Rivista Anarchica Online




È proprio una bella e originale copertina quella di “A” 106 (dicembre 1982/gennaio 1983) che, come quella del numero scorso (“A” 437), occupa fronte e retro. Non per ospitare un grande disegno, ma un gioco dell'oca, utilizzabile appunto per giocare e incentrato su un quasi-sosia di Anarchik: l'unica doppia copertina “utilizzabile” nella nostra storia.

copertina di A 106

Interrogato in merito, Roberto Ambrosoli ha negato la paternità di questa copertina. A questo punto l'Anarchik del gioco dell'oca entra a far parte della serie (quasi) infinita degli Anarchik non ambrosoleschi. Ma, per la nostra (di Roberto e della redazione) etica, di pari valore degli altri. Da noi non ci sono mai stati i figli di n.n.
I primi due articoli sono di Eduardo Colombo (con il suo classico pseudonimo Syrs: salud y revolucion social, che era un saluto frequente nelle lettere personali dei compagni ispanofoni, allora) e di Umberto Bocca (in sigla) che in quel periodo con Laura Maragnani collaborò con la nostra rivista. Poi smisero, Laura diverrà anni dopo giornalista di punta di “Panorama”. Due persone che, come innumerevoli altre, hanno trovato in “A” un luogo aperto per esprimersi e poi se ne sono andate via, contribuendo comunque alla nostra vita.
Interessante un articolo di Luis Andrés Edo, coraggioso combattente antifranchista nell'ultimo decennio del franchismo e poi tra i più intelligenti ed efficaci esponenti dell'anarco-sindacalismo iberico. Un caro amico e compagno che più volte collaborò con noi e che ricordiamo con affetto. Per noi di “A” un punto di riferimento nella Catalogna libertaria, per almeno un quarto di secolo.
Dieci brevi articoli compongono la rubrica Cronache sovversive, che a un certo punto cambierà il titolo nell'attuale Fatti&Misfatti: uno sguardo critico sui mille aspetti della vita sociale.
Seguono un breve resoconto sui movimenti alternativi a Berlino, uno scritto su immaginario, pornografia, libertà sessuale. E si riferisce della repressione in Belgio contro l'anarchico Roger Noël “Babar”, e dell'artista anarchico francese Jad, “da Tahiti all'Europa via Hiroshima”. Poi un campeggio anti-nucleare in Puglia, la trascrizione di un'intervista a Radio popolare con il giovane obiettore totale Mauro Zanoni, uno scritto dell'anarchico portoghese Joao Freire sul ruolo dei militari, un interessante saggio di Giorgio Meneguz sui manicomi, una denuncia di un caso di omicidio “legale” dentro al manicomio criminale di Montelupo Fiorentino da parte di Peppe Sini, ancora oggi sensibile e attivo esponente viterbese della nonviolenza, socialmente impegnato. Un altro nostro vecchio amico.

Altri tre argomenti: scuola, cinema (inizia una lunga collaborazione ad “A” di Pino Bertelli, che da molti anni potete leggere su Sicilia libertaria) e sesso. Chiudono il numero quattro lettere: contro la monotonia di “A” (ma la redazione risponde), di un punk anarchico pacifista, di Valeria Vecchi dal super-carcere femminile di Voghera, di un tipografo della cooperativa di Carrara dove si stampava allora “A”. E i soliti comunicati relativi alla vita di “A”.
Una citazione finale dedichiamo al corsivo redazionale (C'è un limite, a pag. 19) che in realtà fu scritto da Amedeo Bertolo, uno dei suoi pochissimi scritti sulla nostra rivista dopo l'uscita dal collettivo redazionale (sua e di Rossella Di Leo) a fine 1974. Il limite cui fa riferimento il titolo del corsivo redazionale è quello che esiste e deve esistere anche all'interno (pur variegato) dell'anarchismo e del movimento anarchico. “Non vorremmo – si legge – che passasse inosservata un'inaccettabile prassi secondo cui nel movimento anarchico tutto è possibile, purché anticonformista”.
La questione che spinge Amedeo Bertolo e la redazione di “A” a prendere una secca (e rara) posizione, è quella di un opuscolo dei situazionisti francesi della Vieille Taupe, con tanto di prefazione favorevole di Noam Chomsky, in difesa dell'allora notissimo prof. Faurisson, negazionisita antisemita in generale e in particolare negatore dell'esistenza stessa delle camere a gas naziste. Dietro c'è, ovviamente, la consueta congiura ebraica, da Rockefeller a Soros (aggiorniamo noi), per giustificare e difendere lo stato di Israele.
Amedeo, con la sua consueta lucidità, sa ben distinguere le questioni e scrive parole che la redazione, 37 anni dopo, ancora sottoscrive. A conferma di un rapporto di fondo che sulle questioni essenziali non è mai venuto meno. Qualche goccia di “tintura madre” amedeesca nella nostra rivista anarchica, da lui co-fondata, non guasta.

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