imprese a orientamento ecologico e
di proprietà della comunità e la creazione di reti di
collegamento ben radicate tra la gente in molti campi di attività
destinate al bene pubblico - tutti questi elementi possono essere
sviluppati secondo un ritmo corrispondente ai cambiamenti che
vengono apportati alla vita politica. Il fatto che il capitale
con ogni probabilità "emigrerà" dalle
comunità e dalle confederazioni che si stanno muovendo
verso il municipalismo libertario è un problema che ogni
comunità, ogni nazione la cui vita politica si è
radicalizzata ha dovuto affrontare. Il capitale, di fatto, "emigra"
già di norma verso aree dove può realizzare
alti profitti, indipendentemente da considerazioni politiche. La
paura dell'emigrazione dei capitali può sopraffare fino al
punto di impedire in tutte le occasioni di cercare di scuotere le
acque della politica. Un aspetto molto più importante, però,
è che imprese ed aziende agricole di proprietà
municipale potrebbero offrire nuovi prodotti ecologicamente puliti e
sani ad un pubblico che sta diventando sempre più conscio
della bassa qualità delle merci e dei prodotti che gli
vengono proposti adesso. Il municipalismo libertario è una
politica che può stimolare l'immaginazione pubblica
necessaria per un movimento che ha un tremendo bisogno di trovare
una direzione e uno scopo. I documenti che compaiono in questa
raccolta offrono idee, spunti e mezzi non solo per disfare l'ordine
sociale esistente, ma anche per ricrearlo drasticamente - ampliando
le sue residue tradizioni democratiche in una società
razionale ed ecologica .
Un'aggiunta
necessaria
Questa aggiunta
(ottobre 1991) sembra essere diventata indispensabile perché
alcuni degli oppositori del municipalismo libertario - e, purtroppo,
alcuni dei suoi accoliti - hanno erroneamente interpretato gli
obiettivi che il municipalismo libertario cerca di raggiungere - e
pertanto ne hanno erroneamente interpretato la sua natura
essenziale. Per alcuni dei suoi accoliti che ne fanno uno
strumento per i loro fini il municipalismo libertario sta diventando
un dispositivo tattico per guadagnarsi l'accesso ai cosiddetti
movimenti indipendenti e ad altri nuovi soggetti che portano avanti
l'istanza di una "politica radicata tra la gente", come
nel caso del NOW e di alcuni leader sindacali. Nel nome del
"municipalismo libertario", alcuni adepti radicali di
questo punto di vista vengono spinti a rendere meno distinguibili le
tensioni tra l'ambito civico e quello statale, che essi dovrebbero
invece coltivare - probabilmente essi lo fanno per una
maggiore attenzione del pubblico in occasione di campagne elettorali
per cariche governatoriali, congressuali e in altri organi dello
stato. Questi "radical" riducono purtroppo il
municipalismo libertario ad una mera "tattica" o
"strategia" e lo svuotano dei suoi contenuti
rivoluzionari. Ma coloro i quali propongono di usare i principi
del municipalismo libertario per ragioni pratiche o, come un
mezzo per accedere ad un altro partito riformista, o ad una carica
corrispondente, come sua "ala sinistra" hanno ben poco
in comune con la sua causa. Il municipalismo libertario non è
un prodotto della logica formale che ha delle radici cosi profonde
nelle "analisi, e nelle "strategie" della sinistra di
oggi, nonostante molti radicali sostengano che la "dialettica"
sia il loro "metodo". La lotta per la creazione di nuove
istituzioni civiche sulla base di quelle vecchie (oppure addirittura
la loro sostituzione diretta) e per la creazione di confederazioni
civiche è una lotta che si forma nel corso del suo sviluppo,
una dinamica creativa plasmata dalle tensioni dei conflitti sociali.
Lo sforzo di lavorare lungo queste linee fa parte sia dei fini che
del processo di maturazione da bambino ad adulto - dal relativamente
indifferenziato al pienamente differenziato - con tutte le sue
difficoltà. La vera lotta per una confederazione di
municipalità, per il controllo municipale della "proprietà"
e per la creazione finale di una confederazione mondiale delle
municipalità è finalizzata alla creazione di un nuovo
ethos di cittadinanza e di comunità, e non semplicemente
all'ottenimento di vittorie in conflitti di carattere ampiamente
riformista. Il municipalismo libertario, pertanto, non
rappresenta semplicemente uno sforzo per "superare" i
consigli comunali per costruire dei governi-cittadini "più
sensibili all'ecologia". Questo tipo di adepti - o di
oppositori - del municipalismo libertario, puntano in realtà
alle strutture civiche che si trovano di già davanti ai loro
occhi ora e (lasciando da parte tutti i discorsi retorici che lo
negano) le accettano così come esse esistono. Il
municipalismo libertario, invece, costituisce uno sforzo per
trasformare e democratizzare i governi cittadini, per radicarli
nelle assemblee popolari, per unirli lungo il filo comune della
confederazione, per dar vita ad un'economia regionale sviluppata
lungo le linee della confederazione e delle municipalità. In
realtà il municipalismo libertario prende la sua vitalità
e la sua integrità proprio dalla tensione dialettica che esso
promuove tra la nazione-stato e la confederazione municipale. La sua
"legge di vita", per usare un vecchio termine di Marx,
consiste precisamente nella lotta con lo stato. La tensione
tra le confederazioni municipali e lo stato deve essere chiara e
senza compromessi. Dato che queste confederazioni esisteranno
prima di tutto in opposizione all'entità statale, esse
non potranno compromettersi con lo stato, o con elezioni provinciali
