Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 12 nr. 100
aprile 1982


Rivista Anarchica Online

Fuga da Lampedusa
di Vincenzo Mantovani

Arrestato ad Ancona il 18 gennaio 1898 mentre tentava un comizio in una piazza cittadina durante i moti scoppiati nelle Marche per l'aumento del prezzo del pane, processato da quel tribunale per associazione a delinquere e istigazione alla disobbedienza della legge e all'odio tra le classi sociali e condannato il 28 aprile alla pena relativamente mite di sette mesi di reclusione (per lui il pubblico ministero aveva chiesto tre anni), il quarantaquattrenne Errico Malatesta rimase nelle carceri di Ancona fino all'estate del 1898, quando avrebbe dovuto essere scarcerato per fine pena. Il 16 agosto, per impedirgli di tornare in libertà, l'ufficio di P.S. di Ancona, che lo aveva già proposto alla commissione provinciale per il domicilio coatto, emise contro di lui un mandato di arresto preventivo.
Malatesta, così, restò in prigione. Il 20 agosto, accogliendo la proposta dell'ufficio di P.S., la commissione lo assegnava a domicilio coatto per la durata di quattro anni (cinque, secondo altri documenti) e il ministero destinava il confinato alla colonia di Ustica, dove Malatesta fu tradotto il 7 settembre 1898. Meno di due mesi dopo, il 1° novembre, ebbe luogo il suo trasferimento a Lampedusa. Malatesta vi arrivò, legato agli altri coatti, nella stiva del piccolo piroscafo che faceva la spola tra l'isola e Porto Empedocle, in Sicilia. E Amedeo Boschi, un anarchico che si trovava a Lampedusa, fu testimone di un curioso episodio. Rivolto al direttore della colonia, che per una singolare coincidenza era tornato da Porto Empedocle proprio con quel piroscafo, il caposcorta gli segnalò la presenza nella stiva di "un coatto di casata Malatesta" senza il dossier che accompagnava tutti i deportati: "cosa", a giudizio del carabiniere, "davvero eccezionale e strana".
"Il direttore", racconta Amedeo Boschi, "discese nella stiva. Egli era stato, per diversi anni, traduttore in inglese al ministero degli interni, e conosceva di fama il noto rivoluzionario. Vedendo quell'ometto che, nonostante i ferri, fumava la sua pipetta da operaio, disse: "Si tratta di un caso di omonimia, non è quello vero". Così, arrivato all'isola e insediatosi nella direzione, dispose che Malatesta fosse destinato nel camerone dei coatti comuni. Errico, senza far parola, si assestò in mezzo a quei disgraziati. Fra i politici c'ero io e mi mandò a chiamare. Ci abbracciamo con effusione. Poi mi trasse da parte, dicendomi: "Ma si potrà fuggire da questo scoglio?".
A Lampedusa, scrive Pier Carlo Masini nella sua Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati (Rizzoli, 1981), Malatesta si fece amico il sindaco e un mercante di spugne che gli affittò un "casotto in muratura" (per Boschi, che vi abitò, si trattava di "una linda casetta, a circa un chilometro dal paese"), dove l'anarchico prese alloggio con alcuni compagni. "Il sindaco" scrive ancora Masini, "considerava gli anarchici della brava gente, "uomini d'ordine", i soli che riuscissero a impedire le sanguinose risse fra i coatti comuni e che a differenza di questi, non bevevano, non giuocavano e non praticavano la camorra".
All'inizio dell'inverno cominciano a circolare le prime voci di un progetto di evasione. In gennaio il direttore della colonia comunica al prefetto di Girgenti (oggi Agrigento) di "avere la certezza, come ha potuto accertare per mezzo di alcune lettere", che Malatesta pensa al modo di fuggire dall'isola: per qualche mese, tuttavia, non c'è pericolo, perché la stagione è cattiva, le barche a vela non si avventurano nel canale di Malta e la continua sorveglianza impedisce all'anarchico di salire sui piroscafi in partenza da Lampedusa. Malatesta, che nei primi due mesi trascorsi nella colonia si è mostrato piuttosto "misantropo" ("se la faceva poco con gli altri anarchici"), appare da qualche giorno "più socievole e ilare", perché convinto che ai coatti anarchici sarà presto concessa la libertà condizionata.
Il 4 aprile 1899 Malatesta chiede al ministro degli interni il rilascio di un passaporto per recarsi all'estero. "Egli ha intenzione" scrive di suo pugno nell'istanza, "di andare a stabilirsi a Porto Said (Egitto) dove ha un fratello avvocato e dove è sicuro di trovare posizione vantaggiosa in qualità di elettricista. Può provvedere da sé ai mezzi di viaggio". Il 10 aprile (in seguito, scrive Masini, alla "soffiata di un coatto comune") Roma avverte il prefetto di Girgenti che Malatesta con altri due compagni sarebbe in procinto di attuare un progetto di fuga. Si tratta di voci vecchie di tre mesi, risponde con una certa sufficienza il prefetto nella sua lettera di accompagnamento all'istanza di Malatesta, riferite a suo tempo da "un capitano greco" venuto a svernare col suo battello nell'isola. Per ogni evenienza, comunque, si è provveduto a rafforzare la guarnigione con due guardie di città.
