Rivista Anarchica Online




“Elezioni, noi non ci saremo” chiarisce una fascetta stampata in alto a destra sulla copertina del n. 82 (aprile 1980). E il disegno che campeggia in copertina riporta un ironico menù con i provvedimenti recentemente presi dal governo. E il solito Anarchik che si interroga “Contro il menù del potere, che vogliamo fare?” E all'interno, in apertura, sono due articoli (il primo di Roberto Ambrosoli, il padre di Anarchik, il secondo di Paolo Finzi) a ripercorrere le ragioni del tradizionale astensionismo anarchico, riletto (e confermato) alla luce anche delle recenti evoluzioni del potere.
Contro il potere – si gridava allora per le strade – autogestione! E all'autogestione è dedicato lo scritto di Luciano Lanza, particolarmente significativo perché si tratta del suo intervento durante un convegno sindacale a cui erano presenti vari esponenti politici e sindacali, il più noto (e prestigioso) era Bruno Trentin, segretario della FIOM (i metalmeccanici della CGIL). Una bella “lezione” anarchica a chi certo non se l'aspettava.
Poi in successione articoli come al solito molto differenti tra loro. Il carcerato Horst Fantazzini manda una lettera dall'Asinara (“La Guyana sarda”) per descrivere le condizioni di vita dei reclusi; un allora giovane architetto Franco Bunçuga riferisce di un convegno sull'autocostruzione e tecnologie conviviali; un redattore di “A” intervista Ivan Illich, originale pensatore, prete spretato, mente lucida e critica che spazia dalla medicina alla scuola, dalla pace alla convivialità.
Domenico “Mimmo” Pucciarelli scrive di “autogestione a tavola”, riferendo anche di un'esperienza di locale alternativo a Lione, la città in cui viveva dopo esser espatriato per non sottostare all'obbligo della leva militare. Piero Flecchia recensisce un libro di grande interesse, la Storia dell'intolleranza in Europa, una lucida ricostruzione e critica del ruolo oscurantista svolto dalla Chiesa cattolica nel corso di secoli e secoli di storia europea.
Antonio Lombardo è l'autore di un lungo scritto su i rapporti tra anarchia e nonviolenza. La redazione lo pubblica, segnalando il proprio dissenso di fondo verso chi fa della violenza la discriminante nelle lotte sociali. E mette sullo stesso piano, da questo punto di vista, nonviolenti e lottarmatisti, proponendo un uso razionale della violenza. Un dibattito ancora, e sempre, aperto.
Due scritti di Avraham Yassour, docente all'Istituto di ricerche sul kibbutz e sull'idea cooperativa, affrontano questo aspetto della società israeliana.
Le ultime tre pagine del numero sono dedicate a un bel resoconto di Marianne Enckell (allora come oggi, anima del Centro internazionale per le ricerche sull'anarchismo – CIRA – a Ginevra) su di un Simposio internazionale sull'anarchismo tenutosi a Portland, sulla costa pacifica degli USA. Correda il resoconto una bella intervista alla scrittrice di “fantascienza sociale” Ursula Le Guin, che da poco aveva pubblicato I reietti dell'altro pianeta (“The dispossessed” il titolo originale). Questo libro, con la descrizione del pianeta “anarchico” Anarres, era all'epoca di grande successo e resta tuttora una delle più intriganti descrizioni di una società anarchica.
Da segnalare, in quarta di copertina, la riproduzione a tutta pagina di un manifesto astensionista della sezione di Pisa della Federazione Nazionale della Gioventù Socialista. Correva il 1909. In vista delle elezioni politiche dell'imminente 8 giugno 1980, un documento di 70 anni prima per ricordare che il non-voto è stato, in piccola parte, patrimonio anche di altre forze di sinistra che non fossero gli anarchici.
Date infine un'occhiata alle sottoscrizioni pervenute nell'ultimo mese, 37 anni fa: la maggioranza proveniva dagli Stati Uniti, da parte di singoli e soprattutto di gruppi (riunitisi per i loro periodici pic-nic) di militanti anarchiche e anarchici lì residenti. Oggi tutte/i quelle compagne e compagni sono morte/i. Quel movimento anarchico di lingua italiana è finito. Ci piace per questo ricordarlo anche in questo suo aspetto di solidarietà con tante iniziative anarchiche nel mondo, e in particolare con la nostra rivista.
Nei primi vent'anni della nostra storia quei “cheque” dal Nord America (e da molti altri paesi dell'emigrazione anarchica di lingua italiana, dal Belgio all'Australia) sono stati importanti nel consentirci di tirare avanti. Di fare, come intendevano quei compagni, della buona “propaganda anarchica”.