o nazionali, e ancor meno potranno essere organizzate mediante
questi mezzi. Il municipalismo libertario viene plasmato
dalla sua lotta con lo stato, viene rafforzato dalla sua
lotta e in ultimo definito da questa lotta. Spogliato
delle sue tensioni dialettiche con lo stato, di questa dualità
del potere che deve infine essere resa concreta in una libera
"Comunità delle comunità", il municipalismo
libertario diventa poco più di un "socialismo di
fogna". Molti eroici compagni che si sono preparati alla
battaglia (che si svolgerà un giorno) con le forze cosmiche
del capitalismo trovano che il municipalismo libertario sia troppo
difficile, troppo inattuale o vago per occuparsene e optano per
quello che fondamentalmente è un particolarismo politico. I
nostri "radical" da caffè alternativo possono
continuare a relegare il municipalismo libertario in un cantuccio
come una "tattica ridicola", ma non cesserà mai di
meravigliarmi il fatto che questi "radical" che vogliono
arrivare ad "abbattere" (!) il capitalismo trovino tante
difficoltà a funzionare politicamente - e, ovviamente, anche
elettoralmente - nei loro stessi quartieri per una nuova politica
basata su di una vera democrazia. Se non riescono a mettere in piedi
una politica di trasformazioni per il loro quartiere - un obiettivo
relativamente modesto - o a lavorare diligentemente a tal fine con
la costanza che contraddistingueva i più maturi movimenti di
sinistra del passato, ritengo difficile credere che riusciranno in
futuro a creare dei grossi problemi al sistema sociale esistente. In
realtà, dando vita a centri culturali, parchi e buoni
alloggi, essi possono arrivare a migliorare il sistema dando al
capitalismo un volto umano senza diminuirne gli aspetti di libertà
che lo contraddistinguono come società gerarchica e di
classe. Tutta una serie di lotte per l'"identità",
che vanno dal nazionalismo straniero a quello interno, ha
contribuito a tagliare le gambe ai movimenti radicali nascenti, come
l'SDS negli anni '60. Poiché tali lotte per l'identità
sono così popolari oggi, alcuni dei critici del municipalismo
libertario aizzano contro di esso l'"opinione pubblica".
Ma quando mai è stato compito dei rivoluzionari arrendersi
all'"opinione pubblica" - nemmeno all'"opinione
pubblica" degli oppressi, i cui punti di vista possono essere
spesso reazionari? La verità ha una sua vita -
indipendentemente dal fatto che le masse degli oppressi percepiscano
quanto è vero o trovino un accordo in merito. Né è
"elitario" invocare la verità, andando anche contro
l'opinione pubblica, quando questa opinione cerca essenzialmente una
marcia all'indietro verso una politica marcata dal particolarismo e
perfino dal razzismo. I critici del municipalismo arrivano a
mettere in dubbio la possibilità dell'esistenza di un
"interesse generale". Se, per tali critici, la
democrazia diretta promossa dal municipalismo libertario e la
necessità di estendere le istanze di democrazia oltre la
semplice giustizia per completare la libertà, non sono
sufficienti per costituire un "interesse generale" mi
sembra che perlomeno la necessità di ricostruire i nostri
rapporti con la natura siano senza dubbio un "interesse
generale" al di sopra di ogni disputa - e in effetti esso
rimane l'"interesse generale" vero e proprio promosso
dalla ecologia sociale. E' forse possibile cooptare molti elementi
insoddisfatti della nostra società, ma la natura non è
cooptabile. In realtà, l'unica politica che rimane possibile
per la sinistra è una politica che sia basata sulla premessa
che esista un "interesse generale" rappresentato
dalla democratizzazione della società e dalla salvezza del
pianeta. Ora che forze tradizionali come il movimento dei lavoratori
sono sparite dalla scena della storia, si può affermare con
quasi piena sicurezza che senza il municipalismo libertario la
sinistra non avrà alcuna politica di nessun tipo. Una
visione dialettica dei rapporti tra il federalismo e la
nazione-stato, un riconoscimento dell'angustia, del carattere ottuso
e del campanilismo dei movimenti basati su di una "identità",
e l'ammissione del fatto che il movimento operaio sia ormai morto -
tutto lascia intravedere che se al giorno d'oggi si vuole sviluppare
una nuova politica, essa dovrà essere inflessibilmente
pubblica, al contrario delle "politiche alternative" da
caffè portate avanti da molti "radical" di oggi.
Dovrà essere elettorale su base municipale, confederale nel
suo modo di vedere e rivoluzionaria nel suo carattere. In realtà,
secondo quella che è la mia visione, il municipalismo
libertario con la sua enfatizzazione del confederalismo è
precisamente la "Comunità delle comunità"
per la quale gli anarchici hanno lottato nel corso degli ultimi due
secoli. Oggi esso costituisce il "pulsante rosso" che deve
essere premuto se un movimento radicale intende aprire la porta alla
sfera pubblica. Lasciare questo pulsante rosso intatto e tornare
indietro alle peggiori abitudini della Nuova Sinistra del dopo '68,
quando la nozione di "potere" veniva spogliata di
qualsiasi qualità utopica o immaginativa, significherebbe
ridurre il radicalismo ad un'ennesima sottocultura che vivrà
più probabilmente di memorie eroiche che della speranza di un
futuro razionale.
(traduzione di Andrea
Ferrario)
Questo articolo, in
origine pubblicato come introduzione ai "Saggi sul
municipalismo libertario" del Social Ecology Project, una
collezione di scritti sull'argomento, è stato pubblicato sul
n. 24 (ottobre 1991) di Green Perspective (P.O. Box 111,
Burlington, Vt. 05402. USA).