Rivista Anarchica Online


(in)giustizia

E la dignità delle persone arrestate?

di Eugenio Losco

Un salto di qualità (verso il basso) nella spettacolarizzazione della repressione. L'opinione di un avvocato impegnato sul fronte sociale, a partire dal caso Battisti.


Tralasciando ad altra riflessione le questioni relative alle modalità di consegna all'Italia, avvenuta in palese violazione delle norme internazionali sull'estradizione, il diritto di soggiorno e asilo, il caso Battisti ripropone all'attenzione il tema della spettacolarizzazione degli arresti.
Conferenze stampa delle forze dell'ordine e della magistratura, con tanto di immagini dell'esecuzione delle operazioni di polizia e fotosegnaletiche delle persone arrestate, sono all'ordine del giorno. Con la inevitabile e conseguente gogna mediatica. Questo nonostante le recenti Linee guida del Consiglio Superiore della magistratura in materia di comunicazione istituzionale degli uffici giudiziari e di rapporti tra magistrati e mass media, per ovviare proprio alle serie criticità che si manifestano in quei rapporti. Si tratta di un intervento finalizzato a tracciare linee d'indirizzo ispirate dalla convinzione che trasparenza e comprensibilità della giurisdizione non confliggono con il carattere riservato, talora segreto, della funzione. Esse, correttamente interpretate, aumentano la fiducia dei cittadini nella giustizia e nello Stato di diritto, rafforzano l'indipendenza della magistratura e, più in generale, l'autorevolezza delle Istituzioni.
Tra questi principi indicati nelle linee guida, ve ne sono alcuni relativi al rispetto della privacy delle persone arrestate. La prima indicazione è quella che l'informazione non deve interferire con le investigazioni e con l'esercizio dell'azione penale, né con il segreto delle indagini e in generale con il principio di riservatezza. Si legge, inoltre, sempre nelle linee guida del C.S.M., che nell'informazione che viene fornita deve comunque essere assicurata l'osservanza del divieto di diffusione di fotografie ed immagini di persone in manette.
Certamente il video ad hoc preparato dal ministro di giustizia, con tanto di musichetta in sottofondo, ha alzato l'asticella della violazione della privacy delle persone arrestate. Tanto che è dovuto intervenire immediatamente il Garante nazionale delle persone private della libertà personale per chiederne l'immediata rimozione.
La discrezione e la sobrietà nelle operazioni di polizia e di giustizia dovrebbero essere sempre garantite, anche nei confronti della persona arrestata o condannata. La tutela della dignità e della riservatezza delle persone in stato di detenzione è espressamente prevista dal nostro legislatore.
L'art. 114 del codice di procedura penale vieta la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica.
L'art. 42bis dell'ordinamento penitenziario prescrive che nelle traduzioni siano adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità. L'articolo prosegue prevedendo sanzioni disciplinari per chi non osservi tale disposizione.
Non solo. Anche per la normativa sovranazionale, quando i detenuti sono condotti in un istituto o ne sono trasferiti, essi devono essere esposti il meno possibile alla vista del pubblico, ed opportune disposizioni devono essere adottate per proteggerli dagli insulti, dalla curiosità e da ogni tipo di pubblicità (Regole minime per il trattamento dei detenuti, Raccomandazione Comitato dei Ministri del consiglio d'Europa, 12 febbraio 1987).
Le immagini trasmesse in rete sono state peraltro precedute dall'auspicio del ministro degli Interni che Battisti marcisse in galera per il resto della sua vita.
Un concetto di carcere, quello del ministro, come luogo di espiazione della pena senza speranza, l'aspirazione all'esclusione del condannato dal consorzio umano. Il carcere come discarica sociale, come risposta mediatica ai bisogni di protezione, come luogo in cui canalizzare le ansie collettive.
Un concetto di carcere che cavalca l'onda populista dell'odierno governo giallo-verde.
Forse è utile chiudere ricordando invece che la funzione della pena, sancita direttamente dalla nostra carta costituzionale all'art. 27, è quella della rieducazione, della risocializzazione del reo, tal che la pena mai può consistere in trattamenti contrari alla dignità e al senso di umanità.
Anche per i condannati all'ergastolo. Anche per Cesare Battisti.

Eugenio Losco