Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 12 nr. 106
dicembre 1982 - gennaio 1983


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Profughi, non turisti
di U. B.

I massacri fatti compiere dal governo militare argentino dopo il 1976 non hanno determinato solo l'eliminazione fisica di un numero di persone che non potrà mai essere precisato, ma anche una diaspora di uomini, donne, bambini che hanno cercato scampo alla mortefuggendo all'estero.
In Italia sarebbero circa tremila i profughi con passaporto argentino, più un numero elevatissimo di esuli con doppia nazionalità. Queste persone, per la gran parte, sono state accolte dal nostro paese con una prima grande beffa: un visto turistico. Anche se la Costituzione garantisce «diritto di asilo sul territorio della Repubblica» allo «straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche», lo stato italiano riconosce come rifugiati politici solo i profughi provenienti dall'area europea, esclusi i Paesi dell'Est. E questo in base alla «riserva geografica» prevista dalla Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati, firmato dall'Italia nel 1951. E' una situazione assurda, ma non è l'unica. Lavoro nero, mancanza di assistenza, sfruttamento, angherie di ogni tipo ...
Come sono stati accolti in Italia i profughi argentini? Abbiamo parlato con alcuni di loro. Ecco quello che ci hanno raccontato:
«Dopo un anno e mezzo di carcere - dice Eugenia - senza mai essere interrogata o accusata di nulla, mi hanno concesso di usufruire del «diritto di opzione», una specie di esilio volontario. A Roma sono arrivata col visto turistico. L'Italia è un paese molto organizzato quando si tratta di far emigrare le persone, ma non certo per accoglierle. Quindi niente aiuti, assistenza ... niente».
«Sapevo che esisteva una organizzazione di solidarietà, composta da argentini in Italia, ma molti dicevano che c'erano spie dei servizi segreti argentini e poi, in ogni caso, non ti trovano né casa né lavoro» ci ha detto un altro profugo che, come tutti gli interpellati, ci ha chiesto l'anonimato. «Dopo un po', dopo aver girato molto a vuoto e aver sentito tante promesse, mi sono adattata: baby sitter, lavapiatti, cameriera. Qualche volta penso ancora alla mia laurea in economia».
«Il fatto è che non viene riconosciuta, ad esempio, la laurea, la specializzazione. E per questo sei sottoposto a ricatti pazzeschi. Dal '78 aspetto che l'Università di Trento mi dica qualcosa sulla mia laurea in sociologia. Adesso vendo giornali; forse dovrò rifare gli esami e la tesi».
«Diciamo che come turista non usufruisco dell'assistenza sanitaria. Per di più non è possibile sgarrare. La situazione è difficile per gli italiani, rispetto alla disoccupazione ... pensa quindi per noi, senza libretto di lavoro. E si deve fare attenzione anche ad un'altra cosa: bisogna essere irreprensibili. C'è sempre la Polizia con l'articolo 150 del Testo Unico di PS che permette le espulsioni».
«Qualcuno pur di sopravvivere si è adattato ai lavori più umilianti; certo anche la prostituzione. Altri non ce l'hanno fatta e si sono uccisi. Per legge uno straniero non può lavorare se non arriva in Italia con un contratto ben preciso, oppure se non svolge un lavoro che nesun italiano vuole fare. Per di più il ministero del lavoro impone che ci sia - è il caso delle cameriere - depositato in Questura un biglietto di ritorno. Che sei tu a pagare, non il tuo padrone».
«E poi non puoi lavorare se non hai la residenza in Italia, ma non puoi ottenere la residenza se non hai lavoro. E' il classico cane che si morde la coda. E ci si trova sempre più emarginati».
Questo, dunque, uno spaccato della realtà italiana nei confronti non solo degli argentini, ma di larghissima parte dei profughi politici. Dalla massa degli articoli di stampa sui «desaparecidos» di origine italiana è uscito tanto pietismo, ma poco di questa situazione. Che non è neppure l'aspetto più grave del rapporto Italia-profughi argentini. Non solo il governo italiano non ha fatto quasi nulla né per i desaparecidos di origine italiana né tantomeno per gli altri. C'è anche il sospetto che più o meno direttamente l'Italia sia responsabile della sorte di molte persone scomparse.
Lasciamo parlare ancora una volta i profughi: «Non è vero che l'Italia, come hanno scritto i giornali, è stata «tiepida» di iniziative sul problema dei desaparecidos ... Al contrario. Sono convinta che i servizi segreti italiani abbiano lavorato molto con i golpisti argentini».
«In Argentina se tentavi di avere aiuto dall'ambasciata italiana, potevi anche essere segnalato ai poliziotti ... Il Consolato, al contrario, ti poteva anche dare una mano a lasciare il Paese, ma non era certo la regola».
«Nel 1978 il Mundial di calcio si svolse in Argentina. Noi fuoriusciti ci impegnammo in una campagna internazionale di boicottaggio. Ebbene le famiglie, gli amici dei nostri compagni più attivi, vennero colpite da una durissima repressione. O ti spariva il fratello, o ti saltava la casa ... Chiediamoci: chi fornì i nostri nomi alla polizia argentina?»
«Quando Videla venne in visita al papa, si tennero a Roma manifestazioni contro i golpisti. Quando me ne andai fui pedinata a lungo da tre individui in borghese: uno spione argentino (lo si poteva riconoscere dal tipo di scarpe, mocassini particolari, non in vendita in Europa) e due poliziotti italiani».
La riprova istituzionale a tutte queste informazioni viene dal deputato socialista Falco Accame, che nell'80 aveva rivolto una interrogazione al ministro della difesa per chiedere «se fosse a conoscenza che da qualche anno fra i nostri servizi segreti militari e la polizia politica di Videla esiste un accordo per il reciproco sostegno nella lotta contro i partiti di sinistra».