Rivista Anarchica Online


archeologia sociale

Nomadi
o sedentari

di Roberto Arciero


Appunti sullo sviluppo delle prime società non statali.
Come l'archeologia sociale contribuisce a rileggere con spirito critico
la storia e le caratteristiche di antiche popolazioni asiatiche
senza un'autorità centrale.
Per esempio in Turkmenistan e Kazakistan...


Se è vero che oggigiorno lo Stato, o l'idea che abbiamo di esso, sembri un'entità giuridica insostituibile, bisogna considerare che non è sempre stato così. Per l'ottanta per cento della sua esistenza l'Homo sapiens ha vissuto senza che vi fosse alcun bisogno di leggi ed istituzioni che regolassero la sua vita. Il concetto di Stato-Nazione cominciò a svilupparsi già alla fine del XV sec., ed ebbe il suo apice nel XIX sec., ma la prima creazione di un modello statale, inteso come entità capace di accentrare diversi poteri, sia religiosi che amministrativi, si sviluppò già a partire dall' Età del Bronzo (2900-1200 a. C.) nelle fertili pianure del Tigri e dell'Eufrate. Diversi sono stati i fattori, economici e culturali, che hanno portato alla creazione di ristrette élites, in grado di governare ed avere il controllo su vasti territori. Il più delle volte il potere si traduceva nella riscossione di imposte su capi di bestiame e produzione agricola anzichè su un reale monitoraggio del territorio. Innumerevoli sono stati i fattori che hanno favorito la creazione di un'autorità centrale, primo fra tutti, come sottolinea J.C. Scott (2009), è l'agricoltura. Il processo evolutivo che ha portato gruppi di individui a fermarsi in un determinato territorio ed avviare un' economia prettamente agricola ( quindi non più nomade) è alla base della futura costituzione delle società proto-Statali, dall'Iraq alla Valle dell'Indo.
Per capire ciò bisogna fare un passo indietro, quando tra l'VIII ed il V millennio a.C. molte delle specie selvatiche cominciarono ad essere domesticate, dando avvio alla rivoluzione neolitica. Per domesticazione si intende quel processo attraverso il quale l'uomo decide liberamente di selezionare una specie selvatica piuttosto che un'altra perchè giudicata più vantaggiosa. Spesso il beneficio si traduceva in termini di “resistenza e raccolto“ della pianta, che poteva essere anche cinque, sei volte maggiore rispetto a quella selvatica. Ciò poteva generare nel tempo, e durante le annate favorevoli, un surplus alimentare da poter immagazzinare e rivendere qualora ce ne fosse stato bisogno. In particolare, bisogna considerare le specie cerialicole (famiglia delle Poaceae), quali grano, orzo e miglio, da sempre base alimentare e nutritiva delle nascenti società complesse. Tale processo di “stoccaggio“ degli alimenti, come evidenziato da V.G. Childe nel suo famoso articolo (1950), insieme ad altri fattori quali l'incremento della popolazione dato da un maggiore apporto alimentare, la divisione del lavoro ed una crescente classe dominante, portarono piccole comunità amministrate per lo più in base a rapporti di parentela (Kinship), ad un livello “ statale“ e proto-statale.
Ulteriore aspetto chiave delle prime società statali fu sicuramente l'ambiente, ed in particolare le risorse idriche. Non è difficile pensare che in ambienti aridi o semi-aridi, quali erano appunto i territori mesopotamici, l'acqua rappresentasse l'unica fonte di vita, capace di irrigare campi e creare richezza alimentare. Il controllo e l'amministrazione sulla risorsa idrica, ed in particolare canali e dighe, furono componenti essenziali dei futuri imperi mesopotamici durante l'età del Bronzo; tanto importante da portare, nel 1957, K. Wittfogel a coniare il termine di “Imperi Idraulici“ nel suo famoso volume sui dispotismi orientali (1957). Secondo Wittfogel le prime società statali, non solo si svilupparono solo grazie al controllo sulla risorsa idrica, ma anche grazie ad una società con un potere centralizzato che era in grado di gestire la costruzione e la manutenzione di strutture idrauliche (canali, dragaggio, controllo delle dighe). In realtà, Wittfogel non tenne in considerazione diversi aspetti della ricerca; recenti studi archeologici nel Vicino Oriente ed in Asia Centrale (Wilkinson et.al., 2015) hanno dimostrato, non solo che le società che non avevano un potere centrale erano perfettamente in grado di costruire e gestire opere di ingegneria idraulica - probabilmente attraverso alleanze - ma che in molti casi furono proprio le successive società “statali“ ad avvantaggiarsi di queste opere. Ciò ha senza dubbio avvalorato l'idea che un'autorità centrale non fosse indispensabile, come supposto da Wittfogel, alla realizzazione di importanti opere idrauliche.



