Rivista Anarchica Online


teatro

La grande storia dei PesciPiccoli

testi di Laila Sage e Lorenzo Valera / foto di Helga Bernardini e Carlo Venegoni


Un'esperienza teatrale decisamente originale raccontata da due dei suoi protagonisti. Tre momenti diversi, rispettivamente in Francia, Svizzera e Italia, accomunati dalla fusione di forme d'espressione differenti, dal coinvolgimento del pubblico e da uno stile organizzativo ed economico alternativo nell'ambito della produzione artistica.
Laila e Lorenzo ci raccontano la storia di questi pesci piccoli che hanno deciso di nuotare insieme, controcorrente.


I PesciPiccoli sono pesci eretici,
schizzati fuori dai loro acquari asfittici.
Pesci Pagliaccio e Pesci Combattenti,
sanno beffare i pescatori più attenti.
E quando si stancano di star sui fondali
le loro pinne diventano ali.
Prima nuotavano contro tutte le correnti,
ora volano, risalendo i venti.

Laila: Per due anni di fila, nel 2013 e nel 2014, insieme ad un gruppo di amici incontrati soprattutto nell'ambito del circolo Arci Scighera di Milano, o durante incroci artistici vari, ci siamo ritrovati in qualche Valle del Piemonte, a sud il primo anno (Valle Grana, Cuneo) poi più a nord (Rocchetta Tanaro, Asti) per 15 giorni di Residenza Artistica PesciPiccoli.
Immaginate una specie di micro-comunità effimera che, tra la cucina collettiva e le altre faccende quotidiane, fra tende e alberi, mette in piedi uno spettacolo di strada. Due settimane, sei spettacoli che portano con determinatezza una visione del mondo e una media di 25 artisti tra grandi e piccoli: attori, musicisti, artigiani della cultura e agitatori culturali di vario tipo.
Ma questi sono i fatti più recenti. Non è cosi che inizia la storia e di sicuro nemmeno così finisce. Queste residenze sono il risultato di anni passati a sperimentare, a cercare sentieri alberati lontani dalle autostrade della cultura commerciale, a volte anche vicoli ciechi. Per tracciare la mappa di questa vicenda, partendo dalle realtà che l'hanno ispirata e per arrivare a tutti i progetti, relazioni, interscambi che ha fatto nascere, alle sue innumerevoli diramazioni, ci vorrebbe un foglio grande come un albero; un albero mai visto prima, fatto di assurdi innesti, di radici profonde con rami immensi che spingono verso l'alto. Un albero ha tante radici che si sviluppano parallelamente, non è facile trovare il punto in cui ha attecchito il primo seme...

La residenza “Passages” in Francia (anche foto precedente)

Nella prima residenza artistica dei PesciPiccoli
in Valle Grana, alcuni momenti delle prove

