Rivista Anarchica Online


Bakunin

200 anni dopo

testi di Franco Bunciuga e Giulio Spiazzi
foto Giulio Spiazzi


Lo scorso luglio si è tenuta a Pryamukhino (Russia) una conferenza internazionale per celebrare il bicentenario della nascita di Michail Bakunin. Dall'Italia sono andati Franco Bunciuga e Giulio Spiazzi.
Ecco le loro relazioni.

“Lezioni di Pryamukhino. Conferenza
internazionale 2014. M. A. Bakunin,
l'uomo dei tre secoli.”
Il valore liberatorio dell'arte

di Franco Bunciuga


Per Bakunin le forme artistiche rappresentano una ribellione alle costrizioni di una società oppressiva. Svelare il mondo e delineare una nuova società sono gli obiettivi dell'artista.

Primo, morire combattendo per la libertà;
secondo, amore e amicizia;
terzo, l'arte e la scienza;
quarto, fumare,
quinto, bere;
sesto, mangiare e
settimo dormire.

Questi secondo Bakunin i sette gradi della felicità umana. L'arte, come vediamo è al terzo posto, subito dopo l'amore e l'amicizia, che tanta parte hanno avuto nella vita turbolenta e passionale di Michail Aleksandrovic Bakunin.
Ma già “durante lo spensierato soggiorno di studente a Berlino l'amore per la filosofia si frammischiò in lui a quello per l'arte, tanto che elencando i suoi svaghi preferiti, indicò – seguendo un ordine forse non casuale – “la birra, l'arte e la metafisica”. In quel periodo, inoltre, frequentò assiduamente i concerti settimanali dedicati a Beethoven”.1
Da buon romantico di formazione, Bakunin poneva in testa alla graduatoria delle arti la musica e Beethoven al di sopra di tutto. Dirà in più occasioni che la nona sinfonia è una delle opere d'arte che si dovrà assolutamente trasmettere ai posteri anche dopo la rivoluzione.
Forse considerava un po' meno l'arte figurativa.
Qualche anno dopo l'insurrezione di Dresda del '49 (1862-3) Alexander Herzen scriveva: “Bakunin si trasformò a Dresda in comandante militare; in quanto ufficiale di artiglieria insegnò l'arte militare a professori, musicisti, farmacisti... e li consigliò di esporre la Madonna (Sistina) di Raffaello ed i quadri di Murillo sulle barricate cittadine per utilizzarli come scudi contro i prussiani, dei quali diceva che erano 'zu Klassich gebildet' – di formazione troppo classica – per osare sparare contro Raffaello”2.
Alcuni storici, come Arthur Lehning danno credito a questo consiglio di Bakunin, altri lo considerano plausibile, altri considerano questa citazione una vera bufala3. Certo è che Bakunin non ne ha mai fatto cenno in alcuno scritto. Nel racconto teatrale La sponda dell'utopia, ad esempio, Tom Stoppard fa dire al personaggio Bakunin che lui quelle frasi non le aveva mai pronunciate.
Per ogni buon conto anche il teatro dell'Opera di Dresda, dove solo poche settimane prima Wagner aveva eseguito la nona sinfonia per l'entusiasmo di Bakunin venne bruciato durante i moti.
Wagner nelle sue opere sull'arte rimarrà sicuramente influenzato dalle letture di Proudhon e dalle idee discusse con Bakunin a Dresda: nel '49 tornato in Svizzera scrive il saggio Arte e rivoluzione e nel 1850 L'opera d'arte del futuro in cui gli influssi delle idee socialiste ed anarchiche sono evidenti.
Non abbiamo testi specifici di Bakunin sull'arte o sulla funzione specifica dell'artista in una società futura liberata. Dobbiamo ricavare le idee estetiche di Bakunin soprattutto dalle sue frequentazioni e dalla sua attività rivoluzionaria. Bakunin parteciperà insieme a Richard Wagner all'esperienza della rivolta di Dresda del '49 e frequenterà letterati quali Alexander Herzen, Ivan Sergeevic Turgenev, Nicolaj Gavrilovic Cernysevskij, George Sand e, soprattutto, Vissarion Grigorevic Belinskij che influenzerà profondamente il suo concetto di arte.

