Rivista Anarchica Online


ricordando Pier Carlo Masini

Un intellettuale socialista libertario controcorrente

di Franco Bertolucci

A due decenni dalla morte dello storico toscano, il ricordo di un amico ed editore anarchico. Le numerose esperienze politiche di Masini, la sua indipendenza, il suo rapporto profondo e mai acritico con l'anarchismo.


Vent'anni fa, il 19 ottobre 1998, Pier Carlo Masini cessava di vivere a Firenze. Piero – come si faceva chiamare in intimità dagli amici, nato a Cerbaia di Val di Pesa il 26 marzo 1923 – è stato uno delle menti più originali del socialismo libertario nel Secondo dopoguerra.
A Firenze ha coltivato la sua formazione culturale, i suoi studi e le sue passioni. Giovanissimo e inquieto abbraccia gli ideali antifascisti militando in un gruppo d'ispirazione liberalsocialista. Arrestato per questa sua attività, è inviato al confino di polizia nel beneventano, successivamente liberato partecipa nelle file del PCI all'ultimo anno e mezzo di guerra e di Resistenza ricoprendo il ruolo di rappresentante del partito nel CLN di San Casciano Val di Pesa, quando poi gli alleati libereranno il paese ricoprirà per un breve periodo anche la carica di vicesindaco. Nell'agosto del 1945, deluso dalla politica di compromesso della direzione togliattiana del PCI, si avvicina agli anarchici con cui condividerà circa 12 anni di attiva e appassionata militanza.
Intellettuale contro corrente, amante della storia e dei libri, nell'anarchismo svolge un ruolo non affatto secondario: redattore di «Umanità nova» e militante attivo nella FAI, di cui sarà oratore forbito e acclamato, nel 1949, insieme a un gruppo di giovani libertari, promuove la nascita del periodico «L'Impulso» dal quale scaturirà poi l'esperienza dei GAAP (1951-1957). Questi gruppi si muoveranno in un'ottica “revisionista” nel tentativo di organizzare, rinnovare e ripensare l'anarchismo. Un progetto inizialmente ispirato al pensiero di Malatesta e Fabbri ma che aveva l'ambizione di andare oltre, immaginando una rielaborazione teorica che sapesse coniugare la tradizione comunista anarchica, fortemente legata alla storia del movimento operaio, con quella della sinistra consiliarista marxista e rivoluzionaria la cui genesi affondava le proprie radici negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione d'ottobre (1917) e si dipanava nei decenni seguenti caratterizzandosi per un accentuato antistalinismo e antistatalismo.

Pier Carlo Masini durante una conferenza
(foto Archivio privato famiglia Masini,
Cerbaia Val di Pesa)

