Rivista Anarchica Online
L'irriducibile anarchismo
di Paolo Finzi
II documento che pubblichiamo in queste pagine è, a nostro avviso, di grande interesse e
significato. Aldilà del suo contenuto (per certi aspetti molto discutibile), il semplice fatto che sia
stato scritto, pubblicato e diffuso lo rende un documento eccezionale. Si tratta infatti del primo
documento anarchico (o comunque favorevole all'anarchismo) pubblicato e fatto circolare
(clandestinamente, s'intende) in URSS, di cui noi siamo venuti a conoscenza (e in possesso). Il
primo da molti decenni. Di questo samizdat (così si chiamano le pubblicazioni clandestine in URSS) e del suo autore
sappiamo ben poco: che è stato «autopubblicato» a Mosca con la data 18 giugno 1982, che il suo
autore (V. Litvinov) è anziano ed ammalato ed ha deciso di firmarlo con il suo vero nome (senza
ricorrere a pseudonimi), che si intitola «Machno e la questione ebraica». Di più non sappiamo: da
mesi i contatti con V. Litvinov sono interrotti, per cui non sappiamo nemmeno sa da parte delle
autorità vi siano state reazioni o rappresaglie. Il testo tradotto in francese del samizdat e queste
scarne informazioni ci sono state trasmesse dai compagni che a Parigi da vari anni pubblicano la rivista Iztok («Est»), dedicata all'analisi della situazione socio-politica dei paesi dell'Est ed alla
pubblicazione di documenti provenienti dalla clandestinità, con particolare attenzione ai fermenti di
segno libertario. Quest'edizione italiana del samizdat (la traduzione dal francese è di Gianfranco Bertoli) è la prima
integrale ad apparire fuori dai confini dell'URSS. Stralci in russo sono apparsi su una rivista
israeliana. La traduzione francese apparirà tra breve in un opuscolo della collana Volonté
anarchiste, comprendente altri scritti e documenti sullo stesso tema e intitolato «Gli anarchici
ucraini e la questione ebraica». L'edizione inglese è nei programmi del gruppo di esuli dell'Europa
Orientale raccolto a Londra intorno alla rivista Volya. Un'altra edizione in inglese è preannunciata
negli Stati Uniti. C'è, dunque, un diffuso interesse intorno a questo documento. I motivi non
mancano. Innanzitutto vi è l'argomento: «Machno e la questione ebraica». Un argomento di carattere storico,
che si riallaccia subito a considerazioni di carattere ideologico ed anche d'attualità. Litvinov,
basandosi anche sulla consultazione di alcune fonti archivistiche dell'URSS inaccessibili agli
occidentali e finora sconosciute, confuta prove alla mano il presunto antisemitismo di Nestor
Machno (Gulai-Pole 1889 - Parigi 1934) e del vasto movimento insurrezionale libertario che tra il
'17 ed il '21 dette vita ad un sistema di relazioni sociali ed economiche libertarie, basato
sull'autogestione nelle campagne e nell'industria. Le necessità storiche costrinsero Machno ed i suoi
compagni a concentrare i loro sforzi sul terreno militare, per contrastare le armate bianche della
controrivoluzione ed anche l'armata rossa di Trotsky, decisa a farla finita con le realizzazioni
socialiste libertarie dei machnovisti e ad imporre anche all'Ucraina ribelle il giogo del nuovo potere
bolscevico. Non meraviglia, dunque, che i nuovi padroni russi, una volta vinta l'ultima disperata
resistenza dei machnovisti, si siano subito premurati di assicurare «dignità scientifica» alle calunnie
già ampiamente utilizzate in quegli anni per screditare Machno, i suoi compagni, l'anarchismo. A
questa pluridecennale campagna di calunnie e di mistificazioni fa cenno Litvinov all'inizio del
samizdat. Tra queste calunnie, volte a stravolgere l'immagine ed a cancellare l'influenza delle idee e delle
realizzazioni di segno libertario, una delle più utilizzate ed infamanti è stata e rimane quella di esser
stati antisemiti: non solo di aver espresso opinioni antisemite, ma addirittura di aver attizzato e