Arte come contemplazione della verità

Belinskij nel 1841 scrive in L'Idea dell'arte, un articolo incompiuto pubblicato postumo, che “l'arte è la contemplazione immediata della verità o una maniera di pensare per immagini”, partendo da Hegel e contemporaneamente superandolo, come scrive in una lettera a Bakunin nell'ottobre 1838 in cui sostiene che in fatto di teoria dell'arte: “il mio ardimento e la mia audacia a questo riguardo vanno tanto lontano che l'autorità stessa di Hegel non rappresenta più alcun limite”. Negli anni seguenti Vissarion Belinskij “scopre il materialismo antropologico di Feuerbach ed insieme si appropria di tutte le aspirazioni di liberazione da ogni servaggio delle masse popolari [...] già sono anche in primo (o pieno) sviluppo, proprio a partire da questo articolo, due esigenze fondamentali, che da qui in avanti sempre più Belinskij dovrà far valere nella sua concezione dell'arte: la sua organizzazione per immagini, la sua funzione sociale”.4
Belinskij in una lettera precedente a Bakunin datata 13 agosto 1838 aveva scritto rivolgendosi all'amico: “Per te la vita è il controllo della conoscenza, per me è il contrario.
Il vero esiste non tanto in se stesso, quanto per il modo come si presenta: se brilla con lo splendore raggiante di un'immagine – il vero è mio”.5
Lo stesso Belinskij sottolinea dunque le differenze tra il suo pensiero estetico e le concezioni più orientate socialmente di Bakunin anche se in modo indiretto ne riconsce l'originalità delle intuizioni. Infatti in una lettera indirizzata a Nikolai Stankevi datata 8 ottobre 1839 parlando del suo incontro con Bakunin a Mosca verso la fine del 1837 Belinskij dice che “Bakunin (in quel momento) fu il primo a dichiarare che la verità si riscontra nell'oggettività e che in poesia la soggettività ne è la negazione, che l'infinito si può trovare in ogni punto; che nell'arte si può scoprire per mezzo della forma e non del contenuto poiché il contenuto stesso si esprime attraverso la forma, e che dove avviene il contrario non si dà arte”.6
“La filosofia politica bakuniniana non va comunque disgiunta dalla sua riflessione estetica. Bakunin la inserisce all'interno della sua concezione anarchica, attraverso l'assunzione del valore progettuale, universale, etico e liberatorio dell'arte. Alle grandi opere del passato attribuisce il privilegio di svelare la parte inalienabile dell'uomo, il suo diritto alla passione e all'azione. Queste opere sono non soltanto espressioni culturali della società, della nazione cui appartengono, ma costituiscono, nella loro universalità, un trascendimento ideale delle frontiere del presente.
Bakunin istituisce una sorta di corrispondenza tra l'evoluzione delle espressioni artistiche di alcune epoche dell'antichità e di altre del mondo moderno. In entrambi i casi l'arte viene connessa alle leggi dell'evoluzione della civiltà, secondo un movimento oscillatorio che, se talvolta ne valorizza le potenzialità rivoluzionarie, talaltra ne mette in risalto il carattere regressivo”.7
Bakunin giudica positivamente l'arte greca classica in quanto ha educato alla libertà e insieme a quella romana è stata espressione “esclusivamente nazionale”. Un apprezzamento anche per la civiltà moderna italiana in quanto materialista e portatrice del “libero pensiero”, al contrario di quella tedesca, di matrice essenzialmente idealistica. Anche il pensiero di Hegel che Bakunin aveva studiato ed apprezzato da giovane viene definito nient'altro che l'espressione ideologica ultima della borghesia e mettendo in un solo calderone cultura tedesca, pensiero dei “comunisti tedeschi” Marx ed Engels sostiene che “più il mondo ideale dei tedeschi è elevato e più nella realtà vivente sono odiose e volgari la loro vita e le loro azioni”.8
Bakunin tra il mondo ideale e la vita sceglie sempre la vita “c'è sempre stato nella mia natura un difetto capitale: l'amore che ho sempre provato per il fantastico, per le avventure straordinarie e inaudite, per le espressioni che aprono orizzonti illimitati di cui nessuno può prevedere il finale”.9
Bakunin è contro “l'esaltazione della scienza propria sia degli Hegeliani sia dei positivisti, contro la convinzione dominante di una stretta connessione tra progresso scientifico e progresso civile” (Civolani; p. 33) e ritiene che la scienza “è infinitamente inferiore all'arte che, anch'essa, ha precisamente da fare con tipi generali e con situazioni generali ma che, per un artificio che le è proprio, sa incarnarli in forme che, anche se non sono vive nel senso della vita reale, nondimeno provocano nella nostra immaginazione il sentimento o il ricordo di questa vita [...] L'arte è quindi, in qualche modo, il ritorno dall'astrazione alla vita. La scienza, al contrario, è l'eterno olocausto della vita fugace, effimera, ma reale, sull'altare delle eterne astrazioni. [...] ciò che predico è, quindi, fino a un certo punto, la rivolta della vita contro la scienza, o, meglio, contro il governo della scienza. Non per distruggere la scienza – che sarebbe un delitto di lesa maestà – ma per rimetterla al suo posto”.10
“Dalla convinzione, comune anche a Proudhon e a Kropotkin, di un contrasto continuo tra il naturale dinamismo creativo delle masse e gli ordini politici artificiosi ed oppressivi, Bakunin è condotto a valorizzare in ogni settore, e perciò anche in quello artistico, tutto ciò che rappresenta una ribellione contro le costrizioni imposte da un mondo sociale circostante oppressivo ed inibitorio. L'arte è in grado di enucleare e rendere manifesta quella tendenza alla libertà che è immanente alle consuetudini, al folklore, alle specificità culturali nazionali”.11
“Lasciateci avere fiducia nello spirito eterno che distrugge ed annienta solo perché è la fonte insondabile ed eternamente creatrice di ogni vita. La gioia della distruzione è ad un tempo una gioia creatrice”12

