Rivista Anarchica Online
Lo stregone tecnologico
di Salvo Giambelluca
Note sui rapporti tra sfruttamento, medicina e inquinamento
Quintali e tonnellate di carta stampata dedicata a fiumi inquinati, decine
di dibattiti televisivi sul modo
corretto di impostare il rapporto tra Uomo e ambiente, films, riviste, supplementi domenicali e proposte
di legge per la salvaguardia dei parchi nazionali, un presidente del Senato che va in giro a dissertare sulla
tutela delle opere d'arte: tutto questo - e dell'altro ancora - avviene nel modo per salvare
l'umanità da
una minaccia incombente: l'Ecocatastrofe. Di ecologia, della scienza dell'ambiente
cioè, si cominciò parlare, in modo sommesso, alcuni anni fa e
da allora il successo della nuova scienza sembra essere in continua ascesa se soltanto pochi mesi fa si
concludeva con alcune discrete "raccomandazioni" ai governi una conferenza internazionale dell'ONU
organizzata all'uopo a Stoccolma. È indispensabile oggi tentare un'analisi "di parte" di un
fenomeno di così ampie dimensioni, una analisi
che non potrà essere, in ogni caso, che il risultato di un'ampio dibattito su questo e su altri temi
ad esso
vicini entrati ormai a far parte della cultura istituzionalizzata occidentale ed orientale. È
noto come negli ultimi 100-150 anni si sia molto modificata l'incidenza di alcune malattie. Se ancora
60 anni fa tubercolosi e pellagra rappresentavano tradizionali flagelli per le popolazioni europee, la
moderna medicina e una dieta più congrua hanno messo a disposizione strumenti terapeutici e
qualche
volta anche preventivi per stroncare tali mali secolari. Parallelamente alla diminuita incidenza di
questa che viene definita "patologia infettivo-carenziale" si è
avuto, però, un incremento, in qualche caso una vera esplosione di malattie come quelle
polmonari e
cardio-circolatorie imputabili per gran parte alle modificazioni apportate all'ambiente dal capitalismo,
monopolistico o di stato. Nei paesi ad elevato livello tecnologico si assiste così ad uno
svuotamento dei
sanatori tubercolari mentre le porte degli ospedali psichiatrici si aprono per un sempre maggiore numero
di "ospiti" che in qualche modo rifiutano il sistema. Prima di esaminare quali sono le
conseguenze di una tale tendenza è bene premettere come una
comprensione delle leggi che regolano odiernamente il rapporto tra medicina e società non
può
prescindere dallo sviluppo storico di questa attività umana al quale è giusto almeno
accennare. La medicina pre-storica, infatti, è essenzialmente assimilabile al complesso delle
credenze religiose e si
caratterizza, quindi, soprattutto come un fatto rituale, e sacrale che appartiene alla sfera strettamente
"magica" della civiltà. Lo stregone, lo sciamano non hanno, tranne poche eccezioni, (erbe e
decotti), una
vera funzione curativa. Il malato anche se appartiene agli strati sociali più elevati, non ha
speranze di
venire guarito e può fidare solo sulle sue capacità di ripresa, tuttalpiù
stimolando la sua volontà di
guarigione attraverso le operazioni rituali come la danza o l'impostazione delle mani. Fino alla
rivoluzione francese e al primo ottocento i progressi della medicina sono essenzialmente
morfologici, descrittivi; si possono fare discrete diagnosi, ma non ancora praticare efficaci terapie, anche
se vanno nascendo a lato della componente rituale nuovi procedimenti tecnici - dalle amputazioni di arti
ai salassi e ai clisteri di secentesca memoria - i cui risultati sono spesso dubbi. È con la presa
di potere della borghesia che la medicina comincia ad avere funzione prevalentemente
curativa. Da Pasteur e Koch a Fleming e Sabin la tendenza generale è di privilegiare
la componente tecnico-terapeutica che prende il sopravvento su quella, sempre presente però,
magico-sacrale (si pensi al rituale
della visita, alla funzione del camice e al significato del suo colore, al "conforto" recato dal medico
ecc.). La medicina da fatto prevalentemente magico tende a divenire
capacità funzionale assimilabile quindi
alla sfera tecnologica, direttamente connessa al funzionamento del capitalismo. Ancora: è
importante
tenere presente che se è da un lato indiscutibile la validità terapeutica della medicina
moderna in un
ampio numero di condizioni morbose, bisogna ricordare come questa funzione sia stata sviluppata
essenzialmente negli ultimi 100-150 anni che sono stati gli stessi durante i quali è intervenuta
la già
accennata modificazione della patologia. Per quanto riguarda i motivi di questa trasformazione scrive