guidato veri e propri pogrom. Un'accusa di tale portata, questa, da rendere immediatamente
impossibile qualsiasi simpatia per i machnovisti e per le loro realizzazioni autogestionarie
(anch'esse, peraltro, negate o tramandate alla storia come «azioni banditesche»). Con il passare
degli anni e dei decenni, quest'immagine di un Machno antisemita si è cristallizzata e diffusa a
livello internazionale, grazie all'opera dei partiti comunisti e dei loro «intellettuali organici» - tutti
al servizio di Mosca e del Comintern. Contro questa calunnia si erano subito levate le voci isolate degli anarchici. Negli anni '20, mentre
erano ormai in esilio, sia Arscinov sia Volin - che di Machno erano stretti collaboratori e che
vissero da protagonisti la machnovcina - documentarono nelle loro rispettive storie del movimento
machnovista la falsità di questa calunnia. Ma si trattava di voci isolate, quasi impercettibili nel
generale prostrarsi della sinistra mondiale al mito ed ai disegni dei nuovi zar moscoviti. Altra fu la
versione dei fatti che trionfò: e fu la stessa che tacque per decenni sull'esistenza dei lager staliniani,
che per decenni continuò a presentare l'URSS come il paradiso del proletariato e non per
quell'immensa galera che era ed è. Fu questa «storia» scritta ad uso e consumo della nuova classe
tecnoburocratica installatasi al Cremlino a trasmettere l'immagine di un Machno antisemita. Il samizdat che pubblichiamo in queste pagine è il primo studio specificamente dedicato ai rapporti
tra movimento machnovista e «questione ebraica»: sull'argomento, permette di ribaltare con nuovi
elementi l'infamante versione bolscevica e di far riemergere la verità storica. Più in generale, la
pubblicazione di questo samizdat permette di trarre dal dimenticatoio e di riesaminare criticamente
la grande esperienza storica della machnovcina, che rappresenta ancor oggi uno dei più significativi
esempi concreti di costruziohe di una società autogestionaria e libertaria. Uno dei più significativi,
certo, ma anche uno dei più sconosciuti e di conseguenza dei più ardui da analizzare e da studiare.
Alcuni punti interrogativi ... Questo samizdat, purtroppo - incentrato com'è sulla «questione ebraica» e sugli «aspetti militari»
dell'esperienza machnovista - non apporta elementi nuovi in merito alle realizzazioni sociali
nell'Ucraina di quegli anni. Scarsi sono gli accenni all'autogestione ed all'organizzazione libertaria
della produzione e della vita sociale, alle profonde trasformazioni culturali, ecc. Acritico ci pare poi
l'approccio di Litvinov ad alcuni degli aspetti più discutibili della machnovcina. Ci riferiamo, per
esempio, a quella forma di «culto della personalità» che l'ha caratterizzata, come d'altra parte indica
il fatto che l'intero movimento insurrezionale si richiamasse già nella sua definizione al nome del
suo «comandante». Ci sono poi comportamenti che, inquadrati in quel drammatico contesto storico,
possono esser compresi, ma che in ogni caso non possono esser tranquillamente accettati come
«normali»: si pensi, per esempio, all'applicazione per decreto della pena di morte ed ai proclami in
tal senso emanati da Machno. L'uso stesso della terminologia militare, poi, seppure nel contesto di un esercito decisamente
originale (come sottolinea Pio Turroni nella sua testimonianza diretta su Machno), solleva problemi
che, ben aldilà degli aspetti terminologici, investono questioni di fondo per l'anarchismo, quali il
ruolo delle minoranze libertarie nel processo rivoluzionario, la coerenza mezzi/fini, i rapporti tra
modelli organizzativi antiautoritari e la pratica della guerra, ecc .. Si tratta di questioni spesso
drammatiche, che si sono poste prepotentemente all'attenzione dei libertari soprattutto quando il
movimento anarchico è stato promotore e protagonista di grandi movimenti sociali - come
nell'Ucraina del 1917/21, come nella Spagna del 36/39.
