Rivista Anarchica Online


America Latina

Società (altre)
in movimento

intervista a Raúl Zibechi di Orsetta Bellani


Teologia della liberazione, indigenismo, educazione popolare e guevarismo sono i quattro principali movimenti sociali nell'America Latina. Pratiche in continua evoluzione, relazioni sociali “altre“ e auto-organizzazione sono le caratteristiche comuni.
E per quanto riguarda lo zapatismo in Chiapas...
Questa intervista fa parte del volume, appena uscito, di Orsetta Bellani Indios senza re. Conversazioni con gli zapatisti su autonomia e resistenza.


Nel maggio 2015 a san Cristóbal de Las Casas si è tenuto il seminario «Il pensiero critico di fronte all'idra capitalista», a cui hanno partecipato decine di intellettuali e attivisti provenienti da vari Paesi del mondo. Fra loro Raúl Zibechi, pensatore-attivista uruguayano, autore di numerosi articoli e saggi sui movimenti sociali latinoamericani. Grazie alla sua analisi brillante e la sua prosa leggera, Zibechi è oggi uno dei punti di riferimento fondamentali per chi vuole capire i movimenti sociali del continente e i processi politici che lo attraversano.
Ho avuto il piacere di incontrarlo a margine del seminario, fra una lasagna e un bicchiere di vino.

Da quale punto di vista possiamo osservare i movimenti sociali latinoamericani? Quali elementi dobbiamo prendere in considerazione per analizzarli?
Non bisogna analizzare i movimenti latinoamericani con una mentalità europea. In America Latina ci sono quattro correnti di pensiero, di azione e culturali. Una è la teologia della liberazione, teorizzata a partire dalle pratiche delle comunità ecclesiastiche di base. se c'è una corrente universale in America Latina, questa è la teologia della liberazione. Una seconda corrente è l'indigenismo. negli anni '70 i popoli indigeni iniziano a creare organizzazioni proprie, come la Ecuarunari in Ecuador o il CRIC in Colombia, facendo un lavoro interno di “lavaggio“ dal colonialismo, che era stato loro imposto ed interiorizzato. Un po' come i movimenti femministi, che fanno un lavoro di “lavaggio“ dal maschilismo dominante. La terza corrente è quella dell'educazione popolare di Paulo Freire, che nasce negli anni '60 e si espande fortemente negli anni '70. Secondo questa cultura politica le persone già sanno, non c'è bisogno di insegnare loro nulla, ma è necessario creare spazi affinché le conoscenze si condividano. La quarta è il guevarismo, dalla figura di Che Guevara. Una parte dei militanti delle guerriglie, una volta sconfitti, si sono inseriti nei movimenti sociali e ora lavorano nei movimenti. Queste quattro correnti sono tutte presenti e forti qui in Chiapas. In tutti i movimenti latinoamericani si incontrano almeno due di queste correnti culturali, che non sono linee politiche.

Il concetto di movimento sociale si adatta sia ai gruppi organizzati europei che a quelli latinoamericani?
Penso che il concetto di movimento sociale sia un concetto europeo e nordamericano, la sociologia dei movimenti sociali è una riflessione valida per capire solo i movimenti del nord. Lo zapatismo, o il movimento indigeno Nasa in Colombia, o quello piquetero in Argentina, hanno alcune caratteristiche proprie dei movimenti sociali, ma non lo sono. secondo me bisogna rivedere il concetto di movimento sociale, mi piace utilizzare il termine “società altre in movimento“ (“sociedades otras en movimiento“), perché si tratta di relazioni sociali distinte da quelle egemoniche. A me non interessano troppo la teoria e i concetti, però ci sono alcuni intellettuali che hanno lavorato su questo, per esempio Luis Tapia, che parla di “movimenti societali“, ovvero movimenti di una società. Anche Álvaro García lo dice, secondo lui i movimenti sociali boliviani hanno messo in movimento relazioni sociali “altre“. In America Latina ci sono organizzazioni che sono, alla stesso tempo, movimento e “società altra“, ad esempio l'organizzazione indigena Conaie dell'Ecuador.

