  
 
 Dibattito Mamme No Inceneritore/ Protagonismo nelle lotte o circonvoluzioni linguistiche? 
                In “A” 412 (dicembre 2016/gennaio 2017) abbiamo 
                  pubblicato uno scritto delle Mamme No Inceneritore (“Una 
                  storia di donne e di anarchia”) appunto sulle loro 
                  lotte ecologiste. Sullo scorso numero (“A” 
                  414, marzo 2017) Marvi Maggio è intervenuta criticamente, 
                  a partire dal nome stesso del collettivo. Perché Mamme 
                  e non Donne? Questo l'interrogativo critico di Maggio, che già 
                  in quella scelta coglieva un cedimento inaccettabile a una logica 
                  tutta dentro alla cultura patriarcale/maschilista: un passo 
                  indietro rispetto alle acquisizioni del femminismo. 
Replica qui una delle Mamme, a titolo individuale. Abbiamo deciso di firmarlo – ci precisa nella lettera di accompagnamento – con il mio nome, anche se è frutto di un dibattito collettivo. Il ragionamento è stato che se avessimo dovuto rappresentare tutte le 200 mamme che sono attiviste nel comitato, avremmo dovuto tagliare troppi pezzi dell'intervento. Da quelli sull'aborto fino a quelli sul matrismo che non potevano essere condivisi da tutte. 
Al di là della vicenda specifica fiorentina da cui ha preso spunto il dibattito – e che continueremo a seguire nei suoi sviluppi – ci sembra che ci siano ragioni e spazio per approfondire il dibattito. Bando alle timidezze.  
                  
                 
Per dimostrare che il concetto di “Madre” in senso lato non sia una invenzione del patriarcato, ma anzi una scoperta dell'archeologia e dell'antropologia femminista contemporanea, marxista e non, i margini di un battibecco mi paiono alquanto inadeguati. 
                  Mi sembra più interessante notare come tutti i timori 
                  della compagna Marvi Maggio (“Donne, 
                  non mamme – Il disordine simbolico della libertà”, 
                  in “A” 414, marzo 2017) sugli enormi rischi intrinseci 
                  nel nostro nome siano contraddetti dalla realtà dei fatti. 
                  La visibilità sui media non ce l'hanno data, ma ce la 
                  siamo presa. Il lavoro del nostro Gruppo Social Media procede 
                  alacremente sin dall'inizio, quando la stampa di regime non 
                  ci lasciava i margini di una parola e neppure di una replica 
                  (ringraziamo A-Rivista per questa opportunità). 
Il ruolo di madri, derivato dalla rete sociale da cui siamo partite, cioè intorno alle scuole più vicine al presunto futuro inceneritore, limitava, forse, in parte la nostra libertà e la nostra autonomia prima che ci autodeterminassimo in comitato. Da quel momento in poi, in molti casi, i padri e i figli sono stati costretti assai più spesso ad autogestirsi la dimensione familiare, perché noi donne, madri e non, siamo diventate protagoniste assolute di questo processo di lotta. 
Nei nostri quartieri, ormai spesso, i figli, i mariti o gli amici sono definiti tali in relazione a quella o a quell'altra attivista. Perché la chiave di volta sta nel protagonismo delle donne. Nelle lotte e non nelle circonvoluzioni linguistiche. 
Infine, la libertà di aborto non è mai stata vissuta, da chi ne ha portato avanti la battaglia per la liberazione (e io sono tra queste e tra di noi vi è chi lo praticava clandestinamente come ostetrica) in contrapposizione al concetto di maternità. A mio parere la libertà di abortire è stata una battaglia che ha reso la maternità più consapevole. Una scelta di libertà. 
E, a tal proposito, la concezione di maternità come ruolo dispari, in quanto il figlio è un minore, ci è quanto mai distante. È dispari perché il figlio non è autosufficiente? O perché non è capace di intendere e di volere? Se si estende questo concetto ad altre categorie umane, ne emerge una concezione della vita, questa sì, alquanto pericolosa. 
L'essere madre può essere esercitato senza divenire una forma di potere. E, ancora una volta, non voglio scomodare gli studi sul Matrismo, detto anche “Comunismo delle Donne”, collocato nel Neolitico europeo, l'assenza della proprietà privata dovuta al nomadismo, l'assenza dei recinti e quindi della guerra. Non voglio scomodare l'antropologa Evelyn Reed e la sua “Evoluzione della Donna”. E neppure l'archeologa Maria Gimbutas (anche se se ne consiglia la lettura). 
A me basta osservare con immenso piacere le nostre partecipatissime assemblee, dove non esistono “galli nel pollaio”, leaderismi di sorta, giudizi verticali calati dall'alto, verità in tasca usate come una mannaia. Dove non esiste l'amore per la polemica finalizzata all'aver ragione (di fallocratica memoria). 
Ma dove invece, nel cerchio, si respira forte un'atmosfera orizzontale. 
Dove chiunque, da subito, si sente a suo agio e anche le voci più maschili riescono ad esprimersi al meglio. 
Dove si decide, si ride tantissimo e si passa il cibo di mano in mano. 
                 Valentina Riemma 
                  (attivista nelle Mamme No Inceneritore) 
                  Firenze 
				
