Rivista Anarchica Online





“Dopo aver trascorso due terzi della mia vita in carcere”
L'ergastolano semi-libero Carmelo Musumeci intervista l'ergastolano ostativo Pasquale De Feo

Ho ricevuto queste parole dal mio compagno Pasquale: “Mi chiedo se questo tunnel in cui dimoro da oltre trent'anni avrà mai una fine. Credo che non sia giusto continuare ad essere un morto vivente, ma purtroppo ormai è troppo tardi per prendere in mano il proprio destino. Forse sarà l'abitudine che mi tiene incatenato a questa realtà priva di qualsiasi colore di vita”. E ho pensato di fargli delle domande e di pubblicare le sue risposte in questa mia rubrica.
Conosco Pasquale De Feo da circa 25 anni, ci siamo incontrati in diversi carceri: nell'isola dell'Asinara nel lontano 1992, nel carcere di Sulmona e nel carcere di Nuoro. Durante le nostre proteste pacifiche siamo stati spesso puniti insieme dai vari direttori di turno, ma non ci siamo mai arresi e sono sicuro che anche adesso lui non lo farà mai.
Forza Pasquale, un sorriso a te e uno al tuo cuore.

C.M.


Pasquale De Feo - Mi chiamo Pasquale De Feo nato a Pontecagnano (Sa) il 27-01-1961, sono recluso dal 20-08-1983. Attualmente mi trovo da due anni a Oristano. Ho una condanna all'ergastolo ostativo.

Carmelo Musumeci - Che cos'è per te l'ergastolo?
È una pena di morte che ti tiene in vita, pertanto più crudele della pena di morte.

A quale titolo lo Stato può prendersi la vita di un condannato all'ergastolo?
Lo Stato non ha nessun titolo, perché nella Costituzione non esiste la parola ergastolo, invece c'è l'art. 27 che stabilisce che le pene non possano consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, quale umanità c'è nella pena dell'ergastolo? C'è solo tanta crudeltà.
Inoltre l'ergastolo esiste insieme al codice penale fascista, emanato nel 1930. Credo che non esiste al mondo una Costituzione Repubblicana con il codice penale fascista. Pertanto questo Stato “democratico” usa le leggi fasciste, tra cui l'ergastolo?

È stato proposto un giudizio di incostituzionalità dell'ergastolo come pena perpetua, ma nonostante questo si dice sempre che “non siamo ancora pronti, che i tempi non sono ancora maturi”. Ma perché? Cosa dobbiamo fare per far maturare i tempi o essere pronti?
Come diceva un filosofo greco, la risposta è all'interno della domanda stessa.
Sono loro che non sono maturi, perché hanno usato la repressione come programma politico, la mostrificazione di circa 40 anni ha distorto la mente della gente, pertanto toccare l'ergastolo e il regime di tortura del 41 bis, è come una eresia e non un atto di civiltà.
La Corte Costituzionale che è il parlamentino di riserva della politica, non farà mai niente che non sia politicamente corretto.
Hanno il busto del Presidente del Tribunale della razza, giurista di fiducia di Mussolini, scrisse le leggi razziali del 1938, che il lavacro togliattiano gli fece fare anche carriera fino a diventare Presidente della Consulta. Oppongono una ostinata resistenza alla sua rimozione.
Questo dimostra di che pasta è fatta la Corte Costituzionale. Figuriamoci se hanno una sentenza per ripristinare la civiltà in questo Paese.
Consapevole che il 99% di tutti gli ergastolani sono tutti meridionali, è il razzismo istituzionale che gli impedisce qualunque apertura per ripristinare la civiltà. Lo si evince anche dal reato di tortura, non ha mai fatto niente per dare una smossa al legislatore.

Abbiamo abolito l'ergastolo per i minorenni, ma non per gli adulti. Perché questa differenza?
L'hanno fatto perché è contrario alla Convenzione europea, viceversa non l'avrebbero fatto. Fosse stato per loro, anche dalla Consulta, non l'avrebbero toccato. Anche in questo caso il motivo è semplice, gli ergastolani minorenni al 99% erano tutti meridionali.

