Rivista Anarchica Online


pornografia

Porno e libertà

con saggi di Monica Lanfranco e Wendy McElroyn
e un'intervista di Michele Salsi a Marika Ferrero


La pornografia può essere uno strumento di emancipazione sociale?
Un confronto tra le diverse opinioni di un'attivista femminista italiana, una femminista canadese e una lavoratrice del porno.
Il dibattito resta aperto.


La finta strada per la liberazione

di Monica Lanfranco

La riduzione della donna a parti del corpo, la rimozione dei sentimenti e i vincoli economici del mercato rendono la pornografia un finto luogo liberato. Al suo interno vigono scelte obbligate e stereotipate. È questo il parere di un'attivista femminista.

“Pornografia è ciò che fanno gli altri”. La frase (della quale non ho trovato traccia circa l'origine, ma è dagli anni '70 che la ricordo) è significativa di una tendenza a rimuovere dalla propria dimensione il problema, in un senso o nell'altro: sia che la si approvi, o la si consideri un non-problema, sia che la si condanni, o, appunto, la si veda solo riflessa nelle azioni altrui, quindi da giudicare ma ritenendosene immuni. [...]
Internet ha reso la pornografia un argomento non solo legittimo culturalmente, alla pari della teologia o della puericultura, (il mezzo è per sua natura orizzontale, e quindi ogni tema ha la possibilità di diventare potentissimo, basta una forte capacità di indicizzazione) e in meno di due decenni l'ha eletta a parola, e tema, dominante.
Il vocabolo più digitalizzato sulle stringhe di ricerca in rete è sex, termine con il quale, immediatamente, si accede a miliardi di siti pornografici, con video e foto di ogni tipo, bambine e bambini compresi. [...] La grande disponibilità di pubblico, e la sua economicità, rendono internet un mezzo molto usato per la distribuzione e la fruizione di materiali a contenuto pornografico. Di fatto, con l'avvento di internet, soprattutto per la diffusione di sistemi di file e video sharing la pornografia è divenuta immediatamente, e anonimamente, disponibile ovunque e per chiunque.
L'ultima conseguenza di questo fenomeno ha, innanzitutto, mitigato il generico sentimento di condanna di fronte a questa forma espressiva, (senza però sviluppare un discorso sul “senso” e sulle implicazioni di un suo uso frequente e sostitutivo delle relazioni gratuite e comprendenti anche sentimenti ed emozioni, oltre a quelle sessuali) dall'altro ha agevolato l'esplosione di fenomeni quali il genere “amatoriale”, consistente nella realizzazione di foto e video di carattere porno-erotico ritraente persone comuni (spesso gli stessi soggetti autori del prodotto). [...]
Oltre al file sharing un altro canale di distribuzione della pornografia via internet è rappresentato dai siti a pagamento, attività sempre più lucrosa per i produttori di materiale professionale che stanno privilegiando il web abbandonando i canali di distribuzione classici quali edicole, videoteche e sexy shop.
Grazie alla rete oggi si sta sempre più affermando il cosiddetto neoporn, ovvero il movimento di pensiero che intende la pornografia come liberatoria e principale frontiera antimoralista, accanto ai flashgames per adulti, ovvero giochi elettronici le cui situazioni (pur variando dalla commedia al fantasy) mantengono un carattere dichiaratamente pornografico. Alcuni, di carattere violento e sessista, hanno trovato ampio mercato anche in Italia, come nel caso di Squillo, gioco da tavolo in cui, giocando nel ruolo di veri papponi, è possibile usare prostitute ed escort a piacimento, spingendo le squillo in dotazione – Lola e Hannah, Manny e Analia, Shannon e Patty – a pratiche estreme di ogni tipo. [...]
Accanto ai giochi porno c'è la divulgazione di spettacoli a pagamento e non, attraverso la trasmissione in webcam, una pratica molto diffusa in tutto il web. C'è la possibilità di assistere a spettacoli porno e comunicare via chat con chi si sta esibendo in quel momento. Il tutto a disposizione, con un click, anche ai minori, che di fatto sono esposti alla visione di immagini e video anche a carattere violento (sulle donne e sui bambini e bambine) senza alcun filtro. La domanda è: cosa accadrà (cosa di fatto sta già accadendo?) nella vita sessuale, nelle relazioni concrete dei corpi e nell'immaginario erotico di chi, prima ancora che nell'esperienza graduale di ogni persona, che ha tempi e situazioni diverse per ciascuna/o di noi, è stato esposto in solitudine alla pornografia, e quindi ha potenzialmente avuto questa come palestra prioritaria per allenare corpo e fantasia alla sessualità e alla relazione sessuale? [...]

Le posizioni emministe

Nei movimenti femministi s'individuano due posizioni contrapposte riguardo alla pornografia. Le femministe ad essa favorevoli, come la sociologa della Northwestern University di Chicago Laura Kipnis, considerano la pornografia un aspetto positivo e cruciale della rivoluzione sessuale che ha portato alla liberazione della donna, contrariamente alla morale dei conservatori, che la vedono invece come oppressiva per le donne.
Invece secondo l'altra posizione, rappresentata soprattutto dalla giurista Catharine MacKinnon della University of Michigan Law School, la prospettiva “liberazionista” della pornografia è puramente illusoria: anzi essa, ponendo l'esposizione della sessualità della donna al centro del suo fuoco, la danneggia sotto vari aspetti: innanzitutto, sostenendo un'ecologia culturale sessista che si compiace di ridurla a oggetto e merce sessuale, e di trasmetterne un'immagine degradata. In secondo luogo, essa si rende spesso causa o concausa di danni a persone specifiche sia in fase di produzione (donne forzate a posare o riprese senza loro reale consenso alla produzione o circolazione del materiale pornografico), sia dopo, attraverso le modalità della diffamazione o della molestia, o ancora fornendo una spinta verso l'aggressione sessuale in persone predisposte.
Per queste ragioni certi gruppi di femministe si sono spinti a boicottare alcune manifestazioni pornografiche, sia cinematografiche che letterarie. La contestazione più curiosa è avvenuta a Napoli nel 2000: un gruppo di femministe battagliere ha scaraventato dei pomodori contro Tinto Brass, regista noto per il genere definito “softcore”.