L'influenza dell'artenella società

“L'estetica bakuninana appare dunque incentrata su un duplice assunto: che l'arte debba svolgere un'implicita funzione di critica sociale, che essa debba saper tradurre in forme estetiche le istanze di rinnovamento sociale che sono latenti nella società. [...] La funzione dell'arte consiste nel riappropriarsi della dimensione sociale della vita collettiva, nel diventarne un elemento dinamico, teso all'espletamento dei bisogni di giustizia e di libertà delle masse, che portano in se stesse, sotto forma di aspirazioni latenti, tutti gli elementi della loro futura organizzazione sociale naturale.
[...] Nella società del futuro, preconizzata da Bakunin, tutti prenderanno parte al lavoro collettivo: artisti, intellettuali, uomini di genio; allo stesso modo, tutti i lavoratori dovranno godere dell'istruzione. [...] Non vi saranno quindi più operai, né scienziati né artisti, ma, nell'interesse stesso del lavoro, della scienza, dell'arte, soltanto degli uomini”.13
L'ideale estetico anarchico delineato da Bakunin e dai pensatori anarchici successivi, Peter Kropotkin in primis avrà un'enorme influenza sui principali movimenti artistici a cavallo del XIX e XX secolo. È nota l'importanza del pensiero di Pierre Joseph Proudhon per l'arte di Courbet – suo amico per lungo tempo – e per il Realismo. L'impressionista Pissarro divenne militante anarchico, come gran parte dei membri del Post-Impressionismo e molti simbolisti. Le idee sociali di cambiamento anarchiche influenzarono profondamente tutte le avanguardie, in particolare la prima fase del Futurismo e tutto il Dadaismo ed il Surrealismo, sino ad arrivare alle nuove avanguardie del secondo dopoguerra.
Nel XX secolo, vista la prevalenza dell'arte d'avanguardia in tutti i campi, dalla poesia alla danza, si potrebbe sostenere che l'arte sperimentale è di per se stessa anarchica, se non sempre coscientemente e deliberatamente, perlomeno tendenzialmente. Per Arturo Shwarz, forse il più profondo conoscitore delle avanguardie del Surrealismo in particolare, l'artista, in quanto creatore, è per sua natura archetipo dell'alchimista. “Ma l'alchimista è anche l'archetipo dell'anarchico e più generalmente l'antesignano del dadaista, del surrealista [...] Insomma l'archetipo di ogni individuo che aspiri a realizzarsi pienamente, a vivere una vita non alienata a livello sociale e non divisa a livello psichico.
Come l'anarchico, l'alchimista fa suo il motto esigente “Né dio né padrone!” [...] Vi è inoltre la serena certezza che l'utopia di oggi, un mondo armonioso dove si potranno accordare le proprie armonie con quelle della società e del cosmo, sarà la realtà di domani: una società non gerarchizzata dove i valori cardinali saranno la collaborazione e non la competizione, la fratellanza e non l'odio”.14
L'artista, nella visione bakuniniana, è l'artefice che tentando di svelare il mondo con le proprie opere ne delinea le possibilità future, è l'archetipo dell'uomo libero che vede nella distruzione delle proprie catene la gioia dell'edificazione di una nuova società.

