Rivista Anarchica Online


transumanesimo

Fare l'amore con le macchine

di Daniele Barbieri

Cosa succede quando i robot entrano a far parte della nostra vita, anche in ambito sessuale? Alcune riflessioni sulla mutazione delle passioni e sulla relazione tra desiderio, potere e mercato.


Parto da me? Forse è la cosa migliore. Anche perché più ci penso (e “studio”) e più questa faccenda mi preoccupa.
Cominciò così. Vidi che era uscito Sex robot: l'amore al tempo delle macchine (Fandango libri) di Maurizio Balistreri. Essendo io un autodidatta di scienze e un appassionato-esperto di fantascienza, logicamente il libro mi incuriosì. Lo presi, pensando a un “instant book” giornalistico o a qualcosa di sscdm cioè sociologico superficiale come di moda. Dalle prime righe capii che si trattava di un'analisi seria. E spiazzante. Fatti più che previsioni, e tesi molto nette. Importante dunque.
Non si parla di un futuro lontano: pochi mesi fa a Torino ha aperto la prima casa italiana di appuntamenti con sexy dolls (della società catalana LumiDolls) che è stata posta sotto sequestro dalla polizia municipale; invece in Germania luoghi simili sono legali. E poi gli acquisti di robot si fanno in rete, no?
Questioni che ci toccano da vicino. «Abbiamo diritto ogni tanto a fingere che la realtà sia diversa?» chiede Maurizio Balistreri nel secondo capitolo di Sex robot. La maggior parte delle persone (io in testa) probabilmente risponderebbe sì. Ma la questione è più complessa se la finzione riguarda far sesso con i robot. È questione soprattutto maschile a me pare; pur se «sempre più donne comprano giocattoli del sesso» scrive Balistreri. Nel suo libro si legge: «è difficile prevedere cosa accadrà nella robotica nei prossimi decenni», dunque se «sarà possibile costruire robot che, oltre ad avere sex appeal, possano essere oggetto del nostro amore».
L'autore è ricercatore di Filosofia morale all'università di Torino ma anche presidente del Comitato di bioetica del Policlinico militare di Roma. Questo mi è sembrato un altro fatto degno di nota. Guardo sempre con interesse (e sospetto) a ciò che si fa all'ombra dei militari.
Finito il libro decisi di intervistare Balistreri. Pensando: se a domande secche l'autore darà risposte sintetiche mi toglierò i (pochi) dubbi residui. E in effetti così andò.
Eccovi – parola più, parola meno – l'intervista come è apparsa sul quotidiano «L'unione sarda» e sul mio blog.

Daniele – «L'inesorabile avanzata dei robot» è la prima frase del libro. Dunque è solo questione di tempo. Vale anche per i sexbot. Dieci anni o più?
Maurizio – I sex robot sono già una realtà. Sono bambole di silicone con dispositivi tecnologici che permettono un minimo di interazione con un essere umano. Sono prototipi ancora molto grezzi ma forse non dovremo aspettare molto prima di avere tra noi androidi che si comportano come individui in carne ed ossa.

«Inesorabile» ma potrebbe esserci uno stop se la campagna contro l'utilizzo dei sexbot (attiva dal 2015) convincesse i legislatori. Lei come giudica la richiesta di “stop”?
Non è facile vietare i sex robot. Cosa facciamo? Li vietiamo ma permettiamo gli altri giocattoli del sesso che riproducono parti del corpo umano? Quale sarebbe poi la ragione per vietarli? I robot sono macchine, possiamo fare qualsiasi cosa ma non arrecare loro sofferenza. Inoltre, i sex robot potrebbero ridurre la prostituzione e forse diventare uno strumento terapeutico per la cura della pedofilia.

Una volta perfezionati i sexbot saranno innocui strumenti di gioco e di piacere sessuale o una minaccia per le relazioni?
Questo dipenderà dalle persone: per alcuni è normale che il proprio partner pratichi l'autoerotismo anche con l'aiuto di giocattoli, per altri non lo è. Qualcuno si sentirà tradito perché il proprio partner fa sesso con un robot. Ma il robot potrebbe essere anche una risorsa per le coppie che desiderano ravvivare un rapporto ormai stanco e scivolato nell'abitudine.