La copertina del numero “A” 72 (marzo
1979) dedicato ad anarchia e femminismo.
Al suo interno un dossier sul ruolo della
donna e sul rapporto tra femminismo e
prospettiva libertaria

Un falso orizzonte di modernità

Vediamo qualche spunto di dibattito sull'argomento. Cosa mi disturba di più nell'attuale, inflazionatissimo, discorso pubblico sulla pornografia?
Abbiamo per sommi capi visto come negli Stati Uniti, e di rimbalzo in Europa, si è sviluppata la polarizzazione tra favorevoli e contrarie nel movimento femminista e nel mondo intellettuale progressista.
Dal mio punto di vista ciò che trovo principalmente fuorviante è che sia avvenuto uno spostamento dal versante rimottivo “pornografia è ciò che fanno gli altri” a quello (per me altrettanto evasivo) genericamente antimoralista: la pornografia è, in alcuni filoni di pensiero femminista e genericamente in certa sinistra, sempre sinonimo di liberazione. Il porno, celebrato in ogni sua accezione, non manca mai nell'orizzonte della modernità per chi considera pericoloso criticarne l'uso e discutere sulla sua ipotetica responsabilità rispetto alla violenza maschile ed è ingrediente fondamentale anche nel discorso dell'emancipazione e della liberazione femminile.
Fioccano gruppi di studio, esperienze cinematografiche, romanzi di planetario successo nei quali la pornografia è predominante, salutata come strumento indispensabile per raggiungere consapevolezza e libertà.
Ma libertà per cosa e perché? Questa è la domanda che mi pongo di fronte alla pornografia e che faccio a chi ne propugna l'utilità, o addirittura l'indispensabilità (per le donne) come mezzo di liberazione.
L'età e la conoscenza mi offrono la possibilità di accedere all'origine del dibattito, nel femminismo, sulla pornografia: la raccolta di riviste edite tra gli anni ‘70 e ‘90, come Effe, Noi donne, Lapis, Dwf, Grattacielo, Reti (che ad Altradimora www.altradimora.it abbiamo disponibili grazie al lascito della biblioteca di Emi Uccelli) raccontano di una riflessione e uno sguardo su corpo, emozioni, sessualità e pornografia molto sfaccettata.
Quando ancora, agli albori del femminismo, c'era tutto da guardare per la prima volta, da vedere in profondità e in soggettiva, quando tutto, sessualità compresa, era ancora da dire, trovando le parole per raccontare il mondo, (e per metterlo al mondo), raramente la pornografia risultava argomento interessante tanto da legarla all'orizzonte della libertà.
Se se ne parlava (e non era un argomento molto trattato) era spesso per connettere l'uso della pornografia con la violenza: l'analisi era legata al problematico mondo dello sfruttamento del corpo femminile nei media, nella comunicazione, nell'immaginario e nel linguaggio, che appiattivano e banalizzavano (già allora) il femminile, la sessualità e le relazioni costringendole nella commercializzazione e nella riduzione di una parte per il tutto.
Come abbiamo a dire nello storico incontro del giugno 2001 Punto G a Genova la globalizzazione, con il primato già all'epoca minaccioso del mercato su tutto, era paragonabile, nell'analisi femminista, alla pornografia: si disse infatti che, così come nel porno il corpo e le emozioni scompaiono perché tutto è focalizzato sulla genitalità così la globalizzazione cancella il mosaico di differenze e ricchezze umane scegliendo solo l'aspetto del “consumo” per categorizzare gli esseri umani.

Nulla di nuovo da dire

Ecco, forse, uno dei nodi del discorso: che oggi la pornografia è centrale perché (in apparenza) del corpo, del piacere, del dolore, della morte, della sessualità è stato detto, fatto, rappresentato, sezionato, ripetuto tutto, al punto da non avere più nulla di nuovo da dire, esperire, raccontare, immaginare. A questo punto resta solo la pornografia, usata (anche) da chi contesta ciò che resta del giudizio (religioso o laico) della sessualità altrui come vessillo per la libertà d'espressione, dimenticando però che, mentre la sessualità è gratuita, la pornografia è regolata dal mercato, e difficilmente sfugge alle regole del controllo compulsivo, della ripetitività e della reiterazione.
È in questo rischio che il mercato vince, e quindi da presunti protagonisti si rischia di diventare pedine di un triste e banale gioco commerciale. Nel suo La fine del desiderio la filosofa Michela Marzano scrive, riguardo alla pornografia: “L'immaginazione è “forclusa”, non solo nella pornografia contemporanea, attraverso la sovraesposizione dell'atto sessuale, ma anche in quella classica, basata su un'estetica iperrealista che, ripetitiva, monotona, codificata, esibisce la propria inautenticità poiché mira a ridurre lo spettatore alla propria eccitazione, imprigionando la fisicità del corpo e delle pulsioni: la pornografia fissa un corpo smembrato; il volto, dunque l'altro, manca, ridotto a bocca orifizio, e assenti sono le storie”.
Certo, non mancano le eccezioni, che però rimandano ad una capacità di non focalizzare arte e pensiero solo nella produzione pornografica: per esempio la scrittrice Almudena Grandes fece scandalo (anche dentro il femminismo) quando, usciti i suoi primi romanzi, disse che in lei convivevano l'amore puro e materno verso i figli così come la forte carica erotica che la spingeva a scrivere di sesso, e a praticare il mondo della pornografia, senza che questo inficiasse il suo essere anche mamma. “Se qualcuno trova pornografico il mio scrivere pazienza”, affermava, criticando la tendenza mai sopita in parte della cultura cattolica oltranzista spagnola a provare a riconfinare le donne nella gabbia della famiglia e della verginità.
Assai diverso, trovo, il fenomeno “sfumature di grigio” e simili, che hanno trovato un pubblico di lettrici straordinariamente vasto, che ora si sposterà negli adattamenti cinematografici tratti dai libri e, prossimamente, anche in tv con la valanga di serie che è presumibile aspettarsi. Nei testi protagonisti del fenomeno di massa del “porno per tutti” (ma specialmente per le donne del ceto medio basso) c'è l'intento di soddisfare la curiosità per la sessualità, legittimando la pornografia, rendendola praticabile e agibile dentro il focolare domestico: in una sorta di interclassismo della camera da letto che “finalmente” rende uguali ricchi e poveri, colti e ignoranti, giovani e vecchi: la pornografia come nuova frontiera della democrazia, un futuribile comunismo dell'alcova, che livella, (al pari della morte), ogni differenza. Sesso, morte e denaro erano tabù indistruttibili, prima dell'avvento della rete: sembra che ora regga abbastanza bene solo l'ultimo della lista.

Scelte vincolate dal mercato

È curioso, dal mio punto di vista, che le femministe che propugnano la pornografia come massima manifestazione di libertà, (bollando quindi le critiche e i dubbi come “moralismo”), siano oggi nella stessa schiera di chi, consumando i libri e le produzioni di porno soft ispirate al filone delle “sfumature”, non ha alcun intento rivoluzionario o femminista, ma al contrario è custode dei ruoli sessuali in famiglia e nella società, come, per esempio, è di recente avvenuto in Italia nel deprimente dibattito su “cene eleganti”, escort e virilità dell'ex Presidente del Consiglio Berlusconi.
Alcune femministe italiane hanno sostenuto che la libertà femminile si esprime e si legittima anche nella scelta di vendersi, di farsi comprare, così come di comprare, consumare o essere soggetto/oggetto di pornografia. In questa certezza si lascia, però, di sfondo, un dato non secondario: non si considera come queste scelte, propugnate come libere, sono rigorosamente dentro l'orizzonte del mercato, che non è per nulla libero, ma al contrario diventa l'unico elemento regolatore delle relazioni così come delle vite individuali e delle dinamiche collettive, causando la messa in secondo piano dei sentimenti e delle emozioni, centrando l'attenzione e la signoria sul denaro e il potere. Rendendoci, tutti e tutte, al servizio acritico di un pensiero unico, e non più libere e liberi.
[...] Le critiche femministe alla pornografia tradizionale si sono spesso incentrate sull'assenza di emozione e di relazione nei film, nei video e in generale nella pubblicistica porno, così come sullo scarsissimo protagonismo del corpo in tutta la sua estensione e sull'ossessione per la penetrazione, sul carattere passivo e violento della rappresentazione del rapporto sessuale, sull'esaltazione delle dimensioni del fallo. Un eccesso moralista, un timore ancestrale delle potenzialità che la pornografia potrebbe aprire nell'orizzonte dell'autodeterminazione?