Auvergne 2009, la residenza Passages

Lorenzo: Per me uno dei punti di partenza è una strana e bella esperienza che feci nell'agosto del 2009. Una mia cara amica, con la quale da tempo condividevamo pezzi di percorso artistico e musicale nell'ambito del canto popolare, mi invitò in Auvergne, nel centro della Francia, per la residenza estiva del suo collettivo artistico, i Passages (gioco di parole dal doppio significato: “passaggi” e “poco di buono”).
Un ex convento nel bel mezzo della campagna, messo a disposizione in cambio di un affitto simbolico, una ventina di artisti, uno spettacolo di strada da inventare e costruire collettivamente nel giro di due settimane, per poi proporlo nelle piazze e nei cortili della zona.
Il gruppo si incontra il primo giorno per condividere idee e proposte: ciascuno propone un numero, uno spunto, un testo da elaborare e tutti insieme si discute su come lavorarci per amalgamarlo all'interno dello spettacolo. Antoine propone un monologo drammatico tratto da un testo di Dario Fo; Séline un brano musicale da arrangiare col gruppo dei musicisti; Yvan ha scritto una scena satirica che coinvolge l'intero gruppo; Philippe ha immaginato un numero di clownerie per il quale ha bisogno di un accompagnamento musicale; Stephan ha in mente un personaggio comico che entra più volte a “disturbare” il corso dello spettacolo; Marinette è una ballerina ma questa volta vorrebbe sperimentarsi in altre forme artistiche; Elsa mette a disposizione le sue competenze di regista teatrale per lavorare sulla coesione dello spettacolo, perché il risultato finale abbia una sua armonia e non risulti una serie di numeri scollegati tra loro.
Molte di queste persone svolgono attività artistica per professione, altre suonano, recitano o danzano a livello amatoriale, ma da subito mi accorgo che questa differenza non ha alcun valore: certo, nel gruppo ci sono presenze più carismatiche e competenze riconosciute collettivamente, ma nessuno si fa particolari problemi a esprimere chiaramente i propri dubbi o il proprio aperto dissenso su una proposta; le opinioni hanno tutte lo stesso peso.
È chiaro che la cantante abituata a riempire le sale o l'attore che un regista di fama ha voluto come protagonista in una tournée internazionale sono qui proprio per ritrovare uno spirito e una possibilità di sperimentazione che a volte il professionismo, pur relativamente libero da logiche commerciali, almeno rispetto a quanto avviene in Italia, rischia di farti perdere. Non a caso tutte queste persone sono accomunate da un orientamento decisamente libertario. Questo emerge fortemente dagli spettacoli, anche se mai in maniera troppo esplicita o didascalica, ma anche dalle pratiche auto-gestionarie che si instaurano nelle settimane della residenza, dove tutti sono corresponsabili della gestione quotidiana dei pasti, delle pulizie, ecc.
Fin dal primo giorno cominciano le prove, che occupano dal mattino la gran parte della giornata. Una sessione divisi per gruppi, per cominciare a lavorare sui singoli pezzi, e una collettiva per condividere i progressi e lavorare sulla struttura complessiva. Man mano che passano i giorni quello che sembrava un insieme caotico e casuale comincia a prendere una forma, un senso generale. Non mancano momenti critici, malumori e disaccordi su alcune scelte artistiche, ma attraverso le pratiche consensuali si arriva sempre a soluzioni condivise. Noto chiaramente la presenza di persone navigate, capaci di stare serenamente nei conflitti e di facilitarne lo svolgimento.
Nei giorni delle prove tutti gli spazi della grande struttura diventano laboratori artistici sperimentali dove generi, modalità espressive e percorsi umani si incontrano e si contaminano. Quando si arriva a un punto morto (come terminiamo questo brano? Questa scena la facciamo più ironica o più malinconica?) si coinvolge qualcun altro, non necessariamente il più esperto, per dei suggerimenti. Le idee circolano come aria fresca e ciascuno trova il proprio spazio.
Nelle serate c'è stanchezza ma anche molta voglia di stare insieme e fare festa. La responsabilità condivisa, la consapevolezza di costruire qualcosa di bello e importante genera euforia, legami e curiosità: è il momento per conoscersi e raccontarsi. Io, ospite sconosciuto per tutti, tranne che per la mia amica, unico esterno al collettivo artistico, vengo immediatamente e semplicemente accolto da questa comunità. Parlo della mia rete, dei miei progetti: del Circolo milanese che quattro anni prima avevo contribuito a fondare (la Scighera), del gruppo di canto popolare che proprio allora stavamo trasformando in associazione culturale (le Voci di Mezzo). Durante un turno di cucina viene fuori che canto in un coro, pelando patate attorno a un paiolo insegno un canto popolare a più voci e tutti sembrano apprezzare; la tentazione di fare un passo in più è forte, ma la mia permanenza è limitata a qualche giorno e so per esperienza che un collettivo è un organismo delicato, occorre rispettarne tempi e meccanismi di inclusione per non turbarne gli equilibri. Per questa volta mi limiterò a sbirciare dalla finestra...
La settimana si avvia al termine, è tempo di andare in scena. Con diversi piccoli Comuni del circondario si sono presi accordi per spettacoli a cappello in giardini, piazze e cortili nei pomeriggi del fine settimana. Nelle ultime “filate” si sistema la sequenza dei pezzi, gli stacchi musicali, le entrate e le uscite, i cambi di scena e di costume. Il tutto sarà realizzato senza microfoni o impianto audio.
Il primo spettacolo mi lascia senza parole. Sono esterrefatto da ciò che si è potuto produrre in meno di una settimana. Certo, i cambi scena sono un po' farraginosi e alcuni pezzi richiedono ancora un po' di pratica, ma nel complesso mi trovo di fronte a un meraviglioso mosaico in cui tutti i tasselli sembrano trovare magicamente il loro posto: si passa dal riso alle lacrime, dalla critica sociale radicale alla poesia, dalla parola, alla musica, alla danza, senza alcuna soluzione di continuità. È uno spettacolo che mette in scena la vita, e che di vita trabocca.
So che tutto questo cambierà la mia, di vita, e già mi frullano in testa mille idee.
Lo spettacolo viene ripetuto tre-quattro volte nel fine settimana, sempre con un inaspettato riscontro di pubblico, almeno per me: in fondo stiamo parlando di piccoli villaggi di campagna... Il cappello che viene fatto passare è sempre generoso e il ricavato permetterà al collettivo di coprire le spese vive della residenza.
Al momento di ripartire si parla già di un invito a partecipare, con alcuni artisti della mia rete, alla residenza dell'anno prossimo. Sembrano cose che si dicono sull'onda dell'entusiasmo ma so che non sarà così e ho già in mente alcune persone da coinvolgere. La dimensione artistica non basta, è chiaro che occorre gente capace di relazionarsi con un collettivo e disponibile a sperimentarsi in situazioni nuove. Mi viene del tutto naturale pensare alle persone con cui sto condividendo il percorso politico e culturale della Scighera.
Dopo un anno, a partire per l'Auvergne con me ci sono Laila (con cui nel frattempo è nato il progetto musicale del duo Tez), Marta Marangoni (Teatro della Cooperativa), Fabio Wolf (eclettico musicista-attore che con Marta ha creato il “duperdu” e con lei in quel periodo sta dando vita al percorso di teatro sociale di Minima Teathralia), Oscar Agostoni (il Marcolfo di Radio Bandita e di Agognomico Prodaccion), insieme al suo burattino Mario, Elena Dragonetti (ballerina), Francesca di Girolamo (Atir) e Carlo Venegoni.
Dall'esperienza indimenticabile di questa partecipazione nascono mille ulteriori idee e progetti, tra cui la creazione di un collettivo artistico che prenderà il nome di Baravaj, l'invito di alcuni membri dei Pas Sages per uno spettacolo collettivo in Scighera (che avverrà nel febbraio 2010).