Franco Bunciuga

Note

  1. (Donald Drew Egbert, Arte e sinistra in Europa; Milano 1975, pag. 227)
  2. (Conversaciones con Bakunin, di Arthur Lehning, editorial Anagrama, 1978, traduzione di Enrique Hegewicz, pag. 204. Citato da Raúl Figueira in Bakunin y las artes.)
  3. E.H. Carr, bibliografo di Bakunin ad esempio scrive: “the story that Bakunin proposed to hang the Sistine Madonna on the barricades, on the ground that the Prussians where 'too cultural to fire on Raphael' belongs to the world of picturesque legend.” (cit. da David Weir in Anarchy and Culture; USA 1997, pag. 40)
  4. (M. Dufrenne-D. Formaggio; Trattato di estetica; Arnoldo Mondadori editore. Milano 1981, pag. 376-377)
  5. (Vissarion Bielinski, Lettere a Bakunin, Botkin, Herzen, Turgheniev, Gogol...; Muggiani tipografo-editore, Milano, settembre 1945)
  6. Conversaciones con Bakunin, de Arthur Lehning, editorial Anagrama, 1978, traducción de Enrique Hegewicz, pag. 49-50. Citato da Raúl Figueira in Bakunin y las artes.
  7. (Eva Civolani, La sovversione estetica: eleuthera; Milano 2000, pag. 30)
  8. (M.Bakunin, Etatisme et anarchie; pag 308)
  9. (Lettera al fratello Pavel, Parigi, 29 marzo 1845. Cit in pag.107)
  10. (L'empire knouto-germanique et la révolution sociale (1870-1871)pag 124-25)
  11. (Civolani pag.36)
  12. (M. Bakunin, La reazione in Germania (1842), Firenze 1981 pag.263
  13. (Civolani pag.36-38)
  14. (Arturo Shwarz, L'immaginario alchemico, La Salamandra, Mi 1979, pag. 22-23)

L'ingresso di Pryamukhino paese natale di Michail Bakunin.
Sullo sfondo una delle strutture palladiane dell'architetto L'vov

Educazione alla ribellione

di Giulio Spiazzi


Nelle opere di Bakunin si trovano critiche ai tradizionali sistemi scolastici. Per lui l'istruzione integrale, capace di favorire lo sviluppo di tutte le facoltà umane, era il primo passo verso la rivoluzione.

