Rivista Anarchica Online





Sacro suolo

Il luogo da cui provengo è chiamato Midwest
crescendo là ho imparato
che si deve obbedire alla legge
e che il mio paese ha Dio dalla sua parte“.
(da: “With God on Our Side“, Bob Dylan – 1964)



“Vivi qui da tanti anni, perché non sei diventato americano“?
“Mi sapresti dare una sola buona ragione? Io non ne ho mai trovata una“.
Occhi chiari e capelli biondi, il ragazzo aveva voce amabile e un aspetto un po' trasandato. Parlando si passava le dita nella barba disordinata. Un ragazzo americano come tanti, gentile, simpatico, distratto. Chiacchierava con un signore distinto, parecchio più avanti negli anni, uno come tanti anche lui, partito da ragazzo da qualche paese europeo per cercare il futuro in America, venuto forse dalle campagne del sud o magari da una piccola città dell'est, straniero trapiantato con discreto successo nel paese dove tutto è possibile. L'uomo avrebbe potuto naturalizzarsi già da molto tempo ma non aveva mai presentato la domanda, il ragazzo invece era americano per nascita e, come per la maggior parte dei suoi concittadini, era patriottico, amava il suo paese con orgoglio. La risposta di quel signore lo aveva preso alla sprovvista: non pensava che qualcuno potesse rinunciare così all'opportunità di diventare cittadino degli Stati Uniti, men che meno uno a cui l'America aveva garantito una vita decente; riprese così dopo un attimo di esitazione: “Questo è il paese della libertà, quella di cui anche tu hai goduto venendo qui. Tutti vogliono diventare americani“.
Sono frammenti di una conversazione captata un giorno, forse in metro o magari al ristorante, una fra le tante che annoto e che poi mi spingono a una riflessione. Il ragazzo aveva ragione: per molti, qui, diventare cittadini dell'impero è una questione imprescindibile, una vera fissazione. Ne ho conosciuti già tanti, di tutte le nazionalità, che lavorano instancabilmente per raggiungere l'obiettivo: migranti di ogni risma che, appena possibile, cominciano il percorso che un giorno li porterà ad avere in tasca il passaporto blu con l'aquila dorata impressa sulla copertina. La cittadinanza americana è un business che non conosce crisi: agenzie e studi legali specializzati, scuole con specifici corsi di studio, libri, manuali, test, dvd e quant'altro. Un affare milionario che si estende a una sorta di turismo delle partorienti: famiglie disposte a spendere una fortuna per dare alla luce i propri figli sul suolo americano1 assicurando così alla prole il marchio di fabbrica made in USA. Le madri, appena uscite dall'ospedale, corrono a far domanda di passaporto per il nascituro e rientrano felici nel proprio paese col miracoloso lasciapassare per un futuro migliore.
Mi sono chiesto quali siano i motivi di questa generosità in un paese dove si imprigionano e deportano in massa gli irregolari2. Perché chiunque nasca qui, anche se figlio di turisti o di clandestini, è automaticamente cittadino americano? Penso che la risposta sia da ricercare nei miti fondativi di questa nazione: i puritani videro nella colonia il nuovo Israele, intuirono riflessi i propri volti nello specchio delle profezie bibliche, s'immaginarono eletti, destinati a fondare una nazione che avrebbe avuto per sempre un destino e una missione speciali nel mondo3. Una mitologia poi pienamente elaborata da Cotton Mather nel suo Magnalia Christi Americana4. Dunque il suolo americano è sacro, chi vi nasce non è contaminato dal passato dei genitori, entra nel novero degli eletti. Suppongo sia per questo che, ancora oggi, non può diventare presidente chi, pur essendo cittadino, non è però nato su questo sacro suolo.