I PesciPiccoli a Ginevra, con l'associazione
“Pré en Bulle” animano la festa
del quartiere Les Grottes

Carabattole artistiche e altre cianfrusaglie culturali

Laila: al rientro in Italia infatti, nasce il primo collettivo artistico della Scighera: i Baravaj (in milanese cianfrusaglie, carabattole). Il circolo Agorà di Cusano ci apre per primo le sue porte per una serie di spettacoli a tema: si spazia dall'amore libero, alla crisi della Cultura, al Non-lavoro alla Morte (con tanto di drappeggi funebri e lumini sui tavoli). La formula è quella del varietà con pezzi originali o rimaneggiati per l'occasione, dando fondo a un gran misto di risorse e competenze: musicali, teatrali, radiofoniche o di sartoria, organizzative, promozionali e tecniche. Se ciascuno porta materiale, la regia rimane collettiva.
Ed è probabilmente in quel periodo che la questione si pone in modo più chiaro: quando si è contemporaneamente promotori, organizzatori, artisti o fruitori dell'esperienza culturale-artistica, qual è il senso della divisione dei ruoli? Qual è la condizione migliore per valorizzare tutti gli aspetti della produzione culturale-artistica? Come renderla sostenibile e rispondere ai propri bisogni culturali ed economici?
Nel frattempo e grazie a numerosi progetti nati dentro o fuori dalla Scighera, i contatti di persone, gruppi, realtà affini si moltiplicano e prende forma una tela immensa di collaborazioni possibili. È proprio in questa rete informale che vediamo una delle chiavi possibili... Lo si sa, tanti piccoli pesci insieme sono molto più forti di qualsiasi pesce grosso e si muovono con agilità ed efficienza.
Nel 2012 il collettivo de Il Mio Villaggio, uno dei molti sotto-progetti dell'arcipelago Scighera che promuove viaggi di auto-formazione sulla politica del quotidiano, riceve una proposta da Ginevra. Siamo stati scelti come ospiti d'onore a Jour de Fete, la festa del quartiere delle Grottes che si svolge ogni 2 anni e coinvolge l'intero quartiere.
Gli amici dell'associazione Pré en Bulle che da anni operano in vari quartieri della capitale svizzera, mettono a disposizione parte della sovvenzione che ricevono per organizzare l'evento e ci offrono un vero e proprio budget (cosa mai vista prima!) da destinare all'animazione artistica della festa che si svolgerà a maggio. Fatichiamo quasi a crederci... i soldi ci sembrano tantissimi. È una grande opportunità ma anche una grande responsabilità: a chi rivolgere l'invito? Agli artisti della Scighera, della Bovisa, di Milano? Di che realtà vogliamo essere rappresentativi? Di che territorio possiamo pensare di esserlo?
Ci rendiamo conto che l'unico territorio al quale ci sentiamo di appartenere è basato su una mappa relazionale e percettiva, che prescinde dalla dimensione geografica: una rete solidale che contribuisce, nel quotidiano, a rendere la città più vivibile, bella e poetica, a nostra immagine e misura.
Alla fine vengono coinvolte più di 30 persone prese tra i Saltimbanchi del CSO Cascina Torchiera Senz'acqua, il ludobus di Alekoslab, il collettivo Serpicanaro, la NemaproblemaOrkestra, il gruppo di canto popolare Voci di mezzo, il collettivo artistico della Scighera Baravaj, il duo Tez...
Il gruppo che si viene a creare è eterogeneo: c'è chi ha un altro lavoro e non vuole neanche un rimborso o viene spesato dalla propria associazione di provenienza, chi si accontenta di vitto e alloggio perché basta non spendere nulla, c'è chi vive della propria arte e ha bisogno di un cachet. Ma risulta difficile e forse prematuro mettersi d'accordo su una ripartizione basata sul bisogno dei singoli.. per questa volta, dividiamo in parti uguali.

Sabato e Domenica, 20 maggio, 2012
Il progetto il Mio Villaggio presenta: I Pesci Piccoli a Ginevra
“(...) Nuotano tutti nelle acque agitate della capitale italiana della moda, dell'economia e dell'individualismo. È qui che si battono per creare degli spazi di resistenza sociale, delle zone temporaneamente autonome o permanentemente conviviali. Qui dove la cultura dal basso è una sfida quotidiana, solo le reti di solidarietà e la messa in comune delle risorse permettono di superare le logiche del mercato e della concorrenza. Solo la creatività permette di tenere la testa fuori dall'acqua. (...) Un piccolo assaggio di un mondo politico e culturale che ha come territorio comune il senso e la solidarietà. I PesciPiccoli arrivano: pesci grossi, datevela a squame levate!”

E mentre l'ignaro comune di Milano organizza una grande conferenza stampa sulla Cultura dove solo le grandi istituzioni vengono citate, nella capitale svizzera è la cultura dal basso a fare da protagonista, più viva e gioiosa che mai.

I PesciPiccoli a Ginevra, con l'associazione “Pré en Bulle”
animano la festa del quartiere Les Grottes

La Scighera: un esperimento di organizzazione culturale “circolare”