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Firenze, vecchio inceneritore - “Proiezione sui monumenti”. Il Monumento alla Morte  | 
                   
                 
                
  
                  Psichiatria e anti-/ Ma Mastrogiovanni sarebbe qui con noi... 		 
                   
                  Da qualche numero ha preso vita su “A” un dibattito 
                  su psichiatria e TSO, scaturito da un'intervista a Giorgio Antonucci 
                  di Moreno Paulon (Psichiatria 
                  e potere, “A” 408, giugno 2016) e che è 
                  poi continuato su “A” 411 (novembre 2016) con l'intervista 
                  a Piero Cipriano di Daniela Mallardi dal titolo La 
                  dignità dei devianti. 
                  Sono poi seguiti altri interventi: una lettera di Anna Grazia 
                  Stammati, presidente di Telefono Viola (Non 
                  basta eliminare il manicomio, bisogna distruggerne gli elementi 
                  costitutivi, “A” 414, marzo 2017) seguita 
                  da una risposta di Piero Cipriano (Ma 
                  il TSO, usato con etica, è uno strumento di tutela, 
                  “A” 414, marzo 2017). 
Interviene su questo numero Chiara Gazzola, autrice del libro Fra diagnosi e peccato. La discriminazione secolare nella psichiatria e nella religione (ed. Mimesis, 2015). 
                  
