Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 142
dicembre 1986 - gennaio 1987


Rivista Anarchica Online

L'ombra del demonio
di Carlo Oliva

Non saprei proprio dire quale imprescindibile necessità pastorale, o quale demone maligno (non si sa mai...) abbia spinto il cardinale Ratzinger, che mi dicono teologo di vaglia, oltre che stimato Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede (quell'organo della chiesa cattolica che vigila sull'ortodossia, o sull'ammissibilità, delle affermazioni dottrinali pronunciate da quei membri della stessa chiesa abilitati a farlo) a emettere, un paio di mesi fa, il noto documento di condanna dell'omosessualità.
Mi è sembrato di capire, forse, che il numero dei teologi, dei sacerdoti e persino dei vescovi disposti a considerare gli omosessuali come dei fedeli (o degli infedeli, se nel caso) uguali a tutti gli altri, avesse ormai raggiunto, dal suo punto di vista, il livello di guardia, onde la necessità di un salutare ammonimento e di una ferma condanna. Condanna che, si badi bene, non riguarda le pratiche omosessuali, ma l'omosessualità in sé, come condizione assoluta o, per così dire, astratta, dell'esperienza umana: vi ci si afferma in buona sostanza, che per quanto amabili persone e credenti convinti siano i portatori di questa opzione, il loro status va visto come "oggettivamente disordinato" (per cui si può supporre, anche se la conclusione è implicita, che andranno tutti all'inferno). C'è di più: si aggiunge che ogni tendenza o propensione in tal senso, anche se non messa in atto, e quindi non peccaminosa, va considerata elemento di grave turbativa morale, o qualcosa di simile.

Tranquille certezze
Dichiarazioni del genere, oggi come oggi, sembrano fatte apposta per irritare un po' tutti, e non solo i diretti interessati. Anzi, costoro, abituati comunque a una qualche forma di riprovazione sociale, per quanto ingiusta, avranno almeno apprezzato il fatto che il documento non contiene, come sarebbe successo ai bei tempi di quando la Congregazione si chiamava Santo Uffizio, nessuna forma d'invito allo sterminio. Ad essere duramente colpiti, naturalmente, sono quei settori del mondo cattolico sinceramente impegnati in un tentativo di recupero di tutti i gruppi sociali tradizionalmente fuori dalla chiesa, in quanto per un verso o per l'altro marginalizzati e perseguitati (ma appunto per questo considerabili come destinatari privilegiati del messaggio evangelico). Inoltre il documento disturba, e non poco, quella vasta middle opinion cattolica post giovannea, blandamente disposta a manifestare ossequio verso la gerarchia (quella cattolica come qualunque altra...) e non estranea alla pratica dei sacramenti, purché non si mettano in crisi le sue tranquille certezze evidenziando contrasti troppo stridenti tra il magistero ecclesiastico e la morale corrente.
I cattolici "impegnati" sono sempre pronti a lanciare bibliche sferzate in direzione di questi loro pacifici compagni di fede, ma sanno bene che essi rappresentano il nerbo, per non dire la base di massa residua, della loro chiesa, per lo meno nei paesi "sviluppati" dell'occidente. E naturalmente una presa di posizione del genere non può che suscitare il dileggio dei laici, compresi quei laici moderati e tolleranti con cui non è inopportuno intrattenere rapporti cordiali: citiamo per tutti Giuliano Zincone (una delle poche "penne pensanti" del "grande" giornalismo) che ha appunto scritto sul Corriere che dalla chiesa non ci si poteva aspettare nulla di diverso, e che il problema di una civile convivenza con i diversi di qualsiasi genere o specie non può che essere affrontato dalla cultura laica.
Quest'ultima affermazione, probabilmente, è esatta, nel senso che un punto di vista laico è condizione necessaria, anche se assolutamente non sufficiente (basta pensare a chi fa professione di laicismo nel nostro paese...) per l'accettazione di una morale "aperta", tollerante, che si sforzi di penalizzare meno comportamenti possibile. La chiesa ha sempre vantato, o lasciato vantare, la sua tolleranza, ma su certi argomenti non ne ha mai dimostrata punto. Il massimo che il mondo contemporaneo si può attendere dalle sue gerarchie, in tema di diritto alla sessualità, è una politica di doppio binario, di negazione teorica al vertice e in sede dottrinale e di laisser faire abbastanza diffuso nella vita quotidiana. Ma evidentemente questo atteggiamento non vale per l'omosessualità, visto che il documento del cardinale Ratzinger è appunto un richiamo alle strutture perché, in materia, si adeguino alla rigidità prescritta dalla dottrina.
Bah. Un laico assolutamente digiuno di studi teologici potrebbe anche chiedersi da quale imperativo divino derivi la sessuofobia della chiesa. Se, come mi sembra di ricordare, deriva dall'impostazione dualistica del rapporto spirito/materia, dio/natura, eccetera, con la svalutazione costante del secondo termine di fronte al primo, allora è strano che certe modalità di rapporto siano condannate in quanto "contro natura". Ma questo è solo un paradosso: naturalmente il problema consiste nel fatto che quei rapporti non possono essere ricondotti all'interno del matrimonio, che è l'unico ambito in cui la chiesa è disposta ad ammettere l'esercizio di questa imbarazzante funzione umana. La sessualità "normale" fuori dal matrimonio, qual è ampiamente diffusa oggi nelle nostre società più o meno permissive, è certamente da deplorarsi, ma può sempre essere sanata (o si può sperare che lo sia) dal ricorso al sacramento, con conseguente istituzionalizzazione: l'omosessualità evidentemente no. E sulla sua condanna bisogna tener duro, a costo di subire qualche critica e suscitare qualche malumore tra gli uomini di buona volontà: essa non è altro che la pietra angolare di tutta la costruzione repressiva che la chiesa ha eretto nei secoli contro ogni forma d'amore non istituzionale.

Quelle cose proibite
Singolare fiducia, questa, nel fatto che il matrimonio, in quanto istituzione naturale (ma come faccia un'istituzione a essere naturale è problema che sfida l'acume del più agguerrito metodologo del linguaggio), sia in grado di annullare quello che è, evidentemente, l'elemento che la chiesa pensa vada annullato, il principio del piacere. Chi pensa che anche da un punto di vista puramente laico il matrimonio sia qualcosa di positivo, avrebbe tutto il diritto di sentirsi offeso.
Non è il caso, naturalmente: il cardinale Ratzinger, e chi per lui, non possono proprio non affermare che certe cose sono proibite, o che chi vi ci si ostina va dritto all'inferno. Non per niente, poi, sono costretti a risuscitare dal fondo oscuro della coscienza collettiva l'ombra del Demonio, dello spirito che nega, di Satana , e tentare di darvi, con operazioni che pure dovrebbero suscitare l'interesse degli analisti del linguaggio, una realtà logica e teologica.
In quest'impresa, oltre al cardinale Ratzinger, è personalmente impegnato anche il papa. Pover'uomo anche lui.