Rivista Anarchica Online


migrazioni

Ai confini dell'Europa

di Giulio D'Errico

La Grecia ha inasprito le modalità di trattamento delle persone migranti. La pratica illegale dei respingimenti è sempre più comune e il diritto di asilo è stato sospeso. Le isole greche, senza connessioni di terra con altri paesi UE, sono fondamentali per il funzionamento del regime migratorio europeo, di repressione e rifiuto.


Pazarkule (Turchia), al confine con la Grecia

20 anni fa o giù di lì leggevo un libro, credo Camminando di Pino Cacucci. Non ricordo molto del libro, ma un'immagine mi si è stampata nella memoria: la caccia all'uomo, per nulla metaforica, organizzata da gruppi di nazionalisti croati nei confronti dei prigionieri serbi dopo la fine del conflitto nei Balcani. Non ho avuto l'occasione di rileggere il libro e probabilmente la mia memoria ha aggiunto, eliminato e modificato particolari e contesto. Quello che resta è una forte associazione con le battute di caccia dell'uomo bianco nella savana africana, o almeno dell'idea che ho di queste. La radura, la corsa verso la boscaglia, il fucile puntato da lontano, da un luogo sicuro. Un'immagine che riassume l'ideale coloniale su cui è stato costruito il mondo in cui viviamo.

Atene (Grecia) - Il Progetto Many Stops di distribuzione pasti caldi ai senzatetto di Atene
foto di Marios Lolos

Il confine

Nell'ultimo mese ho ripensato molto a quell'immagine.
Alla fine di febbraio Erdoan, presidente dello stato turco, dichiarava di aver aperto il proprio confine con la Grecia e, stando a diverse testimonianze, le autorità del paese stavano incoraggiando i migranti residenti nel paese ad avventurarsi verso l'Europa, via terra o via mare.
Secondo molti osservatori, questa decisione era conseguenza diretta dell'attacco subito dall'esercito di Ankara sul fronte di Idlib in Siria, che causò la morte di trentatré soldati turchi in un raid aereo dell'esercito siriano. Una mossa per forzare l'Unione Europea a esprimere supporto per le operazioni militari turche, fino a quel momento sommessamente criticate.
Una mossa che ha mostrato ancora più chiaramente la brutalità delle politiche migratorie europee e turche, a partire dall'accordo tra UE e Turchia del marzo 2016, in base al quale la Turchia accettava di tenere sul suo territorio milioni di migranti e richiedenti asilo in cambio di svariati miliardi di euro. Su tale accordo si basa una larga parte della gestione emergenziale delle migrazioni in Europa.
Dopo l'illusoria apertura del confine, per circa un mese migliaia di persone hanno affollato lo spazio tra Grecia e Turchia. Un popolo di nessuno in una terra di nessuno, cercando di raggiungere una sicurezza e un benessere che – anche da questa parte della frontiera – sono costantemente negati.
La presenza di questa massa critica al confine ha portato al riaccendersi di un sentimento anti-turco, mai completamente sopito e diffuso in diversi settori della popolazione greca. L'hashtag I_Stand_With_Greece (io sto con la Grecia) ha dato voce a un nazionalismo aggressivo caricato di toni razzisti e militareschi. Una retorica dell'invasione fisica e culturale, un'orda di barbari alle porte della Grecia, ultimo baluardo di civiltà.

Medusa
foto di Mir Suhail

Le persone migranti diventano pedine di una guerra politica e mediatica: per il nazionalismo greco sono armati dalla Turchia, per quello turco sono carne da macello. Quelli che fino al giorno prima erano rifugiati e richiedenti asilo in Turchia, ora diventano immigrati illegali, come se qualche strana mutazione antropologica li abbia trasformati nel loro avvicinarsi all'Europa.
In pochi giorni, lo stato greco ha schierato centinaia di soldati armati al confine terrestre, messo in allerta i riservisti, attivato esercitazioni militari vicino al confine e sul tratto di mare che separa le isole dell'Egeo orientale dalla costa turca, messo in piedi centri di detenzione segreti. Tutto con l'appoggio delle istituzioni comunitarie europee. L'apparato mediatico ha seguito lo sforzo militare. Una quantità di notizie false e tendenziose ha riempito i giornali e i social media con una frequenza impressionante. Quelle vere invece sono andate per lo più ignorate, o bollate come fake news.
Così succede che quando la polizia di frontiera e l'esercito greco ammazzano due persone al confine – notizia ben poco riportata, ma confermata più di un mese dopo anche da Amnesty International (e ancora negata dallo stato greco) – i siti internet ellenici farneticano di migranti all'assalto di chiese ortodosse. Notizia non vera (purtroppo, direbbe qualcuno).