I limiti del porno femminista

Nel 1996 su Lapis di giugno Dolores Ritti annota: “La vergogna è un sentimento elementare per le donne, una fatalità e una punizione insieme: accompagna sia la percezione del corpo, sia la sua immagine tanto più il corpo quando diventa oggetto dello sguardo altrui. Il corpo al quale ci si è avvicinate attraverso il duro lavoro dell'autocoscienza, fonte del malessere, oggetto di seduzione e di conquista è bandito da ogni progetto di riflessione. Limitato, offeso, equivoco, non è più degno di essere pensato.”
Forse è per sconfiggere il senso di vergogna che ancora viene insegnato alle bambine che si propone la pornografia come elemento di liberazione? Possibile, anche se è necessario avere ben chiari i limiti dello strumento e l'ambito dentro al quale la pornografia, nel mondo, è pensata, prodotta, commercializzata.
È, in parte, questa la missione del sito nordamericano www.femporn.blogspot.it. Qui la ricerca è orientata dalla visione femminista critica contro la produzione massiccia di porno violento, ma allo stesso tempo favorevole e incentivante la produzione e conoscenza di una pornografia “con occhi di donna”, nella quale si offre al consumo femminile una cinematografia che si sforza di spostare l'ottica dall'impero del desiderio maschile a quello femminile, dando la possibilità di mettere in scena il desiderio dal punto di vista femminile (etero o lesbico).
Sia nell'iconografia così come nel linguaggio le differenze sono innegabili, tra queste produzioni e quelle mainstream. Anche il passaggio del tempo, l'uso della telecamera così come il contesto cambiano in modo notevole se si raffronta il porno “vintage” con quello attuale. [...]
È davvero sufficiente cambiare mano alla telecamera, e sostituire l'occhio di una donna a quello di un uomo, o cambiare pratica erotica principale, o essere produttrice nel mercato del porno, per modificare l'assetto del potere simbolico sulla sessualità che l'industria del porno alimenta e sul quale si fonda? Forse nella scrittura, e con il cambiamento semantico e simbolico della narrazione del racconto scritto e quindi letto, la pornografia riesce a diventare un pezzo dell'evolvere in senso liberatorio della sessualità: come, e se, lo possano il video e la produzione di immagini, specialmente online, resta un dubbio più che legittimo. [...]
La domanda è se le femministe abbiano lottato anche perché una donna si potesse mostrare nuda, nei luoghi pubblici, reali o virtuali, senza essere insultata, dileggiata, punita, o persino uccisa per questo. Comincio a rispondere per me, e dico sì: ho lottato (e lotto) contro i pregiudizi sessisti e la miseria violenta del patriarcato, (che assume volti e versioni sempre attuali), anche perché le giovani donne potessero scegliere chi essere, come vestire, cosa fare nel mondo, senza che nessun uomo le obbligasse in alcunché, nel nome della famiglia, di un dio, o della patria.

La copertina di “A” 85 (estate 1980).
All'interno del numero, un dibattito
sull'anarco-femminismo con interventi
di due femministe americane, Kytha Kurin
e Elaine Leeder
Autodeterminazione, libertà e responsabilità

Il femminismo non è stato, e non è, un movimento che ha creato teoria, elaborazioni e pratiche effimere e strumentali: si è trattato, e si tratta, di uno sguardo e di una visione critica della realtà, spesso ingiusta e violenta, che ancora affligge donne e uomini a livello globale. Nel mondo le bambine e le donne sono insultate, dileggiate, punite, e uccise solo per il fatto di essere femmine. Cito, per chiarezza, la nordamericana Robin Morgan, che forse riassume nel modo più puntuale di cosa sto parlando: “Non si tratta di una minoranza oppressa che si organizza su questioni valide ma pur sempre minori. Si tratta della metà del genere umano che afferma che ogni problema la riguarda, e chiede di prendere parola su tutto. Il femminismo è questo”.
La libertà di essere non più metà della mela, (quella meno di valore), ma un soggetto intero si è conquistata coniugando in modo nuovo il concetto di uguaglianza e di diritto: non a caso la parola usata dalle attiviste nelle lotte per la conquista della possibilità di decidere sul proprio corpo (orientamento sessuale, gravidanza, maternità, matrimonio) è autodeterminazione. Un concetto che mette insieme libertà e responsabilità: ti autodetermini perché ragioni anche sulle conseguenze dei tuoi gesti, e lo fai perché la tua libertà si mette in relazione con il resto del mondo.
Prender parola, dunque. Nella nostra società dell'immagine la parola la si prende anche, soprattutto, con il corpo. Viene alla mente la forza evocativa del gesto, silenzioso e però fragoroso in modo inequivocabile, di Amina Sboui, giovane blogger tunisina più volte arrestata e incarcerata per aver messo online una sua fotografia in piedi, completamente nuda. Lei, che rischia la morte solo per questo gesto, chiama il mondo a ragionare sull'irresponsabilità feroce di una visione del corpo femminile che diventa costume, consuetudine, legge, vincolo e condanna. Le donne, in questa visione, si possono vendere e comprare, ma non possono decidere per sé. Per questo l'attivista iraniana Maryam Namazie ideò nel 2013 il primo calendario, con enorme scalpore e visibilità, nel quale alcune attiviste antifondamentaliste vicine all'iraniana si ritrassero nude, protestando contro la sharia e la violenza islamista, in appoggio alle lotte di Amina e del gruppo Femen. Non è un gioco, non è la tv: è la vita vera, dove le donne e le bambine vengono picchiate, mutilate, uccise, ad ogni latitudine, nelle case ricche come nelle favelas.