Lorenzo: Ma l'assenza delle istituzioni, e soprattutto delle risorse che da loro potrebbero arrivare è davvero un ostacolo insormontabile?
Per esempio: Nadia, Samia e Naima Ammour sono tre sorelle algerine, più precisamente cabile, ossia della regione montuosa a nord dell'Algeria. Abitano tra Parigi e Marsiglia e insieme formano il trio Tighri Uzar (in cabilo “la voce delle radici”). Cantano a cappella, talvolta accompagnandosi con percussioni, canti tradizionali delle donne cabile. Lo fanno magnificamente: in Francia fanno un sacco di concerti ed è la classica cosa che, mentre le ascolti in un locale associativo marsigliese, magari a ingresso libero, ti fa pensare: “in Italia sarebbe impossibile”...
Perché è impossibile? Perché occorre trovare uno spazio disposto a rischiare: qualunque organizzatore (associazione o meno) con l'acqua alla gola per l'affitto e i fornitori alle calcagna, taglieggiato dalla Siae e da mille altri balzelli assurdi, sa che tira molto di più, e a un costo nettamente inferiore, una cover band che un concerto a cappella in lingua cabila; perché a differenza che in Francia i locali associativi, o gli spazi non interessati esclusivamente all'aspetto commerciale, sono bastonati dalle istituzioni (quando si accorgono della loro esistenza) e vincolati da mille rigidità piuttosto che facilitati nella loro opera di diffusione della cultura; perché in questo panorama desolante il pubblico è sempre meno incline a lasciarsi stupire e il rischio di una sala vuota è forte; perché se le facciamo venire poi dobbiamo dare loro un compenso che sia sufficiente a soddisfare le loro esigenze economiche, e già le spese di viaggio sono alte.... dove li troviamo questi soldi? Il pagamento di un ingresso non scoraggerà ulteriormente il pubblico? Va be', molto meglio chiamare quel gruppo che fa cover di De André....
Ma allora com'è possibile per un circolo associativo indipendente, autogestito e autofinanziato proporre una programmazione svincolata da pure logiche commerciali?
Per noi la risposta è stata uscire dagli schemi per inventarne di nuovi. Anzitutto abbattendo gli steccati che vedono organizzatori, artisti e fruitori come categorie ben distinte: se le forme della democrazia associativa funzionano, ogni associato è potenzialmente sia promotore, sia produttore, sia fruitore dell'esperienza artistica. Sperimentarsi di volta in volta in ciascuno di questi ruoli ci ha fatto capire che non avevamo nessun bisogno di rifarci alle pratiche organizzative consolidate, alle regole scritte e non scritte che vedono l'evento artistico come un prodotto da piazzare, il pubblico come un acquirente e l'organizzatore come l'intermediario, che opera in una logica di competizione (sia pure con interessi convergenti) nei confronti dell'artista/prestatore d'opera. Nell'organizzazione circolare quale dovrebbe essere appunto quella di un “circolo” questi tre soggetti si incontrano su un terreno comune per raggiungere obbiettivi condivisi, secondo la logica solidale.
Non si tratta affatto di esibirsi gratis o a cachet simbolici per “beneficenza”: suonare “per i compagni” è senza dubbio un atto nobile ma di certo non libererà l'artista dalla pressione economica, anzi lo costringerà ad accettare in altre occasioni ingaggi di cui farebbe volentieri a meno, e che magari gli stessi “compagni” gli rinfacceranno....
In questi anni l'introduzione di formule alternative all'ingresso fisso ha dato vita, in totale assenza del sostegno delle istituzioni, a eventi di altissima qualità ed economicamente sostenibili per il circolo; alla possibilità per gli artisti di esibirsi in un contesto culturale accogliente e ricettivo, oltre che ottenere un riconoscimento economico dignitoso; a una proposta accessibile, stimolante e sempre apprezzatissima dal pubblico, anche di fronte a proposte considerate “difficili”.

Gli spettacoli delle residenze artistiche hanno una regia collettiva:
ciascuno propone un numero, uno spunto, un testo e tutti insieme
si discute su come elaborarlo per integrarlo nello spettacolo
Il cappello

L'ingresso a offerta libera è stata un'evoluzione naturale di questo percorso. Se i soci non sono solo “spettatori”, ma parte attiva di un processo culturale, possono ben essere responsabilizzati sul fatto che gli eventi hanno un costo e che gli artisti, pur non vendendo alcun prodotto, e anzi proprio per questo, necessitano di un sostegno per poter continuare a portare avanti il loro progetto non condizionati da esigenze di vendita. Se lasciamo che sia “il mercato” a stabilire il valore della produzione artistica non potremo lamentarci se questa risulta sempre più commerciale e omologata.
La proposta quindi è proprio di svincolare l'offerta dal presunto “valore commerciale” dell'evento. Se ritieni di voler sostenere un progetto artistico, metti quello che puoi. Se la cosa ti crea imbarazzo abbiamo raggiunto gran parte dell'obiettivo...
Al di là dei principi astratti quello che abbiamo cercato di creare, e di condividere con altri soggetti simili a noi, è uno stile: trattare bene un artista per noi non significa fargli trovare la birra e la frutta in camerino o viziarlo con altre sciocchezze simili, ma renderlo partecipe del progetto, raccontandogli dove si trova e consentirgli di contribuire, anche lui, come può. È chiaro che esibirsi in un circolo associativo autofinanziato (e sempre sull'orlo del collasso economico...) probabilmente non gli porterà un grande guadagno. Ma avrà la possibilità di suonare con un buon impianto, seguito da un eccellente fonico, di essere ospitato se arriva da lontano, sarà sfamato e dissetato a piacimento. Del cappello ci occupiamo noi: a un certo punto della serata sarà sempre qualcuno di noi a spiegare il senso politico e culturale di non mettere un ingresso a pagamento e a richiamare i presenti a un atto di corresponsabilità. Il ricavato del cappello va interamente all'artista ma non sono mancate occasioni in cui ciò che si è raccolto era più del necessario e qualcuno ha deciso di lasciarne una parte al circolo.
All'inizio non è stato facile perché quella del cappello è un'abitudine che si è un po' persa. Alcuni artisti coraggiosi e generosi hanno fatto da “apripista” condividendo il rischio, noi soprattutto all'inizio abbiamo sostenuto le serate di raccolta magra, ma col tempo ci siamo resi conto che spessissimo le serate a cappello funzionano meglio. Da artista, preferirei mille volte suonare in una sala piena di gente a offerta libera che mezza vuota perché c'è un ingresso, anche se questo mi garantisce un cachet fisso (che sarà comunque sempre insufficiente).

Ma allora è possibile...