Atene (Grecia) - Il Progetto Many Stops di distribuzione pasti caldi ai senzatetto di Atene
foto di Marios Lolos

Violenze contro migranti e attivisti

La retorica dell'invasione ha avuto come primo effetto quello di ricompattare le fila dell'estrema destra greca. Come nel libro di Cacucci, gruppi di nazionalisti e fascisti greci si sono ritrovati al confine per dare la caccia a quei pochi migranti che riuscivano a filtrare dal confine militarizzato, raggiunti presto da camerati europei, evidentemente eccitati dall'idea di terrorizzare e sparare addosso a qualcuno con il colore della pelle diverso dal loro, in difesa di una malata civiltà bianca.
Sulle isole dell'Egeo orientale la situazione è diversa, ma non migliore. Tra Lesbo, Chios, Samos, Leros e Kos vivono ormai 40.000 persone migranti, rinchiuse per la maggior parte nei 5 RIC (Reception and Identification Centres), gli hotspot presenti su ciascuna isola. Il nuovo governo di Nea Demokratia, instauratosi al potere a luglio 2019, ha assistito all'incremento degli arrivi tra la fine dell'estate e l'autunno. Nonostante le promesse, ha fatto ben poco per decongestionare le isole e portare i migranti sulla terraferma. A novembre ha invece presentato un piano per aprire centri detentivi sulle stesse isole, dove trasferire tutti coloro che avessero ricevuto una risposta negativa alla loro domanda di protezione, in attesa di essere deportati in Turchia. Questo ha causato numerose proteste da parte dei residenti delle isole che, guidati da sindaci e politici locali, hanno intrapreso una dura battaglia contro questo piano, arrivando a scontrarsi con i reparti di polizia antisommossa appositamente mandati da Atene.
Allo stesso tempo anche le violenze contro i migranti, gli attivisti e i lavoratori delle varie associazioni e Ong presenti sulle isole sono aumentate. Posti di blocco improvvisati all'entrata degli hotspot, automobili attaccate e incendiate, macchine fotografiche distrutte, barconi a cui viene impedito di attraccare. A Lesbo, una delle imbarcazioni dell'associazione Mare Liberum è attaccata e il molo dove è ormeggiata viene cosparso di benzina, un centro comunitario per migranti viene dato alle fiamme. A Chios, vengono carbonizzati due magazzini affittati da Ong.
La tensione crescente attira anche qui diversi esponenti del movimento identitario europeo, che trovano però una ben diversa accoglienza. In due occasioni, esponenti nazifascisti tedeschi e irlandesi vengono assaliti da gruppi di locali poco dopo essere sbarcati a Lesbo e gentilmente invitati ad andarsene. La mancanza di volontà dei governi greci (quello corrente, così come quello di Tsipras) a risolvere la situazione dei migranti in quei territori, li ha resi delle bombe a orologeria, in cui razzismo e nazionalismo si scagliano con qualsiasi elemento considerato esterno.