... ed un punto di netto dissenso C'è poi un aspetto del samizdat di Litvinov che ci trova nettamente dissenzienti. L'autore, nella foga
di respingere l'accusa di antisemitismo rivolta a Machno e di documentare la parte avuta dagli ebrei
nel movimento insurrezionale ucraino, arriva a sostenere una diretta continuità ed una sostanziale
affinità tra la machnovcina ed il sionismo. In questa visione, lo stato d'Israele costituirebbe
addirittura la realizzazione di quella società per la quale lottarono Machno ed i suoi seguaci. E' un dato di fatto storicamente documentato che tra i pionieri dell'esperienza dei kibbutz numerosi
furono i rivoluzionari russi ed ucraini che, abbandonate le loro terre per sfuggire ai pogrom e alla
repressione statale, raggiunsero la Palestina, spesso dopo apocalittiche migrazioni a piedi per
migliaia e migliaia di chilometri. Tramite loro, le concezioni anarchiche di Bakunin, Kropotkin,
Tolstoi ed in generale del sociaIismo libertario influenzarono non poco quei kibbutz che fin
dall'inizio del secolo si orientarono in senso laico, libertario, autogestionario. Ma è inaccettabile la confusione, operata da Litvinov, tra questi kibbutz e l'intero movimento
sionista e peggio ancora lo stato d'Israele. Se un parallelo si può instaurare tra le due esperienze, va
ricercato invece nel ruolo sostanzialmente identico esercitato dagli stati e dai loro eserciti, ovunque
schierati contro l'autogestione, l'organizzazione libertaria della società, il pluralismo. Con l'attacco
frontale (come quello sferrato dalle armate bianca e rossa in Ucraina) o con lo svuotamento più
«delicato» ma non meno distruttivo (come quello operato dallo stato d'Israele e, prima della sua
costituzione, dalle correnti integraliste, conservatrici e nazionaliste del sionismo) le esperienze
concrete di autoorganizzazione e di socialismo libertario sono state parimenti attaccate. E se ciò
non bastasse, c'è per lo stato d'Israele la politica estera aggressiva (al servizio dell'imperialismo
americano), c'è la militarizzazione della società, c'è lo sfrenato nazionalismo, c'è il trattamento di
serie B riservato dentro Israele ai palestinesi, c'è questo e tant'altro che chiarire definitivamente che
tra quei primi kibbutz socialisti libertari e lo stato d'Israele c'è un abisso invalicabile.
Gramigna anarchica e voglia di libertà Queste nostre osservazioni critiche, queste riserve, questi punti interrogativi non intaccano
l'importanza sostanziale di questo samizdat. Aldilà di tutto, il fatto che negli anni '80, dopo decenni
di totalitarismo marxista, un individuo riesca a produrre ed a far circolare un documento simile,
favorevole a Machno e all'anarchismo, è di per sé eccezionale. E' un segno in più della vitalità
dell'anarchismo. Contro il regime dittatoriale russo gli anarchici hanno iniziato a combattere fin dall'indomani della
rivoluzione d'ottobre, appena apparve chiaro che i nuovi padroni rossi (Lenin in testa)
abbandonavano la maschera libertaria del «tutto il potere ai soviet!» per iniziare quel rapido
processo di centralizzazione del potere, di distruzione delle forme di autoorganizzazione popolare e
di repressione del dissenso che si può riassumere nella formula «tutto il potere al partito!». Senza
mai cessare di combattere contro le forze controrivoluzionarie che puntavano alla sconfitta del
movimento rivoluzionario per restaurare il vecchio regime, gli anarchici impegnarono tutte le loro
forze, le loro organizzazioni, la loro presenza nei sindacati e nelle altre organizzazioni di massa, per
contrastare il progetto bolscevico, per difendere le conquiste rivoluzionarie. Ma furono sconfitti,
decimati, esiliati, spediti in Siberia, rinchiusi nelle carceri e nei lager: e con loro furono sconfitte le
altre tendenze rivoluzionarie non-bolsceviche e tutti quei movimenti spontanei - emblematica
l'insurrezione di Kronstadt nel marzo '21 - che indicarono la volontà di «andare avanti» con la
rivoluzione contro la nuova classe dirigente dei tecnoburocrati rossi. Dall'inizio degli anni '20 - quando la coppia Lenin-Trotzky portò a termine la «normalizzazione»
preparando il terreno allo stalinismo - ogni forma di dissenso organizzata è divenuta impossibile in
URSS. Anche l'anarchismo, che pure era profondamente radicato nel tessuto sociale e culturale
della Russia, dell'Ucraina, degli stati del Baltico (Estonia, Lituania, Lettonia), è praticamente
scomparso. Ma non del tutto. In questi decenni, notizie sull'esistenza di singoli anarchici e di minuscole iniziative clandestine
libertarie non hanno mai cessato di oltrepassare la cortina di ferro. Numerosi profughi
dell'arcipelago gulag hanno riferito dei loro incontri con anarchici russi (ed ucraini) in questo o
quel lager. Negli anni '50, su uno di questi lager (lo ricorda Louis Mercier Vega nelle sue
considerazioni sull'increvable anarchisme ucraino e russo, che riproduciamo in uno dei riquadri) i
reclusi in rivolta hanno fatto sventolare la bandiera nera machnovista. All'inizio degli anni '70 si è
saputo di un'emittente-radio anarchica clandestina. In anni a noi più vicini siamo venuti a
conoscenza di fermenti ed esperienze specificamente libertarie tra i giovani: esperienze di vita
comunitaria, minisindacati clandestini, obiezioni al servizio militare, ecc. Ed ora, questo samizdat. Un segno concreto in più che nemmeno la più longeva e totalitaria delle dittature marxiste ha
potuto estirpare del tutto la gramigna anarchica e, con essa, la voglia di libertà. Può sembrare poco,
ma non lo è.
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