Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Ritorna Demetrio
Lo spazio di questa rubrica è stavolta dedicato ad
alcuni materiali pubblicati in Italia durante gli scorsi mesi: si
tratta di uscite molte diverse tra loro, comunque più o meno
riconducibili ad una certa "area sperimentale". Iniziamo
con quella che sotto molti versi è la pubblicazione più
importante del gruppo, cioè "Le milleuna" di
Demetrio Stratos: originariamente, nel 1979, una pièce
vocale su testo del poeta Nanni Balestrini utilizzata dalla
danzatrice Valeria Magli per una omonima performance.
La scelta di pubblicare adesso questi suoni, separati per forza
di cose dalla corrispondente moltiplicazione di visioni e stimoli,
può indurre a più d'un sospetto e a qualche
riflessione. Nell'introduzione/spiegazione riportata nel libretto
qui allegato, Gigliola Nocera, tra l'altro rivela che "(...) La
voce di Demetrio, che ripete e moltiplica in parabola sonora le
cento parole di Nanni Balestrini, e che non è più
accompagnata da mille corpi di Valeria Magli, non è
superstite di un trittico felice, non è naufraga di un
viaggio in compagnia, non è relitto. (...) Ci si apre
dinnanzi un abisso inquietante in cui l'ambiguità si fa
ricchezza, e la voce-il suono, il "dire"-si fa con
rinnovata impetuosità scrittura e movimento. (...) Essa sa
essere suono che si fa corpo, corpo che si muove, o che muovendosi
crea e semina la traccia di una scrittura che vive a sua volta in un
nuovo suono...".
C'è da diventare strabici, se si tiene un occhio fisso su
queste parole mentre l'altro corre incontro a considerazioni più
terrene: sfoderando il più innocente dei sorrisi, bisogna
ammettere che "Le milleuna" è difficile, quasi
impossibile da ascoltare sino in fondo. Un cd da possedere più
che da ascoltare, anzi quantomeno destinato a restarsene impolverato
nell'angolo delle cose-da-avere-ma-da-non-ascoltare-mai, mentre lo
spirito di Demetrio se ne svolazza lì in alto, dove non ci
sono né polvere, né angoli. Il cd è edito da
Cramps Records e Artis, e rintracciabile non senza difficoltà
nei negozi che trattano materiale d'avanguardia.
Distribuisce anche Indie, via C. Goldoni 42/d, 30170 Mestre
(Venezia).
Contro l'Expo '90
Venezia generalmente cattura l'attenzione dei giornali quando
c'è qualche rogna: dalle crociate anti-sacco-a-pelo di
qualche triste assessore, ai sempre più popolari Pink Floyd
(in confronto i Sex Pistols erano un gruppo da patronato...), dal
carnevale usato come pretesto per affittare il centro città
ai turisti, per arrivare al ministro De Michelis e all'Expo 2000.
Proprio per dire (...e suonare!) qualcosa a proposito di 'sto po'
po' di eminenza, ecco "Fragile, maneggiare con cura" un
album doppio contenente musiche, parole e suoni di cinquanta
musicisti veneziani. Il tutto, s'intende, rigorosamente in chiave
anti-Expo e anti-silenzio. I contributi musicali sono stati raccolti
indipendentemente da questioni di generi e orientamenti: l'ala dura
del folk (Alberto D'Amico, Gualtiero Bertelli, Luisa Ronchini) è
guancia a guancia con l'ala dura rumorista (Gianni Visnadi, Gigi
Masin, Bebo Baldan, etc.) e non poteva essere altrimenti, viste le
ragioni, le motivazioni, l'agitazione.
Sarebbe piuttosto sciocco stare qui a descrivere brano per
brano, magari spiegandovi chi mi è piaciuto di più e
chi di meno: le intenzioni dei partecipanti erano francamente
diverse, le aspirazioni ben più alte. In coda, un paio di
note.
Non crediate si tratti di un'operazione commerciale nell'onda
anti-Expo : questo disco è stato distribuito solo DOPO che
Venezia è stata ufficialmente "de-Exposizzata" dai
potenti. Ai due dischi è allegato un libretto in carta
riciclata con dentro testi, informazioni preziose, note e gli
indirizzi per i contatti.
Prezzo 17mila lire (rivolgersi ancora all'onnipresente Indie).
India occidentale
Con grande ritardo rispetto all'uscita, ecco due righe a
proposito di "Oltre il sogno al di là del mare" di
Lorenzo Danieletto, una cassetta che descrivere come
"bellissima" e "da ascoltare a tutti i costi" è
poco.
Tanto entusiasmo, il mio: mi fa sempre piacere imbattermi in
realizzazioni così cariche d'amore e affetto: il suono, la
musica, diventano prolungamenti delle dita, e accarezzano,
solleticano, segnano.
