Rivista Anarchica Online


politica

Riflessioni amare

di Andrea Papi

Lo scollamento tra politica istituzionale e società civile cresce continuamente e non trova soluzione per il degrado generale della vita sociale. Le vie di una possibile ripresa dal basso della coscienza e delle lotte appaiono lontane.


Il siparietto nazionale del politicantismo di casa nostra è assurto alla drammaticità di un farsa che declama se stessa. La politica politicante ha gettato la maschera. Come d'abitudine, la casta “finto-situazionista” della destra pentastellata ci ha allietato con scontri verbali infarciti di parole roboanti e reciproche accuse infamanti. Con le usuali “dichiarazioni dinamite” hanno pubblicizzato una crisi ferragostana della compagine governativa senza nessun componente del governo dimissionario. Minacciata dapprima dall'“ipercinetico” vice-premier leghista, è stata ritirata dallo stesso qualche giorno dopo, per esser poi raccolta dall'“abbacchiato”, l'altro vice-premier, e dal premier in pectore Conte, che in quell'occasione ha dato le dimissioni con una teatralità da tragedia greca, tentando finalmente di “mostrare gli attributi”.
Un alternarsi patetico da commedia dell'arte di “siamo in crisi-separiamoci/non siamo in crisi-torniamo insieme”. Quasi due innamorati adolescenti in un rapporto odio/amore. La loro creatività farsesca sembra non avere limiti.
Tutto questo bailamme non per un dichiarato malfunzionamento o per una sofferta sfiducia parlamentare, bensì perché il “capo-capoccia” Salvini-nazionale era desideroso d'incassare il presunto bel bottino di voti che i sondaggi suggerivano. Ma anche perché, ne siamo convinti, in autunno al governo avrebbe seriamente rischiato di scontentare non pochi fan, dovendo metter mano a una “manovra lacrime e sangue” che non avrebbe fatto pubblicità alla sua sbandierata “prodigalità istituzionale”. Ingordigia politica? Esplosione di narcisismo leaderistico? Prova di forza portata allo stremo? Senz'altro tutte e tre, ulteriormente amplificate dalla reiterata spocchia con cui “Capitan Fracassa” infarcisce l'estenuante sistematica propaganda di sé e del suo operato, continuando ad accumulare a suon di selfie quantità di consensi da indigestione, nella sostanza effimeri perché fondati su suggestioni di pancia.

Come una rappresentazione teatrale

Un palcoscenico che sarebbe divertente se i suoi effetti deleteri non ricadessero su tutti noi, che ha dato avvio all'ulteriore messa in scena di altri accordi politici governativi, altri percorsi istituzionali, più o meno simili e più o meno diversi, con aggiunte e sostituzioni di protagonisti.
L'assetto politico di ciò che ne è sopravvenuto ci sembra comunque irrilevante. La sostanza rimane invariata. Che lo stile sia becero e arrogante come quello lega/pentastellato, oppure più conforme ai protocolli europei e internazionali, i problemi di fondo rimangono irrisolti. Quando va bene si attivano edulcorazioni che riescono ad alleviarne gli effetti, magari facendoceli sembrare quasi accettabili. Il sostrato sostanziale, pesante ingiunzione capitalistico-finanziaria, disuguaglianze economiche e sociali sempre più marcate, allarmante crisi ecologica globale, rimane invariato. Imperterrita continua la sistematica erosione-imposizione sulla qualità e il senso delle nostre vite.

Ma quale bene comune?

A noi interessa soffermarci sull'aspetto, che ritengo di sostanza, messo in grande evidenza da questa sceneggiata: la politica istituzionale assomiglia sempre di più a una rappresentazione teatrale e sempre meno a una gestione politica vera e propria.
Il compito tradizionalmente acquisito d'un team governativo di un paese occidentale interessa sempre meno, è addirittura secondario. Nell'agire degli “operatori governativi”, specialmente per le cariche leader, continua invece ad avere prevalenza il bisogno ossessivo di raccogliere “gradimento popolare”, di mostrarsi mediaticamente alla ricerca di continue approvazioni. Per il governo lega-pentastellato in particolare, capace come se nulla fosse di “tracollare” per poi “risorgere miracolosamente”, l'atto del governare ha assunto in modo pregnante il significato di occasioni prelibate per fare propaganda, più che alle proprie idee, spesso confuse e contraddittorie, alla propria immagine e alla propria capacità di porsi.
Progressivamente la politica si sta riducendo ad “agenzia di misurazione del consenso politico”, sia che si producano cose utili sia che si faccia soltanto scena. Indipendentemente dai contenuti che propagandano, lorsignori sembrano sentirsi in ragione solo se riescono a suscitare approvazione. Assume così rilevanza e s'impone come assunzione di verità ciò che è disposta a credere la maggioranza egemone degli elettori, qualunque essa sia, realistica o di fantasia, inventata o corrispondente a realtà concrete. Verità dunque non espressione del vero, bensì risultato di prove di forza vinte e di capacità rappresentative.

