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				 Messico 
                  
                Dietro e oltre il massacro di Ayotzinapa 
                  
                testi di Orsetta Bellani e Claudio Albertani foto di Orsetta Bellani 
                    
                Dal 26 settembre scorso, quando la Polizia Municipale di Iguala (stato di Guerrero) ha sequestrato e fatto sparire 43 studenti magistrali della scuola di Ayotzinapa, in Messico non si smette di manifestare (si tratta, dal 2006, di oltre 25.000 scomparsi). E si diffondono pratiche assembleari e di gestione dal basso della vita sociale, al di fuori della politica statale. 
                 
				
                   
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                    |   Due manifestanti travestiti da presidente  Enrique Peña Nieto e dalla first lady  | 
                   
                 
                  
                 Quattro scioperi nazionali, sit-in, manifestazioni, flash mob... 
                di Orsetta Bellani 
                Dal 26 settembre scorso, quando la Polizia Municipale di Iguala 
                  (stato di Guerrero) ha sequestrato e fatto sparire 43 studenti 
                  magistrali della scuola di Ayotzinapa, in Messico non si smette 
                  di manifestare. Sono già stati convocati quattro scioperi 
                  nazionali in solidarietà con i 43 desaparecidos 
                  e le loro famiglie, e ogni giorno sono organizzati sit-in, marce, 
                  flash mob, vengono occupate strade e autostrade, aeroporti e 
                  municipi. 
                  In Messico si è formato un vero e proprio movimento che 
                  chiede le dimissioni del presidente Enrique Peña Nieto, 
                  considerato responsabile non solo della vicenda degli studenti 
                  di Ayotzinapa, ma dei circa 100mila morti e 23mila desaparecidos 
                  che si contabilizzano nel paese dal 2006 ad oggi. La sparizione 
                  dei 43 studenti è stata la goccia che ha fatto traboccare 
                  il vaso. 
                  “Il movimento chiede la rinuncia del presidente perché 
                  è considerato responsabile della violenza di stato, e 
                  quindi di quello che è successo ai ragazzi”, spiega 
                  Román Hernández Rivas del Centro di Diritti Umani 
                  Tlachinollan, che lavora con le famiglie dei ragazzi scomparsi. 
                  “Ad ogni modo gli studenti di Ayotzinapa affermano che 
                  il problema non è Peña Nieto in sé, ma 
                  la struttura su cui si sostiene il sistema politico, che permette 
                  a una figura come la sua di stare al potere. Gli studenti stanno 
                  cercando reali garanzie di non ripetizione di quello che è 
                  successo, e non le possono chiedere allo stato messicano visto 
                  che lui stesso commette violazioni ai diritti umani. Per questo 
                  la popolazione ha occupato una ventina di municipi nello stato 
                  di Guerrero, dove si sono formati consigli popolari con l'idea 
                  di generare un processo di costruzione politica dal basso, che 
                  stabilisca spazi dove si possano prendere decisioni collettivamente 
                  e fuori dalla politica partitica. È un esperimento che 
                  prende ad esempio le Giunte di Buon Governo presenti in territorio 
                  zapatista”. 
                 Orsetta Bellani 
                  @sobreamerica 
                  
                
   
				
 Il crimine di Iguala e la futura insurrezione 
                di Claudio Albertani 
                Lo scorso 26 settembre, a Iguala, sono stati fatti sparire 
                  quarantatré studenti della Scuola Normale Rurale “Raúl 
                  Isidro Burgos” di Ayotzinapa, Guerrero, altre sei persone 
                  sono state assassinate – tra cui cinque normalisti, uno 
                  dei quali brutalmente scuoiato –, in venticinque hanno 
                  riportato ferite. Di fronte a un crimine di tali dimensioni 
                  non si può far altro che provare indignazione, raccoglimento 
                  e impotenza. Subito dopo, però, sorgono le domande. 
                  Chi sono i responsabili? 
                  L'ex sindaco di Iguala, José Luis Abarca, e sua moglie, 
                  María de los Ángeles Pineda, presunti mandanti 
                  del crimine, fino a ieri latitanti? 
                  La polizia municipale di Iguala, che ha arrestato gli studenti? 
                  La polizia municipale di Cocula, che le ha dato una mano? 
                  L'esercito federale, che pur assistendo ai fatti, non è 
                  intervenuto? 
                  La gang dei Guerreros Unidos, legato ad Abarca, presunta responsabile 
                  della sparizione degli studenti, dopo che questi erano gli stati 
                  consegnati dalla polizia? 
                  Si parla di una rete di complicità. Ma fin dove arriva? 
                  Al deposto governatore di Guerrero, Ángel Aguirre, che 
                  non ha arrestato Abarca quando avrebbe potuto farlo? 
                  Al Procuratore Generale della Repubblica, Jesús Murillo 
                  Karam, che non ha agito contro l'ex sindaco, nonostante le reiterate 
                  denunce? 
                  Il Partito della Rivoluzione Democratica, che ha coperto tanto 
                  Aguirre quanto Abarca? 
                  Il Segretario del Governo Osorio Chong, che porta avanti la 
                  sua propria guerra contro i normalisti? 
                  I burocrati dell'Unione Europea, che pur di non perdere affari 
                  lucrosi sostengono “gli sforzi del governo”? 
                  Le scuole rurali della Normale fanno parte di un ampio progetto 
                  di educazione popolare nato durante la Rivoluzione Messicana. 
                  La loro stessa esistenza è un grido contro il vigente 
                  modello economico, in cui non c'è spazio per i giovani 
                  contadini, informati e critici. La SEP, i burocrati del Sindacato 
                  Nazionale dei Lavoratori dell'Educazione, i mezzi di comunicazione, 
                  l'establishment accademico, la polizia, i giudici, i 
                  giornalisti e tutti i principali partiti politici sono complici 
                  del massacro perché, in un modo o nell'altro, hanno contribuito 
                  a fabbricare l'immagine dei normalisti come dei propagatori 
                  della guerriglia e quella degli studenti come individui-canaglie. 
                  