Voce del verbo “dare”

Ben lungi da Amina, così come altrettanto lontana dall'emozione che suscita il dipinto del 1866 di Gustave Courbet L'origine du monde, è l'effimera comparsata di un'attrice emergente del porno: prima, in un'intervista, definisce le femministe, (senza probabilmente conoscerne nemmeno una in carne ed ossa), come portatrici di “vagine legnose”, e sentenzia che devono “darla di più”; poi, in un video di circa un minuto, opina in modo confuso sulla violenza di genere, negandone l'importanza e ribadendo il concetto, (da partita doppia), del “darla”, una ricetta per tutte le stagioni, chissà perché.
Il video la ritrae nuda solo per la metà inferiore: una gamba sul pavimento di un bagno come tanti, l'altra sul lavandino, l'ordinata e coltivata vagina in primo piano. È un'operazione commerciale pubblicitaria, una calcolatissima mossa di autopromozione, si è detto da più parti: del resto la ragazza, come molte della sua generazione che praticano il mondo della televisione e del cinema, ha studiato, è mediamente più colta di molti coetanei, sa bene l'arte del vendersi. La donna siede sulla sua banca, è il motto che le ispira. È in buona compagnia: non è la prima, né sarà l'ultima a diventare, per il pochissimo tempo che la logica del mercato offre alle presunte novità, testimonial risibile e seriale dei nostri tempi vuoti, depilati e opachi. Non è molto originale, come testimonial: l'eccezione, oggi, è rappresenta da chi “non la dà”. [...]
Femminista uguale frigida e acida, pornodiva uguale gaudente e realizzata. Nel video l'attrice parla delle morti sul lavoro e di violenza sessuale, due piaghe sociali planetarie, che nell'eloquio sgambato diventano risibili, perdono senso, spariscono nella voragine dell'ignoranza della storia reale, citate così, solo come introduzione insensata all'invito a “darla”. [...]
Rocco Siffredi, mentore della attrice-filosofa, è amato e ammirato da donne e uomini, pur se in modo diverso; non altrettanto si può dire delle sue partner. Molta parte del mondo maschile si masturba nel privato apprezzando le grazie muliebri, ma nel pubblico sempre e solo puttana resti, e difficilmente acquisti la rispettabilità, vitale per sopravvivere nella nostra società, finiti i fasti effimeri del corpo giovane, sodo e commercializzabile. Il best seller I monologhi della vagina, della femminista (tutto fuorché legnosa) Eve Ensler è un inno contro la violenza sulle donne e sul mondo, lontanissimo dalle semplificazioni del “darla”: la bellezza della vita, che è relazione e scambio e fatica e emozione, non si può costringere in un solo verbo, in una semplificazione così routinaria.
In fondo non sono le gambe aperte a fare scandalo: è il cervello chiuso, quello sì, che preoccupa.

Monica Lanfranco
www.monicalanfranco.it
www.mareaonline.it

Questo articolo è composto da stralci di un saggio apparso sul periodico femminista Marea (n. 3, 2014) con il titolo “Grande è la confusione sotto il cielo”



Il porno fa bene

di Wendy McElroy

Le donne possono trarre beneficio dalla pornografia, sia in ambito politico sia in ambito personale.
Lo afferma una femminista canadese, che respinge tutte le critiche rivolte al mondo del porno.


“La pornografia beneficia le donne, sia personalmente sia politicamente”. Questa frase apre il mio libro XXX: A Woman's Right To Pornography (St. Martin's Press, New York, 1997) e costituisce una difesa della pornografia ancora più estrema rispetto a quella con cui la maggior parte delle femministe ha dimestichezza. Sono arrivata a sostenere questa posizione dopo anni di interviste a centinaia di lavoratrici del sesso.
Attualmente le posizioni femministe sulla pornografia si dividono in tre categorie. La posizione più comune - almeno nel mondo accademico - è che la pornografia sia espressione della cultura maschile attraverso la quale le donne vengono mercificate e sfruttate. Una seconda visione, la posizione liberale, mette insieme il rispetto per la libertà di parola con il principio di “un corpo, un diritto”, producendo così una difesa della pornografia lungo la linea del “non approvo, ma ognuno ha il diritto di consumare e produrre parole e immagini”. Una terza visione - una vera difesa della pornografia - è propria di quelle femministe che vengono etichettate come pro-sex e che sostengono che il porno abbia benefici per le donne.

Femminismi anti-pornografia

Tra queste tre posizioni non esiste molto dialogo. Le femministe anti-pornografia trattano le donne in disaccordo con loro come vittime raggirate dal patriarcato e come apologeti dei pornografi. Nel libro Sexual Liberals and the Attack on Feminism, la curatrice Dorchen Leidholt afferma che le femministe che credono che le donne facciano le loro scelte in materia di pornografia stanno diffondendo una “felice menzogna” (p. 131). Nello stesso lavoro, Sheila Jeffreys sostiene che le femministe pro-sex “erotizzano il dominio e la subordinazione”. Wendy Stock accusa le femministe per la libertà di parola di identificazione con i loro oppressori “proprio come [...] i prigionieri dei campi di concentramento con i loro carcerieri” (p. 150). Andrea Dworkin le accusa di gestire un “racket della protezione del sesso” (p. 136) e asserisce che chi difende la pornografia non può dirsi femminista.
Le femministe liberali che non sono a loro agio con la pornografia vengono forzatamente tenute sotto silenzio. Quelle che continuano a dire la loro, come Nadine Strossen (autrice di Defending Pornography), presidentessa (fino al 2008, ndr) dell'American Civil Liberties Union (organizzazione non governativa statunitense orientata a difendere i diritti civili e le libertà individuali, ndr), vengono ignorate. Per esempio, Catharine MacKinnon si è diverse volte rifiutata di dividere il palco con Nadine Strossen e con qualsiasi donna difendesse la pornografia. Le femministe pro-sex - molte delle quali sono o sono state lavoratrici del sesso - rispondono spesso con la rabbia, piuttosto che con le argomentazioni.
Ma andando al cuore della questione, quali sono sostanzialmente le domande avanzate da ognuna delle tre prospettive femministe?
Page Mellish dell'organizzazione “Femministe che combattono la pornografia” (Feminists Fighting Pornography) ha dichiarato: “Non c'è questione femminista che non sia radicata nel problema della pornografia”. Nel suo libro Only Words, MacKinnon [...] considera la pornografia un atto di violenza sessuale in sé.
Perché la pornografia è vista come argomento centrale del femminismo moderno e come un intrinseco atto di violenza sessuale? La risposta risiede nell'ideologia del femminismo radicale che Christina Hoff chiama “femminismo di genere”.
Il femminismo di genere guarda la storia e vede un'ininterrotta oppressione delle donne per mano degli uomini che attraversa le barriere culturali. Per il femminismo di genere, l'unica spiegazione plausibile è che donne e uomini siano da considerarsi come classi separate e antagoniste i cui interessi necessariamente confliggono. Gli interessi maschili sono espressi e mantenuti attraverso la struttura capitalistica conosciuta come “patriarcato”.
La radice di questo antagonismo è così profonda che si trova nella stessa biologia maschile. Per esempio nel libro considerato “spartiacque” Against Our Will (Contro il nostro volere) Susan Brownmiller rintraccia l'inevitabilità dello stupro al periodo di Neanderthal quando gli uomini usavano i loro organi genitali come armi. Brownmiller scrive: “Credo che, dalla preistoria al presente, lo stupro abbia giocato un ruolo fondamentale. Non è altro che un processo conscio di intimidazione attraverso il quale tutti gli uomini mantengono le donne in uno stato di paura”. Come Brownmiller abbia acquisito questa conoscenza sul sesso in età preistorica è comunque sconosciuto.
Un altro cardine dell'oppressione di genere è che il sesso sia una costruzione sociale. Le femministe radicali respingono quello che loro chiamano “essenzialismo sessuale” - l'idea che il sesso sia una forza naturale basata sulla biologia che fa propendere le donne verso tendenze naturali come la maternità; anche le preferenze sessuali, come l'eterosessualità, non sarebbero biologiche, ma derivano dall'ideologia.
Gli uomini costruiscono la sessualità delle donne attraverso parole e immagini della società [...]. Dopo questa costruzione gli uomini commercializzano la sessualità delle donne e la mettono in vendita sotto forma di pornografia. In altre parole, l'uomo definisce la sessualità della donna attraverso il porno - una definizione che determina ogni aspetto del suo ruolo nella società. Per mettere fine all'oppressione, il patriarcato e le sue narrazioni devono essere distrutti.

