Rivista Anarchica Online


dibattito

Anarchismo oggi

di Andrea Papi

Il potere è in crisi. E noi anarchici dobbiamo essere presenti nei dibattiti in corso, senza purismi ma con la concretezza del nostro approccio libertario e delle nostre proposte concrete. Nel dibattito mai interrotto sul ruolo degli anarchici, l'intervento di un nostro storico collaboratore.


Ha ancora senso dirsi anarchici? Che cosa vuol dire oggi provare a proporre l'anarchia e spingere a lottare per essa? Domande ineludibili che richiedono risposte sensate, possibilmente con una buona dose di pragmatismo. Auspicabile un minimo di progetto d'azione, altrimenti c'è il rischio di trovarsi frastornati dall'entità e dalla velocità dei cambiamenti che stanno investendo gli assetti sociali, le relazioni umane e politiche, le dimensioni economiche e finanziarie.
Il mondo continua a cambiare velocemente e noi anarchici non possiamo permetterci di limitarci a registrare ciò che sta avvenendo, magari riproponendo le stesse cose e le stesse modalità di quando presero forma dapprima le idee, poi il movimento che da più di due secoli danno vita alle molteplici manifestazioni dell'anarchismo in ogni parte della terra. Anche se involontariamente, ci auto/destineremmo a mera testimonianza di una “idea” che, pur continuando a vivere gloriosa nei nostri cuori, si troverebbe relegata ai margini della storia e dell'esistente.
Personalmente sono convinto che continui ad avere senso parlarne per divulgare visuali anarchiche, le quali non propongono palliativi o finte soluzioni di sopravvivenza per stare un po' meglio di come stiamo al momento. Rappresentano invece concrete possibilità di tipo sociale, esistenziale, estetico, etico e creativo alternative all'esistente. L'anarchia non può essere, né lo vuole, una possibilità particolare di riforma di ciò che c'è per renderlo più vivibile e accettabile. Anzi! In prospettiva non può che rappresentare un ribaltamento a tutto campo, una vera e propria sovversione del modo di pensare, di agire, di progettare, di costruire, di porsi. È questa la sua pragmatica concretezza, che consapevolmente assume in toto il prorompente bisogno di radicalità di cui il mondo sembra avere sempre più necessità.
Paradossalmente, mi sembra che sia proprio questa l'unica luce prospettica che avrebbe senso. Tutti i vari presunti realismi, quelli classici della politica praticata e praticante, non rappresentano ormai che meri insensati machiavellismi, sempre meno efficaci e sempre più incapaci di dare risposte alla miriade di problemi a cui siamo quotidianamente avvinghiati, che stanno soffocando le genti e il pianeta. Problemi che tendono sistematicamente a dilatarsi e prolungarsi, invece di vertere verso soluzioni autentiche e praticabili.
Parlo delle disuguaglianze e delle catastrofi ecologiche, sempre più imminenti e ordinarie, delle migrazioni epocali con le conseguenti spinte xenofobe, della costante incombenza di produzioni tecnologiche da cui dipendiamo, le quali, pur contenendo teoricamente la possibilità di aiutarci a vivere meglio, sono sistematicamente progettate e usate per truffare, raggirare, controllare, sottomettere e inquinare ambienti e forme-vita. Parlo dell'aumento di schiavizzazione del lavoro degli ultimi, specularmente contrapposto alle produzioni industriali, dove è in atto una vera e propria invasione dei robot che, strategicamente improntati a sostituire la manodopera umana, sono destinati a diventare gli unici produttori al posto degli operai.

