Rivista Anarchica Online
Nonsolosolidarnosc
di Franek Michalski
Quando si parla dell'opposizione
polacca, i mass-media citano sempre e solo Solidarnosc. Ci sono
invece gruppi che contestano il comunismo reale senza per questo
riconoscersi in Walesa o in Wojtyla. Tra gli altri, ci sono anche gli
antimilitaristi libertari.
Provate a chiedere dell'anarchismo in
Polonia. Vi risponderanno con un'alzata di spalle, oppure vi
racconteranno del movimento cooperativo pre-bellico e della filosofia
socialista libertaria di Edward Abramowski. O forse vi parleranno di "quei
pazzi" del RSA di Danzica. Il Movimento per una società
alternativa (RSA) ha acquistato notorietà a livello nazionale
da quando, nel 1985, un gruppo di suoi giovani aderenti si scontrò
con la polizia durante la manifestazione per il Primo Maggio. I
poliziotti, bersagliati dai sassi, dovettero darsela a gambe e gli
abitanti del quartiere furono costretti a dar rifugio agli agenti
nelle loro case, per proteggerli dai dimostranti. Ma il fatto di scendere in piazza non
è insolito di per sé, soprattutto ora che non ci sono
più leggi marziali. Ciò che caratterizza il RSA e lo
rende unico è il suo esplicito anarchismo. La rivista del
movimento, Homek, di cui sono usciti 28 numeri dal 1983 al
1986, ha pubblicato articoli contro l'autorità dello Stato,
contro l'esercito e persino contro la Chiesa e i gruppi di
opposizione più tradizionali, che si identificano con
Solidarnosc. "È
vietato vietare: questa è la nostra filosofia", ha
scritto uno dei collaboratori della rivista. Sull'esercito: "Per noi il
servizio alternativo non è l'obiettivo finale, ma soltanto un
mezzo per giungere alla eliminazione totale dell'esercito. E la lotta
contro l'esercito è soltanto una parte del nostro programma,
che mira all'eliminazione dell'autorità dello Stato
sull'individuo - e più in generale all'eliminazione della
violenza nella vita pubblica, della censura e della pena di morte.
Lottiamo per il diritto di libera associazione e per il diritto a una
cultura e un'educazione indipendenti. Lottiamo per proteggere
l'ambiente naturale (siamo contrari alla costruzione di impianti
nucleari in Polonia, secondo il modello sovietico). Tutti questi
obiettivi non possono essere raggiunti istantaneamente (in virtù
di un miracolo, o tramite una rivoluzione). Bisogna arrivarci per
tappe - e la prima tappa è l'esercito!" (Dall'opuscolo
Schweik del RSA, luglio 1986). Sul lavoro: "Il problema (del
lavoro di routine, insignificante) non potrà mai essere
risolto dagli ideologi, che quando conquistano il potere si
preoccupano soltanto della produzione... il lavoratore deve
umanizzare il lavoro da solo... Non può affidarsi a
rappresentanti, né ai negoziati politici. Soltanto una
rappresentanza di gruppo, soggetta a frequenti rotazioni e senza
organi direttivi, può impedire che il problema del lavoro
venga soffocato in un mare di discussioni. Non dobbiamo ripetere
l'errore commesso da Solidarnosc... Il problema dei rapporti tra
superiori e subalterni... continuerà a esistere finché
l'autorità e la proprietà non saranno completamente
abolite" (Dmytro Lewycki in Homek, ottobre 1986). Sulla "rivoluzione
auto-limitata": "I nostri leader e i loro consiglieri hanno
rinunciato prima allo sciopero generale, poi agli scioperi di
qualunque tipo, poi alle manifestazioni e ultimamente - almeno a
Danzica - sembrano aver rinunciato a ogni e qualsiasi iniziativa...
Se tutti fossero rimasti fermi a chiedersi "è questo il
momento giusto?", nell'agosto del 1980 non sarebbe successo
niente. La nostra passività, la nostra auto-limitazione nella
lotta incoraggia i Rossi a procedere nella "normalizzazione",
cioè nell'asservimento totale del paese" (Piotr Lubik,
Homek, novembre 1985). Molta gente in Polonia, di varia parte
politica, concorda nel definire il RSA un elemento marginale e la sua
filosofia "un ingenuo e anacronistico recupero di sinistrismo...