Tra censura e libertà di scelta

Il femminismo liberale è un'estensione del femminismo degli anni Sessanta che chiedeva per le donne l'uguaglianza con gli uomini, i quali non erano considerati oppressori, ma piuttosto partner riluttanti da educare. Eguaglianza non significava distruzione del sistema corrente, ma riforma attraverso misure quali la “discriminazione positiva”. Il principio liberale “un corpo, un diritto” sottintende argomenti che vanno dal diritto all'aborto, alla libertà di condurre il proprio stile di vita, come per il lesbismo. L'accento era posto sull'atto della scelta, piuttosto che sul contenuto di questa.
Le femministe liberali condividono la tendenza liberale verso la libertà di parola, ma hanno diverse opinioni quando si tratta di pornografia. Alcune organizzazioni liberali come la Feminists for Free Expression (FFE) si è sistematicamente opposta alla censura in ogni forma. Alcune femministe liberali come Sallie Tisdale (autrice di Talk Dirty to Me) hanno fermamente difeso la libertà sessuale. Ma molte femministe liberali ragionano comunemente come segue: “Come donna sono inorridita da Playboy, ma come scrittrice comprendo la necessità della libertà di espressione”.
Queste argomentazioni non sono favorevoli alla pornografia; sono però contrarie alla censura per diversi motivi, tra cui: grandi opere d'arte e letterarie sarebbero bandite; il primo emendamento della costituzione americana sarebbe violato; l'espressione politica sarebbe soppressa; la cultura creativa richiede libertà di parola.
Altre femministe liberali, che hanno accettato molti assunti ideologici della posizione anti-pornografia, sembrano voler sacrificare la libertà di parola per il più alto bene della protezione delle donne. Per esempio, condannano la libera commercializzazione delle donne come “parti di corpo” che le mortifica. [...]
Negli ultimi anni un numero crescente di femministe - rinominate pro-sex - ha difeso la scelta delle donne di partecipare e consumare pornografia. Alcune di queste donne, come Nina Hartley, sono o sono state lavoratrici del sesso; sanno per esperienza personale che prendere parte alla pornografia non è una scelta forzata e quanto questa possa essere arricchente. Le femministe pro-sex mantengono un'interpretazione coerente del principio “un corpo, un diritto” e insistono nell'affermare che ogni scelta serena sul proprio corpo deve essere protetta in caso non venisse rispettata.
Alcune volte le argomentazioni pro-sex sembrano sovrapporsi a quelle del femminismo liberale. Per esempio, entrambe esprimono preoccupazione riguardo a chi agirà da censore, perché parole soggettive come “degradante” verranno interpretate secondo il volere del censore. La legge che ha bandito Margaret Sanger perché ha utilizzato le parole sifilide e gonorrea non è diversa, nel principio, da quella che oggi vuole decifrare cosa sia osceno. [...] Sui pericoli della censura della pornografia, le femministe pro-sex e le femministe liberali sono spesso d'accordo; ma sui possibili benefici della pornografia per le donne, il loro accordo finisce.

Se le critiche non sono fondate

Le critiche lanciate alla pornografia riescono a resistere ad un esame accurato?
La pornografia è degradante per le donne. Degradante è un termine soggettivo. Per esempio io trovo estremamente degradanti le pubblicità in cui le donne provano felicità orgasmica per il sapone. La conclusione è che ogni donna ha il diritto di definire da sé cosa sia degradante e liberatorio.
La supposta abiezione è spesso legata all'oggettivazione delle donne: è così, il porno le trasforma in oggetti sessuali. Ma cosa significa? Se preso letteralmente, non significa niente perché gli oggetti non hanno sessualità; solo gli esseri ce l'hanno. Ma affermare che il porno raffigura le donne come “esseri sessuali” sarebbe retorica spicciola.
Di solito il termine “oggetti sessuali” sta a significare la messa in mostra di donne come parti del corpo, riducendole a oggetti fisici. Cosa c'è di sbagliato in questo? Le donne sono tanto i loro corpi quanto sono le loro menti e le loro anime. Nessun si offende se si presentano le donne come “cervelli” o come esseri spirituali. È degradante se mi concentro sul senso dell'umorismo di una donna escludendo le sue altre caratteristiche? Perché è degradante focalizzarsi sulla sua sessualità?
La pornografia porta alla violenza contro le donne. [...] Studi ed esperti non sono d'accordo con l'affermare che esista una relazione tra pornografia e violenza, tra immagini e comportamenti. Persino il Meese Commision Report, favorevole alla censura, ha ammesso che i dati che mettevano in relazione la pornografia con la violenza non erano affidabili.
Altri studi, come quello della femminista Thelma McCormick del 1983 per la Metropolitan Toronto Task Force sulla violenza contro le donne non hanno trovato il modo di collegare il porno e i crimini sessuali. Incredibilmente la Task Force ha bloccato lo studio riassegnandolo ad un uomo favorevole alla censura che è riuscito ad ottenere i risultati “corretti”. Lo studio è stato così pubblicato.
E per quanto riguarda i riscontri che arrivano dal mondo reale? In Giappone, dove i porno a fumetti e la violenza brutale sono largamente disponibili, il tasso di stupri è molto più basso rispetto agli Stati Uniti, dove la violenza all'interno del porno è sottoposta a rigorose restrizioni.
La pornografia è sinonimo di violenza perché le donne vengono costrette a parteciparvi. Nessuna delle decine di donne riportate in materiali pornografici con le quali ho parlato ha riportato di essere stata costretta; nessuna delle donne che conosco lo è stata. Tuttavia non ignoro i report sulla violenza: ogni industria ha i suoi abusi. E chiunque usi la forza o minacci una donna per farla esibire dovrebbe essere accusato di rapimento, aggressione e/o stupro. Ogni foto o film di questo genere dovrebbe essere confiscato e bruciato poiché nessuno ha il diritto di beneficiare di qualcosa che sia frutto di un atto criminale.
La pornografia è violenza perché le donne che prendono parte a un porno sono così traumatizzate dal patriarcato che non possono dare un autentico benestare. Nonostante le donne che prendono parte alla pornografia sembrino consenzienti, le femministe anti-pornografia sostengono che nessuna donna psicologicamente sana acconsentirebbe alla degradazione derivante dal porno. Di conseguenza, se sembra essere presente un accordo è perché le donne “si sono innamorate dei loro oppressori” e devono essere salvate da loro stesse.
Una caratteristica comune a tutte le porno attrici che ho intervistato è l'amore per l'esibizionismo. Già se una di queste donne dichiara il proprio divertimento nello sfoggiare il proprio corpo, le femministe anti-pornografia rispondono che non si tratta semplicemente di un essere umano unico che risponde in base alla diversa personalità e al diverso background; si tratta di una donna psicologicamente danneggiata e non più responsabile delle proprie azioni. In sostanza, siamo di fronte alla negazione del diritto della donna di scegliere qualsiasi cosa al di fuori del ristretto corridoio delle scelte politicamente e sessualmente corrette.
Il diritto di scelta dipende dal diritto di fare scelte “sbagliate”, esattamente come la libertà di religione sottintende la libertà di essere atei. Dopotutto nessuno può evitare ad una donna di fare quello che ritiene di dover fare.

