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 L'ergastolano: un topolino che gira nella ruota dentro una gabbia 
 Nessuno di noi sa dove e quando morirà. 
                  L'ergastolano sa dove: in galera.
 Adriano Sofri
 Continuo ad avere un senso di colpa verso i miei compagni, perché io 
                  ce l'ho fatta, loro no; perché credo che molti di loro 
                  meritino la libertà più di me, in particolare 
                  quegli ergastolani che sono entrati in carcere giovanissimi 
                  (18, 19, 20 anni) e ormai hanno passato più anni della 
                  loro vita dentro che fuori. Molti di questi ex ragazzi sono 
                  stati usati, consumati e mangiati due volte, prima dai notabili 
                  mafiosi del territorio dove sono nati e cresciuti, poi da demagoghi 
                  di turno, sempre a caccia di emergenze, e da forcaioli e populisti. 
                  
  Alcuni di loro si sono ritrovati in mano una pistola e, forse 
                  per paura o per cultura, non hanno saputo dire di no. Una volta 
                  dentro, sono stati sfruttati dai politici di destra, di centro, 
                  di sinistra e dalla lobby dell'antimafia, per scopi e consensi 
                  elettorali i primi, finanziari e mediatici i secondi. Molti 
                  di questi giovani ergastolani sono nati colpevoli e sfigati, 
                  sono stati usati come carne di cannone da molti “onesti 
                  disonesti“ e non si sono potuti permettere gli avvocati 
                  dei colletti bianchi. Per questo motivo continuerò a 
                  scrivere e a lottare per sensibilizzare l'opinione pubblica 
                  che il carcere dovrebbe servire a fermarti, ma poi la pena da 
                  scontare non dovrebbe essere solo il carcere, che alla lunga 
                  fa sentire innocente anche il peggiore criminale. Qualsiasi pena dovrebbe fare bene e non distruggerti, sia quando 
                  la sconti che quando l'hai finita. E, soprattutto, ti dovrebbe 
                  migliorare, o almeno farti sentire colpevole, invece una condanna 
                  crudele e cattiva come la galera a vita o il regime di tortura 
                  del 41 bis (carcere duro) non fa riflettere circa il male commesso. 
                  Non credo che le vittime dei nostri reati vorrebbero questo, 
                  piuttosto penso che lo vogliano certi politici per accrescere 
                  il loro consenso elettorale e che fanno finta di non sapere 
                  che i mafiosi di spessore non infrangono mai la legge, semplicemente 
                  la fanno infrangere agli altri e anche per questo in carcere 
                  non ci vanno mai.
 A meno che non si voglia ripristinare la pena di morte, penso 
                  che tutti gli ergastolani dovrebbero avere una seconda possibilità 
                  come la sto avendo io. Perché non dar loro l'opportunità 
                  di scontare la pena in modo intelligente, lavorando o aiutando 
                  gli altri? Perché tenerli chiusi per tutta la vita in 
                  solitudine in un bozzolo di niente? Perché impedirgli 
                  un futuro? Forse perché lo hanno tolto agli altri? Ma 
                  la legge non dovrebbe essere un'arma che a sua volta tortura 
                  e uccide. Che senso ha aver sostituito la pena di morte con 
                  l'ergastolo? Comunque sia, la pena dell'ergastolo non ti fa 
                  sentire colpevole, ti fa sentire innocente perché è 
                  una pena da assassini.
 Una società che non uccide i suoi simili perché 
                  preferisce tenerli murati vivi dentro una cella tutta la vita 
                  è una società malata e cattiva alle radici. Credo 
                  che una persona non possa essere colpevole per sempre e che 
                  sia inumano punire una persona esclusivamente per un reato che 
                  ha commesso 20, 30, 40 anni prima. Penso che la pena dell'ergastolo, 
                  da qualsiasi parte venga esaminata, sia contro la logica e l'umanità.
 La pena può finire, una volta liberi, ma la condanna 
                  continua, perché dopo tanti anni in gabbia anche la libertà 
                  sa di carcere e anche io adesso che sono libero (o quasi) ho 
                  dei momenti in cui soffro il carcere, perché quando ti 
                  abitui alla cattività per tantissimi anni poi la felicità 
                  ti stanca, dà ansia ed è anche difficile da gestire. 
                  In un certo senso, ti sei disabituato alla felicità. 
                  Credo che, sotto un certo punto di vista, la vera pena inizi 
                  quando esci fuori, perché a volte hai paura di sentirti 
                  felice, soprattutto se pensi a quanto sei stato infelice per 
                  tanti anni e quel dolore ora ritorna in mente e si fa sentire 
                  ancor più forte.
 Carmelo Musumeci |