La sera del 26 aprile 1899 un ispettore di P.S. si imbarca per Lampedusa. Il ministero ha disposto che Malatesta sia tradotto urgentemente a Lipari. Poco dopo l'anarchico scompare. Come e quando questo sia avvenuto non è del tutto chiaro. Malatesta, scrive Masini, fuggì "cinque ore prima che arrivasse il funzionario incaricato della traduzione". Questi, dal canto suo, spiegò in una lettera al prefetto che la mattina del 27 aprile, fino all'arrivo del piroscafo che avrebbe dovuto prelevarlo, Malatesta "fu in paese", rendendosi irreperibile" poco dopo". Nel primo caso Malatesta sarebbe fuggito durante la notte tra il 26 e il 27 aprile, precedendo di un soffio il funzionario che doveva prenderlo in consegna. Nel secondo avrebbe fatto sparire le sue tracce il 27, allontanandosi quel giorno o quella sera. In base ai documenti disponibili, quest'ultima ipotesi sembra la più attendibile. Il primo rapporto dell'ispettore sulla scomparsa dell'anarchico arriva a Girgenti soltanto il 1° maggio, quando ancora il prefetto si augura che Malatesta "non sia riuscito a fuggire".
Quel che è certo è che Malatesta, dopo avere beffardamente annunciato la propria intenzione di abbandonare l'isola al direttore del giornale parigino La Petite République, mantiene la parola eclissandosi con due compagni, Giorgio Vivoli di Firenze ed Edoardo Epifani di Roma. Per qualche giorno, in mancanza di notizie sicure, corrono le voci più disparate. Il prefetto di Napoli insinua che la fuga sia stata preparata dal deputato Oddino Morgari durante la sua visita di qualche settimana prima ai coatti di Lampedusa. Malatesta viene segnalato a Parigi, a Gibilterra e in altre località. La "sua amante Gemma Hadeleschi" è continuamente sorvegliata nella speranza che porti i poliziotti fino a lui. Misteriosamente scomparso da Lampedusa il 26 o il 27 aprile, Malatesta ricompare altrettanto misteriosamente a Tunisi durante la prima settimana di maggio, quando al ministero dell'interno, rimasto all'oscuro fino a quel momento, viene finalmente segnalato che Malatesta e Vivoli, evasi da Lampedusa, si trovano a Tunisi in attesa di imbarcarsi per l'Inghilterra. Ma come è avvenuta l'evasione?
Secondo il consolato generale d'Italia a Marsiglia, che ne parla in un rapporto contenente numerose inesattezze, essa sarebbe stata organizzata dal dottor Niccolò Converti, uno dei medici dell'ospedale italiano di Tunisi, nonché da un certo Ponzio, negoziante. Questi avrebbero dato 700 lire al comandante di un veliero adibito alla pesca delle spugne che, presi a bordo i tre coatti, li avrebbe scaricati su una spiaggia a breve distanza da Sousse (Susa). Secondo il governo del New Jersey, furono gli anarchici di Paterson, d'accordo con quelli di Londra, "ad assicurarsi la cooperazione di un anarchico in Tunisi, il quale aveva un'imbarcazione a vela, e ottennero ch'egli si recasse a Lampedusa e tentasse di aiutar Malatesta nella fuga. Il tentativo riuscì con l'assistenza. Appunto dell'anarchico di Tunisi, il quale riuscì a prender Malatesta a bordo approfittando della notte".
L'evasione dei tre anarchici da Lampedusa ebbe l'effetto di inasprire il regime del domicilio coatto. "Dall'isola più libera" ricorda ancora Boschi, "Lampedusa divenne la più dura di tutte le altre colonie e i coatti comuni, rimasti a soffrire, scagliarono insulti e maledizioni contro Malatesta e gli anarchici che vennero immediatamente tutti arrestati e sparpagliati in altre isole".
