Rivista Anarchica Online


repressione/1

Prove tecniche di “stato di polizia”

di Eugenio Losco

Non mettiamo in discussione la possibile limitazione di diritti, ma il modo con cui è stata attuata e la si sta attuando. Ben sapendo, per esperienza, che non c'è nulla di più definitivo delle norme transitorie. L'opinione di un avvocato impegnato sul fronte dei diritti.


Le restrizioni delle libertà fondamentali attuate dal governo e dagli enti locali per contrastare il Covid-19 suscitano forti dubbi di costituzionalità, creando peraltro un pericoloso precedente; attività quali passeggiare, correre, giocare per strada con i propri figli sono state improvvisamente sanzionate, dapprima addirittura mediante il ricorso ad un reato e poi successivamente con una sanzione amministrativa alquanto salata. È stata messa da parte la riserva di legge (e in alcuni casi anche di giurisdizione, come per le limitazioni alla libertà personale) prevista dalla Costituzione per introdurre limitazioni ai diritti fondamentali. E sovvertita la gerarchia delle fonti del diritto, con il governo che ha di fatto esautorato le prerogative del nostro parlamento. Limitazioni peraltro eseguite con dispiego di mezzi e risorse esageratamente sproporzionate rispetto all'obiettivo perseguito (runner inseguiti con droni, bagnanti con elicotteri).
Non si discute sul fatto che fosse necessario introdurre delle misure di controllo per cercare di evitare la propagazione del virus, ma che fosse altrettanto necessario che tali misure venissero attuate nel rispetto dei diritti della persona e del principio di proporzionalità.

Potenziali criminali

È innegabile che le misure introdotte per fare fronte all'emergenza Covid-19 ledano le libertà e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, come la libertà di circolazione (art. 16), la libertà di riunione (art. 17), il diritto allo studio (art. 33-34), la libertà di espressione del pensiero (art. 21) e soprattutto la libertà personale (art. 13). Questa limitazione ha di conseguenza determinato la possibilità da parte del potere esecutivo di attuare forme di controllo nei confronti delle persone sempre più stringenti e ha fornito l'alibi alle forze dell'ordine di esercitare una repressione sempre maggiore, annullando ogni forma di protesta e di dissenso, non solo col ricorso ai vari strumenti sanzionatori, ma anche alla violenza vera e propria.
Così i cittadini all'improvviso sono stati individuati quali potenziali criminali. Nei loro confronti, da parte delle forze dell'ordine, si è applicata la presunzione di colpevolezza, superabile solo attraverso l'esibizione della fantomatica autocertificazione. E parallelamente si è aperta la caccia all'untore: il runner, il vecchio che si faceva una passeggiata, la coppia convivente che camminava mano nella mano senza mascherina sono stati considerati i potenziali diffusori del contagio e di conseguenza fatti oggetto della massima attenzione da parte dei controllori, gli operatori delle forze di polizia.
Controlli, sanzioni e vere e proprie retate si sono susseguite senza sosta. E in questo clima poliziesco ogni forma di dissenso è stata prontamente repressa anche con la forza.
A Torino due auto e due jeep dei carabinieri hanno inscenato una vera e propria retata per prelevare, perquisire e multare un militante di un centro sociale reo di aver distribuito un volantino davanti a un supermercato. Sempre a Torino uno squadrone misto di forze dell'ordine ed esercito ha accerchiato e portato via di peso quattro compagni, colpevoli di aver contestato il trattamento inflitto a due giovani immigrati. A Milano, il 25 aprile, alcuni ragazzi che stavano portando dei fiori sulle lapidi di alcuni partigiani sono stati fermati dalla polizia, nonostante il rispetto delle misure anticontagio. Accerchiati e colpiti con violenza.
Ed episodi del genere si sono ripetuti in tutta Italia e si ripetono quotidianamente.
Questi non sono episodi isolati. La decretazione d'emergenza e lo spasmodico susseguirsi di ordinanze e divieti – spesso incomprensibili se non addirittura assurdi – hanno dato alle forze dell'ordine molta più discrezionalità di quanta già ne avessero. E non si può certo ritenere che si tratti di episodi magari da addebitarsi alle poche e solite “mele marce”.
Assolutamente no. I nostri tutori del (dis)ordine hanno approfittato del clima di panico creato dal virus e dell'ampio potere discrezionale della legislazione emergenziale per reprimere con vigore ogni forma di dissenso, ogni soggetto che ha osato discostarsi dagli assurdi precetti antivirus.
Siamo tutti, e alcuni più di altri (ad esempio gli antagonisti, i ragazzi dei centri sociali, gli anarchici declinati nelle più assurde categorie poliziesche) sottoposti all'arbitrio indiscriminato delle forze di polizia, senza nemmeno poter comprendere quale legge, norma, ordinanza, divieto o circolare abbiamo violato. Un attacco preventivo alla libertà di organizzarsi e di lottare nella crisi, nella recessione che sta arrivando. Stroncare sin dal nascere le lotte che già inevitabilmente si stanno affacciando all'orizzonte
E infatti è proprio di questi giorni la repressione poliziesca nei confronti delle lotte dei lavoratori della logistica che richiedono a gran voce la revoca dei licenziamenti dovuti alla crisi del coronavirus o che richiedono di poter svolgere la loro attività lavorativa in sicurezza con l'adeguata dotazione di tutti i dispositivi di protezione sanitaria.

Nuove forme di controllo sociale

Niente di nuovo, per carità. In ogni periodo di crisi si è fatto ricorso a leggi emergenziali e alla mano dura delle forze dell'ordine per risolverle.
Vero senz'altro. Quello che più spaventa ora però sono anche i sempre più sofisticati mezzi per attuare le forme di controllo e di repressione. Si vedono elicotteri e droni sorvolare e soffermarsi su giardini privati e cortili condominiali, senza che ne sia chiara la ragione né l'utilizzazione dei dati così conseguiti.
Non solo. Si parla ormai da parecchie settimane del possibile utilizzo su larga scala di una app che, ai fini di tracciamento dei contatti e contenimento della diffusione del virus, potrebbe avere accesso a dati personali e/o sensibili. Strumenti altamente invasivi. Siamo di fronte all'ideologia del controllo totale, come prezzo da pagare per garantire la “sicurezza”.
È necessario dunque per limitare queste nuove forme di controllo sociale, apprestare strumenti di controllo anche giurisdizionale delle loro attività. E che, tanto queste limitazioni quanto i nuovi meccanismi di sorveglianza, siano attuati nel fermo rispetto dei diritti della persona e del principio di proporzionalità.
Mi si risponderà a queste mie banali osservazioni, che si tratta di misure contingenti ed emergenziali. Di norme transitorie. A scadenza. Ma noi sappiamo che, quando si fanno simili passi, è poi difficile tornare indietro. Le soluzioni ad un'emergenza sono spesso diventate regole e modelli di comportamento della vita ordinaria.
Come non ricordare la legislazione emergenziale per contrastare il fenomeno del terrorismo degli anni '70, la legge Reale (con i relativi poteri di polizia) o l'introduzione del carcere duro negli anni '90 per i mafiosi, ancora in vigore oggi e peraltro esteso a una enorme categoria di soggetti del tutto estranei a tali fenomeni.
Le norme eccezionali tendono sempre ad estendersi.
Purtroppo non c'è nulla di più definitivo delle norme transitorie.

Eugenio Losco