New York (Stati Uniti) - La bandiera a stelle e strisce è ovunque. Questa è esposta al terminal 1 dell'aeroporto JFK


Liturgia laica
e religiosa

Ma anche per chi è nato altrove la strada è aperta e i possessori di Green Card5 studiano con dedizione per arrivare un giorno a coronare il loro American Dream. Chi arriverà in fondo al percorso dovrà giurare fedeltà alla nuova patria con la mano destra sul cuore. Ho raccolto qualche racconto e mi ha particolarmente colpito quello di un'italiana a cui, in una brumosa mattina di novembre, è toccato di entrare, un po' titubante, nella sala della cerimonia. L'occasione era solenne, il posto affollato di gente di ogni provenienza e si respirava un'aria di incontenibile eccitazione. Il celebrante tenne un lungo discorso, volando sulle ali della retorica parlò di un paese grande e benigno che aveva accolto quei migranti con amore, perché li attendeva da sempre. Loro, i nuovi americani, anche senza saperlo, erano da sempre cittadini di quella nazione, lo erano dal momento stesso in cui avevano deciso di intraprendere il viaggio e si erano messi in cammino, perché quella terra era il loro destino.
Insomma, una predica insopportabile, adatta forse a un secolo meno disincantato del nostro. Il giuramento, poi, fu un rito di passaggio, un Mar Rosso dalle acque aperte da attraversare con fiducia, declamando a gran voce la formula grondante retorica e sangue, guardati a vista da solerti funzionari, pronti a redarguire chi non pronunciasse bene ogni parola.6 Mi ha sconcertato apprendere che lei, una ragazza come tante, una di cosiddetta buona famiglia, arrivata in America, come me, sulla scorta di un'offerta di lavoro, quella volta avesse anche pianto di commozione. Il sermone a quanto pare le aveva toccato corde profonde e il giuramento l'aveva emozionata, quasi che, invece di una famiglia come tante, un lavoro ben pagato in banca e un appartamento sulle colline di Genova, si fosse lasciata alle spalle le rovine di una guerra o il demone della persecuzione. Come se davvero l'America l'avesse aspettata da sempre a braccia aperte e lei avesse potuto veramente dimenticare tutto il passato e rinascere vergine qui.
Potenza di una liturgia laica e religiosa allo stesso tempo. Mi chiedo se tutti pronuncino quella formula credendoci fino in fondo o se la maggior parte non lo faccia solo perché fa parte del gioco. Tutti capaci di lasciare dietro di sé radici e passato? Tutti pronti a dare la vita per la nuova patria? Non credo. Sicuramente ognuno porterà nascosto nel cuore un miscuglio di motivazioni, sentimenti, idee, passioni e freddi calcoli.
Tuttavia mi colpisce vedere come gli americani, in genere, siano ricolmi di un genuino sentimento patriottico. Amano la bandiera, credono nel Presidente e nelle istituzioni, sono convinti che i loro Rambo in mimetica sparsi per il mondo siano portatori di democrazia e libertà. Sentimenti semplici, efficaci: è facile che il contagio si estenda rapidamente ai nuovi arrivati.
Con stupore ho dovuto constatare che proprio gli italiani spesso guardano con rispetto e ammirazione a questo stucchevole e inquietante patriottismo. Una coppia di altoatesini, mentalità aperta e idee progressiste, mi confidò una volta di invidiare negli americani proprio quel loro orgoglio nazionale che a noi italiani solitamente manca, persi come siamo nei nostri campanilismi, privi di fiducia nelle istituzioni e di senso dello stato. Una milanese che vive da quindici anni fra Chicago, New York e Philadelphia crescendo quattro figli fra qualche peripezia, è invece combattuta fra la paura dell'indottrinamento e l'ammirazione per le certezze patriottiche inculcate a scuola fin dalla tenerissima età. Il bilancio, alla fine, le appare positivo: le sembra che il nazionalismo impiantato nel cuore dei ragazzi dia loro solidità, certezze. Pazienza se, prima di entrare in classe, devono presenziare sull'attenti all'alzabandiera: lo stesso fanno, ogni mattina, i loro coetanei nelle scuole di tutti gli Stati Uniti e così, con mille storie diverse alle spalle, tutti portano le stesse stelle e strisce nel cuore, salutano il giorno che arriva e ringraziano Dio, mentre quel pezzo di stoffa, tanto odiato da altri popoli, sale lentamente verso il cielo.