I sexbot usati come partner sessuali saranno programmati per essere sottomessi. Non è un'idea pericolosa che indurrebbe molti uomini (e forse qualche donna) a considerare normale relazioni di dominio anche nel mondo reale?
La questione è importante: praticare certi giochi può corrompere il nostro carattere. A forza di praticare giochi violenti diventiamo persone violente? Oppure fantasie di questo tipo possono avere un effetto catartico e permetterci di avere relazioni più sane con le altre persone? La maggior parte di noi è in grado di distinguere fra immaginazione e realtà: in alcuni casi però questi giochi potrebbero rafforzare disposizioni pericolose.

Sexbot con fattezze da bambini: il loro uso incoraggerebbe la pedofilia o invece potrebbe essere un antidoto a questi comportamenti nel mondo reale?
Non sappiamo ancora se i sex robot bambini potrebbero aiutare a curare i pedofili: qualcuno pensa che potrebbe funzionare ma c'è bisogno di più ricerca. Chi consuma materiale pedopornografico non commette necessariamente crimini sui bambini: questo vale anche per i sex robot bambini? Sono questioni a cui potremo rispondere soltanto con la ricerca.

Infine la violenza. Sexbot come Samantha o Frigid Farrah sono programmati per dire no. Ciò non sottintende che il padrone dell'oggetto possa imporsi e/o danneggiare il partner riluttante? Un alibi per i sex offender?
Ci sono robot programmati per rifiutare un rapporto sessuale. Quando la persona si avvicina, danno l'impressione di respingere le avances sessuali: c'è chi trova la cosa eccitante, perciò questi robot sono in commercio. C'è un limite morale alle nostre fantasie? Io ritengo che l'immaginazione è uno spazio dove la moralità non può avere cittadinanza, almeno fintantoché quello che facciamo non danneggia nessuno e le persone che partecipano al gioco hanno dato il loro consenso.

Le alternative esistono sempre

Il libro di Balistreri comincia con la frase «inesorabile avanzata». Allora è tutto deciso? Io non mi riconosco nella coppia – resa famosa dal titolo d'un libro di Umberto Eco – “apocalittici e integrati”. Continuo a credere che vi siano altre strade. Controllare quel che facciamo. Scegliere strade che non siano imposte dai Palazzi e/o dal “mercato”. Ragionare e progettare per modificare questo che in nulla è “il miglior mondo possibile” per evitare la catastrofe (anzi le tre catastrofi che sono in cammino: ecologica, militare e dei diritti).
Le tesi di Balistreri – e di molti altri – attiene invece all'area del «non c'è alternativa»: se si può fare (cioè se piace a chi comanda) si farà.
Nella confusione impostaci soprattutto pesa il totem delle tecnologie – confuse con le scienze – che sarebbero il faro nel buio. Come ho scritto molte volte con Riccardo Mancini, il paradosso (anzi il corto circuito) è che tanto più usiamo le tecnologie tanto più siamo analfabeti... scientificamente: un pericoloso tecnovudù.
Dunque dovremmo accettare tutto o indirizzarci verso un impossibile ritorno al passato (o magari costruendo l'anarchia in un solo condominio) senza porci le questioni dello studiare la direzione della scienza capendo in primis chi controlla cosa e perché, provando a opporci e sabotare. Lungo discorso politico che qui sottintendo ma spero di essere compreso.
Balistreri ha ragione a dire che la questione è importante e urgente, perciò bisogna ragionarne senza pregiudizi. E fa bene a ricordare che fra noi umani sulle relazioni esistono idee (e pratiche) assai diverse. Ad esempio l'omosessualità o la masturbazione che facevano inorridire Tommaso D'Aquino (come i suoi fan riuniti a Verona mesi fa) per altre/i sono legittime, normali. Mentre, come ricorda anche Balistreri, il «doctor Angelicus» – cioè Tommaso D'Aquino – non riteneva così gravi l'incesto e la violenza sessuale. E sorvolo sulla permanente “tolleranza” soprattutto cattolica verso la pedofilia (vedi il numero 434 di “A”).
Forzandomi anche io di riassumere. La prima questione è se ci sia qualcosa di orribile nel fatto che alcune persone giochino – anche sessualmente – con robot o altre macchine. Su questo punto secondo me si può discutere serenamente... Non è qui la “novità”. Mi sento di dire che se chi è in difficoltà (nel relazionarsi in scambi alla pari con altri esseri umani) e/o vuole “sperimentare” ha scelto o sceglierà di approcciarsi a macchine per eccitarsi questo non è un passo in più verso la catastrofe... dentro cui già viviamo. Mettiamola come una “riduzione del danno”.
Sinceramente non credo che giocare con sexy bambole possa fare danni più gravi rispetto all'andare dietro a un prete (o un rabbino o un imam) tipico. O rispetto al martellamento che subiamo ogni giorno sentendo urlare e/o suadentemente sussurrare, ad esempio, che le donne sono merci. Per tacere del fatto che già molte persone hanno relazioni che altre giudicano assurde con macchine (automobili in testa, telefonini e derivati).

