Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 152
febbraio 1988


Rivista Anarchica Online

La scienza arrogante
di Fabio Terragni

Le domande che l'ingegneria genetica suscita sono legate alla sfera dell'etica. Quali interessi militari si celano dietro molte delle ricerche in corso? Quali sono le priorità cui dare spazio con l'ingegneria genetica? Il problema del controllo delle scelte tecnologiche.

Vorrei cominciare con la citazione di una psicologa che ha lavorato in Gran Bretagna. Nel corso di una testimonianza sulla storia del DNA ricombinante questa psicologa disse: "... a rischio di essere scacciata dall'aula dalle risate di queste menti superiori, io penso che essi siano stati sopraffatti dall'angoscia metafisica provata davanti alle loro stesse capacità di trastullarsi con i mattoni di cui è costruita la vita. Questa angoscia metafisica è simile a quella provata da Oppenheimer davanti all'esplosione della prima bomba atomica. Quando questa angoscia si trasferì all'opinione pubblica, scoppiò un vero e proprio inferno".
Di questa breve citazione mi interessa sottolineare due elementi: il primo è quello della percezione del rischio legato a queste nuove tecniche, mentre la seconda è una sensazione che va oltre e che definirei di natura sostanzialmente etica.
Quando nel 1973 all'università di Stanford venne annunciata la possibilità di intervenire sul DNA, la reazione della comunità scientifica internazionale fu di timore: immediatamente ci si rese conto della possibilità di creare nuove specie di microrganismi, di batteri nel caso specifico, agenti di malattie per l'uomo e per l'ambiente, che non potevano essere controllati con i metodi fino ad allora noti. Il risultato di questa inquietudine fu la famosa moratoria che si produsse tra il 1974 e il 1975 fino alla conferenza internazionale svoltasi in California, in cui vennero per la prima volta messe a punto delle norme per la sicurezza in laboratorio. In seguito tutto riprese come prima, ma ci furono diverse contestazioni verso i laboratori soprattutto da parte delle autorità locali, mentre la paura si era già diffusa tra l'opinione pubblica.
A quattordici anni da quel 1973 le domande che suscita l'ingegneria genetica sono sostanzialmente legate alla sfera dell'etica. Dove si incontra il limite invalicabile e, soprattutto, qual è questo limite? Quali sono le cose che si possono e non si possono fare? Questi limiti sono di natura esclusivamente tecnica?

Al principio fu il supertopo
Per rendere espliciti questi problemi occorre fare alcuni esempi chiarificatori. L'ingegneria genetica si basa sulla possibilità di mescolare due pezzi di DNA provenienti nella maggior parte dei casi da specie diverse. Nel 1983 alcuni scienziati americani riuscirono ad inserire un gene umano all'interno di un topo, agendo sull'uovo fecondato con un procedimento di microiniezione. Il frammento di gene umano era così presente non solo nelle cellule somatiche del topo, ma anche in quelle germinali, che presiedono alla riproduzione: la modificazione dell'apparato ereditario era quindi permanente. Il "supertopo" fu solo il primo di una lunga serie di animali transgenici creati nei laboratori.
A questo punto occorre porsi alcuni interrogativi. È lecito intervenire sull'identità di una specie che, come si sa, si basa (nella maggior parte dei casi) sulla non fertilità incrociata, introducendo elementi estranei nel suo patrimonio genetico? Si può affermare l'esistenza di una sorta di ingegneria genetica naturale a livello di microbiologia, ma essa è a livelli estremamente limitati.
Ancora, abbiamo noi il diritto di intervenire con un'operazione transgenetica sulla vita di un altro animale? Noi andiamo infatti ad intaccare quel delicato equilibrio che presiede all'espressione del patrimonio genetico. La brevettabilità delle nuove specie create dall'ingegneria genetica è stata inoltre sancita il 16 aprile scorso dall'Ufficio federale americano per i brevetti, con tutte le implicazioni di carattere industriale che ne derivano.
Rispetto alla specie umana si pone il problema di quello che viene definito il "trapianto genetico germinale", cioè l'intervento genetico a livello delle cellule germinali. L'opinione della comunità scientifica internazionale è di non arrivare a questo tipo di intervento, ma come si sa le soglie etiche sono molto deboli. C'è già chi propone, in sede di fecondazione in vitro, di fecondare un uovo e di dividerlo in due facendo crescerne uno e congelando l'altro. Il passo seguente sarebbe quello di analizzare il primo uovo, verificare la presenza di malattie genetiche e, di conseguenza, farlo crescere o sostituirlo con l'altro. Queste tecniche ci mettono però anche in grado di determinare altre condizioni, come l'altezza, ma anche i caratteri della differenza sessuale: è possibile diagnosticare in modo precoce se il futuro nato sarà maschio o femmina. Ciò permette un intervento selettivo anche a questo livello.
Esiste poi la possibilità di sequenziare lo stesso genoma umano, attraverso il progetto finanziato dal Dipartimento dell'energia americano, lo stesso che finanziò il progetto Manhattan sulla bomba atomica.
Quali tipi di interessi militari si celano dietro questi progetti? Quali sono le priorità cui dare spazio con l'ingegneria genetica? I bisogni medici sociali e ambientali che emergono soprattutto nel terzo mondo o, come sta succedendo oggi, altre priorità, altri spazi e altri mercati? La fecondazione porta con sé una serie infinita di altri problemi, legati alla possibilità di clonazione o alla pratica dell'"utero in affitto". Il progredire delle tecnologie mediche ci pone di fronte a nuovi problemi con profonde implicazioni etiche: i trapianti, il commercio di organi, la donazione di organi da parte di viventi. L'eutanasia attiva e passiva.

