Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 153
marzo 1988


Rivista Anarchica Online

W l'esercito! O no?
di Paolo Finzi

Con la pia intenzione di assicurare una qualche credibilità alla marea di messaggi pubblicitari che quotidianamente investono il cittadino, da un po' di tempo è stato istituito l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria. Costituito dalle principali associazioni dei pubblicitari, degli utenti di pubblicità e dai principali mass-media (RAI, tv private, giornali), questo istituto si è dato una serie di regole, volte a "tutelare" il cittadino di fronte a messaggi falsi, mistificatori, ecc... A tal fine, ha costituito un Giurì, che esamina le campagne pubblicitarie "incriminate" (anche sulla base della segnalazione di un singolo cittadino) ed emette sentenze che, pur non avendo alcun valore legale, impegnano tutte le parti contraenti: in pratica, quando il Giurì "condanna" una campagna pubblicitaria, tutti devono sentirsi impegnati ad interromperla immediatamente. E spesso ciò è già accaduto.
Da semplice cittadino, ho preso l'iniziativa (del tutto personale) di segnalare all'IAP la campagna istituzionale dell'Esercito Italiano, della quale ci siamo occupati ampiamente sulla rivista lo scorso novembre. Il 2 dicembre scorso ho inviato una raccomandata, in cui fra l'altro scrivevo: I cinque annunci attraverso i quali tale campagna "istituzionale" si realizza, costituiscono nella loro sostanza un vero e proprio falso. Le immagini ed il testo (unico per i 5 annunci) presentano infatti l'Esercito Italiano come una struttura dedita a funzioni di "servizio civile" (spegnere incendi, aiutare i terremotati, ecc.), mentre - per definizione - l'esercito si occupa di armi, addestramento militare, "difesa", ecc., insomma di tutto quanto concerne la guerra. Le funzioni di "servizio civile" sono assolutamente marginali, occasionali ed irrilevanti nella pratica dell'Esercito Italiano, come dimostra anche il fatto che chi viene ammesso a svolgere il cosiddetto "servizio civile alternativo" (previsto dalla legge 772 del 1972) lo esercita al di fuori dell'Esercito Italiano (se pure da esso "controllato") ed appunto in alternativa al servizio militare.
A me pare che, indipendentemente dal giudizio che si voglia dare dell'esercito in generale e di quello italiano in particolare, la campagna istituzionale in corso sia in assoluto, stridente contrasto proprio con l'art. 1 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, laddove esso prescrive che la pubblicità deve essere onesta, veritiera e corretta". O no?
In data 10 dicembre, il direttore dell'IAP Luigi Pavia accusava ricevuta della mia, comunicandomi che avrebbero sottoposto il caso all'esame del Comitato di Controllo il quale deciderà se sussistano o meno gli elementi per la trasmissione degli atti al Giurì. La terremo informata sugli sviluppi della pratica. Grati per la collaborazione...
Poi, per oltre un mese, silenzio.
Il 20 gennaio decido di rifarmi vivo con l'IAP. Lo spunto - scrivo nella mia seconda lettera - mi è offerto dalla lettura del numero dello scorso dicembre del periodico "Ordine", organo dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. In tale numero, a pag, 5, è riportata la vicenda originata dalla pubblicità, apparsa su alcuni quotidiani, dello stilista Ginocchietti. Su "Ordine", appunto, leggo che tale pubblicità è stata pubblicata in data 15.11.1987 e che già 18 giorni dopo il Giurì emetteva la sua "sentenza".
La mia segnalazione relativa alla campagna istituzionale dell'Esercito Italiano, di cui Lei ha accusato ricevuta 41 giorni fa, non ha sortito a tutt'oggi - che io sappia – alcunché. Eppure, mi pare che dal punto di vista sociale l'urgenza di arginare la menzognera campagna dell'Esercito Italiano non possa nemmeno esser comparata a quella di una querelle tra stilisti perugini e milanesi.
E, già che c'ero, allegavo una copia di "A" 150, segnalando in particolare gli articoli "Antimilitarismo oggi" e "Il look è nuovo, ma...". Già 5 giorni prima, però, l'IAP mi aveva scritto una lettera (spedita il 15 gennaio ma arrivatami - da Milano a Milano - una settimana dopo), per informarmi che il Comitato di Controllo - presa in esame la Sua segnalazione nel corso della riunione del 13 gennaio u.s, - non ha ravvisato nei messaggi motivo di confronto con le norme del Codice di Autodisciplina, in quanto le affermazioni del messaggio (relative all'impiego delle forze armate in casi di emergenza) rispondono a verità: altrettanto è da dirsi per quanto riguarda i compiti istituzionali dell'Esercito.
Da ultimo, non riguardando i messaggi la sollecitazione di comportamenti facoltativi dei destinatari e tanto meno la proposta di acquisto di servizi, la competenza del Comitato di Controllo non può essere affermata con certezza.
Vogliate accogliere i nostri migliori saluti.
Fine della storia. Se davvero credessi nella "neutralità" dell'IAP, e ancor prima nella sincera volontà di "informare" da parte della pubblicità e dei pubblicitari, potrei anche obiettare che la campagna dell'esercito presenta come "normali", funzioni del tutto eccezionali e che quindi si tratta di una palese truffa. Potrei anche ironizzare su quella formula "non può essere affermata con certezza" e sul conseguente comportamento del Comitato di Controllo. Ecc. ecc.
In realtà l'unico dubbio che mi rimane è se valeva la pena perder tempo con questa "pratica". E, ancor più, se val la pena sottrarre spazio alla rivista e tempo al lettore. Non posso affermarlo con certezza.