Il problema? La nostra disumanizzazione

Il grande pericolo mi pare invece nell'accettare le sexdolls che “dicono no” (e dunque possono/devono essere “maltrattate”) e i robot con fattezze infantili. Due cose che non preoccupano Balistreri. Mi pare che queste varianti non siano innocue fantasie, magari curative. Secondo me è assai più probabile che chi si abitua a divertirsi sfasciando la “robottina frigida” si sentirà incoraggiato a farlo anche con i corpi “concreti” sentendo un «no». Mi si dirà che non si possono vietare le automobili solo perché alcuni (molti?) le usano male; forse è vero, però si può e si deve vietare che vadano a 300 l'ora, che vengano guidate da un dodicenne, che ci avvelenino ecc.
Sul settimanale “L'Espresso” del 5 maggio un servizio di Emanuele Coen – fra molta aria fritta – fa parlare Georgia Zara, psicologa e criminologa (il suo saggio La psicologia dei sexbot nel trattamento dei sex offender chiude il libro di Balistreri) che studia a Torino (con il Gruppo Abele) queste sexy macchine in un progetto con un campione di 71 sex offenders – traduco: uomini violenti – per dire che a oggi «non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per dire che l'utilizzo dei sexbot possa inibire il passaggio all'abuso ma lo studio non è ancora ultimato»; dovessi tradurre questa frase direi “non ne sappiamo un cazzo”... Ma allora perché intervistarla?
Può darsi che le ricerche su/con le bambole riluttanti da sfasciare e con i robottini per pedofili mostreranno che così si possano curare alcune persone disturbate. Ritengo assai più probabile che la loro diffusione nel «libero mercato» confermerà il già diffuso “discorso” che gli uomini possono fare alle donne – e magari ai bambini – ciò che vogliono.
Le macchine non sono persone... almeno per ora. Domani chissà. Il punto centrale è secondo me la nostra disumanizzazione. Non mi fanno paura i robot luccicanti ma chi li controlla. Non temo le ricerche sull'intelligenza artificiale, ma il potere che incoraggia, coccola, finanzia la stupidità e l'ignoranza degli umani. Tutto ciò fa parte dell'ideologia del “libero” mercato. Quello che viene prodotto (armi incluse) o che esiste (umani inclusi) può essere venduto e dunque comprato. “Moralista” e “retrogrado” chi si oppone alle merci? Io preferisco il termine sovversivo.

Post Scriptum per chi ama la fantascienza

Chi ama la letteratura detta fantascientifica (io fra loro) è da sempre intrigato all'idea di nuove relazioni fra esseri umani e creature artificiali. Nel 1969, ben prima che sul “mercato” si affacciasse l'idea di sexy robot, Robert Sheckley scrisse il racconto Sente qualcosa quando faccio così?. Non mi azzardo a riassumerlo ma quello che qui mi interessa è che, di fronte allo stupore della donna (annoiata e apparentemente priva di emozioni) perché un robot la desidera, Sheckley immagina che la creatura artificiale se ne esca – vado a memoria – con questa spiazzante risposta: “se la carne può smettere di desiderare perché il metallo non potrebbe cominciare?”. Un bel quesito filosofico e scientifico. Sulla strada di una evoluzione-mutazione delle passioni, dell'artificiale e del “naturale”. Ma ci resta un macigno sulla testa: fra noi e l'amore, fra l'evoluzione delle macchine e il mondo reale c'è prima un potere da abbattere. O da scagliare lontano dalle mani, come cantava Faber.

Daniele Barbieri