                 
Intervengo in questo dibattito non per amor di polemica, ma perché l'argomento rilancia moltissime possibilità di approfondimento, tante quanto le vittime di questa pseudo-scienza. 
A ridare dignità alla decennale e preziosa esperienza professionale di Giorgio Antonucci ci ha già pensato Anna Grazia Stammati; aggiungo soltanto che, avendolo intervistato in più occasioni (l'ultima per Fra diagnosi e peccato. La discriminazione secolare nella psichiatria e nella religione, edizioni Mimesis, 2015), so bene quanto ogni sua parola sia espressione di ciò che ha vissuto direttamente a stretto contatto con le persone che hanno subìto, o rischiavano di subire, la coercizione psichiatrica: dallo stigma della diagnosi ai ricoveri coatti, dai trattamenti meccanici a quelli chimici. 
Conversare con Giorgio significa percepire quel mondo di persone legate ad un letto per lunghi anni e private di ogni possibilità di esprimere il loro pensiero, o di sensibilità eccezionali ridisegnate sul lessico di una presunta patologia mentale; significa conoscere storie di superamento dalle sofferenze, e dei traumi esistenziali che le hanno causate, attraverso l'ascolto delle esigenze altrui instaurato da una relazione paritetica; significa riflettere su come e quanto si possa riacquisire autonomia nonostante le contraddizioni di una società escludente. Ciò che mi stupisce ogni volta è la semplicità con la quale racconta realtà che, se non fossero vere, sembrerebbero impossibili. 
Va poi sottolineato che negli anni in cui lavorò sull'Appennino reggiano si verificò una delle rarissime rivolte popolari contro i manicomi che gli valse la perdita dell'incarico ed ebbe forti ripercussioni politiche interne al PCI che amministrava il territorio; anche nella ventennale esperienza imolese non ebbe mai l'appoggio del potere politico, nonostante l'approvazione della legge 180. 
La determinazione di Antonucci non rappresenta l'unico modello possibile nel tentativo di ostacolare il potere psichiatrico; le modalità possono essere molteplici anche perché, sempre di più, l'invasività di questa pseudo-medicina, unita all'ideologia sulla quale si fonda, è un'arma utilizzata da diverse istituzioni: tribunali, servizi sociali, scuole, ecc. 
Ciò che mi sembra essenziale è l'eliminazione delle ambiguità: uno strumento repressivo non può trasformarsi in una forma di aiuto soltanto perché chi lo utilizza dichiara intenzioni magnanime, sarebbe come ricoprire di diamanti un carcere e affermare quanto sia bello e luminoso. Vivere in una società repressiva significa resistere, ogni individuo troverà il proprio percorso e se ne assumerà le responsabilità: quando da bambina mia madre mi chiudeva nello sgabuzzino dopo avermi picchiata perché avevo commesso il peccato della disubbidienza, probabilmente pensava di averlo fatto per il mio bene, un alibi infallibile! 
L'alternativa al TSO (trattamento sanitario obbligatorio) non è l'abbandono, ma il suo esatto opposto: l'ascolto e la disponibilità a stare di fianco alle persone nel momento in cui sono catturate dal malessere o, semplicemente, vengono giudicate fastidiose agli occhi di qualche intollerante. Significa creare una sorta di barriera protettiva in attesa che le condizioni cambino: basteranno 3 ore o i tempi si allungheranno? Questa è la sfida che contrasta con le nostre vite scandite dagli orologi e un limite oggettivo di interventi di supporto poco efficaci. Ogni storia vissuta è uno scenario nuovo, anche Giuseppe Bucalo ne racconta di sorprendenti, ma unite dal desiderio di evitare che una crisi passeggera possa essere ingabbiata dal controllo psichiatrico, camuffato dalla semantica del “percorso di guarigione” o dei “linguaggi condivisi”, che produrrà cronicità terapeutica. Se P. Cipriano trova la sua coerenza di psichiatra riluttante negli SPDC o CSM, non sta a me giudicare, ma sono sicura che Francesco Mastrogiovanni sarebbe ancora qui con noi ad intonare “Addio Lugano bella” se quel giorno non avessero chiamato il 118! 
La cultura manicomiale vince ogni volta che le nostre relazioni utilizzano il potere giudicante dei linguaggi verbali e paraverbali, o tendono a svilire i pensieri e le esperienze altrui. Penso che la capacità di ascolto parta dalla comprensione di un messaggio e non da una soggettiva interpretazione utile a stabilire il livello della condivisione o della denigrazione. 
                 Chiara Gazzola 
                  Marzabotto (Bo) 
				 
                  Messico/ Una candidata indigena alle presidenziali? 
                   
                   
                  “È per questo che noi 43 popoli di questo paese, 
                  come Congresso Nazionale Indigeno, riuniti in questo quinto 
                  Congresso, concordiamo di nominare un Consiglio Indigeno di 
                  Governo con rappresentanti, uomini e donne, di ciascuno dei 
                  popoli, tribù e nazioni che lo compongono. E che questo 
                  consiglio si proponga di governare questo paese. E che avrà 
                  come portavoce una donna indigena del CNI, di sangue indigeno 
                  e che conosca la propria cultura. Vale a dire che avrà 
                  come portavoce una donna indigena del CNI che sarà candidata 
                  indipendente alla presidenza del Messico per le elezioni del 
                  2018.”1 
 
