Rivista Anarchica Online




Quello in mezzo è il nostro fotografo Roberto, quella in primo piano è Aurora. Ancora vivi tutti e due, anche se sulla copertina del n. 94 di “A” (agosto-settembre 1981) sembrano morti dopo lo scoppio della bomba N. C'è anche un terzo finto cadavere, nella foto scattata dal compianto Gianfranco Aresi, proprio per la copertina. Anche 4 pagine interne sono dedicate allo stesso soggetto bellico: ne scrivono la redattrice di “A” Maria Teresa Romiti e il pacifista e antimilitarista sardo Ugo Dessy, un libero battitore, radicale, sardista e vicino – in quegli anni – al movimento anarchico.
La prima di copertina pubblicizza le “giornate di studio sull'immaginazione sovversiva” intitolate “L'Utopia”, previste per il successivo settembre a Milano, promosse dal Centro Studi Libertari. La terza di copertina ne riporta il programma dettagliato. All'interno per ben dodici pagine se ne pubblicano gli interventi di Pernelle, Stephen Scheter, Franco Melandri, Monica Leite e Jean Jacques Lebel. Le donne sempre meno numerose degli uomini. Una su 5, su “A”. E al convegno in generale (desumiamo dal programma) 17 uomini e 2 donne. Una semplice constatazione storica. Nella foto di un incontro dei Gaap, 30 anni prima, pubblicata su questo numero che hai in mano, a pag. 85, ci sono una ventina di uomini e una donna. Un problema aperto.
Quasi due pagine sono dedicate a Monica Giorgi, l'anarchica livornese accusata di aver partecipato a un rapimento nella sua città, accusa dalla quale venne poi assolta. La sua dichiarazione (“Rivoglio la mia libertà”) è riportata in un bel riquadro, fatta librare in cielo da un gabbiano (che era poi il motivo grafico della campagna per la sua liberazione).
Una dichiarazione di obiezione totale, la chiusura della libreria Utopia 3 a Trieste (mentre continuavano l'Utopia di Milano e l'Utopia 2 di Venezia), l'arresto di Agostino “Anacleto” Mariotti, alcune note sull'Armata Rossa, contro l'Ordine dei Giornalisti e sulle indagini poliziesche a Milano chiudono la rubrica “Cronache sovversive”, che più tardi verrà ridenominata “Fatti & misfatti” (e così continua oggi).
“Morir per delle idee, ma di morte lenta...” è il titolo dei consueti scritti di Gabriele Roveda, altro redattore di “A”, che caratterizzò i suoi anni nella redazione principalmente con un'analisi delle nuove tendenze giovanili, con il suo sguardo curioso e critico di anarchico non militante.
Ben 7 pagine sulla pedagogia libertaria, apertura con un saggio del sempiterno Francesco Codello e chiusura con “intervista a mio figlio”, anonima. E a chiudere l'intero dossier la recensione di un libro dell'anarchico palermitano Pietro Riggio.
Tre pagine sono dedicate all'aborto, o meglio – come si intitola il pezzo - all'“abortotruffa”. Ne scrive l'AED-Femminismo di Bergamo. Una delle circa 4.000 persone od organizzazioni che hanno avuto modo di esprimersi su “A” nei nostri (finora) 426 numeri.
Una pagina ironica sul papa Giovanni Paolo II chiude il numero. Un po' del vecchio sano anticlericalismo che, mai in forma volgare, è stato uno dei tanti filoni che ha attraversato i nostri 48 anni di storia. Rispetto alla religione, o meglio alle religioni, la pensiamo nel solco del “materialismo” e dell'ateismo propri della grande maggioranza delle anarchiche e degli anarchici, ieri come oggi. Come diceva Errico Malatesta, nel rifiutarsi di entrare nel merito dei dibattiti su dio e dintorni, “noi fumo non ne insacchiamo”.
Da libertari quali cerchiamo di essere, rispettiamo la libertà individuale di pensiero, laico o religioso che sia. Ma non accettiamo di sottostare a nessun clericalismo, di nessun tipo. E siamo rimasti tra i pochissimi, in Italia, a non prostrarci davanti all'attuale papa, ormai diventato un'icona, un punto di riferimento. Anche e soprattutto a sinistra, per le sue posizioni critiche con il sistema economico internazionale, vicine alle periferie geografiche e sociali, ecc..
Noi no. Pedofilia, interessi finanziari ed economici della Santa Sede, anti-femminismo strutturale, cappellani militari e tante altre ragioni ci inducono a diffidare della Santa Bottega.