Il politicantismo

Di fronte a tale baraonda è importante capire che è dovuta soprattutto al decadimento della politica in quanto tale. Intendo dire che da diversi decenni si stanno incredibilmente riducendo le possibilità oggettive della politica di essere influente sull'andamento generale delle società, che se ne abbia la percezione o meno. L'ars politica, tradizionalmente intesa, dovrebbe essere il luogo principe delle decisioni che riguardano il “bene comune”, come si usa dire intendendo l'interesse generale che tutti ci riguarda e che dovrebbe salvaguardare, al di là degli interessi particolari, la salute e la dignità di tutti i cittadini e le cittadine. Dovrebbe essere il momento fondamentale delle scelte che regolano la convivenza sociale, il luogo per eccellenza delle decisioni supreme che riguardano l'intera comunità.
Completamente sganciato da ogni tensione ideale, l'ambito politico ha ormai subito una totale metamorfosi, trasformandosi progressivamente in un contesto sempre più amorfo, che per amor di chiarezza mi piace chiamare “politicantismo”. I “praticanti” che vi razzolano sembrano sempre più presi dai loro affari del momento e della loro parte politica, facendo finta di occuparsi della “cosa pubblica”. I percorsi che devono attraversare sono sempre più obbligati, sempre più deprivati dei margini di autonomia necessari per autentiche scelte.
I demagoghi del “politicantismo” agiscono in modo che la funzione politica venga messa in soffitta per essere sempre più sostituita in modo strisciante da “atti amministrativi sotto tutela”. Consapevolmente o no, vivono condizioni che li portano a muoversi per far permanere egemoni i sistemi lobbistici, mafiosi e para-finanziari vigenti che, in maniere più o meno occulte, esercitano enormi condizionamenti, senza che ne venga intaccato il potere dissimulato.
L'egemonia lobbistico-finanziaria sta mettendo da parte la partitocrazia, ormai obsoleta, per sostituirsi alla sua funzione originaria. Stanno trionfando un insieme di mansioni amministrative funzionali a forze e categorie di potere che ben poco, se non nulla, hanno a che fare con l'“interesse collettivo”, il “bene comune”, il “popolo”.

Che cosa fare, allora?

Sempre di più il percorso appare obbligato, dove un governo siffatto ha senso e funziona solo se riesce a riportare nell'alveo dei sistemi di dominio globali l'andamento istituzionale, economico e politico di una nazione. La dimensione dominante che si sta imponendo è extra-statale, di conseguenza extra-politica, sovra-politica, addirittura meta-politica. Pur continuando ad esserci rituali istituzionali molto simili a quelli tradizionali, sono deprivati della forza e del senso originari. Il momento della decisionalità sta perdendo progressivamente ogni vera autonomia, costretta da influenze, ricatti e imposizioni, più o meno diretti e più o meno ufficiali.
Cosa fare allora? Siamo convinti che all'interno del circolo di potere istituzionale obbligante sia praticamente impossibile qualsiasi cambiamento che abbia senso e significato dal punto di vista libertario. Se una strada c'è, se si possono aprire delle possibilità di riscatto, esse non possono che trovarsi in percorsi autogestiti al di fuori. Dentro i sistemi di dominio vigenti, indipendentemente dalle volontà e dalle prospettive che ci si voglia porre, non possono che prendere forma e piede situazioni che perpetuano le disuguaglianze, le prepotenze e le ingiustizie che stanno quotidianamente condizionando in modo pesante la vita di tutti.

Andrea Papi
www.libertandreapapi.it