Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 20 nr. 177
novembre 1990


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Ritorna Demetrio

Lo spazio di questa rubrica è stavolta dedicato ad alcuni materiali pubblicati in Italia durante gli scorsi mesi: si tratta di uscite molte diverse tra loro, comunque più o meno riconducibili ad una certa "area sperimentale". Iniziamo con quella che sotto molti versi è la pubblicazione più importante del gruppo, cioè "Le milleuna" di Demetrio Stratos: originariamente, nel 1979, una pièce vocale su testo del poeta Nanni Balestrini utilizzata dalla danzatrice Valeria Magli per una omonima performance.
La scelta di pubblicare adesso questi suoni, separati per forza di cose dalla corrispondente moltiplicazione di visioni e stimoli, può indurre a più d'un sospetto e a qualche riflessione. Nell'introduzione/spiegazione riportata nel libretto qui allegato, Gigliola Nocera, tra l'altro rivela che "(...) La voce di Demetrio, che ripete e moltiplica in parabola sonora le cento parole di Nanni Balestrini, e che non è più accompagnata da mille corpi di Valeria Magli, non è superstite di un trittico felice, non è naufraga di un viaggio in compagnia, non è relitto. (...) Ci si apre dinnanzi un abisso inquietante in cui l'ambiguità si fa ricchezza, e la voce-il suono, il "dire"-si fa con rinnovata impetuosità scrittura e movimento. (...) Essa sa essere suono che si fa corpo, corpo che si muove, o che muovendosi crea e semina la traccia di una scrittura che vive a sua volta in un nuovo suono...".
C'è da diventare strabici, se si tiene un occhio fisso su queste parole mentre l'altro corre incontro a considerazioni più terrene: sfoderando il più innocente dei sorrisi, bisogna ammettere che "Le milleuna" è difficile, quasi impossibile da ascoltare sino in fondo. Un cd da possedere più che da ascoltare, anzi quantomeno destinato a restarsene impolverato nell'angolo delle cose-da-avere-ma-da-non-ascoltare-mai, mentre lo spirito di Demetrio se ne svolazza lì in alto, dove non ci sono né polvere, né angoli. Il cd è edito da Cramps Records e Artis, e rintracciabile non senza difficoltà nei negozi che trattano materiale d'avanguardia.
Distribuisce anche Indie, via C. Goldoni 42/d, 30170 Mestre (Venezia).

Contro l'Expo '90

Venezia generalmente cattura l'attenzione dei giornali quando c'è qualche rogna: dalle crociate anti-sacco-a-pelo di qualche triste assessore, ai sempre più popolari Pink Floyd (in confronto i Sex Pistols erano un gruppo da patronato...), dal carnevale usato come pretesto per affittare il centro città ai turisti, per arrivare al ministro De Michelis e all'Expo 2000. Proprio per dire (...e suonare!) qualcosa a proposito di 'sto po' po' di eminenza, ecco "Fragile, maneggiare con cura" un album doppio contenente musiche, parole e suoni di cinquanta musicisti veneziani. Il tutto, s'intende, rigorosamente in chiave anti-Expo e anti-silenzio. I contributi musicali sono stati raccolti indipendentemente da questioni di generi e orientamenti: l'ala dura del folk (Alberto D'Amico, Gualtiero Bertelli, Luisa Ronchini) è guancia a guancia con l'ala dura rumorista (Gianni Visnadi, Gigi Masin, Bebo Baldan, etc.) e non poteva essere altrimenti, viste le ragioni, le motivazioni, l'agitazione.
Sarebbe piuttosto sciocco stare qui a descrivere brano per brano, magari spiegandovi chi mi è piaciuto di più e chi di meno: le intenzioni dei partecipanti erano francamente diverse, le aspirazioni ben più alte. In coda, un paio di note.
Non crediate si tratti di un'operazione commerciale nell'onda anti-Expo : questo disco è stato distribuito solo DOPO che Venezia è stata ufficialmente "de-Exposizzata" dai potenti. Ai due dischi è allegato un libretto in carta riciclata con dentro testi, informazioni preziose, note e gli indirizzi per i contatti.
Prezzo 17mila lire (rivolgersi ancora all'onnipresente Indie).