E così Nadia e le sue sorelle cabile sono venute non una ma diverse volte a cantare in Scighera, una volta anche a fare un laboratorio di canti cabili in collaborazione con l'Associazione Voci di Mezzo. E già che c'erano hanno cantato con noi e il Coro di Micene contro la Tav nel mezzanino della stazione Cadorna, tra l'entusiasmo degli ambulanti arabi, e in Piazza XXIV maggio alla manifestazione contro la visita del Papa in occasione della giornata mondiale della famiglia. L'ultima volta è stato a ottobre 2014: Nadia da sola col suo bendir, la Scighera bella piena e commossa, un cappello decisamente generoso.
Le Tighri Uzar sono solo un esempio, la lista degli artisti che sono entrati in questo circolo virtuoso sarebbe lunga. La costruzione di una rete di spazi e artisti che condivide gli stessi principi ha poi reso le cose molto più facili...

PesciPiccoli: ce n'è da navigare!

Laila: ...contemporaneamente la grande pianta estendeva le sue radici sempre più lontano: in questi anni, grazie a tutto questo, molti di noi hanno avuto l'occasione di vivere in prima persona le opportunità offerte da una rete sempre più ampia: tournées e viaggi di auto formazione in quartieri alternativi italiani ed europei, scambi con artisti eccezionali, creazione di relazioni spesso diventate amicizie; un'esperienza molto più totale, emotiva e solidale che genera relazioni ben più vantaggiose di qualunque contratto...

Lorenzo: e sempre nello spirito dei PesciPiccoli siamo riusciti a produrre anche eventi grandi e partecipati, come l'Adunata Deliziosa che chiudeva la stagione estiva del Carroponte di Sesto San Giovanni, nel 2010. Fu forse la prima volta che il nome PesciPiccoli venne utilizzato per un evento pubblico:

“Potremmo dilungarci molto su tutto quello che si è ricavato quel giorno e non solo su un piano economico... Dal coinvolgimento degli abitanti sestesi e milanesi alle sinergie che si sono create tra tutte le realtà e i singoli che hanno partecipato, dalla qualità della proposta artistica al numero di persone che hanno risposto all'appello (50 artisti, più di 100 militanti, decine di associazioni e altre realtà, un pubblico di più di 2000 persone), dalla bellezza delle piccole cose al piacere di stare insieme, negli “sbattimenti” e nel divertimento, come piace a noi.
L'Adunata deliziosa è stata il banco di prova di un progetto più ampio di rete culturale solidale sul quale avremo modo di lavorare, dove vengono riconosciuti bisogni e desideri, necessità di esprimersi, dove la cultura torna finalmente ad essere un bene comune.
Come abbiamo detto dal palco del Carroponte, il 2 ottobre è nato sotto una strana combinazione astrologica, sotto il segno dei Pesci. L'Adunata deliziosa è stata realizzata solo ed esclusivamente grazie ai tanti pesci piccoli che ci hanno creduto e che sono stati capici di rivendicare un modo diverso di fare cultura, auto-organizzato, autogestito, indipendente, critico e gioioso.
E questo ci porterà tanta, ma tanta fortuna!”
(ottobre 2010)

Laila: Per fare un altro paio di esempi, nel mese di luglio 2013, in collaborazione con la Gelateria Popolare di Torino, l'attivazione della rete permette di organizzare gran parte della tournée del gruppo musicale belga ”Balimurphy”, tra Torino, La Spezia, Genova, Milano, Cuneo, basandosi esclusivamente sull'ospitalità gratuita e il cappello.
Con lo stesso spirito, nel 2013, la Locanda dell'Assurdo (un progetto di sperimentazione culturale dalla tavola al palcoscenico, sempre nato nell'ambito della Scighera) collabora per mesi con l'agriturismo Lou Porti della Valle Grana gestita all'epoca da un'ex-scigheriana. In mezzo ai monti occitani, tra cene musicali, lavori di muratura e di agricoltura, nasce AbsurdOstal: un esperienza pratica di scambio di risorse e di auto-reddito.

Il mattino e il pomeriggio sono quasi interamente
dedicati alle prove che si svolgono in un clima
giocoso ma al tempo stesso di rigore
rispetto ai tempi teatrali e alla cura dei testi
La prima residenza artistica PesciPiccoli