“Sono un amante fanatico della libertà, la considero l'unica condizione nella quale l'intelligenza, la dignità e la felicità umana possono svilupparsi e crescere. Non sto parlando di quella libertà che è puramente formale, concessa, misurata e regolata dallo stato, una menzogna eterna che in realtà non rappresenta nient'altro che il privilegio di pochi fondato sulla schiavitù di tutti; neppure intendo quella libertà individualista, egoista, meschina e illusoria, vantata dalla scuola di J.-J. Rousseau, come da tutte le altre scuole del liberalismo borghese, che considera il cosiddetto diritto di tutti, rappresentato dallo stato, come limite del diritto di ognuno, e ciò in effetti porta necessariamente e senza eccezioni alla riduzione a zero del diritto di ognuno.
No, io intendo la libertà che sia veramente degna di tale nome, la libertà che consiste nel pieno sviluppo delle potenze materiali intellettuali e morali le quali si trovano allo stato di facoltà latenti in ognuno; la libertà che non riconosce altre restrizioni all'infuori di quelle che sono tracciate dalle leggi della nostra stessa natura: così, propriamente parlando, in guisa che non vi siano restrizioni, poiché tali leggi non ci sono imposte da qualche legislatore posto forse accanto o al di sopra di noi stessi; esse ci sono immanenti, inerenti e costituiscono la base stessa di tutto il nostro essere, tanto materiale che intellettuale e morale. Invece dunque di trovare in esse un limite, noi dobbiamo considerarle come le condizioni reali e come la ragione effettiva della nostra libertà.
Intendo quella libertà di ciascuno che, lontana dall'arrestarsi come di fronte ad un confine davanti alla libertà altrui, trovi al contrario in quella libertà la propria conferma ed estensione all'infinito; la libertà illimitata di ognuno nella libertà di tutti, libertà nella solidarietà, libertà nell'uguaglianza; libertà trionfante vittoriosa sulla forza bruta e sul principio di autorità che non ne è mai stato altro che l'espressione ideale della stessa forza bruta; la libertà che, dopo aver rovesciato tutti gli idoli del cielo e della terra, stabilirà e organizzerà un mondo nuovo, quello dell'umanità solidale, costruito sulle rovine di tutte le Chiese e di tutti gli Stati”.

Michail A. Bakunin, La comune e lo Stato.


Non si può che iniziare con una citazione del grande filosofo anarchico Michail Bakunin questo mio intervento proprio qui nella terra natia del “padre dell'Anarchismo” a Pryamukhino. La maggior parte degli scritti filosofici di Bakunin, sono inediti in Italia perché non sono contenuti nei famosi “otto volumi su Bakunin” usciti da tempo appunto in Italia e nemmeno nei sei, dai quali sono tratti e tradotti, dell'olandese Arthur Lehning. Bakunin non è un pedagogista, per fortuna sua, non si è occupato esplicitamente di educazione ma, comunque in lui troviamo ragionamenti di critica dei sistemi scolastici e di tenace critica ai principi dei valori dell'educazione in tantissime delle sue opere, in lettere, in frammenti, ecc. A parte i tre articoli sull'istruzione integrale dove è chiaro l'argomento che viene trattato, per ritrovare gli importanti frammenti inerenti un “discorso sull'educazione bakuniniana” è indispensabile affrontare tutti i suoi scritti ed estrarre da essi i tasselli coerenti di una critica generale e al contempo di una indicazione costruttiva generale dell'educazione in quanto tale. Non esiste, per quanto noi italiani ne sappiamo, uno scritto specifico di Bakunin sull'educazione; però, come ho già accennato, ci sono tantissimi spunti di questa natura, in quelle che non si possono dire essere opere “scritte a tavolino” ma in un certo qual modo, “opere di sentire”, di “slancio palpitante” del grande rivoluzionario russo. Ecco, Michail Bakunin, a differenza di Karl Marx, non ha passato la sua vita al British Museum o alla British Library di Londra, a studiare, potendo accedere a fonti straordinarie di conoscenza, ma scriveva partendo da riflessioni sulla realtà concreta. E tutto quel materiale contemporaneo che raccoglieva, sui rapporti politici e sociali del suo tempo (che alle volte costituiscono per molti non storici, un ostacolo “pedante” alla sua lettura), a lui servivano invece per costruire poi una teoria.