Senza rinnegare il suo passato da anarchico

Masini, come leader di questo raggruppamento, in quegli anni ebbe il merito di alimentare da sinistra un'opposizione teorica e pratica al partito togliattiano, all'epoca egemonico nella sinistra italiana, ed elaborare un'originale analisi teorica sulla natura del “socialismo in URSS” considerato, in toto, un fenomeno da ascriversi alle forme di un capitalismo di Stato interamente inserito nello sviluppo di un nuovo “imperialismo unitario” che, dopo la Seconda guerra mondiale, si espanse in tutto il pianeta garantendo lo sviluppo capitalistico in aree fino a quel momento ai margini dei principali processi di crescita economica (Asia, Africa ecc.). I GAAP – coerenti con i loro propositi e convinti assertori di un'alternativa, unitaria, rivoluzionaria e di classe a sinistra del PCI e del PSI – nel 1957 si fusero con i Gruppi d'Azione comunista, una minoranza dissidente nata all'interno del partito di Togliatti negli anni precedenti, dando vita al Movimento della Sinistra comunista.
Dalla successiva crisi di questo movimento Masini, tra il 1958 e il 1959, uscirà dall'alveo rivoluzionario, allontanandosi nettamente da quella prima esperienza politica e approdando al socialismo democratico, militando dapprima nel PSI e poi nel PSDI. In questi partiti non ricoprì mai incarichi nazionali di rilievo né tanto meno di tipo parlamentare, svolgendo un ruolo critico a volte “isolato” dai suoi stessi nuovi “compagni” di partito, portando sempre una voce controcorrente e fortemente intrisa di spirito libertario, un'impronta che mai lo abbandonerà per il resto della sua vita.
Negli anni manterrà sempre costanti i suoi rapporti con l'universo anarchico anche se le sue posizioni politiche lo porteranno assai lontano dalla sua giovanile militanza. Non mancherà la sua voce critica e sapiente a molti appuntamenti “storici” degli anni Sessanta e Settanta come in occasione del Congresso anarchico internazionale di Carrara dell'agosto-settembre del 1968. Nell'occasione sarà presente come “osservatore” e corrispondente di «Critica sociale», nella quale pubblicherà un interessante articolo.
Da socialista, senza rinnegare il suo passato di anarchico, si misura con le problematiche poste e affrontate dagli anarchici a Carrara, a partire soprattutto dalla questione per lui principale, e cioè quella del ruolo dell'anarchismo nella società contemporanea per una prospettiva libertaria, ruolo che Masini individuava in una dimensione essenzialmente pratico-politica dell'anarchismo, che lui definiva «anarchismo d'azione», nel quale le tradizionali battaglie anarchiche si sarebbero dovute legare alle nuove istanze libertarie, che stavano allora emergendo dalle contraddizioni delle società democratiche del capitalismo avanzato e che risalivano in superficie, come mostrarono le rivolte e i movimenti giovanili del 1968. In tal modo, secondo Masini, il nuovo anti-autoritarismo giovanile poteva coniugarsi con molti altri fronti di lotta libertaria lasciati scoperti dai partiti politici, e che erano invece da sempre terreno dell'azione anarchica: antimilitarismo, anticlericalismo, antimonopolismo, autogestione e autogoverno, solidarietà politica internazionale con i popoli oppressi, lotte alle politiche di potenza e dei blocchi internazionali, democrazia diretta in fabbrica e sindacale, libera vita associativa giovanile, ampliamento dei diritti individuali e collettivi per tutte le figure sociali, libertà sessuale e propaganda antinatalista.

“Ma il potere non è mai rivoluzionario”

In chiusura del suo articolo, infine, precisava le sue idee sulle prospettive dell'anarchismo contemporaneo in modo da farlo uscire dalla sua crisi politica e organizzativa in cui era immerso dalla fine del Secondo conflitto mondiale ed evitare di lasciare in mano ai “politici professionisti” i temi a loro più cari e gettare il sale della provocazione e dell'azione diretta. Scriveva Masini:

Ma per far questo gli anarchici devono un po' guarire del loro pessimismo, uscire fuori dal guscio, chiedere a tutti non professioni ufficiali d'anarchismo una collaborazione pratica nell'azione anarchica: ai loro amici che sono un po' dovunque nei partiti, nei sindacati, nella scuola, nei circoli di cultura, nei gruppi giovanili, nella stampa libera. Solo così i confini dell'anarchismo d'azione saranno molto più ampi del movimento anarchico propriamente detto. Nel momento in cui scrivo non posso dire se questi argomenti, alcuni dei quali sono iscritti all'ordine del giorno del congresso, saranno anche inscritti in una prospettiva politica nuova. Lo spero perché credo che l'anarchia, come del resto il socialismo, sarà sempre meno una mitica società perfetta da inaugurare domani o dopodomani, e sempre più una rivoluzione ininterrotta dentro la società di oggi.