Fornire informazioni e rompere stereotipi

In quanto femminista pro-sex sostengo fermamente che: la pornografia benefici le donne, sia personalmente sia politicamente. Le fornisce informazioni sulla sessualità ad almeno tre livelli:
- fornisce una visione panoramica delle possibilità sessuali nel mondo. Questo è vero persino per informazioni sessuali basilari come quelle sulla masturbazione. Non è infrequente per le donne arrivare all'età adulta senza conoscere il modo per fornirsi da sole il piacere;
- permette alle donne di sperimentare in modo “sicuro” le alternative sessuali e soddisfare una sana curiosità sessuale. Il mondo è un posto pericoloso. Per contro, la pornografia può essere una risorsa di solitario apprendimento;
- offre informazioni emotive che arrivano o dall'esperienza diretta o dall'esperienza per conto di altri. Ci fa capire come ci “sentiremmo” se facessimo una determinata cosa.
La pornografia permette alle donne di godersi situazioni e scene che nella vita reale rifuggirebbe fortemente. Prendiamo, per esempio, una delle fantasie più comuni riportate dalle donne – la fantasia di “essere prese”. La prima cosa da capire è che la fantasia dello stupro non rappresenta il desiderio per la cosa reale. Perché una donna sana dovrebbe fantasticare sull'essere stuprata? Forse perdendo il controllo, perderebbe anche tutto il senso di responsabilità e di colpevolezza che la legano al sesso. Forse è esattamente l'opposto del sesso educato e gentile che fa solitamente. Forse trova lusinghiero immaginare che un uomo sia così sopraffatto da lei che debba per forza averla. Forse è curiosa. Forse ha pensieri masochisti che affiorano attraverso le fantasie. È meglio reprimerli?
La pornografia rompe gli stereotipi culturali e politici in modo che ogni donna possa interpretare da sé il sesso. Le anti-femministe dicono alle donne che devono vergognarsi dei loro appetiti e dei loro desideri sessuali. La pornografia dice loro di accettarli e di goderseli. La pornografia può essere una terapia. La pornografia fornisce uno sfogo a quelli che - per qualsiasi ragione - non hanno un partner sessuale. Forse sono lontani da casa, vedovi da poco, isolati a causa di una infermità. Forse semplicemente scelgono di stare da soli.
Anche le coppie usano la pornografia per migliorare la loro relazione. Talvolta lo fanno da soli, guardando video e esplorando insieme le loro reazioni. Talvolta le coppie si rivolgono ad un sessuologo che consiglia di usare la pornografia come un modo per aprirsi alla comunicazione sul sesso. Condividendo la pornografia, le coppie sono in grado di fare esperienza della varietà della loro vita sessuale senza dover commettere adulterio.
La pornografia beneficia le donne sul piano politico in molti modi. Storicamente, pornografia e femminismo sono state compagne di viaggio e alleati naturali. Nonostante non sia possibile tracciare una linea tra l'ascesa della pornografia e l'ascesa del femminismo, entrambe fanno appello alla stessa condizione sociali - vale a dire, la libertà sessuale.
La pornografia è la libertà di parola applicata al campo della sessualità. La libertà di parola è l'alleato di coloro che sono alla ricerca del cambiamento: è il nemico di chi cerca di mantenere il controllo. La pornografia, insieme alle altre forme di eresia sessuale come l'omosessualità, dovrebbe godere della stessa protezione di cui godono le eresie politiche. Questa protezione è ancora più importante per le donne, la cui sessualità è stata controllata dalla censura attraverso i secoli.
Guardare pornografia potrebbe avere un effetto catartico sugli uomini che hanno desideri sessuali violenti nei confronti delle donne. Se questo è vero, limitare la pornografia significa rimuove la barriera protettiva tra le donne e l'abuso.
Legittimare la pornografia proteggerebbe le lavoratrici del sesso che sono stigmatizzate dalla società. Quando le femministe anti-pornografia trattano le lavoratrici del sesso come “donne indottrinate”, di fatto indeboliscono la loro sicurezza.
La dottoressa Leonor Tiefer, una professoressa di psicologia, ha osservato nel suo saggio On Censorship and Women: “Queste donne hanno fatto appello alle femministe per avere supporto, non rifiuto. [...] Le lavoratrici dell'industria del sesso, come tutte le donne, stanno combattendo per la sopravvivenza economica e per una vita decente e se il femminismo significa qualcosa, questo qualcosa è sorellanza e solidarietà con queste donne”. [...]

Wendy McElroy

traduzione di Carlotta Pedrazzini

Originariamente apparso in Free Inquiry magazine (vol. 17, n. 4) con il titolo A Feminist Defense of Pornography”



Ma il sesso è un'arma rivoluzionaria

intervista di Michele Salsi a Marika Ferrero

Liberarsi dalle sovrastrutture in ambito sessuale può farci progredire anche sul piano socio-politico.


Marika Ferrero è fondatrice dell'associazione culturale Bocca di Rosa. Composta da lavoratori del porno, propone performance in cui pornografia e arte si incontrano, per affermare la libertà di ognuno di vivere ed esprimere la propria sessualità nella piena libertà e nel rispetto del prossimo.

