Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 14 nr. 118
aprile 1984


Rivista Anarchica Online

In attesa dell'estinzione
di Andrei Dierzki

Iztok in russo vuol dire Est. Ed è anche il titolo di una rivista di piccolo formato che esce da qualche anno a Parigi. La pubblica un gruppo formato prevalentemente da esuli ed oppositori dei regimi comunisti. Iztok esce perlopiù in francese, ma ne sono stati pubblicati numeri (e supplementi) anche in bulgaro, polacco, russo, tedesco, ecc .. Nell'ambito della pubblicistica libertaria internazionale, Iztok occupa un posto di tutto rilievo.
L'indirizzo redazionale e amministrativo è: Iztok, 26 rue Piat, F - 75020 Paris. Una copia costa 15 franchi francesi, l'abbonamento a 4 numeri costa 50 franchi, quello sostenitore da 100 franchi in su. A partire dal prossimo numero, la redazione di Iztok preannuncia un aumento dei prezzi. Dall'ultimo numero, il n. 8 (datato «marzo 1984»), di Iztok abbiamo tratto questo saggio di Andrei Dierzki sulle vicissitudini della parola «stato» nelle successive formulazioni della Costituzione dell'URSS.

E' diventato un luogo comune ricordare il tradimento di Lenin, a partire dall'ottobre 1917, delle sue tesi sullo Stato, quali le aveva formulate poco tempo prima in «Stato e Rivoluzione». Non va neppure dimenticato che esse erano già presenti nelle celebri «Tesi di aprile» 1917, in cui restava fedele alla teoria marxiana del deperimento dello stato.
Non ritorneremo qui sull'idealismo di questa concezione, che vuole come prima cosa l'installazione al potere di una casta di rivoluzionari di professione che esercita la dittatura a «vantaggio della classe operaia», sperando che questi controllori supremi saranno ben contenti di rinunciare al loro potere illimitato non appena la loro virtuosa lealtà ed il loro amore per il proletariato glielo detteranno.
Lenin riteneva che gli operai non avessero niente da dire su questa questione: egli contava sulla virtù dell'onestà. «I capi del proletariato sono al di sopra di ogni sospetto» scrisse nel «Che fare?».
Questa convinzione atterriva Rosa Luxemburg, la quale riteneva che «Massimiliano Lenin», forte delle sue virtù, volesse sostituirsi al movimento spontaneo della classe operaia, finendo così col tagliare le teste (come un giacobino) invece di «illuminarle mediante la coscienza di classe» ... Ricordiamo che già Bakunin aveva messo in guardia contro il bonapartismo collegiale che qualsiasi governo «scientifico» avrebbe inevitabilmente prodotto.

La dittatura transitoria
La costituzione adottata dal 3° congresso panrusso dei soviet nel gennaio 1918 cita in tutto una dozzina di volte il termine «stato» e l'aggettivo «statale». In effetti «tutto il potere centrale e locale» viene considerato appartenente ai soviet (art. 1). Il persistere di un potere esecutivo è spiegato con la necessità temporanea di «reprimere senza pietà» (art. 3) la minoranza dei vecchi sfruttatori ed instaurare «il servizio del lavoro obbligatorio» allo scopo di sterminare gli elementi parassiti della società (ibid., capoverso 6). L'imminenza della soppressione dello stato è affermata nell'art. 9, dal momento che il potere non viene attribuito che al Comitato esecutivo centrale pan-russo dei soviet che è tenuto a riconoscere «agli operai e ai contadini di ogni nazione il diritto di decidere liberamente, nel rispettivo congresso dei soviet, se desiderano, e su quali basi, partecipare liberamente al governo federale» (art. 8). Bisogna ricordare che a quell'epoca si riteneva ancora che i soviet fossero liberamente eletti, e in effetti là dove lo erano, i bolscevichi erano in minoranza.
Un'impostazione di stampo autoritario comincia a emergere nell 'art. 19, laddove viene dichiarata «obbligatoria per tutti i cittadini della Repubblica la difesa della patria socialista» (sic).
E' interessante notare come la parola «stato» faccia paura e che il ministero responsabile della futura Ceka, che doveva inizialmente prendere il nome di «commissariato del popolo al controllo di Stato», si vide battezzare «commissariato del popolo all'ispezione operaia e contadina». In quel testo, come in tutti i documenti ufficiali dei primi 3 anni del nuovo potere, l'esistenza di una massa di funzionari retribuiti dall'amministrazione centrale viene taciuta. Il solo settore dove il controllo popolare non viene invocato è quello delle finanze, restando sempre le imposizioni fiscali di esclusiva competenza del ministero centrale.