G. Maccacaro: "La recessione della prima patologia (quella infettiva e da carenze alimentari N.d.r.) sta
ad annunciare la progressiva bonifica dell'ambiente umano da cause morbigene naturali; l'emergenza
della
seconda (malattie circolatorie, polmonari, psichiatriche, obesità ecc. N.d.r.) sta a denunciare la
corruzione dello stesso ambiente da cause morbigene artificiali... si tratta di due effetti solo
apparentemente incoerenti di un unico fattore - il costo economico dell'industrializzazione
capitalista". Questa modificazione che trova la sua ragione nell'ascesa al potere della borghesia e
nel
rivoluzionamento dei valori culturali a questa dovuto (da prevalentemente magico a prevalentemente
funzionale) ha come conseguenza più immediata che ci si trova dinnanzi una serie di malattie
che la
medicina oggi non è in grado di curare, ma che il sistema ha necessità di
combattere. Facciamo un esempio concreto. La "malattia" psichiatrica rappresenta in termini
economici e di mancata
efficienza una perdita secca: A) in quanto il deviante non produce; B) perché
devono essere, bene o
male, affrontate delle spese per il suo ricovero nei lager psichiatrici; C) ancora, perché egli
avendo, anche
solo inconsciamente, rifiutato la logica del sistema, rappresenta un potenziale nemico con una pericolosa
attitudine: "l'imprevedibilità". La "malattia" psichiatrica non può oggi essere
"curata" efficacemente se non in pochi casi, in genere con
interventi di reinserimento del "disadattato" ad opera della psicanalisi, venendosi così a
configurare l'atto
terapeutico come un ulteriore fatto di violenza del sistema sull'individuo. D'altronde evidenziare la
funzione conservatrice che gran parte delle scuole psicanalitiche hanno assunto nella pratica clinica, non
significa naturalmente svalutare o peggio ancora rifiutare la positiva rivoluzione apportata nel pensiero
occidentale dall'opera di Freud. Per quanto ci riguarda più direttamente basti pensare a
questo proposito che anche un pensatore a noi
abbastanza vicino come è W. Reich proprio da questa rivoluzione prese le mosse per la sua
critica del
principio autoritario. A parte la psicanalisi e pochi stupefacenti non rimane, al sistema, che tentare
terapie chirurgiche del tipo
lobectomia frontale che, consistendo nella rescissione di alcuni "contatti" all'interno del cervello, ottiene
il duplice risultato di trasformare il pericoloso deviante in un mite integrato e di recuperare preziosa
forza-lavoro. L'esempio psichiatrico è stato scelto in quanto elemento limite di un ricco
ventaglio di condizioni
morbose che hanno la loro origine prevalentemente nel mutamento dell'ambiente apportato
dall'industrializzazione capitalista. L'elenco potrebbe continuare: la silicosi dei minatori, il cancro
da amine dei lavoratori chimici, l'ulcera
dei conducenti di autobus, l'infarto dell'uomo d'affari e così via all'infinito. La situazione
attuale vede una medicina impotente di fronte alle funzioni ad essa affidate dal sistema.
È chiaro infatti che l'unica terapia efficace prospettabile per la silicosi, per es., è
rappresentata da una
trasformazione del lavoro in miniera talmente radicale da mettere in crisi l'idea di progresso fin qui
perseguita, sia detto incidentalmente, anche da alcuni settori del movimento
rivoluzionario. L'ideologia del progresso misurato in termini di tonnellate di acciaio prodotte
annualmente crea allora
una nuova scienza funzionale: l'Ecologia, uno dei cui compiti più immediati
sarà quello di esorcizzare
il pericolo. Non potendo uccidere il nemico, il che significherebbe la mia morte oltre che la sua, infliggo
spilli in un pupazzetto di stoffa. L'operazione non è così grossolana come si
potrebbe pensare se si considera che questa funzione sembra
oggi essenzialmente rivolta a recuperare alla logica del potere quella parte del mondo scientifico che
appariva seriamente perplesso di fronte alla sistematica distruzione dell'ambiente operata dal
capitale. Naturalmente il tutto si traduce in apparente liberalismo come i films hollywoodiani (sul
tipo "Easy
Rider") "programmaticamente anti-conformisti". L'ecologia viene così istituzionalizzata a
coscienza
morale alienante solo apparentemente polemica di una scienza e di un mondo scientifico asserviti al
potere, che se ne serve così per sedere anche all'opposizione, rendendo
quest'ultimo ruolo un elemento
di funzionalità, di "utilità". Un'altra notazione è importante fare a proposito
del rapporto tra ecologia e mondo scientifico e cioè che
essa sembrerebbe permettere una qualche forma di controllo sulla scienza da parte della società
reale.