                 Non c'è solo il crimine di Iguala. Il 12 dicembre 2011 
                  la polizia di Aguirre ha ucciso astutamente due studenti sempre 
                  della Scuola Normale, Jorge Alexis Herrera e Gabriel Echeverría, 
                  durante uno sgombero violento dell'Autostrada del Sole. “Bisognava 
                  liberare la strada”, ha riportato senza troppi giri di 
                  parole il verbale della polizia. Alcuni giorni dopo, il 7 gennaio 
                  2012, un trattore ha investito un gruppo di normalisti che aspettavano 
                  un passaggio lungo la strada federale Acapulco-Zihuatanejo. 
                  Varie persone hanno riportato ferite e due sono morte. Lo scorso 
                  24 maggio, Aurora Tecoluapa, studentessa della Scuola Normale 
                  Rurale “General Emiliano Zapata”, di Amilcingo, 
                  Morelos, è stata uccisa da una macchina lungo la strada 
                  México-Oaxaca, mentre sei sue compagne hanno riportato 
                  ferite. 
                  Stiamo vivendo una guerra dello Stato messicano contro i giovani, 
                  soprattutto i giovani ribelli di origine proletaria. Il 2 ottobre 
                  2013 l'attivista libertario Mario González García 
                  è stato arrestato a Città del Messico mentre stava 
                  andando in autobus a una manifestazione. Ossia, è stato 
                  arrestato senza aver commesso alcun reato, ma per il solo fatto 
                  di essere un noto attivista, che aveva partecipato alla lotta 
                  in difesa dei Colegios de Ciencias y Humanidades (CCH). Anche 
                  se pare assurdo, Mario è stato condannato e tuttora si 
                  trova in carcere nonostante non abbia commesso nessun reato, 
                  proprio come Josef K, il protagonista de Il proceso, 
                  il romanzo di Kafka. Lo scorso 19 ottobre, mentre nel paese 
                  cresceva l'indignazione per i fatti di Iguala, un altro giovane, 
                  Ricardo de Jesús Esparza Villegas, studente del Centro 
                  Universitario di Lagos, Jalisco, è stato ucciso dai poliziotti 
                  statali nella città di Guanajuato, dove si trovava in 
                  visita per assistere al Festival Cervantino. 
                  Sarebbe sbagliato ritenere che questi crimini abbiano a che 
                  vedere con una sorta di “ritardo” del Messico. Sono, 
                  invece, eventi assolutamente moderni, “banali” nel 
                  senso denunciato da Hannah Arendt quando, orripilata, parlava 
                  della banalità del male. Un crimine come quello di Iguala 
                  potrebbe avvenire ovunque: certamente in Palestina, Siria, Iraq, 
                  ma anche in Francia, negli Stati Uniti, in Italia... La dittatura 
                  dell'economia burocratica ha bisogno di una costante violenza. 
                  Siamo tutti esseri collettivamente prorogati con data di scadenza; 
                  non siamo più mortali come individui, ma in quanto gruppo 
                  la cui esistenza è autorizzata solo fino a ordine contrario. 
                  
                 Come spiegare la reazione (fino ad ora) modesta del popolo 
                  messicano di fronte a fatti tanto terribili? Più di mezzo 
                  secolo fa, Günther Anders – filosofo e attivista 
                  antinucleare – rifletté in maniera lucida e spietata 
                  sul problema di come il mondo attuale produce esseri disumanizzati, 
                  che non conoscono rimorso o vergogna alcuna di fronte agli orrendi 
                  crimini da loro stessi commessi. Viviamo una nuova fase del 
                  totalitarismo che trasforma gli esseri umani in parti meccaniche 
                  incapaci di reazioni umane. Per quanto infernale possa apparire, 
                  esistiamo solo come parti meccaniche o come materiale richiesto 
                  dalla macchina. 
                  Nonostante tutto, però, non è ancora detta l'ultima 
                  parola. “Da qualunque angolo lo si guardi, il presente 
                  non ha una via d'uscita. Non è la minore delle sue virtù”, 
                  scrivevano anni fa gli anonimi autori di un celebre pamphlet, 
                  La insurrección que viene. E aggiungevano: “la 
                  sfera della rappresentazione politica si chiude. Da sinistra 
                  a destra è lo stesso nulla che adotta pose canine o arie 
                  virginali, sono le stesse teste oscillanti che si scambiano 
                  i loro discorsi secondo le ultime scoperte del servizio di comunicazione. 
                  [...] Niente di quanto viene presentato è all'altezza 
                  della situazione. Nel suo stesso silenzio, la gente sembra infinitamente 
                  più adulta di tutte quelle marionette che litigano per 
                  governarla”. Queste parole che si riferiscono alla Francia 
                  e alla disperazione dei giovani migranti nei ghetti delle metropoli 
                  europee si possono applicare perfettamente a quello che stiamo 
                  vivendo qua e ora. Oggi, in questo Messico tanto martirizzato, 
                  non abbiamo altra possibilità che rompere il silenzio 
                  e inventare la nostra propria insurrezione. 
                 Claudio Albertani 
                  traduzione dal castigliano di Arianna Fiore 
                Tutte le foto in queste pagine sono state scattate durante 
                  la manifestazione tenutasi a Città del Messico il 20 
                  novembre scorso.
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