che muove violenti attacchi contro lo stato e le leggi, partendo da
un concetto dello "stato della natura" (da cui il nome
Homek)" e che provoca soltanto "ilarità,
commiserazione... e sdegno per il disprezzo nei confronti della
Chiesa e le offese mosse a Walesa..." (M. K., nell'introduzione
a un'intervista con gli attivisti del RSA, in Prezglad
Polityczny, n.6, Danzica 1985). Tuttavia, lo stesso autore
dell'articolo sopra citato ammette, poco oltre, che gli stessi
critici del RSA nutrono un certo rispetto per il buon senso pratico
che il movimento ha dimostrato nell'intraprendere azioni concrete
quali la campagna contro il servizio militare e le manifestazioni per
il Primo Maggio. L'influenza di una filosofia anarchica
esplicita, e di un meno tangibile atteggiamento anarchico verso la
società, si è fatta sentire nelle nuove forme di
attivismo politico, di cui il WIP (Libertà e pace) è
l'esempio più significativo. Il RSA ha partecipato attivamente
alla campagna antimilitarista condotta dal WIP, benché i due
movimenti siano assai differenti l'uno dall'altro. Il WIP ha
diffusione nazionale, mentre il RSA ha base soprattutto a Danzica; il
WIP mantiene stretti contatti con l'opposizione di Solidarnosc e ha
un volto pubblico che consente agli aderenti di agire con il proprio
nome, mentre tutti i collaboratori di Homek usano uno
pseudonimo (inoltre il WIP ha un impatto molto maggiore sul paese,
sull'opposizione e in generale sui giovani). Tuttavia, i due gruppi
condividono un certo spirito libertario tipico della "cultura
giovanile". Ciò è particolarmente vero per quel
che riguarda il gruppo WIP di Danzica, che pubblica un giornale
chiamato A Cappella, con la "A" cerchiata. Da A Cappella: "Wolnosc i
Pokoj (WIP) è un movimento generazionale, riunisce giovani che
non hanno un atteggiamento apatico verso il mondo, che credono di
poter "fare" qualcosa. Siamo gente d'ogni tipo: anarchici e
attivisti religiosi, politici e moralisti, hippies e punk. Non
abbiamo un'ideologia unificante, non abbiamo un'uniforme né
un'acconciatura comuni. Ci uniscono soltanto i problemi che vogliamo
risolvere e il rifiuto della violenza che pervade il mondo. Crediamo che il militarismo sia
una minaccia per l'umanità. Crediamo che un essere umano sia
più importante della collettività in cui vive. Crediamo
che tutti abbiano diritto alla propria vita e debbano poterla gestire
secondo le proprie idee. Nessuna autorità può violare
questo diritto. CHIEDIAMO L'ABOLIZIONE DEL SERVIZIO MILITARE
OBBLIGATORIO e dell'educazione di tipo militare nella scuola
pubblica. VOGLIAMO RESPIRARE ARIA PULITA, BERE ACQUA PULITA, MANGIARE
CIBO SANO, CHIEDIAMO CHE SI PONGA FINE ALLA DISTRUZIONE DELL'AMBIENTE
NATURALE E ALLA COSTRUZIONE DI CENTRALI NUCLEARI. Cercheremo di raggiungere questi
obiettivi con la lotta non violenta, ad esempio con azioni
individuali quali il rifiuto del servizio militare o del giuramento
all'esercito e il rifiuto di pagare le multe inflitte dai tribunali,
oltreché con manifestazioni, raccolte di firme, scioperi della
fame. Collaboriamo con molti gruppi pacifisti e anarchici in tutto il
mondo, ivi compresi Amnesty International e l'organizzazione
internazionale per la tutela dei diritti umani. Insieme ad Amnesty
International, chiediamo L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE e la
cessazione di ogni persecuzione per motivi di opinione, di fede
religiosa, di nazionalità, di colore della pelle, ecc."
(Di-da, supplemento ad A Cappella, estate [?] 1987).
L'anarchismo, la cultura giovanile e una sensibilità "verde"
(ecologia, antimilitarismo, politica dell'azione diretta) si
intrecciano e si rafforzano a vicenda in Polonia. E ciò
nonostante il fatto - ma anche in virtù del fatto - che tutti
questi gruppi rivendichino con fierezza la propria autonomia. A volte
i giornali underground più tradizionali accusano i loro
giovani emuli di essere soggetti a "cattive influenze". Ad
esempio, il KOS di Varsavia protestò per un articolo di A
Cappella, critico nei confronti della leadership di Solidarnosc,
e avanzò il sospetto che fosse stato redatto dal RSA. No, fu
la risposta, AC non è redatto dal RSA, ma dal gruppo WIP di
Danzica, e tra i due non c'è alcuna connessione. L'articolo in questione era
semplicemente un modo per "dire ciò che è ovvio,
ma che non viene detto spesso con sufficiente chiarezza: Solidarnosc
non è un monolite e si deve dare ascolto anche alle voci
dissenzienti" (A Cappella, aprile 1987). Nei giornali dei nuovi gruppi vengono
pubblicati molti disegni e vignette iconoclasti, poesie provocatorie
("Il Papa è una superstar" - ne abbiamo fatto una
celebrità, un prigioniero della massa adorante) e versi di
canzoni punk-rock (Voglio fare il disertore, così avrò
una speranza di sopravvivere). Poi ci sono dichiarazioni di coscienza
dei renitenti alla leva, articoli sui pericoli degli impianti
nucleari e cronache di manifestazioni, arresti, azioni di protesta. È nato anche,
significativamente, un dibattito sulla cultura giovanile. Un articolo
sottolinea con preoccupazione i caratteri autodistruttivi delle
diverse sotto-culture in Polonia. Un punk rischia di essere aggredito
per strada tanto da altri giovani, quanto dalla polizia. Benché
ciò si possa attribuire al clima repressivo che regna in
generale nel paese, afferma l'autore dell'articolo, non per questo
risulta più facile accettare il fatto che "le strade oggi
siano infestate da giovani indemoniati e skinhead... che hanno
l'equivalente nei Lubercy sovietici" (Andrzej Balewski nella
rivista WIP di Szczecin, giugno 1987). Una concezione diversa emerge da
"Distruggere la gabbia", un articolo che esamina le
implicazioni politiche della musica punk, essenzialmente apolitica.
"Il suo istintivo sbeffeggiamento dei modi di vita, della
politica e della cultura tradizionali, unitamente alla necessità
di vivere ai margini della società, fa sì che la
cultura punk possa essere intesa o come mezzo per evadere da una
realtà scomoda, o come uno stimolo a lottare contro di essa.
(E non si può negare che la relativa libertà di
sviluppo che le culture alternative hanno in Polonia sia dovuto ai
movimenti di opposizione politicamente consapevoli" (Franek
Skandal, in A Cappella, febbraio 1987). Tutto ciò contribuisce a una
nuova generazione attiva, diversa, iconoclasta, idealista... la cui
filosofia è forse riassunta al meglio nel motto che campeggia
sulla prima pagina di A Cappella: "Vivi e lascia vivere".
(traduzione
di Michele Buzzi dalla rivista Across Frontiers, USA,
inverno 87/88)
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