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 Lo smartphone invisibile Una normale mattinata in metropolitana. Come sempre negli orari 
                  di punta, i vagoni erano sovraffollati di passeggeri indifferenti 
                  l'uno all'altro, concentrati sull'oggetto dei loro desideri 
                  che, una volta acquistato, aveva generato il boomerang della 
                  dipendenza. Era un'umanità che procedeva a testa bassa, 
                  non per spirito ribelle, ma per guardare senza tregua il display 
                  del telefonino con il suo corredo di chat e contatti social. 
                  Solo pochi facevano eccezione. Tra questi un uomo ancora giovane, 
                  sulla trentina, abbigliato alla moda, in apparenza normale, 
                  ma con un tratto decisamente eccentrico. Era seduto e aveva 
                  lo sguardo abbassato sul palmo aperto della mano sinistra, mentre 
                  con l'indice della destra svirgolava l'aria come a imprimere 
                  scritte e dare comandi su una tastiera invisibile.
  Accanto a lui sedeva un altro uomo, la cui capigliatura brizzolata 
                  tradiva l'insorgere della mezza età. Era chino sul suo 
                  smartphone, ma non appena sollevò la testa notò 
                  quello strampalato individuo e lo fissò con un misto 
                  di incredulità e paura. O era pazzo o voleva prendersi 
                  gioco di lui. In ogni caso, decise il brizzolato, era meglio 
                  stare alla larga da tipi così. Si scostò lentamente 
                  e fece per alzarsi, ma proprio quando la via di fuga sembrava 
                  aperta, l'altro gli si rivolse in modo affabile. <Scusi, forse l'ho spaventata...>
 <Che cosa... ehm... dice a me?>
 <Non c'è motivo di avere paura. Le assicuro che non 
                  sono pazzo...>
 <Ma io non ho detto niente...>
 <È per via del telefonino vero? Lei non lo può 
                  vedere per il semplice fatto che è un modello all'avanguardia 
                  tecnologica. Questo è il primo esemplare di smartphone 
                  invisibile. Centocinquanta funzioni compattate, un microfono 
                  a bottoncino per le conversazioni, due lenti a contatto amichevoli 
                  per la visualizzazione dei dati... >
 Nel parlare agitava le mani sotto gli occhi del vicino, sempre 
                  più inquieto e confuso: <Sì, sì, capisco... 
                  > disse quello prima di scomparire tra la gente accalcata 
                  sul vagone.
 <Ma dove va? Dove va? Ah... la diffidenza ormai ci impedisce 
                  di guardare le cose belle della vita... > sospirò 
                  con aria scanzonata l'uomo, come di fronte a un pubblico immaginario. 
                  Poi ruotò l'attenzione di 180 gradi e iniziò a 
                  parlare con la giovane donna che stava alla sua sinistra. Una 
                  bella ragazza dai capelli neri a caschetto che non sembrava 
                  essere stata turbata fino a quel momento dalla situazione, tanto 
                  era concentrata sul suo display.
 <Permette?> le disse. <Vorrei farle vedere le potenzialità 
                  di questo smartphone invisibile. Vede? Se io passo l'indice 
                  sull'impalpabile tastiera con super touch incorporato...>
 La donna lo guardò spaventata. Mossa dal presagio di 
                  avere accanto un folle imbottito di tritolo, si alzò 
                  di scatto e approfittò della sosta del convoglio per 
                  scendere di corsa, lasciandosi dietro la borsetta.
 <Guardi che si è dimenticata questa...> gridò 
                  l'uomo agitando la borsa. Ma le porte si erano già richiuse 
                  e il treno era ripartito. Fu a quel punto che la maggior parte 
                  dei presenti alzò gli occhi e prese contatto con la realtà 
                  del vagone.
 <Aiuto, ha una bomba!!!> urlò un'anziana, e il 
                  suo richiamo fu sufficiente a scatenare la ressa. Gente calpestata, 
                  spintonata, ridotta a sgomitare per ricavarsi un'impossibile 
                  uscita. Era uno dei modelli meno recenti di metropolitana, con 
                  i vagoni non comunicanti. Così le persone si sentirono 
                  in trappola e si schiacciarono contro porte e finestrini, sperando 
                  di guadagnare il tempo sufficiente per la fermata successiva.
 Come un imbonitore del futuro, quell'uomo dal comportamento 
                  così inquietante lasciò la borsetta su un sedile 
                  e ricominciò a decantare i benefici del suo prodotto 
                  immaginario, muovendo nel vuoto i polpastrelli che simulavano 
                  i gesti quotidiani del popolo connesso. La gente lo osservava 
                  con occhi sbarrati, posando talvolta lo sguardo sulla borsetta 
                  abbandonata, e quando il convoglio iniziò a rallentare 
                  la smania di uscire crebbe.
 <Garibaldi! Fermata Garibaldi!> sentenziò la voce 
                  prefabbricata dell'annunciatrice. <Vi ricordiamo che questa 
                  fermata è sponsorizzata da Poppy, il mondo in una ciotola. 
                  Per il vostro cane un marchio di qualità...>
 Indifferenti alla pubblicità, molti passeggeri puntarono 
                  verso le porte aperte, ma chi tentava di uscire dal vagone veniva 
                  risospinto dentro dalla pressione di quanti entravano.
 Il treno ripartì. Furono altri momenti di panico, poi 
                  gradualmente le paure si affievolirono. L'uomo si limitava a 
                  digitare nell'aria e sul palmo della mano le sue astruse e innocue 
                  traiettorie. Sembrava comporre figure e cifre che stavano solo 
                  nella sua mente, impalpabili e misteriose. Parole sfuggenti, 
                  significati eterei, quasi inconsistenti. Una volta rientrato 
                  l'allarme, la gente si dispose a semicerchio intorno a lui, 
                  badando però a mantenersi a distanza di sicurezza.
 <Vedete?> disse. <Non c'è nulla da temere. Tra 
                  qualche settimana avrete tutti questo gioiellino di tecnologia. 
                  Lo smartphone invisibile, dotato di simulatore acrobatico 
                  in 3D, ci avvicinerà ancora di più ai contatti 
                  preferiti. Basta solo strisciare il polpastrello sul display 
                  immateriale collegato ai visori di sistema incorporati nelle 
                  lenti virtuali e... oplà: le nostre connessioni saranno 
                  ancora più ricche e articolate. Volete provare?>
 Nessuno rispose. Cessato l'allarme, restava il senso di insicurezza 
                  per quel tizio che continuava a parlare in modo strano e ad 
                  agitare le dita sopra il palmo della mano, come brandisse davvero 
                  un telefono inesistente. Sembrava un pazzo patentato che con 
                  il suo codice dell'irrilevanza stava sovvertendo il copione 
                  di una normale mattinata in metropolitana.
 Tutti avevano ormai distolto lo sguardo dai loro smartphone, 
                  quasi fossero cimeli del passato, e tutti, ora, lo osservavano 
                  muti, tradendo la paura di chi si guarda allo specchio dopo 
                  una notte insonne. Finché, dopo tre fermate, un signore 
                  distinto in completo nero ruppe il silenzio con la domanda che 
                  i più avevano tenuto in sospeso: <Dica, ma quanto 
                  costa quell'aggeggio?>
 Paolo Pasi |