Quali sono le principali differenze tra le “società altre in movimento“ europee e latinoamericane? Da cosa sono determinate?
In America Latina esistono relazioni sociali eterogenee, mentre in Europa sono omogenee. In Europa la gente vive del salario, anche se la situazione sta cominciando a cambiare a causa dell'immigrazione. In America Latina esistono cinque forme di lavoro, che rivelano una maggiore eterogeneità sociale: il salario, la schiavitù, la servitù, il commercio informale e la reciprocità. Quest'ultima si riferisce al lavoro in comune, ad esempio quando bisogna costruire il tetto di una casa, tutta la famiglia e gli amici vengono a lavorare senza ricevere nulla in cambio a parte il cibo, non c'è l'intermediazione del denaro. Queste cinque forme di lavoro rimangono sotto l'ombrello capitalista, però l'eterogeneità delle relazioni fa sì che i movimenti non rispondano a un solo padrone, che è colui che controlla il salario, bensì a vari. Un'altra questione decisiva è che in America Latina i movimenti sono soprattutto territoriali, legati a comunità territorializzate. Questo è importante perché il recupero e il controllo dei territori è la norma dei movimenti indigeni e contadini latinoamericani, anche nel caso degli zapatisti. Ci sono molte altre differenze, per esempio la maniera in cui ci si “conta“ nei movimenti: se vai in un centro sociale in Italia e chiedi quanti sono i militanti, ti risponderanno quante persone ci sono, mentre se vai in una comunità latinoamericana ti risponderanno quante famiglie ne fanno parte. Altre differenze riguardano il ruolo della donna e la capacità di auto-organizzazione dei movimenti. Tu sei stata all'Escuelita Zapatista, hai visto che la salute, l'educazione, la produzione, la distribuzione e la giustizia sono auto-organizzate. Non tutti i movimenti hanno un'auto-organizzazione completa come quella degli zapatisti, ma in generale tutti hanno almeno alcune di queste caratteristiche.

L'America Latina viene percepita dagli europei come il continente delle lotte sociali. Lo è davvero? Quali sono le cause storiche?
Di lotte ne esistono in tutti i continenti, ma quelle latinoamericane hanno avuto più impatto perché sono organizzate in movimenti sociali, e per questo risultano più comprensibili. Le loro origini sono varie. Il movimento indigeno, ad esempio, ha una genealogia molto chiara. nasce nel periodo della Conquista, nel caso del sud America consideriamo che è nato a partire dalla rivolta di Tupac Amaru e Tupac Catari, nel 1780, durante il periodo della Rivoluzione Francese. I movimenti contadini meticci sono nati nel secolo XX in diversi paesi, ed erano influenzati dalla teologia della liberazione. nel caso di quelli afrodiscendenti, la genealogia è legata ai quilombos [villaggi in cui si rifugiavano i neri liberti]. Poi esiste il movimento operaio, a partire dal 1900, con l'industrializzazione di Paesi come Argentina, Bolivia, Cile e Messico. L'industria non è il settore più determinante nel continente, ma il movimento operaio ha avuto momenti importanti, soprattutto in Argentina. Gli anni 1960 sono stati un momento molto importante in America Latina, oltre alle lotte sociali apparirono le guerriglie. In alcuni casi sono contadine e indigene, in altri casi sono meticce. In quell'epoca sono emersi molti attori che hanno in comune la lotta contro l'oligarchia.

In che modo si sono trasformati i movimenti sociali latinoamericani a partire dagli anni '90? Hanno caratteristiche comuni tra loro?
Per mettere un po' di ordine, possiamo parlare dell'esistenza di tre tappe nello sviluppo dei movimenti sociali latinoamericani. La prima tappa è la perdita di egemonia del movimento operaio e sindacale in tutta l'America Latina intorno agli anni '70-'80. I colpi di stato in Argentina, Cile, Brasile, Uruguay marcano la fine del periodo egemonico dei movimenti sindacali. A questo è seguito un periodo che, utilizzando un linguaggio sociologico, potremmo definire «dei nuovi movimenti sociali». sono quelli emersi negli anni '70: il movimento contadino, indigeno, delle periferie urbane. Il declino di questi movimenti avviene in concomitanza con la nascita dei governi progressisti, negli anni 2000. Da quel momento le cose iniziano a complicarsi, ma c'è un'altra tendenza, quella dei nuovi nuovi movimenti», i movimenti post-progressisti, che creano una rottura con la logica statista classica. Questi nuovi movimenti hanno una doppia dinamica, come il Movimento sem Terra (MsT) in Brasile: il gruppo di militanti è verticale, tipo un partito, ma ci sono anche le comunità (asentamientos). si distinguono quindi due dinamiche, le comunità da un lato e l'apparato militante dall'altro, e non c'è una relazione di dominazione tra le due parti. Anche questi movimenti entrano in crisi, alcuni si reinventano, altri subiscono un forte declino. Però danno vita a una nuova ondata di movimenti, ad esempio il movimento Passe Livre in Brasile per il trasporto libero, che ha cinque caratteristiche: autonomia, federalismo, consenso nel prendere decisioni, orizzontalità e apartitismo.

Parlando dei Sem Terra del Brasile, sono stati capaci di cambiare nel corso degli anni?
I Sem Terra secondo me hanno un problema molto grave, ossia che rimangono vicini al governo nonostante non faccia niente per loro. Sono in una situazione molto complicata che credo non sappiano come risolvere. Dieci anni fa il MST era l'unico grande movimento in Brasile, nel frattempo ne sono sorti di nuovi che hanno un apparato organizzativo molto debole, però sono ben organizzati alla base e hanno una buona capacità di azione. Come il già citato Movimento Passe Livre [trasporto libero] o quello dei Sem Teto [senza tetto], che fanno parte dei “nuovi nuovi movimenti“.