Il primo gennaio 2017, dal palco di un affollatissimo Caracol di Oventic (Chiapas), sono state queste le parole che hanno voluto far tremare nei suoi centri la terra, a sancire l'accoglimento della proposta lanciata il 9 ottobre 2016 dall'Ejército Zapatista de Liberación Nacional (EZLN) al Congreso Nacional Indígena (CNI). 
Già nei giorni successivi al lancio della proposta, numerosi commenti off-line e on-line – soprattutto on-line – si sono sprecati nell'analisi della stessa, per lo più incentrati sulla questione della rappresentanza elettorale e sui paragoni con La Otra Campaña del 2006. Non sono mancate letture parziali della proposta e, men che meno, letture apertamente razziste, maschiliste e paternaliste. 
                  Quale la cornice nella quale si inserisce la proposta? Quale 
                  il ruolo dei principali artefici? Quali gli obiettivi? Nel tentativo 
                  non certo facile di rispondere a queste domande, non si può 
                  non prendere in considerazione, ancora una volta, il simbolismo 
                  che si cela dietro ogni parola e azione dell'EZLN. Le giornate 
                  a cavallo tra il 2016 e il 2017, caratterizzate dalla presenza 
                  del festival “L@s Zapatistas y las ConCiencias por la 
                  Humanidad”2, hanno offerto 
                  numerosi riferimenti simbolici, indifferentemente che fossero 
                  orali o pratici, utili a comprendere la portata della proposta. 
                  Quello che segue è un percorso esperienziale, nella speranza 
                  che possa stimolare ulteriori domande ad arricchire il dibattito 
                  dei prossimi mesi, in vista della nomina del Consiglio Indigeno 
                  di Governo prevista per gli ultimi giorni di maggio. 
				“Quel che noi non possiamo” 
                Alle 16, un'ora e mezza prima dell'inizio della sessione finale, la fila di attesa per l'ingresso all'auditorio del CIDECI – Universidad de la Tierra di San Cristóbal arriva fino al cancello di ingresso, incurante della pioggia nebulizzata che lenta pero avanza. Le persone più pigre o ritardatarie ripiegano sull'aula 2, fornita di televisore e amplificatori per seguire in tranquillità la chiusura della prima parte del ConCiencias prima di riprendere il 2 gennaio. La giornata è topica, ci si aspetta qualche riferimento alla proposta o alla possibilità di passare la notte successiva, quella di capodanno, al Caracol di Oventic, per festeggiare intorno al fuoco il ventitreesimo anniversario dell'insurrezione del 1994, quando l'EZLN si manifestò al mondo di sopra. 
Prende la parola il Subcomandante Moisés, spetta a lui restituire il punto di vista della comandancia dell'EZLN sul festival a conclusione di questa giornata. “Compagne, compagni, poche informazioni logistiche prima di passare la parola a una compagna e un compagno appartenenti al popolo Wixárika: a causa dei preparativi volti all'ospitalità delle delegate e dei delegati del CNI, vi invitiamo a non recarvi a Oventic prima del 1 gennaio”. Fine. Occhi spalancati, mani che sbattono sulla coscia, imprecazioni a mezza bocca, braccia allargate. Che intervento è mai questo? E soprattutto, niente notte di capodanno a Oventic? I volti di tante e tanti sono disperati come se avessero appena sentito che l'EZLN chiude i battenti a favore del capitalismo. 
Il microfono passa a una donna e poi a un giovane, entrambi delegati del popolo Wixárika presso il CNI, che raccontano della ruberia di terre nelle aree del Jalisco, Nayarit e Durango, della profanazione dei luoghi sacri della loro cosmogonia, della privatizzazione delle fonti d'acqua. Il tono del giovane è posato, cadenzato, circolare. Gli occhi che fissano un punto imprecisato della platea per guardare tutte e tutti. Si passa dalle privazioni alla resistenza, citando i comitati in difesa della vita e dell'acqua autorganizzati in 7 municipi nel territorio sacro e cerimoniale di Wirikuta a San Luis Potosí. L'intervento si chiude e il pubblico si disperde. 
Nella giornata che precede il ventitreesimo anniversario dell'insurrezione del 1994, quando l'EZLN si manifestò al mondo di sopra, quando sulla bocca di chiunque c'è la proposta che vuole far tremare nei suoi centri la terra, l'EZLN sceglie di non parlare e di lasciare la parola al CNI: questo è accaduto. 
				Rappresentanza elettorale e autonomie 
                In questo contesto di guerra, la sfida civile che l'EZLN ha posto al CNI sarà il punto nodale degli ultimi mesi, e quella sulla quale si è consumato gran parte del dibattito nelle ultime settimane, ovvero la questione della rappresentanza elettorale. A questo proposito, è bene precisare che l'approccio dell'EZLN al voto è sempre stato politico e mai ideologico. Cosa significa? 
                  L'EZLN ha sempre affermato di non voler prendere il potere3, 
                  e la proposta fatta al CNI si inserisce in questa presa di posizione. 
                  La proposta nasce in seno all'EZLN ma è stata rimessa 
                  nelle mani del CNI. Quindi il CNI può prendere il potere? 
                  Siamo nel terreno della fiducia e della scommessa. Nonostante 
                  l'autoritarismo insito nella rappresentanza elettorale e nella 
                  democrazia rappresentativa, l'EZLN ha alle spalle un progetto 
                  politico genuinamente altro rispetto allo Stato, e il CNI ha 
                  in potenza una conflittualità fortissima con ogni apparato 
                  istituzionale. Considerazione rafforzata dalle parole pronunciate 
                  il 1 gennaio dallo stesso CNI, affermando la volontà 
                  di far tremare nei suoi centri la terra. In quel momento il 
                  CNI ha fatto suoi i sette principi zapatisti del “Comandare 
                  obbedendo”, riconoscendosi in maniera definitiva nel progetto 
                  politico inaugurato dall'EZLN nel 1994, ovvero la creazione 
                  di autonomie territoriali che sappiano porsi in maniera conflittuale 
                  con lo Stato ed essere altre rispetto a questo. (...) 
Si dovrà però aspettare qualche settimana prima di comprendere meglio il processo che porterà la proposta nel resto delle geografie messicane, e come il CNI vuole costruire autonomie nei suoi popoli, nazioni e comunità per poi estenderle agli ambienti non-indigeni. Non rimane che attendere per comprendere se la fiducia posta in questo ennesimo atto di fantasia dell'EZLN e del CNI sia stata ben riposta o se si corromperà lungo le strade messicane. 
                 Simone Ogno 
                  Roma                 
                  - http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2017/01/04/e-tremo-rapporto-dallepicentro/ 
                  