Stay Home
foto di Abdulhkeem Alshater

Le isole greche, e la Grecia in generale, sono un sito fondamentale per il funzionamento del regime migratorio europeo. La Grecia non ha connessioni di terra con altri membri dell'Unione a parte la Bulgaria nel nord est del paese. Questo la rende un paese ideale per il contenimento dei flussi migratori. Ragionamento ancora più valido per le isole dell'Egeo orientale, molto più vicine alla Turchia che all'Europa.
Grazie all'azione di Erdoan, nell'ultimo mese le istituzioni greche si sono accordate per un ulteriore inasprimento delle condizioni di vita per le persone migranti. Dopo le proteste sulle isole, i campi di detenzione sono stati costruiti sulla terraferma, uno vicino ad Atene e uno nel nord del paese. La guardia costiera greca è stata filmata mentre sparava verso un gommone di migranti in arrivo vicino a Lesbo. La pratica illegale dei respingimenti al confine è diventata ancora più comune e diffusa. Per tutto marzo, il diritto di asilo è stato sospeso. In questo modo, tutte le persone arrivate in quei trenta giorni, possono essere deportate senza intoppi. La situazione di emergenza e i toni da conflitto militare hanno permesso al governo di prendere un'iniziativa che viola buona parte delle convenzioni e trattati internazionali.

Moria, Lesbo (Grecia) - Code per la distribuzione dei pasti
foto di Refugee Support Aegean

Coronavirus e confini

In questa situazione, la conferma dei primi casi di coronavirus tra la popolazione greca ha portato all'introduzione di misure per la prevenzione del contagio. Prima la chiusura di scuole e università; poi di bar, cinema e teatri; le restrizioni alla libertà di movimento, la chiusura dei confini e la quarantena. A pagarne le spese sono ancora i gruppi più vulnerabili.
Gli inviti al distanziamento sociale e all'igiene personale sono illusori in strutture ricettive sovraffollate e senza costante accesso all'acqua. Invece che provvedere all'evacuazione di campi e centri, severe limitazioni sono state imposte per uscire. I servizi socio-educativi sono stati sospesi, così come è stato negato l'accesso ai campi a gran parte delle Ong. Negli hotspot sulle isole, il supporto economico mensile per i rifugiati è stato sospeso per evitare che si formassero file ai bancomat nei centri urbani. In teoria postazioni bancomat sarebbero dovute essere installate all'interno dei campi, ma ancora non è successo. Fin dall'inizio di questa emergenza, in tanti hanno cercato di richiamare l'attenzione delle autorità greche ed europee su come questi campi fossero un terreno di coltura perfetto per una diffusione incontrollata del virus in una popolazione a cui sono negati servizi sanitari di base. Ovviamente, durante la prima settimana di aprile, in due campi intorno ad Atene si sono registrati i primi casi di coronavirus. La risposta delle autorità è andata nella direzione aspettata. I campi sono stati messi in quarantena totale, nessuno può uscire, quel che succede dentro è secondario.
Anche in città, la popolazione senza fissa dimora si è vista chiudere uno dopo l'altro tutti i servizi di cui potevano usufruire. Rifugi, cliniche fisse e mobili, mense popolari comunali. Atene è una città sprovvista di bagni pubblici e fontane di acqua potabile; per molti senzatetto bar e ristoranti sono una risorsa fondamentale. Con la loro chiusura in molti si sono ritrovati senza accesso ad acqua e bagni. Le mense popolari pubbliche hanno chiuso i battenti e gruppi autogestiti si sono ritrovati a dover far fronte ad un aumento delle richieste di aiuto.

Edirne (Turchia) - Accampamento al confine greco

Uno degli effetti più simbolici della diffusione del coronavirus è stata la chiusura dei confini. Mentre le merci continuano a viaggiare, la libertà di movimento della popolazione europea e occidentale si è improvvisamente ridotta. Questo potrebbe aiutare a comprendere la situazione in cui si trovano molti dei migranti in Europa. Bloccati, non da un mese, ma da anni, gruppi familiari e amicali divisi da confini molto solidi, che segnano la legalità, la sicurezza e il benessere delle persone. Invece il rischio è che il confine, che sia interno o esterno, sia percepito ancora di più come una difesa. La sua apertura come una minaccia. Con la diffusione del coronavirus e delle misure di distanziamento sociale, questa minaccia è diventata non solo politica e sociale, ma biologica. Le conseguenze le abbiamo davanti agli occhi, basta guardare.

Giulio D'Errico