A Lou Porti c'è spazio per decine di tende. Vicino al bosco, giù nel campo, c'è un cerchio di panche dove accendere un fuoco la sera per non lasciare spegnere i canti e le discussioni, a suon di cicale e bicchieri. In un angolo possiamo anche piazzare una vecchia roulotte trasformata per l'occasione in “compost toilet” (la “cacaravane”) e accanto si costruisce una doccia con materiale di recupero e una tenda di plastica piena di pesciolini azzurri.
É proprio lì che si decide di fare la prima residenza Pescipiccoli... dalla tendopoli sgarruppata passano decine di persone. All'idea di residenza, aderiscono singolarmente membri dei Baravaj, della Locanda dell'Assurdo e altri compagni di viaggio come la compagnia di teatro civile Interezza di Torino con la quale si sperimenta già forme di collaborazione (la tarda primavera vede la prima uscita di questo metissage artistico alla Gelateria Popolare di Torino. Il cappello dello spettacolo fa da cassa iniziale per la residenza a venire). A Lou Porti, ci vengono pure a trovare gli amici francesi del collettivo Passages con i quali mettiamo in piedi uno spettacolo bi-lingue che proponiamo in sei paesini dei dintorni.
Prima della residenza, stabiliamo criteri di partecipazione agli spettacoli (una settimana minima di permanenza, partecipazione a tutte le prove, ... ) in modo da favorire l'efficacia e la coesione del gruppo. Ma l'esperienza comunitaria riserva a volte delle sorprese: la coesione e, diciamolo, la magia che si vengono a creare portano alcuni a fare un passo in più e a proporsi per lo spettacolo. E cosi, chi non era mai salito su un palco si ritrova a sperimentarsi artisticamente in una dimensione ludica e protetta.
Molti vengono con i figli, piccoli o grandi. Insieme a questi ragazzini, immaginiamo un programma di cose da fare mentre i grandi si dedicano alle prove. Ma ben presto, i ragazzi tralasciano giochi e attività varie per farsi vedere alle prove. Osservatori acuti dalle proposte stimolanti, con una memoria invidiabile rispetto agli adulti, prendono naturalmente parte ad alcune scene dello spettacolo e cosi il gruppo si allarga.
Il tema della residenza (la crisi) è stato deciso in precedenza e molti hanno portato materiale musicale, teatrale, bozze di idee sulle quali lavorare. Si decide successivamente cosa approfondire. Grazie alle competenze e alle risorse a volte inaspettate che troviamo nel gruppo, un pezzo cantato, un semplice testo possono diventare una potente scena collettiva. Come dai Passages, ci dividiamo in piccoli gruppi che presentano poi il frutto delle proprio lavoro all'intero gruppo. Ognuno può dire la sua: la regia è collettiva ed è proprio il gruppo a costruire tassello dopo tassello i pezzi singoli e l'intera scaletta.
Oltre al nostro gruppetto, già autonomo sui turni di lavoro (cucina, lavaggio piatti, spesa, orto, ...), non avevamo pensato di dover gestire un via vai cosi importante di amici, curiosi e desiderosi di trascorre del tempo con noi. Ci chiediamo come affrontare praticamente ed economicamente questo passaggio che influisce sulla logistica, sui numeri di pasti, sull'uso della struttura. È quindi durante la residenza che chiariamo la distinzione tra i “residenti” e gli “ospiti”. Con “residenti” intendiamo il gruppo di persone che, anche senza fare spettacoli, partecipa alla residenza e permette il suo svolgimento. I residenti gestiscono la cassa comune dividendo fra loro spese e utili. Con “ospiti” parliamo invece degli amici di passaggio, che si fermano più o meno a lungo. Agli ospiti viene chiesta una mano per i turni di lavoro e un piccolo sostegno economico alla residenza.
Come nelle prove, l'apporto di ciascuno è fondamentale sia per l'instaurazione dell'allegro clima che per l'efficienza che permette a questa comunità effimera composta a tratti di più di 40 persone, di reggersi e produrre benessere diffuso oltre che arte di strada.
Cosi, presentiamo 6 spettacoli in collaborazione con associazioni o istituzioni locali. Il pubblico della valle, dai 2 ai 90 anni, è presente e entusiasta, stupito forse, accogliente sempre. Grazie ai cappelli e sostegni vari, riusciamo quasi ad autofinanziarci. Decidiamo, fra altre cose, di non contare i bambini nella divisione delle spese/persona per non penalizzare chi fra di noi ha figli (per una famiglia di due genitori e tre bambini, la residenza ha un costo totale di 30 euro). Mangiamo prodotti dell'orto o del territorio e il vino buono non lascia mai un bicchiere vuoto. Durante una prova, assistiamo pure al parto di una delle mucche dell'agriturismo: alcuni si improvvisano veterinari. Nasce un vitellino in piena salute che collettivamente decidiamo di battezzare: Ulisse.
Fino a tardi parliamo delle nostre vite, dei pesci pescati nel fiume, della crisi, tema dello spettacolo. Appunto, la crisi, quella brutta che fa paura, in mezzo alle nostre tende tra una prova e l'altra, non la sentiamo e cosi, possiamo ragionarci, riderne, smontarla e trasformarla perché “Crisi” significa anche cambiamento e scelta.
Senza esserne pienamente consapevoli, torniamo alle origini del teatro: un forma artistica popolare e catartica, politica nella sua essenza. Riprendiamo possesso dello strumento comunicativo più potente che ci sia: raccontiamo storie nelle piazze, vicino alle stalle, nei campi e senza palco, diciamo dei nostri drammi e delle nostre fortune. Insieme, ci riappropriamo delle nostre vite, in musica, con o senza parole, gioiosamente.

“Noi siamo i vostri molti domani, quelli che aspettavate la sera al caldo delle stufe, con le mani sporche dalla stanchezza.
Noi siamo i vostri domani. I vostri domani che avete cercato nel passato. I domani che avete dimenticato.
Siamo il domani e oggi siamo qui. Sorpresi? D'accordo siamo arrivati in anticipo. Non ve l'aspettavate?! Siamo qui per prenderci il mondo che vi abbiamo lasciato in consegna. Ricordate? No? Ricordate i sogni della vostra infanzia, coltivati la notte come gemme delicate e poi scagliati come pietre nelle albe brume dell'adolescenza? E le promesse fatte al solco salato delle lacrime nei giorni storti? E i graffi sulle ginocchia come segni indelebili dei vostri propositi di vita?
Avete dimenticato tutto ciò? Ebbene noi siamo qui per riprenderci le strade, le piazze, le vecchie polverose vie di ogni sperduto paese. Siamo qui per riprenderci le case, i balconi, gli androni, i cortili dei giochi condivisi, le segrete alcove dei primi baci.
Ma anche siamo qui per riavere l'istruzione, il sapere, il raccontarci, le storie da cui ci hanno escluso, i libri che avete dimenticato in qualche baule. Siamo qui per riprenderci le passioni, la rabbia, il clangore delle idee bellicose. Possibile che voi, vittime di una amnesia liturgica, di massa, goliardica, abbiate nascosto volontariamente l'intero vostro futuro in una scatola catodica?