India occidentale

Con grande ritardo rispetto all'uscita, ecco due righe a proposito di "Oltre il sogno al di là del mare" di Lorenzo Danieletto, una cassetta che descrivere come "bellissima" e "da ascoltare a tutti i costi" è poco.
Tanto entusiasmo, il mio: mi fa sempre piacere imbattermi in realizzazioni così cariche d'amore e affetto: il suono, la musica, diventano prolungamenti delle dita, e accarezzano, solleticano, segnano.
Lorenzo Danieletto suona, e, con talento, innumerevoli percussioni e altri strumenti popolari. Le atmosfere, soprattutto per effetto delle diverse sonorità, portano in una specie di India Elettrica e quantomeno Occidentale.
Le suggestioni si inseguono, le intuizioni felici pure, anche in "Pangea" di Bebo Baldan, percussionista d'eccezione.
Registrata interamente dal vivo, "Pangea" è un viaggio intorno al mondo senza seguire un itinerario: basta lasciarsi sollevare dal violino di Steve James e ipnotizzare dai ritmi inauditi di queste musiche, emozionanti nonostante la relativa povertà della registrazione.
Oltre ai punti esclamativi di gioia, queste cassette hanno un altro punto in comune, purtroppo negativo: non c'è l'indirizzo a cui rivolgersi per procurarsele.
Conto di potervi dare maggiori informazioni molto presto. Se proprio non ce la fate ad aspettare, mettetevi in contatto con me presso la Redazione: magari vi faccio una copia casalinga...

Dedicate all'Utopia

Nonostante si tenda a pensare il contrario, l'essere "fuori moda" o "fuori schema" può essere una qualità estremamente positiva. Magari questo è il caso dei tre lavori di cui vi sto per parlare: ognuno, a suo modo, è una realizzazione assolutamente atipica ed inattesa. Franco Ranni e il suo Elicoide Ensemble hanno da poco pubblicato il cd "L'angelo dei numeri", una raccolta di musiche sottili "dedicate all'Utopia" nelle quali ritroviamo un mucchio di bei personaggi, da Pablo Neruda a Samuel Beckett, da Franz Kafka a ltalo Calvino, a Rafael Alberti, tutti citati a proposito, con rispetto e buoni sentimenti.
Il lavoro è idealmente diviso in due parti.
Tra le note di copertina leggiamo: "Le due parti che compongono questo cd (...) sono molte diverse. Due mondi diversi, ed anche due diversi modi di fare musica. Ma il titolo di tutto il lavoro "L'angelo dei numeri" li comprende entrambi. Il mio primo contatto con i numeri, a scuola, fu bello. Allora non avrei saputo spiegarne il motivo, ma la sensazione era di quiete, come se il mio pensiero si trasferisse in un luogo felice privo di conflitti. Al tempo, naturalmente, quei conflitti erano piccole ansie di bambino. Ora esse hanno ceduto il posto alla rabbia per i molti mali della terra: l'ingiusta distribuzione delle ricchezze tra nord e sud, la spoliazione sistematica delle risorse del pianeta, l'informazione comprata e asservita, e molto, molto altro. Dove non ci sono regole del gioco, o coincidono con le ragioni del più forte, è destino che i perdenti siano migliori dei vincitori. Ed in questo mondo degli anni '90 ogni dimensione di utopia sembra scomparsa. Si è dimenticato che essa è forse il più bel lavoro dell'uomo...". Contatti: Franco Ranni, via D. Creti 15, 40128 Bologna.

Tutto in casa

Proto-pop sinistro? Rock italiano inquietante? Il debut-album dei Devil Doll è così strano che sembra voglia costringere all'inventare generi, parole, definizioni.
Una trappola per giornalisti? Per gli ascoltatori ignari, piuttosto, una ragnatela pericolosa. Due lunghe suites che non possono non ricondurre ai cosiddetti anni d'oro di certo pop progressivo tricolore: tappeti di pianoforti, organi e tastiere non-troppo-sintetiche come si usava una quindicina di anni fa, batteria e percussioni "umane", violino stridente e struggente e suadente, chitarre-chitarre e testi deliranti (...deliri psichedelici? Ancora?). Complimenti per il coraggio (frase ad alto rischio, interpretabile in dieci maniere diverse, tra cui almeno tre/quattro molto pericolose!).
Bella copertina, per concludere. Devil Doll c/o Hurdy Gurdy Records, S. Marco 5499, Venezia.
Il compact-disc dei Ruins appena uscito farà la gioia dei molti vivisezionatori musicali, che si ingegneranno a decifrare le ispirazioni, i riferimenti, gli ammiccamenti. Se i Ruins fossero inglesi probabilmente condividerebbero la sala prova degli XTC, avrebbero un cantante migliore (questo è un po' monocorde e alla lunga stanca... Evviva la sincerità, perdio!), potrebbero contare su un batterista in carne ed ossa, e... e... E invece i Ruins sono italiani, hanno fatto quasi tutto in casa con un otto piste e sembra incredibile.
Incredibile: hanno lavorato per un mucchio di tempo alla realizzazione di questo disco, e ora se ne torneranno sotto terra (nel senso di underground), a tramare, a ipotizzare, a organizzare un'altra uscita per quando non si sa. Ma i Ruins, esistono?
Scopritelo scrivendo a Pixel-&-Bo, via della Biscia 249, 35136 Padova.