Nella stagione delle stragi, a fronte di una campagna persecutoria e denigratoria verso gli anarchici, Masini non farà mancare la propria solidarietà e pochi giorni dopo la morte per “suicidio” di Giuseppe Pinelli firmerà sul primo numero dell'anno di «Critica sociale» (5 gennaio 1970) un coraggioso articolo intitolato Il diciassettesimo, nel quale oltre a condannare la strage indicherà in maniera chiara Pinelli come una vittima della strategia del terrore volta a colpire l'intera società italiana.

Canosa di Puglia, 22-23 febbraio 1948 - Convegno nazionale della FAI.
Masini, il secondo da destra, insieme ad alcuni compagni
(foto Archivio privato famiglia Masini, Cerbaia Val di Pesa)

Nei decenni successivi alla sua militanza comunista anarchica, Masini si è fatto conoscere soprattutto per i suoi lavori storici e possiamo affermare, senza timor di smentita, che è stato un innovatore da questo punto di vista, perché è riuscito a divulgare la storia dell'anarchismo in ambiti ben più larghi rispetto a quelli del movimento, riscuotendo apprezzamento sia dalla critica che dal pubblico. Molte generazioni di militanti libertari, ma anche di storici dell'anarchismo, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento si sono formati leggendo la Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, uscita per la Rizzoli in ben 5 edizioni tra il 1969 e il 1975, e la biografia di Cafiero, un saggio biografico su uno dei più importanti uomini chiave della Prima Internazionale in Italia. Un lavoro innovativo che ha saputo coniugare, al rigoroso impianto storiografico, anche un approccio psicologico e antropologico, riuscendo a descrivere la figura di Cafiero come nessun altro era riuscito a fare.
Sarebbe lungo fare l'elenco di tutti gli scritti e gli interessi culturali di Masini – che andavano ben al di là della storia dell'anarchismo e del movimento operaio, per abbracciare la letteratura, la filosofia, la bibliologia ecc. – ma essi dimostrano a sufficienza la capacità incredibile di lavoro intellettuale di quest'uomo che ci ha lasciato un'eredità di circa mille titoli di articoli e saggi, oltre a un importante archivio di documenti. Masini era un uomo schivo e riservato, originale nelle sue scelte politiche, che personalmente mi hanno a volte lasciato interdetto, ma ha sempre mantenuto una forte lucidità critica sul divenire sociale e i mutamenti della società, confrontandosi e scontrandosi spesso anche con le nuove generazioni di giovani militanti, e non, che a lui si avvicinavano, desiderose di poter raccogliere qualche “illuminazione” sulle proprie inquietudini.
Su una questione, l'impronta libertaria è sempre rimasta visibile e chiara nelle scelte di Masini anche quando ha militato nel Partito socialista, quella sulla natura del potere. Su «Critica sociale», nel numero del 5 marzo 1969, scriveva:

Potere operaio, potere studentesco, potere negro, ed ancora potere proletario, potere popolare, potere rivoluzionario: ecco alcune formule care al movimento della contestazione, che rivelano, al pari dei simboli (i ritratti di Lenin, Stalin e Mao mescolati insieme alle bandiere nere dell'anarchia), contraddizioni e ambiguità di fondo. Perché ormai, dopo le esperienze di un secolo, è provato ed acquisito alle coscienze più avanzate che il potere non è rivoluzionario, che anzi l'autenticità rivoluzionaria si misura proprio nel rifiuto pregiudiziale del potere, principio e modulo della società divisa in classi, della società autoritaria e gerarchica, che infine non ha senso una contestazione globale che del sistema risparmi o dal sistema ripeta il metodo e la logica.

L'uomo Masini poi – dal carattere energico, razionale, ragionante nonostante un fisico gracile, ma come detto schivo, che non amava l'adulazione o le pose “istrioniche” di molti intellettuali del suo tempo – ha sempre avuto la capacità di ascoltare i giovani e trasmettere loro la sua passione per la ricerca, convinto che quest'ultima conta più della scoperta, e il dubbio più della verità.

Franco Bertolucci