I navajos volontari
nell'esercito USA

Eppure gli americani sono molto diversi fra loro: storia, geografia, cultura e persino la lingua li separano. Se il confine fra il New Hampshire ed il Vermont sembra essere stato tracciato sulla carta da uno studente di architettura alle prese con i primi rudimenti del disegno tecnico, non altrettanto si può dire del Texas o della California, strappati al Messico nel corso di una guerra sanguinosa7; dei vasti territori venduti da Napoleone nel 18038; dell'Alaska acquistata dalla Russia nel 1867; delle Hawaii, annesse nel 1900, lontane oltre 2000 miglia dalle coste della California. La guerra civile (quella che noi chiamiamo guerra di secessione) ha lasciato in eredità dei confini che oggi sarebbero ben altri se avessero vinto i confederati e il mondo sarebbe forse diverso se uno stato popoloso e ricco di risorse come il Texas fosse rimasto indipendente9.
Un ranchero texano non ha nulla in comune con un impiegato di Chicago e un cowboy del Montana ha poche probabilità di avere mai incontrato un albergatore della Florida; in Louisiana si parla ancora oggi una lingua ricca di francesismi e una persona del Missouri tradisce la sua provenienza quando pronuncia certe parole, anche se è improbabile che un indiano spokane di Seattle riconosca quel particolare accento. La storia, poi, ha lasciato rancori e ferite mai del tutto rimarginate come dimostra la bandiera confederata, ancora oggi caparbiamente esposta ovunque, negli stati del sud. Eppure, alla fin fine, sono tutti orgogliosamente americani.
Non è forse sorprendente che nelle guerre mondiali molti indiani abbiano scelto l'arruolamento volontario? Guerrieri pronti a morire per quella stessa bandiera che li aveva privati di terra e libertà solo pochi decenni prima! Negli anni '40, mentre infuriava la guerra nel Pacifico, i navajos, proprio quelli di Tex Willer, svolsero un ruolo determinante nelle comunicazioni, grazie alla loro lingua, sconosciuta e complessa, con cui elaborarono un codice crittografico di cui i tecnici giapponesi non riuscirono mai a individuare la chiave. Navajos orgogliosi di indossare la giacca blu.
Spiega Massimo Rubboli che a unire gli americani nella loro grande diversità è una sorta di religione civile su cui il paese fonda la propria unità.10 Le basi di questo “credo“ furono gettate dagli stessi padri pellegrini nel momento in cui immaginarono l'America come la nuova terra promessa. Questa religione civile svolgerebbe da sempre un ruolo centrale nella costruzione e rielaborazione dell'identità americana. Gli studiosi hanno individuato in essa un insieme di credenze che incarnano i valori supremi della società, smuovono le emozioni più profonde e costituiscono un pensiero pubblico che conferisce significato religioso all'esperienza nazionale. Ecco il terreno in cui nasce e si rigenera il patriottismo entusiasta, acritico, ingenuo che distingue gli americani nel mondo suscitando a volte sincera ammirazione, altre volte incontenibile rabbia.
Il ragazzo aveva lo sguardo sincero mentre parlava di libertà con quel distinto signore. Negli occhi dell'altro mi parve invece di leggere disincanto, forse anche disprezzo. Lo guardò per un poco poi rispose, aggiustandosi la cravatta: “Vent'anni fa ho sposato una cubana e da allora, ogni volta che devo uscire da New York, devo chiedere un permesso federale. Dovrei farlo anche se fossi americano, perché mia moglie è nel novero dei nemici, anche se vive qui da trent'anni. Questa libertà te la puoi anche tenere“.
Non so dire come sia andata a finire quella conversazione, cosa abbia replicato il ragazzo. Forse non volevo saperlo, forse è arrivata la mia fermata, o magari il cameriere mi ha portato il conto. Scendendo dalla metro o uscendo dal ristorante sicuramente mi sarà capitato di incrociare la bandiera a stelle e strisce, cucita sulla spalla di qualcuno, dipinta sulla porta di un negozio o piazzata su un pennone, messo a bella posta all'incrocio della strada. Quel pezzo di stoffa è dappertutto, ma io quel giorno rimugianavo le parole di quel signore, sentivo un groppo in gola e sono rincasato senza farci caso.