Il trasformismo politico

Parlo del fatto che continua a incombere un paradigma di sopravvivenza secondo cui per vivere bisogna lavorare, altrimenti si muore di fame e stenti. Ma in un mondo dove trovar lavoro è sempre più complicato e quello che si trova è pagato pochissimo, mentre di contrappeso la vita diventa sempre più cara, solo una minoranza sempre più esigua accumula ricchezze iperboliche lasciando che il resto della società si arrabatti soggiogato da inenarrabili fatiche.
Contemporaneamente impera un trasformismo sostanziale nell'universo della politica. Trasformati in mere “macchine del consenso” per ottenere il quale si propongono in qualsiasi maniera, anche in opposizione al senso originario per cui si sono formati, partiti e formazioni da tempo non rappresentano più idee forti, visioni di società, concezioni di vita associata. Esempio calzante la Lega, nata come forza del nord secessionista e federalista, trasformatasi in sovranista unitarista e nazionalista, che in questa fase si propone antieuropeista in modo equivoco. Pure gli altri non scherzano. 5stelle e Pd, ad esempio, non si capisce più quale vocazione abbiano, se non quella di governare sempre e comunque. Non sfuggono le varie forze di destra, che si fingono democratiche mentre aspirano a dittature e richiedono una libertà in nome della quale vorrebbero eliminare le diversità.
Ma che mondo è mai questo dove l'opera dei politicanti di professione, mentre dichiarano di voler rendere efficiente e vivibile la vita di tutti, si risolve se non nel contrario in qualcosa che gli assomiglia molto? Sarebbe questo il tanto decantato realismo? A me sembra una situazione che per molti versi si sta aggravando quotidianamente, mentre l'operato dei vari responsabili è un'asserzione, ovviamente involontaria al di là delle loro speranze, d'un bisogno impellente di radicalità, necessaria per provare ad uscire dal baratro verso cui ci stiamo irrimediabilmente trascinando. La proposta anarchica è importante proprio perché rappresenta in toto una concreta alternativa a un esistente in apparente decomposizione.

Ottime ragioni, storiche e di esperienza

Dovremmo allora diventare consapevoli fino in fondo che tutto ciò non può essere contrastato con la semplice testimonianza, ma neppure con logiche di scontri più o meno efferati che si risolvono inevitabilmente in scaramucce con le varie “polizie” di turno, dacché i potenti continuano a dichiarare guerra all'umanità, alla natura e al mondo con modi e armi potenti, devastanti e purtroppo anche allettanti.
Per contrastarli in modo efficace ci vogliono opposizioni serie e compatte, che pongano pratiche e modi d'essere alternative e sperimentali, capaci di argomentare in modo convincente, mostrando cosa si può e si dovrebbe fare per un cambiamento radicale e coerente, in grado di arrestare il degrado progressivo verso cui stiamo precipitando.
A questa guerra non può più essere opposto il vecchio slogan galleaniano «guerra alla guerra». Non è più possibile pensare di abbattere i guerrafondai con i loro strumenti. Oltre a non averne i mezzi né le capacità, non sarebbe nemmeno coerente. Si possono avversare molto meglio attraverso azioni e proposte ben argomentate, portate avanti con determinazione e pensieri coerenti supportati da scelte etiche incorruttibili, lasciando perdere logiche e armi da guerra o guerriglia che ci porterebbero inevitabilmente a sconfitte gravissime.
Sicuramente dovremmo valorizzare e propagandare le tante situazioni autogestionarie di cui in tante parti del globo siamo protagonisti in varie maniere, le quali purtroppo, quasi sempre marginali e isolate, se non raramente vengono proposte quale patrimonio comune e condiviso. Nel contempo dovremmo pure collegarci seriamente e con convinzione ai movimenti che stanno sorgendo spontaneamente proponenti visioni globali e sistemiche del mondo e dell'universo, portatori di tendenze che vorrebbero affossare l'esistente attraverso la costruzione di realtà alternative.
Pur consapevoli che la loro azione e i loro propositi sono ab origine limitati, dal momento che si propongono quasi esclusivamente come forma di pressione contro i potenti nell'illusione di “costringerli” a cambiare le cose, trovo sbagliato ignorare, per esempio, anche movimenti come School Strike for Climate, che trasmette voglia e desiderio di radicalità e sta scatenando determinazione e voglia di cambiare in milioni di persone, soprattutto giovani. La sua forza prorompente è contagiosa.
Se, mossi da manie di un “purismo” fuori luogo, continueremo ad essere assenti dal dibattito che ne scaturisce, quando ci si renderà conto che i potenti non faranno ciò che viene loro chiesto con forza, non saremo in grado di far conoscere e di proporre seriamente le nostre istanze e le nostre visioni.
Noi abbiamo ottime ragioni, storiche e di esperienza, per sapere che i potenti, pur consapevoli di quello che sta succedendo, non vogliono affatto cambiare né possono farlo. La nostra cultura, la nostra mentalità e le nostre proposte, noi lo sappiamo, sono tra le più conseguenti e coerenti. Ma se saremo assenti continueremo a dircelo solo tra di noi e non potremo incidere nelle scelte radicali di lotta che saranno indispensabili.
Com'è sempre successo, tutto sarà recuperato da nuove logiche di potere e nuovi autoritarismi in agguato.

Andrea Papi
www.libertandreapapi.it