Il trionfo della burocrazia
In questo campo ogni ambiguità viene eliminata con la seconda costituzione, quella del 1924, che parla di un «bilancio di stato unico» e, per la prima volta, di un «piano generale di tutta l'economia popolare dell'Unione». Notiamo anche che, come nella Comune di Parigi, «gli elettori hanno il diritto di revocare in qualsiasi momento il deputato che hanno eletto e di procedere a nuove elezioni».
Nella costituzione fatta adottare da Stalin nel 1936 non si parla più di deperimento dello Stato né di autodissoluzione della classe dirigente. Gli ideologhi e i giuristi ufficiali intendono ridurre il divario tra le leggi rivoluzionarie (che non ci si pone il problema di rispettare) e la giurisprudenza fondata sulla prassi quotidiana della polizia politica (la famigerata GPU). Quest'ultima viene nominata per la prima volta nella costituzione del 1924: le sue terribili iniziali stanno a significare «Direzione politica di Stato Unificata».
Per le esigenze della propaganda all'estero, le libertà formali accordate dalla prima costituzione sono formalmente mantenute. Tuttavia la parola «stato» viene pronunciata una cinquantina di volte e gli articoli dal 13 al 29 sono dedicati all'organizzazione dello stato, gli articoli dal 64 al 101 all'amministrazione dello stato e, altra novità, gli articoli dal 102 al 117 sono dedicati al sistema giuridico, di cui non viene certo detto che un giorno debba passare sotto il controllo diretto dei soviet...
Con l'accettazione ufficiale del termine «stato» scompare il concetto di dittatura esclusiva del proletariato. In effetti, essendo data per scomparsa la borghesia e con essa lo sfruttamento economico, la classe operaia ha abbandonato il suo status di proletariato e si suppone essa possegga tutti i mezzi di produzione, grazie alla loro statalizzazione.
La rottura aperta con tutto ciò che il marxismo contiene di realmente sovversivo non era tuttavia ancora possibile, vista la vicinanza della rivoluzione, la (provvisoria) permanenza al potere di qualcuno della vecchia guardia bolscevica, l'instabilità politica dell 'Europa che rendeva possibile l'emergere di un socialismo autentico. Si continuò dunque ad affermare che lo sviluppo storico condurrà alla scomparsa dello stato e si dovette trovare un pretesto per il mantenimento della coercizione. Si invocarono così l'accerchiamento militare del paese, l'attesa piena di rischi della vittoria mondiale del socialismo e la necessità di continuare a lottare contro le vecchie classi dirigenti, delle quali la GPU si incaricava di trovare rappresentanti perfino in seno al comitato centrale del partito.
A questo punto interviene una contraddizione ideologica maggiore: il deperimento dello stato viene rinviato al momento dell'apparizione in URSS di un «comunismo sviluppato», legato all'edificazione del comunismo nel resto del mondo. Il che implica che dopo l'esperienza del «socialismo in un solo paese», l'URSS potrebbe costruire un «comunismo iniziale» ancora statale in un solo paese.
E' a Krusciov che spetterà di sviluppare questa trovata ideologica, parlando di prossimo accesso alla «fase superiore della fase socialista» seguita da una «applicazione del principio di ripartizione del comunismo» dal momento in cui la base materiale e tecnica lo permetterà, cioè negli anni '80 (!). Notiamo che è questa l'idea che ci si fa oggi del comunismo in URSS. Per dimostrare quanto quest'idea sia popolare, ricordiamo che è proprio questa forma sociale che i personaggi di Zinoviev chiamano comunismo.
Per dirla con le parole del burocrate decaduto Trotzky: «Che cosa, scomparire già? Ma la burocrazia comincia solo ora a vivere».

Lo stato di tutto il popolo
Una delle conseguenze del trionfo totale dei rapporti sociali socialisti è il passaggio graduale dallo stato della dittatura del proletariato allo stato di tutto il popolo (Breznzev, 4 ottobre 1977).
Nella costituzione adottata nel 1977, lo stato appare più di 150 volte e in nessun caso si avverte il bisogno di giustificare la sua permanenza. Mentre Krusciov prometteva ancora il passaggio graduale di certe funzioni dello stato ai sindacati, Breznev insiste sulla necessità di perfezionare lo stato in vista del passaggio al comunismo. Qui l'aggiustamento dell'ideologia con la pratica repressiva si fa un po' più apertamente: senza riguardi per la critica marxiana del diritto, il legislatore dedica 17 articoli alla giustificazione giuridica del fatto che la società sovietica abbia bisogno di delinquenti per farne un'armata di schiavi necessari alla sua crescita economica. Diciotto articoli sono dedicati alla struttura statale del paese e per la prima volta viene istituita definitivamente la dominazione del partito comunista (art. 99: «il diritto di presentare candidati nelle istituzioni rappresentative è riservato al partito»).
La concezione brezneviana dello stato è quella del totalitarismo senza maschere, è lo stato benefico e umanitario che Mussolini voleva instaurare. I giuristi sovietici di oggi insistono sui rapporti del cittadino di fronte a questo stato personalizzato e considerato come la persona morale della nazione, così come lo definiva Napoleone Primo.
Riprendiamo la costituzione: art. 13, « ... lo stato esercita il controllo della misura del consumo e del lavoro»; art. 39, «l'esercizio da parte dei cittadini dei diritti e delle libertà non deve intaccare gli interessi della società e dello stato»; art. 62, «il cittadino dell'URSS è tenuto a salvaguardare gli interessi dello stato sovietico, a contribuire al rafforzamento della sua potenza e del suo prestigio».
Infine i due bocconi migliori: art.31, «la difesa della patria socialista è la funzione più importante dello stato»; art. 13, capoverso 2, «Lo stato unendo gli stimoli materiali e morali contribuisce a fare del lavoro il primo bisogno vitale di ogni sovietico (la sottolineatura è nostra, n.d.a.).
L'antagonismo tra il proletariato e lo stato sovietico è così assolutamente insormontabile.

(traduzione di Gianfranco Bertoli)