Gli spettacoli (una media di uno ogni due giorni) vengono presentati
nelle piazze, nei cortili o negli spazi messi a disposizione dai comuni,
dalle associazioni culturali o da singoli abitanti della zona
Siamo qui per la gioia

Ma noi siamo qui per riavere la gioia, l'amore, il sesso. Il sesso che avete defraudato di ogni sua pulsione di vita. Noi siamo venuti per riprendercelo. E siamo qui per le cose. Sì per le cose, per toglierle dalle teche di cristallo della loro monetizzazione, per ritornare in possesso del rumore meccanico delle cose, il loro odore, il sudore su di esse. Per la condivisione, che è moltiplicazione dal mio al nostro e arricchimento in potenza di ognuno di noi.
Siamo venuti per sostituire l'era della proprietà con l'era dell'abbondanza. E siamo qui per tornare in possesso del tempo. Ingabbiato, regolato, il tempo è stata la catena che ci ha legato al vostro presente. Presente senza spazio. Sì il vostro tempo ci ha tolto lo spazio, ha compresso l'aria, il respiro. Ci ha costretti sempre più in un angolo, rannicchiati su noi stessi, incapaci di vedere oltre il presente, di avere uno sguardo più ampio. Noi oggi siamo venuti a riprenderci il tempo, a spezzare questa catena. Siamo venuti per solcare cieli sconosciuti, pronti ad affrontare anche la paura delle cadute. Affrontare l'ignoto, perché questo si addice al domani. Noi siamo venuti per riprenderci il tempo.
Siamo venuti a trasformare questo presente, che si è creduto eterno, in un futuro. Siamo il domani che prende il posto dell'oggi.”
(I vostri domani, Oscar Agostoni).

Per i bambini e i ragazzi che partecipano alla residenza
vengono organizzate attività “alternative” mentre i genitori si dedicano
alla preparazione dello spettacolo. Ben presto però i ragazzini
cominciano ad assistere alle prove portando le loro idee
e i loro suggerimenti. Avviene così, in maniera naturale e senza
alcuna forzatura, che alcuni di loro si lasciano
coinvolgere e il gruppo artistico si allarga
Là sui monti astigiani

Nell'estate del 2014, segue la seconda residenza che si svolge a Rocchetta Tanaro, costruita sullo stesso modello: un'immersione nei monti astigiani, un altro inno al teatro di piazza. A prestarci la casa che diventa la sede del nostro artigianato culturale, sono Leo e Grazia (entrambi da sempre militanti della Scighera), che ci offrono ben più di un terreno dove piantare le tende. La sede di Cornalea diventa un luogo sinergico che ci apre le porte di un territorio ricco e ricettivo. Per accoglierci, gli amici dell'associazione Outdoor e dell'Ostello Pacha Mama in collaborazione con la fondazione Davide Lajolo riaprono le porte del casotto di Ulisse, famoso partigiano della Zona. A Cerro, il sindaco mette a disposizione della comunità l'ex-stazione ferroviaria e ci invita a usare lo spazio. Come altre, la piazza di Rocchetta e di Nizza Monferrato tornano a essere palco e lasciano spazio alle parole di saltimbanchi liberi di esprimersi e di giocare, di usare la forza delle singole voci e della voce collettiva, quella del coro.
Il tema della residenza? Il viaggio, in tutte le sue accezioni...
Ecco le parole di alcuni partecipanti, alcuni artisti navigati, altri alla loro prima esperienza, di provenienze ed età anche molto diverse (Matilde ha 9 anni e Luna 12)
Bahaa: Per me è stata un'esperienza molto forte quella di partecipare con voi, con una regia collettiva, una scelta condivisa dei costumi, della scaletta. Devo dire che all'inizio non capivo niente, ero abituato ad altri modi di fare teatro, con un regista. Poi pian piano sono entrato in sintonia, le cose si sono incastrate e ognuno ha trovato la propria dignità in qualcosa di più grande. Sono molto contento perché mi piace molto la cultura, la bellezza della comunità. Siamo riusciti in poco tempo a fare uno spettacolo e l'abbiamo fatto con tanto amore, permettendo anche ai bimbi di partecipare e loro sono meravigliosi davvero. Per me è stato molto faticoso riuscire a raccontare la storia del mio viaggio dall'Egitto all'Italia, interpretandola da solo, in lingua italiana. Non volevo raccontarla a nessuno eppure sono riuscito a farla uscire e a trasformarla in arte: poesia, tristezza e risata. Per me questo si chiama riconoscimento.
Flavia: Un'esperienza straordinaria e tranquillizzante. Si impara a vivere in comunione di beni, energie, servizi e capacità con i propri simili, si mangia, si lavora e si “delira” insieme, si diventa quindi familiari con persone conosciute da poco.
L'approccio alla dimensione artistica della residenza? Olistico e politico. Il teatro e il canto come strumenti di libera espressione del potenziale creativo, purificatori che agiscono sul corpo e sulla mente. Politico è l'approccio che vede l'arte come momento e spazio autodeterminato, costruito collettivamente, in continua formazione e cambiamento.
Un ricordo: la cena dopo l'anteprima, a una settimana dall'inizio. Il tavolo si allunga per accogliere altri amici, si mangia e si festeggia ferragosto. Si gioca insieme, si bevono tisane e rhum, si chiacchiera stringendosi sotto la tettoia che ripara dalla pioggia. È come stare a casa.