L'impiegato che legge gli articoli di Montanelli su Venezia che muore e che a sua volta scrive una lettera
al Corriere della Sera, ha l'impressione di condizionare le scelte degli operatori. Questa convinzione
preventiva e programmata finisce così con l'incrementare il potere carismatico di una illusoria
Scienza
neutrale, persino "buona", e implicitamente quello degli specialisti tra i quali soltanto si svolgerà
in ogni
caso il dibattito reale. Alla società, all'opinione pubblica non resta così che recitare
fino in fondo il proprio ruolo, istituendo
organizzazioni per la salvaguardia del patrimonio ambientale come Italia Nostra o asettiche Associazioni
internazionali come il WWF (organizzazione per la protezione della natura cui possono aderire senza
alcuna perplessità Filippo di Edimburgo e Bernardo d'Olanda). Così mentre
l'ecologia rappresenta obiettivamente, per capacità di incidere sulla realtà, uno dei
più grossi
fallimenti della scienza occidentale, ne celebra contemporaneamente l'apoteosi favorendo un rapporto
"corretto" tra addetti e non addetti ai lavori. La nuova scienza non appare attualmente un settore
di pronta disponibilità tecnica se non a livelli
elementari (filtri alle ciminiere, limitazione della caccia, distruzione razionale dei rifiuti, ecc.). Sempre
per citare un esempio, nel 1969 sono state immesse in mare per varie cause due milioni di tonnellate di
petrolio e questa quantità, per ovvi motivi, non potrà essere ridotta in un breve arco di
tempo, ma,
tenendo presente come un'esigenza primaria del capitale sia oggi la funzionalità, scrivono F,
Basaglia
e F. Basaglia Ongaro che: "l'intervento tecnico-scientifico, come nuova ipotesi che metta in discussione
la realtà in atto, può trovare la sua verifica pratica solo nel momento in cui diventa
funzionale alla fase
successiva dello sviluppo socio-economico generale, trovando - insieme alla verifica - anche la propria
morte nella assolutizzazione dell'ipotesi primitiva". Anche se la applicabilità dell'ecologia
appare in questa fase dello sviluppo economico molto relativa, non
va trascurata la sua capacità razionalizzante futura. La critica ecologica è cioè,
in fondo, una critica
"costruttiva": se oggi non posso fare a meno del petrolio e quindi dell'inquinamento posso però
programmare lo sviluppo in modo da sostituire in futuro fonti di energia pulita (centrali elettriche) a
quelle "sporche" (motori a scoppio). D'altra parte è anche ipotizzabile già entro la
fine del secolo una vera e propria area di ecoconsumi di
massa, un piccolo assaggio dei quali è offerto oggi dalle mascherine antipolvere vendute a
migliaia in
Giappone o dall'ossigeno in sofisticate confezioni spray a disposizione negli U.S.A. o nella stessa
Europa. Mentre quest'ultimo appare, nella sostanza, come un aspetto marginale del problema, una
delle questioni
di fondo è invece lo scontro obiettivo che il fenomeno ecologico provoca tra paesi ad elevato
livello
tecnologico-industriale e Terzo Mondo. La società dei consumi ha condotto aggressioni
all'ambiente tali che il pagamento del conto non è più
procrastinabile a lungo, ma seguendo fino in fondo la logica di sviluppo fin qui perseguita i costi
economici più elevati dell'operazione verrebbero a ricadere non tanto sulle aree ad elevato livello
industriale (MEC, COMECON, Nord America) quanto piuttosto sui paesi e quindi sulle popolazioni
del
Terzo Mondo. Un recente rapporto dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts per conto del Club di
Roma arriva a parlare di sviluppo zero partendo dalla constatazione ormai scontata che il divario
tecnologico ed economico tra i due gruppi di paesi tende ad aumentare. Se la Cina attacca oggi
pesantemente gli U.S.A. per la loro politica di inquinamento e di distruzione
dell'ambiente, ciò avviene perché in questo settore gli interessi nazionali cinesi
coincidono con quelli anti-imperialisti. È, in fondo, lo stesso meccanismo che sta alla base della
politica maoista di appoggio al
Vietnam. È importante quindi avere chiari i limiti dell'analisi ecologica che viene condotta anche
dalle
forze cinesi in quanto essa finisce col rispondere alle esigenze della ragion di stato e solo parzialmente
a quelle dei popoli in lotta. Il problema per il movimento rivoluzionario si pone oggi nei termini di
costruire un'alternativa al modello
di sviluppo imperante. Si tratta cioè di cominciare a rigettare, una volta per tutte, le idee
sull'automaticità
del progresso tecnologico e sulla neutralità della scienza che, nei fatti, hanno finora
dominato. In altre parole non bisogna illudersi sulle reali possibilità di andare tutti in
automobile e
contemporaneamente salvare i polmoni. Al limite la proposta dei Provos olandesi di utilizzare le
biciclette non è priva di fondamento. C'è infine, in questa prospettiva di sviluppo
alternativo, un grosso pericolo, di ritrovarsi cioè dalla stessa
parte della barricata di quelle forze non necessariamente connesse alla destra politica che magari
prendendo le mosse dall'infausta dottrina del "tanto peggio tanto meglio" finiscono col sognare una
società realmente priva di inquinamenti, ma nella quale alle macchine sono sostituiti schiavi in
carne e
ossa. La conoscenza e quindi la coscienza dei pericoli è però storicamente un elemento
positivo e non
un dato che debba indurre al pessimismo.
Salvo Giambelluca
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