 - http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2016/12/24/17693/ 
                  
 - http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2016/11/19/una-storia-per-cercare-di-capire/ 
                
  
				 
                  
                   
                    |   Grazie Fausta! 
                       La 
                        legge sulla stampa prevede che i periodici abbiano un 
                        responsabile legale iscritto all'Ordine dei Giornalisti, 
                        elenco pubblicisti o giornalisti professionisti. 
                        Dal febbraio 1976 ("A" 44) per "A" 
                        lo è stata Fausta Bizzozzero, una delle fondatrici 
                        e redattrice fino al 1989. Dopo 41 anni e due mesi (e 
                        371 numeri di "A"), Fausta lascia da questo 
                        numero la responsabilità legale della nostra rivista. 
                        La ringraziamo di cuore e ci piace ricordare il piccolo 
                        particolare che ha sempre voluto pagare la propria iscrizione 
                        annuale all'Albo dei Giornalisti (utile solo per assumere 
                        la responsibilità legale di "A"). Non 
                        ha mai accettato rimborsi e anche di questo le siamo grati. 
                        A Fausta subentra ora Paolo Finzi, della nostra redazione, 
                        che già lo era stato dall'aprile 1973 al settembre 
                        1974.  
                       | 
                   
                 
                
  
                
                   
                    |     
                      Da 
                        venerdì 22 a domenica 24 settembre si terrà 
                        a Firenze, nell'ormai consueto teatro Obihall (in via 
                        Fabrizio De André, angolo lungarno Aldo Moro) la 
                       Vetrina 
                        dell'editoria e delle culture  anarchiche e libertarie 
                       
                         
                          La manifestazione, promossa dall'Ateneo Libertario di 
                          Firenze, avrà carattere internazionale e ospiterà 
                          editori e autori di area anarchica e libertaria. Oltre 
                          alla presentazione di libri, lo spazio è aperto 
                          ai periodici e alla stampa in tutte le sue forrme: mostre, 
                          audiovisivi, arti grafiche... 
                           
                          Come sempre ci saranno eventi come dibattiti, laboratori 
                          di vario genere, spettacoli teatrali e musicali. 
                           
                          Si aggiunge, in quest'edizione, uno spazio coperto per 
                          le organizzazioni produttive autogestite, che vorranno 
                          mostrare i propri prodotti. 
                           
                          Per info, adesioni, ecc.: vetrinalibertaria@inventati.org 
                         
                         
                         
                        La 
                          nostra rivista sarà come di consueto presente 
                          in un bancone condiviso con Elèuthera, Centro 
                          studi libertariArchivio Pinelli e rivista Libertaria.  
                        | 
                   
                 
                
                
                      
                  
                     
                      |    I 
                          nostri fondi neri 
                             | 
                     
                     
                        