Nicolò Converti è un internazionalista calabrese che, costretto a espatriare nel 1885 per sottrarsi a una pesante condanna, vive ormai da quasi dodici anni a Tunisi, dove si è ripetutamente prodigato per aiutare i compagni in disgrazia. Interrogato dalla polizia il 18 maggio 1899, Converti ammette di aver ricevuto una visita di Malatesta e degli altri due evasi. Ecco, in breve, il suo racconto. Domenica 30 aprile, verso le dodici e mezzo, il medico non si era ancora messo a tavola per il pranzo quando arrivarono Vivoli, Epifani e Malatesta, al quale era legato da un'antica amicizia, risalente agli anni in cui entrambi avevano studiato medicina all'università di Napoli. Rifugiatosi in Tunisia perché i trattati di questo paese con l'Italia non prevedevano l'estradizione per motivi politici, Malatesta era rimasto a Tunisi fino alla domenica successiva, 7 maggio, giorno in cui aveva lasciato il paese insieme a Tivoli su un piroscafo della Compagnie Transatlantique, con destinazione Malta. Di Epifani, che si sarebbe allontanato da Tunisi qualche giorno dopo il suo arrivo, Converti sosteneva di non sapere nulla. Negò anche, nelle sue risposte al commissario della Sûreté, di aver aiutato Malatesta a evadere. Questo il racconto, ricco ovviamente di omissioni e reticenze, del medico italiano alla polizia di Tunisi, che aggiungeva al verbale del suo interrogatorio una nota con le seguenti informazioni.
Il 30 aprile, da Sousse, i tre evasi avevano raggiunto Tunisi in treno. Privi di bagagli (il solo Malatesta aveva una valigia), ogni notte avevano dormito in un albergo diverso. Tre giorni dopo il loro arrivo Epifani era partito per Biserta, donde pareva intendesse raggiungere la Grecia. Gli altri due, invece, avevano atteso a Tunisi il battello per Malta. Domenica mattina, 7 maggio, Vivoli aveva comprato un biglietto per quest'isola. Malatesta, arrivato in ritardo, aveva corso il rischio di perdere il battello, poi tutto si era aggiustato: ottenuto il permesso di salire a bordo, aveva fatto il biglietto sulla nave. A Tunisi, concludeva il rapporto della
Sûreté, i tre evasi erano stati visti insieme, oltre che a Nicolò Converti, agli anarchici Giuseppe Curatolo, Angelo Salvarelli, Antoine Corridi, Jean Baptiste Chiari e Nicolò Ponzio.
Del breve soggiorno di Malatesta a Malta si sa poco. La sua presenza sull'isola viene segnalata al console italiano a Malta la mattina del 10 maggio. Il giorno seguente Malatesta scrive ad Amedeo Boschi una lettera in cui gli racconta i particolari dell'evasione. Il 13 maggio scrive a Converti che lui e Vivoli contano di partire l'indomani per Londra su una nave proveniente dall'Australia e di arrivare a destinazione in una decina di giorni. L'indirizzo dato al medico è quello della famiglia Defendi, 112 High Street, Islington, N. London. E il 14 maggio, puntualmente, Malatesta parte da Malta con un vapore inglese, il Gulf of Siam, separandosi da Vivoli. (Questo, che era un calderaio di 23 anni, raggiunse quasi subito Marsiglia sotto falso nome e da lì rientrò in Italia, dove due anni dopo fu arrestato a Firenze).
Il 24 maggio 1899, dopo i dieci giorni di viaggio previsti, Malatesta arriva in Gran Bretagna, prendendo alloggio nella casa londinese del suo vecchio amico Giovanni Defendi. A Londra passa l'estate, ricostituendovi, tra l'altro, un "circolo di propaganda socialista anarchica di lingua italiana". Mentre Malatesta si trovava in Inghilterra, scriverà l'anno dopo il governatore del New Jersey al console generale d'Italia a New York, "gli anarchici di Paterson si quotavano per pagargli il viaggio negli Stati Uniti. Speditogli il ricavato della sottoscrizione, egli prese un biglietto di seconda classe per evitare di essere rimandato come ex-condannato dalle autorità federali preposte all'immigrazione, ciò che sarebbe indubbiamente accaduto se egli fosse giunto come passeggero di terza classe".
Partito da Southampton col vapore St. Paul, Malatesta sbarca negli Stati Uniti il 12 agosto 1899. Scopo del suo viaggio, informa poco dopo il consolato generale d'Italia a New York, è un giro di propaganda, che Malatesta non mancherà di fare "se troverà il danaro necessario". Sulle accoglienze da lui ricevute negli Stati Uniti abbiamo la testimonianza del governatore del New Jersey: "Al suo arrivo in Paterson egli fu salutato e accolto con grande deferenza dagli anarchici di Paterson. Gli fu offerta una camera in casa di Pietro Esteve da questo stesso, che è il capo degli anarchici spagnoli e vive in Paterson con la sua "donna". Malatesta accettò subito l'invito. Pochi giorni dopo il suo arrivo in Paterson cominciò una serie di conferenze o riunioni con i suoi compagni anarchici. Gli anarchici erano impazienti di sentir parlare Malatesta perché lo ammiravano moltissimo".