Sappiamo cosa sono state la liberazione femminista e la rivoluzione sessuale nel movimento del ‘68, nel movimento hippie in America e in generale negli anni ‘70: si è arrivati ad una maggiore libertà per la donna e per il sesso. Tuttavia resta ancora molto da fare, perché forse quella avvenuta è stata una rivoluzione dell'immagine più che della sostanza. Per esempio, oggi è accettato che già ragazzi di 13 anni abbiano rapporti sessuali e provino ogni tipo di trasgressione e si tende ad identificare questi fatti con la libertà, mentre forse la vera rivoluzione (o evoluzione) resta ancora da fare. Oggi non si percepisce più la necessità o l'urgenza di affrontare problemi di questo tipo, perché ci si sente appagati da una finta libertà esposta in vetrina. Sono infatti ancora attuali le parole di John Lennon: ”Viviamo in un mondo dove bisogna nascondersi per fare l'amore, mentre la violenza è alla luce del sole”. Qual è la posizione della vostra associazione a riguardo e come pensi si possa agire per migliorare le cose?
Pensiamo anche noi che la vera rivoluzione debba ancora venire, per citare un esempio tra i più palesi, la maggior parte dei ragazzini di 13 anni di cui mi parli consumano pornografia e purtroppo ne traggono ispirazione, per cui vivono spesso complessi interiori per paura di non esser all'altezza di quelle performance mitizzate e innaturali. E questo purtroppo avviene non solo tra i ragazzi in età adolescenziale, ma anche tra uomini adulti. Miriamo a combattere quest'idea di pornografia superata e maschilista, che non ha un minimo interesse per il piacere individuale e per far cadere questi muri di sessismo, cercando di creare un'armonica ricerca della complementarietà tra l'universo maschile e quello femminile. Se riuscissimo a tramandare l'idea che fare l'amore dev'essere un'esperienza gioiosa e naturale, e non un tabù da condannare, molte persone riuscirebbero a trovare una risposta o uno sfogo alle proprie pulsioni, senza farle sfociare in repressione, e quindi in violenza. In questo modo si potrebbe davvero fare l'amore alla luce del sole, e iniziare a rendere tabù la violenza.

Un'esperienza anche artistica

La liberazione sessuale ha coinciso con il periodo della mercificazione del mondo, con la trasformazione dell'essere umano in consumatore e, sulla scia di questi cambiamenti, anche il porno è diventato un grande business. Hai dichiarato che l'intento dell'associazione Bocca di Rosa è anche di cambiare il mondo del porno, visto come un establishment con i suoi schemi e le sue regole. Questo ha infatti dei risvolti piuttosto tristi, con il prodotto-porno (anche quando “gratuito”) che viene consumato in un contesto di isolamento, attraverso media tecnologici, magari per sfogare delle pulsioni che devono esser represse nella vita quotidiana. Il tuo approccio, da quanto mi è sembrato di capire, vuole tentar di cambiare il porno integrandolo con la sfera artistica. Tu quali benefici pensi possa trarre dalla contaminazione artistica? E, per contro, può il porno dare nuova linfa al mondo dell'arte?
Siamo fermamente convinti che la sessualità debba essere usata come mezzo di espansione mentale, è un po' questo il nostro obbiettivo finale e, contaminando l'ambiente della pornografia con l'arte, questo non può che risultare più semplice. La nostra idea è di illuminare un luogo ancora così sconosciuto come la sessualità con l'esperienza e la creatività performativa che contraddistinguono tutti/e quelli/e che ci seguono nel nostro progetto, ma anche nella nostra filosofia di vita.
L'arte può essere utilizzata in maniera meravigliosa, dall'autoproduzione alla fotografia, dai video all'arte di strada unita all'erotismo, per spettacoli completamente nuovi; noi ce la metteremo tutta per riuscirci.

Il regista Silvano Agosti ama rimarcare come la famiglia sia una delle grandi catene che mantengono prigioniero l'uomo nella sua ”servitù volontaria”; famiglia intesa soprattutto come il legarsi ad una persona e vivere nello stesso spazio per una vita intera. Alla famiglia non sfuggono nemmeno le pornostar, che pur avendo tanti rapporti sessuali con persone diverse, percepiscono il sesso principalmente come un'attività professionale a cui è affiancata una vita sentimentale più o meno ”normale” con un partner fisso. Non voglio fare la classica domanda se esiste il sesso senza amore e altre banalità del genere. Piuttosto chiedo a te in quanto pornostar, ma anche “attivista del sesso”, se pensi sia nell'essenza dell'essere umano legarsi ad una persona e condividere esclusivamente con quella la vita sessuale e affettiva. Quali e quanto ampi sono i margini di cambiamento che riesci ad intravedere, in un contesto culturale che è largamente condizionante e limitante?
Amo sottolineare che per noi il nostro non è solo un progetto, è una filosofia di vita e io personalmente credo si possa mettere amore in tutto ciò che si fa, amando la persona con cui interagiamo in quel momento, qualsiasi sia il tipo di interazione. Io ho sempre vissuto la mia vita con totale libertà e apertura sessuale, perché vedevo vicino a me, nelle persone che la vivevano tutti i giorni, che funzionava, funzionava perfettamente. Per la società alcune pratiche sessuali vengono dichiarate perverse o anormali, rispetto a una supposta normalità, che poi è quella eterosessuale e monogama. Liberandosi da alcune strutture e sovrastrutture mentali si riescono a fare dei passi avanti anche nella società, per questo secondo me l'esclusività sessuale e affettiva non è nell'essenza dell'essere umano, ma un target che ci è stato imposto culturalmente, e che può rientrare o meno nei nostri piaceri e gusti personali. Qualunque sia la nostra preferenza, restando in armonia con il/i partner, oggi come oggi non dovrebbe esser più oggetto di discriminazione.

La copertina del numero “A” 159 (novembre
1988). Al suo interno, un dossier curato dal
CIRA (Centro internazionale di ricerca
sull'anarchismo di Losanna) sulla vita di
trenta femministe (e anarchiche) impegnate
nella lotta per la trasformazione sociale
Liberarsi dai tabù

Voi sottolineate come l'associazione Bocca di Rosa sia prevalentemente formata da donne e che l'obiettivo dell'associazione è quello di unire la liberazione del sesso alla condizione della donna. La “filosofia” che state avanzando, però, è in un certo senso in antagonismo con altri gruppi femministi, penso ad esempio al caso delle ucraine di Femen che si son fatte conoscere con proteste spettacolari per denunciare il dilagare della prostituzione femminile e la mercificazione delle donne nei paesi dell'est europeo.
Nello specifico, la tua attività mi sembra invece più in assonanza con quella della “porno-rivoluzionaria” Valentina Nappi, che si è fatta notare in questi ultimi anni: per quanto davvero esistano situazioni drammatiche dietro a tante prostitute che stanno giorno e notte sulle strade, Valentina vuole rivendicare il diritto ad essere ”zoccole”, che è uno dei tanti tabù rimasti dietro all'immagine fittizia dell'estrema libertà sessuale nel nuovo millennio. Un approccio che mi sembra più simile alla visione poetica, ma anche rivoluzionaria, della Bocca di Rosa di De André.
La vostra associazione cos'ha da dire su questa dualità tra la mercificazione del corpo e la poesia delle prostitute?