Istruzione integrale e meritocrazia

La grande attualità di Bakunin sono senz'altro le sue intuizioni. Una di queste grandi intuizioni (oltre a quella di aver dato una lettura ancora più profonda e corretta di Marx in ambito di critica al sistema capitalista tuttora in vigore) è quella del confronto e del rapporto tra istruzione integrale e meritocrazia. Oggi più che mai, questo argomento è sotto gli occhi di tutti, soprattutto negli ambienti educativi del sistema occidentale. Forse oggi uno dei termini di discussione che vorrebbe essere un “punto fermo” per darsi una patente di grandi “rinnovatori” in questo mondo, ruota attorno al concetto di meritocrazia.
Tutti fanno la gara per essere “meritocratici”, in ogni ambiente della nostra società viene citata la parola magica “merito” come orizzonte al quale tutti, dai bambini e dalle bambine agli adulti, devono adeguarsi.
Un primo passo opportuno è quindi quello di saper distinguere tra talento, merito e meritocrazia che sono tre concetti completamente diversi che invece nella vulgata politico-ideologico della decadenza odierna, vengono abbondantemente confusi e mescolati. Vorrei anzi dire che il significato di merito è opposto al significato di meritocrazia. Bakunin, scrive esplicitamente tre articoli nel 1869 per il giornale L'egalitè di Ginevra sull'istruzione integrale. Questi sono gli unici scritti espliciti che lui fa editare, ove viene svolta una serrata critica alla scuola e all'educazione della sua epoca (che possiamo facilmente intuire). Ma gli aspetti senz'altro profondi del suo, ancora una volta geniale e lucido, pensiero sono ben risolti in alcuni incisivi confronti; tra questi, spicca una analisi critica di Rousseau. Bakunin critica il filosofo-pedagogista francese perché la sua (di Rousseau) concezione dell'educazione, è una concezione ambientalista dell'educazione. Rousseau infatti “ripone nell'ambiente sociale, culturale famigliare ecc., il punto centrale dell'educazione”. E quindi Bakunin non può che essere un critico feroce di Rousseau, il quale fonda la sua pedagogia sul rapporto diretto tra il precettore o educatore e il bambino e la bambina. E questo è una delle intuizioni in un certo qual modo visionarie di Bakunin che ci riportano inevitabilmente alla attualità e durata del suo pensiero educativo.

Per un'educazione non privatistica

La critica che oggigiorno noi facciamo (e qui cito con riconoscenza il nostro Francesco Codello, storico e pensatore del pensiero educativo libertario italiano), nel sostenere le scuole libertarie di sentire bakuniniano, contro il movimento delle homeschooling, risiede proprio in questo nodo centrale messo in luce dal grande filosofo russo. Contro dunque anche l'unschooling sviluppata dai Libertarians statunitensi e che ha preso piede anche in Italia, in alcuni settori che si dicono “alternativi”, va pure a cadere la lucida ed agguerrita critica di Michail Bakunin e di noi che lo seguiamo quotidianamente nella pratica della Rete per l'Educazione Libertaria italiana. In questo Bakunin è senza dubbio “Hegeliano”, perché qui, riprendendo nella critica a Rousseau, il fondamentale elemento dell'ambiente in ambito educativo lo legge come Hegel nella sua etica, nel senso di “dimora”. Ma all'opposto di Hegel e contemporaneamente a lui, ovviamente per Bakunin l'ambito e la concezione sociale dell'educazione, era, per usare un termine oggi ritornato in auge (e talvolta ideologicamente “distorto”) “comunitarista”, mentre per Hegel era invece lo “Stato”, l'”istituzione” il luogo principe che “formava” i cittadini. Certamente Bakunin in questo non è hegeliano, lo potrebbe essere solo in quanto prende questa idea della “centralità” della dimensione comunitaria per una educazione libera, dunque “non privatistica” da “precettore roussouiano”, con la filiera da precettore a ragazzo e così via.
Questa precisazione è molto importante tanto è vero che lui dice che anche “l'intelligenza si sviluppa dall'individuo, soltanto in quanto lui vive nella società”, cioè lui riconduce la “centralità” non all'individuo ma alla società. Qui Bakunin, a differenza di Max Stirner, ha questa concezione molto forte della dimensione sociale in ambito educativo, perché dice che anche il genio, quello che noi chiamiamo “genio”, non è altro che il “frutto” (non il prodotto) di una interazione sociale, di un confronto continuo tra lui e gli altri. L'intelligenza non è altro che la naturale conseguenza di una relazione sociale, non è dunque una attribuzione esclusivamente individuale. Questo è un passaggio estremamente importante per capire quello che Bakunin pensava rispetto all'educazione e a queste dimensioni di rapporto individuo-società.