                          Sottoscrizioni. 
                            Federico Vercellino (Milano) 15,00; Angelo Pagliaro 
                            (Paola – Cs) 10,00; Gianni Richini (Verbania) 
                            10,00; Sergio Pozzo (Arignano – To) 10,00; Milena 
                            Soldati (Clermont Ferrand – Francia) 200,00; 
                            Nazario Pignotti (Grottammare – Ap) 10,00; Federico 
                            Taroni (Menaggio – Co) 30,00; a/m Ivan Bettini, 
                            gli amici di Gorgonzola (Mi) ricordando Gianfranco 
                            Aresi, 70,00; Rolando Paolicchi (Pisa) saluti anarchici, 
                            10,00; Bruna Mino (Pavone Canavese – To) 8,00; 
                            Pietro Busalacchi (Napoli) 20,00; Mario Bielli (Tavernole 
                            sul Mella -Bs) 10,00: Pasquale Piergiovanni (Terlizzi 
                            – Ba) 10,00; Vergolini – Redi (Premariacco 
                            - Ud) 10,00; Pasquale Messina (Milano) ricordando 
                            Amedeo Bertolo, 50,00; Roberto Bernabucci (Cartoceto 
                            – Pu) 60,00; Saverio Nicassio (Bologna) in ricordo 
                            di Amedeo Bertolo, 50,00; a/m Marco Pandin, Maurizio 
                            Strini (Piacenza) 50,00; Giovanna Gervasio Carbonaro 
                            (Bagno a Ripoli – Fi) 50,00; Aurora e Paolo 
                            (Milano) ricordando Amelia Pastorello e Alfonso Failla, 
                            500,00; Paolo Sabatini (Firenze) 20,00; Claudio Albertani 
                            (Città del Messico– Messico) 50,00; Franco 
                            Codolo (Venezia) 10,00; Dino Delcaro (San Francesco 
                            al Campo – To) 10,00; Davide Turcato (Modena) 
                            100,00; Rosanna Ambrogetti e Franco Melandri (Forlì), 
                            46,40; Tristana Perfetti (Venezia – Mestre) 
                            10,00 Fabio Ferrari (Orsara Bormida – Al) 10,00; 
                            Giuseppe Galzerano (Casalvelino Scalo – Sa) 
                            40,00; Centro studi storici della Val di Pesa (San 
                            Casciano Val di Pesa) contributo per “A” 
                            413, 20,00; Maurizio Marano (Pescara) 10,00; Massimo 
                            Torsello (Milano) 10,00; Gudo Bozak (Treviso) 160,00; 
                            Marc Rives (Firenze) 200,00; Pasquale Messina (Milano) 
                            ricordando mio padre, 50,00; Luca Pietro Belluschi 
                            (Usmate Velate – Mb) 10,00; Igor Cardella (Palermo) 
                            40,00; Oscar De Janossi (Aosta) ricordando Ugo Fedeli, 
                            Clelia Premoli e Hughetto, 500,00; Alfredo Mazzucchelli 
                            (Carrara) 100,00. Totale 
                            € 2.579,40. 
                             
                            Ricordiamo che tra le sottoscrizioni registriamo 
                            anche le quote eccedenti il normale costo dell'abbonamento. 
                            Per esempio, chi ci manda € 50,00 per un abbonamento 
                            normale in Italia (che costa € 40,00) vede registrata 
                            tra le sottoscrizioni la somma di € 10,00. 
                          Abbonamenti sostenitori. 
                            (quando non altrimenti specificato, si tratta dell'importo 
                            di cento euro). Massimo Ortalli (Imola); Gianluigi 
                            Botteghi (Rimini); Fulvia De Michel (Belluno); famiglia 
                            Alioti (Genova) 150,00; GianLorenzo Tondelli (Castelnuovo 
                            ne' Monti – Re); ricordando PierLuigi Magni 
                            e Franco Pasello; Fantasio Piccolo (Milano) in ricordo 
                            di mio padre Tullio, 125,00; Marco Bianchi (Arezzo); 
                            Letizia Larocchi Maltini (Milano) ricordando Enrico 
                            Maltini; Claudio Stocco (Saonara – Pd); Roberto 
                            Panzeri (Valgreghentino – Lc); Ermanno Battaglini 
                            (Oria – Br); Andrea Albertini (Merano – 
                            Bz); Pietro Masiello (Roma); Mirko Negri (Livraga 
                            – Lo); Gudo Bozak (Treviso). Totale 
                            € 1.575,00. 
                          | 
                     
                   
                 
                 
                Sul penultimo numero, nel registrare l'abbonamento 
                  sostenitore di Tiziano Viganò (Valaperta di Casatenovo 
                  - Lc) abbiamo omesso di aggiungere la motivazione “ricordando 
                  Pier Luigi Magni e Franco Pasello”. Due compagni cari 
                  anche ai più vecchi di noi, che li conobbero. Franco, 
                  poi, è stato l'individuo che ha venduto più copie 
                  di “A” nella sua vita. Ma non lo ricordiamo solo 
                  per questo.  |