Il problema dell'etica
A questo punto ci si deve domandare che cosa è l'etica e come deve essere affrontata questa problematica. In due parole si può definire l'etica come la riflessione su cosa è giusto e su cosa non è giusto fare. In questo campo ci sono sostanzialmente due tradizioni: una di tipo religioso-teologico e un'altra di tipo normativo.
La tradizione teologica ricerca nei testi fondamentali qual è l'insegnamento di Dio a proposito di queste questioni. La tradizione laica affida invece a un'autorità centrale il compito di definire cosa è giusto e cosa non è giusto fare, espropriando anche la possibilità di scelta individuale.
Tale tradizione si basa soprattutto sulla filosofia utilitarista, che stabilisce cosa è giusto e cosa non è giusto fare in base alla quantità di piacere che ne deriva.
Questa filosofia di tipo utilitarista-normativa ci porta delle distorsioni che trovano i propri fondamenti nella forma di razionalità imperfetta che domina la civiltà occidentale. Credere, sostanzialmente, all'onnipresenza e alla totalità della logica, come forma di coerenza interna attenta più alla valutazione dei procedimenti che alle conseguenze di una certa azione. Un filosofo utilitarista come Peter Singer, teorico dell'animalismo e molto amato dal movimento verde, arriva ad approvare la sperimentazione sugli embrioni in quanto non sofferenti, in quanto non provano dolore. A questa tradizione hanno fatto riferimento tutte le iniziative istituzionali nel settore, peraltro assenti in Italia, attraverso l'istituzione di comitati etici basati su questo tipo di impianto teorico.
Il problema dell'etica è a mio parere legato alla sfera della responsabilità e, di conseguenza, all'agire individuale e collettivo. I problemi etici dell'agire scientifico implicano l'adozione di una critica di tipo epistemologico, una critica filosofica. Si tratta quindi di rivedere i fondamenti del nostro agire scientifico e renderlo confacente al concetto definito da Batenson dell'"apprendere a posteriori", concetto che trova anche un corrispettivo straordinario nella filosofia zen.
Si tratta di rivedere fin dall'inizio i fondamenti del nostro sapere, per la rifondazione di quella che, mutuando un'espressione di Edgar Morin, si può definire "una scelta con coscienza".
La biologia molecolare è l'ultima rappresentante di una lunga tradizione scientifica occidentale che le ha trasmesso un'arroganza di oggettività rispetto al proprio sapere. E l'atteggiamento è esplicitato da Monod nel suo libro su "Il caso e la necessità", nel quale attribuisce alla scienza un agire etico intrinseco, in quanto presuppone, come atto fondamentale, il dominio della conoscenza: la politica e l'etica della politica deriverebbero quindi dalla conoscenza.
Bisogna fare una operazione critica di questo impianto scientifico, che vada a ricostruire una antropologia della conoscenza che ponga l'uomo al centro dell'agire scientifico. Un'operazione che riporti l'uomo all'unione tra soggetto ed oggetto, tra sistema osservato e sistema osservante. Bisogna inoltre restituire una dimensione storica all'agire scientifico, operazione quasi sconosciuta in Italia.
La scienza viene insegnata nelle università come sapere rivelato, scorporandola dalla sua dimensione storica, quindi umana e culturale. L'ecologia deve essere considerata come una vera "scelta con coscienza", in quanto riporta ad una relazione complessa uomo-agente conoscente e "oggetto natura".
Per concludere bisogna rinnovare l'appello all'etica della responsabilità, per restituire responsabilità anche allo scienziato. Un altro elemento è relativo all'interazione tra scienza e società. La scienza non è più quella libera attività dello spirito del XV-XVI secolo ma un'attività tecnologica che muove migliaia di miliardi, diventando una specie di paradigma autorinforzante.
La scienza per attrarre i finanziamenti deve sempre di più rispondere ai bisogni della tecnologia. Si tratta di inserire in questo circolo un elemento non controllabile che è l'opinione pubblica nella sua accezione più ampia. Voglio fare riferimento a una sorta di "cibernetica dello sviluppo tecnologico", in altre parole a una scienza del controllo di tale sviluppo.
Deve essere possibile non solo un flusso di conoscenze dalle sedi della produzione a quelle della fruizione, ma anche un'operazione inversa che dall'opinione pubblica ponga il problema del controllo delle scelte tecnologiche.