Questo è uno dei punti su cui ho cambiato opinione nella mia vita, prima di riuscire a ritrovare la mia vera armonia con il mio corpo e con l'universo maschile. Penso davvero che esistano molte Bocca di Rosa, e se la prostituzione dev'essere chiamata mercificazione del corpo e la pornografia no, io non ci sto. Ho visto un sacco di puttane felici, e un sacco di pornostar che vivevano tutti i giorni sull'orlo di una crisi di nervi. Ogni donna deve avere il diritto di esprimere emozioni attraverso il proprio corpo come meglio crede, combattendo i target imposti dalla nostra società condizionata da maschilismo, femminismo e sessismo in genere. Come il grande De André vogliamo superare l'immagine di prostituta che tanto si tende a condannare, regalando all'amor pagato un'immagine poetica e allo stesso tempo (come nella battaglia per l'assistenza sessuale ai disabili) socialmente e culturalmente utile.

Oggi ci sono donne capo di stato, ministri donna, sindaci donna, forse si avranno anche donne sacerdotesse. Possiamo dire che negli anni le donne si sono guadagnate il diritto di portare i pantaloni. Ma dal mio punto di vista di maschio femminista la sfida è tutt'altra, ossia non fermarsi a rimpiazzare gli uomini nei loro ruoli, ma portare al potere l'amore generatore di vita che la donna può rappresentare.
Nella disputa sull'equiparazione dei sessi, qual è la vostra posizione?

Non vogliamo rivendicare diritti e pretendere doveri, ma esaltare e far conoscere, attraverso il nostro progetto, le potenzialità femminili, metterle a confronto con quelle maschili, e avviare un processo di crescita umana che possa arricchirsi nel tempo grazie alla condivisione di esperienze e all'interazione tra le più diverse realtà personali e sociali. Ogni donna ha le proprie aspirazioni e i propri sogni, lottando può trovare mezzi per realizzarli e questa è proprio una delle sfide nate con la nostra associazione. Per farvi capire il mio pensiero, vi cito una frase di Beatriz Preciado: “Considero la pornografia un dispositivo di controllo biopolitico che storicamente è stato funzionale alla società patriarcale per imporre una determinata visione della sessualità. Il nostro modo di vivere la sessualità, e possiamo esserne consapevoli o meno, è strettamente correlato ai modelli visuali e narrativi coi quali entriamo in contatto”. Da qui l'obbiettivo di far percepire la pornografia diversamente, dare messaggi e stimoli differenti a uomini e donne, e creare con la sessualità una condivisione fisica e mentale di esperienze.

Ad anni di distanza dalle performance della pornostar Cicciolina, oggi spesso ridicolizzata per le sue performance con i cavalli, tu da pornostar e da persona direttamente coinvolta nelle tematiche, ti senti di dare un giudizio sul partito dell'amore? Pensi che la politica di partito possa allearsi con il porno?
L'idea del Partito dell'Amore di base era molto valida, dare vita alla prima esperienza italiana di antipolitica, anche se realmente non so quanto sia stato così. Il porno aveva allora attorno un grande business, e il business con l'antipolitica non va molto d'accordo. C'è da dire che per fortuna sono nati davvero dei movimenti. Il Post-Porno vuole anche essere una forma di lotta politica. Nel sesso c'è politica: se ci liberiamo da certe sovrastrutture nel privato, potremo fare dei passi avanti anche nella società.

Così come l'uso della cocaina, le macchine di lusso e i cenoni, anche la frequentazione di prostitute viene vista come caratteristica di certi ambienti elitari e quindi segno di benessere, di godimento della vita, che genera addirittura invidia sociale. Si può usare invece il sesso come strumento di liberazione dal basso? Avete mai pensato a quali sono le azioni concrete che possono portare a un'evoluzione del sesso e a una sua liberazione generalizzata?
Il bisogno di sfoggiare continuamente la nostra ricchezza è una delle più grandi rovine della società odierna. Come può un uomo pretendere di ricevere rispetto da una donna che tratta come un oggetto? Ci sarebbe bisogno di più prostitute come quelle descritte nelle frasi di De André, lì si potrebbe davvero pensare al sesso come uno strumento di liberazione dal basso. Le azioni concrete possono essere moltissime, per ora noi ci limitiamo a viverle tutti i giorni come principi della nostra vita, e a trasmettere il nostro pensiero alle persone che incontriamo sul nostro cammino attraverso i nostri lavori.

Contro i criteri mainstream

Leggendo la descrizione della vostra associazione ho notato che viene spesso ripetuta la parola Eros e suoi derivati. La differenza generica tra porno ed erotismo è data dal fatto che l'eros risulta essere una versione più politically correct o se vogliamo meno “scandalosa” e “volgare” del porno. In realtà la distinzione è una questione filosofica, affrontata anche da Carmelo Bene che ha distinto l'Eros, romantico e sentimentale, dal Porno, visto come abbandono, smarrimento dell'Io nel desiderio del desiderio. Ora non ti chiedo una disputa filosofica, ma in quanto testimone diretto, come puoi descrivere la tua attività di porno-attrice, quale sono le sensazioni che provi a livello emozionale, quali emozioni pensi di trasmettere ai tuoi partner e ai tuoi osservatori esterni?
Penso che ci siano molte persone che hanno voglia di “raccontare” il proprio erotismo e io sono una di quelle. L'energia che provo quando sono davanti alla telecamera è amplificata, perché ho una voglia viscerale di trasmetterla a chi è dall'altra parte, con la gioia e la semplicità che per me caratterizzano il sesso. Crediamo sia questo il segreto, valorizzare menti e corpi troppo offuscati dai finti canoni estetici e mitizzati di fisicità e piacere, caratteristiche del porno mainstream.

Michele Salsi

Noi, Bocca di Rosa

Non solo un omaggio a De Andrè, ma l'omaggio all'idea della gioia per il sesso che si respira nella canzone e alla denuncia del falso perbenismo che lo ostacola.
L'associazione Bocca di Rosa nasce dalle esperienze trasversali nell'ambito del mondo hard, e non solo, dei soci fondatori e si propone come obbiettivo fondante la ricerca della libertà di ognuno di vivere ed esprimere la propria sessualità nella piena libertà e nel rispetto del prossimo.
L'associazione si batte per dare vita ad una pornografia che si fondi sul rispetto, che sappia mettere in risalto la naturalezza della sessualità senza gravarla di beceri “stereotipi e pregiudizi”; per far conoscere il mondo poco conosciuto e spesso frainteso del BDSM; per sdoganare il tabù di sessualità e disabilità; per la libertà di scelta di genere.

Associazione Bocca di Rosa
associazioneboccadirosa@gmail.com