Lorenzo Danieletto suona, e, con talento, innumerevoli
percussioni e altri strumenti popolari. Le atmosfere, soprattutto
per effetto delle diverse sonorità, portano in una specie di
India Elettrica e quantomeno Occidentale. Le suggestioni si
inseguono, le intuizioni felici pure, anche in "Pangea" di
Bebo Baldan, percussionista d'eccezione.
Registrata interamente dal vivo, "Pangea" è un
viaggio intorno al mondo senza seguire un itinerario: basta
lasciarsi sollevare dal violino di Steve James e ipnotizzare dai
ritmi inauditi di queste musiche, emozionanti nonostante la relativa
povertà della registrazione.
Oltre ai punti esclamativi di gioia, queste cassette hanno un
altro punto in comune, purtroppo negativo: non c'è
l'indirizzo a cui rivolgersi per procurarsele.
Conto di potervi dare maggiori informazioni molto presto. Se proprio
non ce la fate ad aspettare, mettetevi in contatto con me presso la
Redazione: magari vi faccio una copia casalinga...
Dedicate all'Utopia
Nonostante si tenda a pensare il contrario, l'essere "fuori
moda" o "fuori schema" può essere una qualità
estremamente positiva. Magari questo è il caso dei tre lavori
di cui vi sto per parlare: ognuno, a suo modo, è una
realizzazione assolutamente atipica ed inattesa. Franco Ranni
e il suo Elicoide Ensemble hanno da poco pubblicato il cd
"L'angelo dei numeri", una raccolta di musiche sottili
"dedicate all'Utopia" nelle quali ritroviamo un mucchio di
bei personaggi, da Pablo Neruda a Samuel Beckett, da Franz Kafka a
ltalo Calvino, a Rafael Alberti, tutti citati a proposito, con
rispetto e buoni sentimenti.
Il lavoro è idealmente diviso in due parti.
Tra le note di copertina leggiamo: "Le due parti che
compongono questo cd (...) sono molte diverse. Due mondi diversi, ed
anche due diversi modi di fare musica. Ma il titolo di tutto il
lavoro "L'angelo dei numeri" li comprende entrambi.
Il mio primo contatto con i numeri, a scuola, fu bello. Allora
non avrei saputo spiegarne il motivo, ma la sensazione era di
quiete, come se il mio pensiero si trasferisse in un luogo felice
privo di conflitti. Al tempo, naturalmente, quei conflitti erano
piccole ansie di bambino. Ora esse hanno ceduto il posto alla rabbia
per i molti mali della terra: l'ingiusta distribuzione delle
ricchezze tra nord e sud, la spoliazione sistematica delle risorse
del pianeta, l'informazione comprata e asservita, e molto, molto
altro. Dove non ci sono regole del gioco, o coincidono con le ragioni
del più forte, è destino che i perdenti siano migliori
dei vincitori. Ed in questo mondo degli anni '90 ogni dimensione di
utopia sembra scomparsa. Si è dimenticato che essa è
forse il più bel lavoro dell'uomo...". Contatti: Franco
Ranni, via D. Creti 15, 40128 Bologna.
Tutto in casa
Proto-pop sinistro? Rock italiano inquietante? Il debut-album
dei Devil Doll è così strano che sembra voglia
costringere all'inventare generi, parole, definizioni.
Una trappola per giornalisti? Per gli ascoltatori ignari,
piuttosto, una ragnatela pericolosa. Due lunghe suites che non
possono non ricondurre ai cosiddetti anni d'oro di certo pop
progressivo tricolore: tappeti di pianoforti, organi e tastiere
non-troppo-sintetiche come si usava una quindicina di anni fa,
batteria e percussioni "umane", violino stridente e
struggente e suadente, chitarre-chitarre e testi deliranti
(...deliri psichedelici? Ancora?). Complimenti per il coraggio
(frase ad alto rischio, interpretabile in dieci maniere diverse, tra
cui almeno tre/quattro molto pericolose!).
Bella copertina, per concludere. Devil Doll c/o Hurdy Gurdy
Records, S. Marco 5499, Venezia.
Il compact-disc dei Ruins appena uscito farà la
gioia dei molti vivisezionatori musicali, che si ingegneranno a
decifrare le ispirazioni, i riferimenti, gli ammiccamenti. Se i
Ruins fossero inglesi probabilmente condividerebbero la sala prova
degli XTC, avrebbero un cantante migliore (questo è un po'
monocorde e alla lunga stanca... Evviva la sincerità,
perdio!), potrebbero contare su un batterista in carne ed ossa, e...
e... E invece i Ruins sono italiani, hanno fatto quasi tutto in casa
con un otto piste e sembra incredibile.
Incredibile: hanno lavorato per un mucchio di tempo alla
realizzazione di questo disco, e ora se ne torneranno sotto terra
(nel senso di underground), a tramare, a ipotizzare, a organizzare
un'altra uscita per quando non si sa. Ma i Ruins, esistono?
Scopritelo scrivendo a Pixel-&-Bo, via della Biscia 249,
35136 Padova.
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