Rivista Anarchica Online






La politica
dell'impossibile

Lui che voleva scrivere per gli affamati,
si rende conto che solo chi è sazio
ha la calma necessaria
per accorgersi della sua esistenza
Stig Dagerman, 1945

La priorità per un antropologo è dubitare, cercare la semplicità e diffidarne. Una lettura che ci aiuta senza ombra di dubbio a fare questo sono gli scritti di Stig Dagerman. Grazie alla casa editrice Iperborea di Milano pochi mesi addietro mi è arrivato tra le mani La politica dell'impossibile (2016, pp. 144, € 15,00) un piccolo libro ricco di saggi inediti estremamente interessanti di questo splendido socialista libertario del Novecento.
In questo libro troviamo alcuni articoli scritti da Dagerman tra il 1943 e il 1952, dove vengono trattate differenti tematiche, dalle questioni di politica svedese al pacifismo internazionale, ma la parte che ho trovato più interessante è quella dove prova a delineare il rapporto che può esserci tra lotta politica libertaria e scrittura. Dagerman era alla ricerca di un equilibrio tra queste due istanze per lui vitali ma si rendeva conto della difficoltà di questa ricerca. Era convinto dell'importanza della poesia e della bellezza: “La poesia deve essere l'annuncio pubblicitario del mondo nuovo, ma se il testo è abbastanza gustoso può anche parlare dei piaceri dell'estate o della pesca ai gamberi ed essere ugualmente letteratura per il popolo“; non accettava i confini, non credeva nelle etichette e rifiutava le certezze vendute dai rivoluzionari di professione. Possiamo affermare che Stig Dagerman è stato nella sua breve vita un vero libero pensatore.
Da coerente pensatore libertario non separava la teoria dalla pratica e in uno degli scritti presenti ne La politica dell'impossibile troviamo il racconto delle sue lotte politiche reali; una particolarmente simpatica e interessante la troviamo nel racconto “Passeggiando per le strade di Klara, 1952“ ovvero la storia di una nottata di piccoli sabotaggi di vetrine filo naziste.
Un autore capace di dubitare, auto-criticarsi, ma anche con grandi certezze su l'esigenza di un cambiamento radicale libertario e con la convinzione che: “Incuneato nel blocco dello stato, l'individuo ha costantemente la dolorosa sensazione di un'impotente incertezza, come una scaglia di corteccia in un gorgo o un pesante vagone ferroviario attaccato a una locomotrice lanciata a tutta velocità, privo di qualsiasi possibilità di comprendere i segnali mentre si avvicina rapidamente agli scambi.“ Il suo posizionamento politico è certo e va di pari passo con la sua attività di scrittore che si schiera con la frangia degli eretici: “Combattere tutte le chiese, anche le chiese letterarie, e rifugiarsi in quella terra di nessuno che «è sempre stata l'unica patria del partigiano»“.

Due tra i numerosi libri di Stig Dagerman tradotti in italiano

Ma chi era Stig Dagerman? Nasce in Svezia, ad Älvkarleby, un paese della contea di Uppsala, il 5 ottobre 1923. Vive un'infanzia abbastanza difficile e povera perché viene abbandonato dalla madre poco dopo la nascita e viene ospitato ed educato dai nonni paterni nella loro fattoria. Il padre infatti, anarchico appartenente alla classe operaia, non poteva occuparsi del figlio a causa degli impegni di lavoro (minatore, impiegato in un'azienda telefonica) che lo costringevano lontano da casa.
Con i nonni riesce a vivere una vita serena e all'età di undici anni si ricongiunge con la figura paterna e sarà grazie a lui che entrerà in contatto a soli tredici anni con l'anarchismo e l'anarco-sindacalismo. Diviene da giovanissimo un militante dell'‘Unione Sindacale Giovanile (Syndikalistiska Ungdomsförbundet), viene assunto prima come redattore del giornale Storm (La tempesta) ed in seguito di Arbetaren (L'operaio), organo del gruppo anarco-sindacalista Sveriges Arbetares Centralorganisation (SAC), per il quale pubblica articoli ed editoriali a sfondo politico e di cronaca (alcuni articoli li trovate in La politica dell impossibile tradotti per l'edizione italiana da Fulvio Ferrari). Per Dagerman le redazioni dei giornali libertari saranno luoghi stimolanti in cui intrattenere rapporti con altri giornalisti, scrittori ed intellettuali svedesi; ma arriva un momento nella sua vita di scrittore in cui non gli basta scrivere soltanto su giornali militanti e comincia a pubblicare poesie e racconti, dando immediatamente prova del suo immenso talento.
Gli eventi storici non lasciano indifferente Dagerman, un uomo capace di posizionarsi con estrema criticità sugli eventi a lui contemporanei, ma saranno due momenti della sua vita privata a cambiargli la vita e a farlo cadere in una spirale di depressione: l'uccisione del nonno nel 1940 da parte di uno squilibrato e la successiva morte della nonna colpita da una emorragia cerebrale.
Riesce a riprendersi lentamente dal suo stato depressivo e si trasferisce a vivere a Stoccolma dove nel 1943 sposerà la coetanea Annemarie Götze, esule anarchica tedesca e figlia di volontari che avevano partecipato alla rivoluzione spagnola del 1936-39.
La scrittura diventa una vera ossessione e nel 1945 pubblica il suo primo romanzo, Ormen (Il serpente), avente per soggetto l'ansia e il timore esistente nel periodo post-bellico.
Da questo mometo decide di dedicare tutto il suo tempo alla scrittura non giornalistica, nel 1946 pubblicherà De dömdas ö (L'isola dei condannati), uno dei suoi lavori sicuramente più complessi e originali. In quello stesso anno però, come corrispondente del periodico “Expressen“, intraprenderà un viaggio nella Germania distrutta dalla guerra e produrrà un fantastico e toccante reportage nella miseria e umiliazione che stava vivendo il popolo tedesco che sarà pubblicato l'anno seguente nel volume Tysk höst (Autunno tedesco).
Continuerà a pubblicare anche negli anni seguenti una raccolta di racconti Nattens Lekar (I giochi della notte) e Bränt barn (Bambino bruciato), il suo romanzo più dolorosamente autobiografico, in cui confessa profondamente tutta la propria disperata inadeguatezza al vivere. La pubblicazione di Bambino bruciato lo immerge sempre di più in una profonda crisi esistenziale che lo porta al continuo rifiuto delle proposte di lavoro da parte dell'editore e ad una lunga depressione che terminerà con il suo suicidio, il 5 novembre 1954 alla giovane età di 31 anni.

Andrea Staid




Due tra i numerosi libri di Stig Dagerman tradotti in italiano