Turkmenistan – Nel deserto del Karakum ancora oggi, durante la stagione
invernale, gruppi di pastori semi-nomadi popolano la regione


Kazakistan – Pastori, eredi di una tradizione millenaria, portano al pascolo il proprio gregge


Il paesaggio,
un fattore fondamentale

Contemporaneamente alla nascita delle prime società statali e proto-statali si osserva, da un punto di vista archeologico, che molte aree geografiche non furono interessate da questo fenomeno di “centralizzazione del potere“. Al contrario, volendo usare un termine di J.C. Scott, molte di esse rimasero per lungo tempo “Not State Space“ (aree senza Stato). Lo stesso Scott individua una macro area, comunemente chiamata Zomia, compresa tra Myanmar, Vietnam, e sud-est della Cina. In alcuni popoli indigeni ad oggi non sono ancora completamente integrati nei rispettivi Stati nazionali. Mentre queste tribù nomadi vivono per lo più nelle aree montane, le città sono geograficamente situate nelle pianure circostanti, il più delle volte nelle zone alluvionali. Ciò introduce la principale discriminante individuata da Scott nel suo studio; tra le società statali e le tribù che condividevano lo stesso territorio, l'agricoltura ha da sempre rappresentato un elemento di rottura. Le tribù montane, attraverso un'economia basata sulla caccia ed un'agricoltura “mobile“ ed in scala ridotta (slah-and-burn), potevano sottrarsi ad un potere statale che, il più delle volte, si esplicitava in dazi ed imposte. Alcuni studi, forse non a torto, sostengono addirittura che la Grande Muraglia Cinese, costruita a partire dal III sec. a.C., avesse lo scopo non tanto di tenere fuori le bellicose popolazioni nomadi centro asiatiche, quanto piuttosto di controllare e tassare le popolazioni sedentarie stanziate al suo interno (Di Cosmo, 2002).
Ciò che emerge da tale studio, e che a mio avviso che non viene rimarcato con la dovuta importanza da Scott, è il ruolo svolto dall'ambiente nelle decisioni umane. Pierre Clastres (1974), parlando dell'economia di alcune tribù amazzoniche del Brasile, le definisce “economie dell'abbondanza“ in contrapposizione ideologica a quelle di “sussitenza“. L'abbondanza era data dal territorio circostante (la foresta pluviale) che per le sue caratteristiche – ricchezza di frutti e selvaggina tutto l'anno - non richiedeva di accumulare un surplus alimentare. Su un piano prettamente archeologico ritroviamo invece, nelle immense distese centro asiatiche, qualcosa di molto simile. Mentre tra l'inzio del III millennio ed il I millennio a.C. le regione dell'Iraq e dell'Iran, videro il sorgere di società statali e proto-statali, allo stesso tempo intere aree comprese tra l'attuale Kazakistan, Turkmenistan, Nord-Ovest della Cina e Mongolia videro lo sviluppo di società i cui rapporti, politici e economici, si basarono prevalentemente su alleanze e parentele. Furono queste le stesse tribù che secoli più tardi divennero il cuore pulsante della Via della seta. Materie preziose, spezie, fino al più nobile dei tessuti – la seta – nulla di ciò sarebbe giunto in Europa senza l'intermediazione delle “popolazioni di mezzo“. Cosa favorì però, o sarebbe forse meglio dire non favorì, lo sviluppo delle prime società protostatali in queste aree?
A ben guardare, il paesaggio ebbe un ruolo fondamentale nelle decisioni umane. Se è vero che l'ambiente non fu l'unico fattore determinante nell'organizzazione delle prime società, esso stabilì sicuramente il contesto in cui quest'ultime dovettero adattarsi (Dincauze, 2000). La vera richezza dei “signori delle steppe“ furono sopratutto le immense praterie, composte per lo più da erbe graminacee e arbusti. A differenza delle pianure alluvionali, nelle steppe dell' Asia Centrale il surplus alimentare fu dato dagli immensi pascoli che divennero una riserva infinita di nutrimento per migliaia di capi di bestiame; in tale ambiente un'economia basata solo sull'agricoltura sarebbe risultata impossibile. Allo stesso tempo però, un'economia costituita essenzialmente sull'allevamento, e quindi giocoforza subordinata agli spostamenti in base alle risorse disponibili, non permetteva un eccessivo accumulo di ricchezze. L'unica vera richezza di cui le tribù dell' Asia Centrale si servirono per millenni fu, senza dubbio, l'ambiente. Una società di tipo proto-statale sarebbe risultata incapace di sfruttare le risorse “mobili“ del territorio, quali appunto le praterie, e allo stesso tempo incapace di imporre imposte. Essa sarebbe stata quindi una scelta sbagliata e inconcludente.