E gli zapatisti, hanno saputo evolversi?
Credo che lo zapatismo si sia reinventato, non è lo stesso del 1994. Tutti i movimenti – così come le persone – nascono, si sviluppano, e alcuni prima di cadere hanno la capacità di reinventarsi. Quando parliamo di movimenti, o di società in movimento, o di comunità, possiamo analizzare due aspetti: l'istituzione (la comunità e il movimento possono essere istituzioni) o le loro pratiche. Sono due logiche distinte, a me interessano le pratiche, perché sono loro a costruire movimento. Tu vai all'Escuelita Zapatista e vedi pratiche innovatrici: i lavori collettivi, il lavoro delle donne, i giovani che fanno musica; alcuni potrebbero dire: “perché non mettono uno stereo?“. Ma non è la stessa cosa riprodurre musica rispetto a fare musica. Le comunità zapatiste sono pratiche in divenire. La Giunta di Buon Governo zapatista è un'istituzione, però è piena di pratiche, e sono loro ad essere capaci di trasformare le persone, i collettivi e la realtà. Quando dico che lo zapatismo si reinventa, è perché è capace di creare nuove pratiche, o di intensificare quelle già esistenti.

Si può affermare che la tendenza attuale dei movimenti sociali è quella di emanciparsi e allontanarsi dai governi?
Si stanno allontanando non solo dai governi, ma da pratiche istituzionali. Perché istituzionale può essere il governo, ma anche il movimento stesso. Anche la Giunta di Buon Governo può trasformarsi in istituzione, che alla lunga diventa burocrazia, non perché abbia funzionari, ma perché la sua pratica è burocratica. Tu puoi vedere un collettivo che non si burocratizza, ma le sue pratiche possono trasformarsi in routine e si impoveriscono. Insisto: sono le pratiche che fanno movimento, non è il movimento a fare le pratiche. Intendendo “movimento“ come istituzione e “pratiche“ come il lavoro dei collettivi. Quindi, stabilendo questa differenza tra istituzione e pratiche, ciò che è emancipatore sono le pratiche, non i movimenti. Per esempio, il movimento delle donne nel mondo è un movimento di molte pratiche e poca struttura. C'è chi dice che manca loro organizzazione, però le pratiche implicano organizzazione: ti organizzi per fare pratiche, non per mettere su un ufficio.

Quale relazione ha avuto lo Stato con i movimenti sociali in America Latina durante gli ultimi 20 anni? La relazione dei movimenti sociali è differente con i cosiddetti ‘governi amici' – i governi socialisti – che con quelli di destra?
I governi fanno due cose simultaneamente. da un lato, tentano di congelare le pratiche, di istituzionalizzarle. Dall'altro, cercano di disarticolare le pratiche attraverso le politiche sociali, ad esempio regalando alle comunità tetti e cibo. Se il movimento si trasforma in un'istituzione, possono cooptare i dirigenti, come hanno sempre fatto nella storia. Però non riescono in questo modo ad arrivare alla radice del problema, che è disarticolare le pratiche.
La differenza tra una comunità zapatista e una non zapatista non sono i simboli, come il passamontagna, la bandiera o l'inno. Il nucleo sono le pratiche. Le politiche sociali fanno sì che le pratiche non vengano viste dalla gente come necessarie, perché già ricevono tutto dal governo. Questo è il trionfo dello stato. Il trionfo dello zapatismo è che le pratiche, il lavoro collettivo, siano capaci di rendere innecessarie le politiche sociali e gli aiuti del governo.

Orsetta Bellani


Parlando di Chapas

Dal n. 391 (estate 2014) al n. 403 (dicembre 2015/gennaio 2016), con la sola eccezione del n. 402 (novembre 2015) la nostra rivista ha ospitato una serie di “lettere dal Chiapas“, con testi e foto di Orsetta Bellani. Queste corrispondenze costituiscono la base di un volume appena edito dalla casa editrice anarchica siciliana La Fiaccola, con il titolo Indios senza re. Conversazioni con gli zapatisti su autonomia e resistenza (Ragusa, 2016, pp. 120, ? 13,00). Oltre alle sue “lettere“, ci sono la prefazione di Aldo Zanchetta, un'intervista a Raúl Zibechi (pubblicata in queste pagine) e una alla Commissione di Educazione del Caracol 4 di Morelia (Chiapas, Messico).
Nel mese di settembre e nella prima decade di ottobre Orsetta farà un giro di presentazioni in Italia, che saranno segnalate sulla pagina facebook del giornale Sicilia Libertaria.
Il libro si può richiedere a info@sicilialibertaria.it; allo stesso indirizzo si può scrivere per proporre presentazioni. Il volume è diffuso nelle librerie da DIEST distribuzioni di Torino.