Esperienze formative

Matilde:
P come le prove che facciamo ogni giorno
E come l'emozione che provo durante gli spettacoli
S come strumenti musicali
C come il cibo che dividiamo ogni giorno
I come insieme, sempre, per due bellissime settimane
P come pazzia, perché in fondo siamo tutti un po' matti...
I come inimitabili
C come il coraggio che trovo con voi
C come condivisione
O come ogni giorno della residenza è sempre super divertente!
L come il lavoro che facciamo tutti insieme
I come l'inverno che dovrà passare prima della prossima residenza
Ciao a tutti
Elena: Io ho partecipato alla prima residenza, favoloso esperimento che mi permise di dare a me stessa una certa prova d'intrepidezza: fino ad allora non pensavo che avrei avuto il fegato di esibirmi davanti ad un pubblico, e soprattutto di confrontarmi con persone che stimo e ammiro, alcuni già professionisti dell'arte di strada. Prima dell'interesse che una tale esperienza poteva destare in me, è la fiducia negli amici che me l'hanno proposta ad avermi definitivamente spinta a prendere quel treno verso la Val Grana.
Credo sia stato un momento di catarsi per molti di noi: oltre agli spazi e alle mansioni quotidiane, sono state messe in comune e valorizzate le abilità molteplici, talvolta inaspettate, che ciascuno era libero di esprimere, senza il greve giudizio del più esperto; il valore estetico della performance era inscindibile dagli ideali e dal piacere di chi la metteva in atto, così come il concepire e il vivere quest'arte è stato uno degli aspetti del far funzionare qualche cosa secondo i nostri desideri al di fuori di ruoli costrittivi.
Luna: Sapete,
la residenza è una di quelle esperienze che ti cambiano, ti migliorano, può sembrare banale ma sono delle esperienze che ti servono, perché...
...è bello svegliarsi la mattina in un accampamento di tende e dover dare il buongiorno a tipo venti persone!
...è bello svegliarsi prima per riuscire a mangiare una brioche.
...è bello svegliarsi e avere la certezza che sarà un altro giorno fantastico.
...è bello svegliarsi e non vedere l'ora di ridere, scherzare, parlare, suonare, cantare, preparare cappuccini...
...è bello svegliarsi e dover fare le prove o le riunioni, perché avvolte può sembrare noioso, ma quando si è insieme tutto è fattibile, anche alzarsi con la sveglia d'estate!
...è bello svegliarsi e sentirsi a casa, in famiglia, in famiglia, sì, perché è questo che siamo noi pesci piccoli:
una splendida, pazza e grande famiglia (composta) :)
Federico e Arianna:
Pesci Piccoli
piccoli nel nome ma non nella sostanza...
Abbiamo visto tranquilli suonatori trasformarsi in temerari avventurieri,
abbiamo visto mamme a tempo pieno diventare pericolosi bucanieri,
padri accorgersi di essere qualcosa di diverso da un numero, in un'azienda.
Abbiamo visto bambini timidi riuscire ad esprimersi in una piazza piena di gente,
cani timidi diventare più splendidi di rintintin,
e bestie di ogni altra specie camminarci nelle tende,
abbiamo cantato, recitato, ballato e lavato montagne di piatti...


Partecipazione felice

Stephan:
era venuto al pescipiccoli per gagnare molti solidi o devintare il capo
ma ho trovato altre cose
lavoro
della pazzia
paste bene cotte
dei sorrisi
dell'impegno
dell'esigenza
del posto per tutti
dei risi
dell'ascolto
della semplicità
un luogo d'apprendistato, tecnico, artistico
della gioia
della pensiera, sul mondo, su l'arte, su come fare tutti cosa.
della voglia
della vita
Leo:
Aquilone anarchico
L'aquilone corre nel vento
Trapassa il cielo,
Stupito lo guardo
Torno ancora bimbo,
È alto nel cielo
Si trasforma in color oro.
Sole!!!
Lo seguo, scende a Rocchetta Tanaro
Nel prato di casa mia
Non capisco
Entro, mi pare vuota,
Mi appaiono uomini donne bimbi
Ah si! I compagni, ho prestato loro la casa.
Alcuni osservano, altri discutono, altri giocano.
Partecipazione felice e nulla di falso e pomposo.
Un regalo alto questo luogo
Pieno di vita vera e vera gente!
Luogo umano del nostro vivere civile ed insieme.
Quando smarriremo il senso del noi
Andrà smarrito anche questo luogo
E tutto ciò che è stato il nostro
Vivere e lavorare insieme
E capirci insieme.
Non abbassiamo mai mai le insegne del nostro
Vivere in comune
Cantando le nostre canzoni
Viviamo i nostri sogni.

Rivoluzione sognata

Davide: Un piccolo avamposto di un'altra e bella società, dove solidarietà non fa rima con sacrificio ma con benessere.
Dove si impara ad essere soggetti produttivi senza dover essere assoggettati a null'altro che al proprio desiderio ed alla propria volontà.
Dove si capisce che non è solo un diritto naturale ma un dovere verso se stessi e gli altri il vivere liberi le nostre, seppur strampalate, competenze e per questo “semplice” fatto il venir sostenuti da una comunità.
Il luogo dove ci si può mettere in ascolto di un bambino ed imparare delle nuove cose re-imparando una vecchia lingua dimenticata.
Il luogo dove il conflitto diviene risorsa e la vetusta lotta esce da armadi polverosi per farsi divertante realtà.
Il viaggio che voglio fare ma che mi è impossibile fare da solo...
Oscar: Una volta ho fatto un sogno da solo. È stato bello
Poi l'ho sognato con tanta altra gente. È stata una rivoluzione.

Laila Sage
Lorenzo Valera