Rivista Anarchica Online
W l'esercito! O no?
di Paolo Finzi
Con la pia intenzione di assicurare
una qualche credibilità alla marea di messaggi pubblicitari
che quotidianamente investono il cittadino, da un po' di tempo è
stato istituito l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria.
Costituito dalle principali associazioni dei pubblicitari, degli
utenti di pubblicità e dai principali mass-media (RAI, tv
private, giornali), questo istituto si è dato una serie di
regole, volte a "tutelare" il cittadino di fronte a
messaggi falsi, mistificatori, ecc... A tal fine, ha costituito un
Giurì, che esamina le campagne pubblicitarie "incriminate"
(anche sulla base della segnalazione di un singolo cittadino) ed
emette sentenze che, pur non avendo alcun valore legale, impegnano
tutte le parti contraenti: in pratica, quando il Giurì
"condanna" una campagna pubblicitaria, tutti devono
sentirsi impegnati ad interromperla immediatamente. E spesso ciò
è già accaduto. Da semplice cittadino, ho preso
l'iniziativa (del tutto personale) di segnalare all'IAP la campagna
istituzionale dell'Esercito Italiano, della quale ci siamo occupati
ampiamente sulla rivista lo scorso novembre. Il 2 dicembre scorso ho
inviato una raccomandata, in cui fra l'altro scrivevo: I cinque
annunci attraverso i quali tale campagna
"istituzionale" si realizza, costituiscono
nella loro sostanza un vero e proprio falso. Le immagini
ed il testo (unico per i 5 annunci) presentano infatti
l'Esercito Italiano come una struttura dedita a funzioni di "servizio
civile" (spegnere incendi, aiutare i terremotati,
ecc.), mentre - per definizione - l'esercito si occupa di armi,
addestramento militare, "difesa", ecc.,
insomma di tutto quanto concerne la guerra. Le funzioni di "servizio
civile" sono assolutamente
marginali, occasionali ed irrilevanti nella pratica dell'Esercito
Italiano, come dimostra anche il fatto che chi viene ammesso a
svolgere il cosiddetto "servizio civile
alternativo" (previsto dalla legge 772 del 1972)
lo esercita al di fuori dell'Esercito Italiano (se pure
da esso "controllato") ed
appunto in alternativa al servizio militare. A me pare che, indipendentemente
dal giudizio che si voglia dare dell'esercito in generale e di quello
italiano in particolare, la campagna istituzionale in corso sia in
assoluto, stridente contrasto proprio con l'art. 1 del Codice di
Autodisciplina Pubblicitaria, laddove esso prescrive che la
pubblicità deve essere onesta, veritiera e corretta". O
no? In data 10 dicembre, il direttore
dell'IAP Luigi Pavia accusava ricevuta della mia, comunicandomi che
avrebbero sottoposto il caso all'esame del Comitato
di Controllo il quale deciderà se
sussistano o meno gli elementi per la trasmissione
degli atti al Giurì. La terremo informata sugli
sviluppi della pratica. Grati per la collaborazione... Poi, per oltre un mese, silenzio. Il 20 gennaio decido di rifarmi vivo
con l'IAP. Lo spunto - scrivo nella mia seconda
lettera - mi è offerto dalla lettura del numero dello
scorso dicembre del periodico "Ordine",
organo dell'Ordine dei Giornalisti della
Lombardia. In tale numero, a pag, 5, è riportata
la vicenda originata dalla pubblicità, apparsa su alcuni
quotidiani, dello stilista Ginocchietti. Su "Ordine",
appunto, leggo che tale pubblicità è
stata pubblicata in data 15.11.1987 e che già 18
giorni dopo il Giurì emetteva la sua "sentenza". La mia segnalazione relativa alla
campagna istituzionale dell'Esercito Italiano, di cui Lei ha accusato
ricevuta 41 giorni fa, non ha sortito a tutt'oggi - che io sappia –
alcunché. Eppure, mi pare che dal punto di vista sociale
l'urgenza di arginare la menzognera campagna dell'Esercito Italiano
non possa nemmeno esser comparata a quella di una querelle tra
stilisti perugini e milanesi. E, già che c'ero, allegavo una
copia di "A" 150, segnalando in particolare gli articoli
"Antimilitarismo oggi" e "Il look è nuovo,
ma...". Già 5 giorni prima, però, l'IAP mi aveva
scritto una lettera (spedita il 15 gennaio ma arrivatami - da Milano
a Milano - una settimana dopo), per informarmi che il Comitato di
Controllo - presa in esame la Sua segnalazione nel corso della
riunione del 13 gennaio u.s, - non ha
ravvisato nei messaggi motivo di confronto con le norme
del Codice di Autodisciplina, in quanto le affermazioni del messaggio
(relative all'impiego delle forze armate in casi di emergenza)
rispondono a verità: altrettanto è da
dirsi per quanto riguarda i compiti istituzionali dell'Esercito. Da ultimo, non riguardando i
messaggi la sollecitazione di comportamenti facoltativi dei
destinatari e tanto meno la proposta di acquisto di servizi, la
competenza del Comitato di Controllo non può essere affermata
con certezza.
Vogliate accogliere i nostri
migliori saluti. Fine della storia. Se davvero credessi
nella "neutralità" dell'IAP, e ancor prima nella
sincera volontà di "informare" da parte della
pubblicità e dei pubblicitari, potrei anche obiettare che la
campagna dell'esercito presenta come "normali", funzioni
del tutto eccezionali e che quindi si tratta di una palese truffa.
Potrei anche ironizzare su quella formula "non può essere
affermata con certezza" e sul conseguente comportamento del Comitato
di Controllo. Ecc. ecc. In realtà l'unico dubbio che mi
rimane è se valeva la pena perder tempo con questa "pratica".
E, ancor più, se val la pena sottrarre spazio alla rivista e
tempo al lettore. Non posso affermarlo con certezza.
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