Se una persona ti chiedesse: di chi hai paura? Di quelli dentro o di quelli fuori?
Senza nessun dubbio direi di quelli dentro, ma il sistema repressivo è uguale dentro e fuori.
Trovandomi in carcere da tanti anni, il pensiero va solo all'apparato oppressivo detentivo, che a parte le tante belle parole, ha una sola funzione, di annullare le persone, enfatizzarle, ricattarle, renderle degli ontani istituzionalizzati.

Che cosa ne pensi dell'eutanasia per gli ergastolani?
Tanti anni fa sarei stato favorevole. Oggi lo sono per quelli a cui i problemi sanitari impediscono una vita dignitosa. Dopo aver trascorso due terzi della mia esistenza in carcere, per una forma di ripicca voglio vivere e farò di tutto per sopravvivere il più a lungo possibile.

Che cosa diresti ora dopo tutti questi anni, alle persone che hanno deciso di condannarti all'ergastolo?
Io sono stato scelto come colpevole. Avevano deciso che dovevo essere io a pagare questo omicidio, perché la voce di popolo così diceva.
Sono subentrati forze e poteri oscuri, che hanno deciso tutto. Tutte le persone che hanno fatto di tutto per condannarmi sono stati condizionati, pertanto non ho niente da dirgli, sono delle vittime come lo sono stato io.

A volte sento dire la frase “Punire uno per educare 100”, e mi sembra un po' questa la logica che sottoposta alla scelta di pene detentive lunghe. Ma davvero se puniamo di più le persone delinquono di meno? Le pene lunghe sono un deterrente? Visti i tassi di recidiva c'è da chiedersi se il lavoro da fare non sia di altro genere.
La mentalità della punizione per intimorire la collettività, riguarda la mentalità dittatoriale, nel nostro caso è il fascismo. Ripetendomi, la “democrazia” italiana usa le leggi del codice penale fascista per terrorizzare la comunità. In America hanno la pena di morte, eppure hanno più delinquenza e più carcerati di qualsiasi altra nazione, pertanto punire di più si ottiene l'effetto contrario.
Niccolò Machiavelli scrisse nelle Istorie Fiorentine: “Non fu mai savio partito far disperdere gli uomini, perché chi non spera il bene non teme il male”. Il lavoro da fare è quello che stanno facendo in Svezia da una decina d'anni, che facilmente porterà questa nazione ad essere la prima al mondo senza carceri. Hanno arruolato un esercito di educatori, psicologi, assistente sociale, e professori per la formazione.
In carcere chiedevano ai reclusi cosa volessero fare fuori, gli veniva insegnato il mestiere, oppure come aprirsi un'attività, quando uscivano li seguivano fino a quando non avevano più bisogno di aiuto e potevano camminare sulle loro gambe. Nel giro di pochi anni hanno chiuso quattro quattro carceri.
In Italia l'aiuto in carcere è di renderti peggiore. Una volta fuori, l'unico aiuto sono le misure di sicurezza, ritiro della patente e visite notturne in casa, anche più volte. La differenza è abissale. La loro civiltà, la nostra è da stato di polizia.

Se oggi incontrassi il vecchio Pasquale cosa gli diresti, che consigli gli daresti?
Per prima cosa gli direi che è uno stronzo, avendo buttato via la sua vita, e con esso tutto ciò di più caro che aveva. Come hai potuto essere così cieco, farti trascinare in uno contesto che è la negazione della vita.
Detto questo, che consigli gli potrei dare, se ha capito tutto, anzi è andato anche oltre, non solo la sua posizione, ma intere generazioni di ragazzi meridionali, sacrificati per mantenere lo status quo da parte dello Stato che è derivazione del potere risorgimentale, impostato affinché il Meridione sia una colonia al servizio del potere settentrionale.
Altrettanto le leggi speciali o di emergenza servono per tenere sotto controllo gli “indigeni” meridionali, che sono ritenuti difettati geneticamente e criminali per natura. Avendo consapevolezza di ciò, non finirei più nella loro rete.

Carmelo Musumeci