Contro il modello
statale-sedentario

A supporto di ciò, recenti studi condotti in diversi siti archeologici dell'età del Ferro (I millennio a. C.), lungo le valli del fiume Syrdarya (Kazakistan), sembrerebbero confutare le precedenti teorie presentate già agli inzi dello scorso secolo dall'archeologo sovietico S.P. Tosltov. Secondo Tolstov, e secondo altri studiosi, la regione è da sempre stata considerata come un grande “stato agrario“ che si basava su sistemi di irrigazione tecnologicamente avanzati. A tale ragione i siti archeologici fortificati sono da sempre stati ritenuti come veri e propri centri urbani, amministrati da un'autorità centrale che li difendeva e li utilizzava per stoccare il surplus agricolo. Ciò che invece è emerso da un recente studio presentato da G.L Bonora, è un utilizzo completamente diverso di tali strutture (denominati Fortified Enclosure). Essi, a differenza di quanto si è fin'ora ritenuto, erano centri specializzati per le élite delle tribù locali, che vivevano in un territorio a bassa densità demografica e con un'economia agro pastorale. Non erano dunque dei centri urbani fortificati di una nascente società statale ma, a giudicare dalla mancanza di chiari elementi architettonici che contraddistinguono un centro urbano, erano piuttosto centri cerimoniali, funerari e, più in generale, utilizzati solo in alcuni periodi dell'anno per rinsaldare poteri ed alleanze all'interno di tribù nomadi che si spostavano sul territorio.
Concludendo, quest'ultimo studio dimostra quanto l'ambiente sia stato un elemento chiave per lo sviluppo delle società non statali. Difficilmente, al contrario di quanto sostenuto da Scott, queste società attuarono una politica di “opposizione consapevole“ alle vicine società statali. Quel che sembra essere certo però, è che videro nel modello “statale-sedentario“ uno schema sociale completamente inadeguato ed inappropriato allo sfruttamento dei territori circostanti.

Roberto Arciero


Per saperne di più
(in italiano e in inglese)

Childe V. G. (2004), La Rivoluzione Urbana, a cura di Bianchi A. e Liverani M., Rubbettino Edizioni.
Clastres P. (2013), La Societa contro lo Stato: ricerche di antropologia politica, Ombre corte.
Di Cosmo N., (2002) Ancient China and Its Enemies: The Rise of Nomadic Power in East Asian History, Cambridge University Press.
Dincauze D. (2000), Environmental Archaeology: Principle and Practice, Cambridge University Press, Cambridge.
Scott J. C. (2009), The Art of Not Be Governed: an anarchist history of upland southeast Asia, Yale University Press.
Wilkinson T.J., Rayne L., Jotheri J. (2015), Hydraulic landscapes in Mesopotamia: the role of human niche construction, Water History, 7:397–418.
Wittfogel K. A. (2012), Dispotismo Orientale, PGreco Edizioni.