Santo Barezini




New York (Stati Uniti) - La bandiera su questo palazzo in costruzione è stata abbattuta quattro volte da venti impetuosi e ogni volta rimessa sull'asta


1 Chi nasce negli USA ha la cittadinanza americana, a prescindere da quella dei genitori, a differenza di quanto accade in Italia e nella maggior parte dei paesi europei, dove è prevalente il meccanismo della cittadinanza derivata per discendenza.
2 Secondo dati dei gruppi di difesa dei diritti umani nell'era Obama sono stati espulsi più migranti che durante qualsiasi altra precedente amministrazione, talvolta mettendo a repentaglio la loro vita. Ciò che Trump predica a gran voce scandalizzando il mondo, nei fatti, è silenziosamente in atto da sempre.
3 Come spiegato ad esempio da S. Bercovitch nel suo lavoro: “Le basi bibliche del mito americano“ (Philadelphia, 1983).
4 “Il glorioso lavoro di Cristo in America“, pubblicato nel 1702 con titolo in latino per significare la sacralità dell'opera.
5 Il famoso permesso di soggiorno, tanto agognato da Gerard Depardieu nell'omonimo film del 1990, che assicura la residenza e apre le porte al sogno americano. I possessori di Green Card possono presentare domanda di cittadinanza dopo cinque anni di residenza negli USA. Esiste persino una lotteria ufficiale attraverso la quale il governo USA assegna su estrazione ben 50.000 Green Card all'anno.
6 Si veda l'intera formula nel riquadro a pagina 116.
7 The Mexican War (1846-1847), conosciuta in Messico come “Guerra di invasione statunitense“.
8 Con il “Lousiana purchase“ la Francia cedette 828.000 kmq, un enorme territorio che s'incunea da sud a nord formando oggi parte di 15 Stati della federazione.
9 Nel decennio 1836-1845 la Repubblica del Texas ha vissuto un periodo di indipendenza, peraltro contesa e insidiata da Messico e Stati Uniti.
10 Dio sta marciando, Ed. La Meridiana, 2003. Rubboli è ordinario di storia americana all'Università di Genova.




Il giuramento per diventare cittadini statunitensi

Chiunque diventi cittadino americano per naturalizzazione deve pronunciare questa formula ad alta voce nel corso di una cerimonia, con la mano destra sul cuore:

Sotto il vincolo del giuramento, dichiaro:
di rinunciare ed abiurare assolutamente ed interamente ad ogni fedeltà e lealtà verso qualsiasi principe, potentato, stato o sovranità straniero di cui o a cui finora sia stato soggetto o cittadino;
che sosterrò e difenderò la Costituzione e le leggi degli Stati Uniti d'America contro tutti i nemici, stranieri o interni;
che sarò fedele ad esse;
che prenderò le armi in nome degli Stati Uniti d'America quando richiesto dalla legge;
che presterò servizio non combattente nelle Forze Armate degli Stati Uniti quando richiesto dalla legge;
che svolgerò compiti di importanza nazionale sotto la direzione civile quando richiesto dalla legge,
e che mi assumo questo obbligo liberamente, senza alcuna riserva mentale o scopo di evasione.
Che Dio mi aiuti.