Il comune progredire dell'intelligenza

Comunque attenzione però: lui dice che l'intelligenza di ciascuno si sviluppa e progredisce (usando lo stesso schema che ha usato per il concetto di libertà) e si alimenta “proporzionalmente con il progredire dell'intelligenza degli altri”. A proposito della libertà lui chiarisce che “io sono libero tanto più” in quanto “quelli che mi stanno accanto sono liberi”, perché, per seguire Bakunin, se io ho accanto delle persone che non sono libere, non posso essere libero neppure io (e questa è senz'altro una grande e originale idea del filosofo russo dell'anarchismo), dunque, ritornando all'educazione, che è il tema di questo intervento, ripeto: “l'intelligenza di ognuno si sviluppa e progredisce”, afferma Bakunin “proporzionalmente con il progredire dell'intelligenza degli altri”.
Inoltre Bakunin aggiunge (e non era certo facile in quell'epoca esporre pubblicamente questo), criticando radicalmente il “sistema famiglia”, che “i bambini non appartengono ai loro genitori, come a nessun altro”. Questo è un concetto importante che tocca ancora una volta il fenomeno attuale dell'homeschooling: la dannosa “estensione della centralità dell'adulto nell'ambito educativo in questi processi di “homeschooling” non fa altro che esasperare un prolungamento dell'ego del genitore nei confronti del figlio” e questo agire va esattamente all'opposto di quella che è la concezione libertaria dell'educazione che non può che essere sviluppata in una dimensione sociale. Chiamati a diventare degli “uomini liberi i bambini e le bambine appartengono a loro stessi e alla loro futura libertà” scrive Bakunin nel 1866. “I bambini dei due sessi non saranno considerati né come proprietà dei loro genitori né, allo stesso tempo, come proprietà della società”. E qui, è molto importante intendere la forza radicale di questo pensatore.
Se da un lato è vero che Bakunin riconosce la dimensione sociale dell'educazione come fondante un rapporto educativo di stampo non-autoritario e libertario, non appartengono però neanche alla società i bambini: essi non appartengono che alla loro Libertà futura. E questa è realmente una grande “sottigliezza” in ambito educativo, geniale e radicalmente rispettosa della dignità dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze.
Sempre riferendosi alla centralità dell'ambiente sociale che produce disuguaglianza e perpetua differenze di classe [ecc...] vi è da sottolineare un'altra breve frase di Bakunin che dice: “Perché il criminale più incallito, o l'uomo della mente più povera, almeno che non esistano lesioni organiche che causano idiozia e insanità (e qui sarebbe interessante confrontarsi su Bakunin “tardo-positivista” che esaspera il ruolo della scienza positiva nella definizione degli esseri umani), la criminalità dell'uno e la incapacità dell'altro a sviluppare la coscienza della sua umanità e dei suoi doveri umani, non sono errori imputabili a loro, né dovuti alla loro natura (Bakunin dunque sembra non avere una idea che esista una “natura predefinita”, una “natura comune a tutti gli esseri umani”) sono soltanto il prodotto dell'ambiente sociale dove sono nati e cresciuti”. Insomma dunque si capisce che per lui il centro dell'educazione, sia in senso positivo che in senso negativo come condizionamento, sta nell'ambiente sociale.
Quindi, Bakunin ribadisce in questi tre articoli che l'educazione è il frutto dell'ambiente sociale. Nell'articolo “Gli incantatori”, Bakunin scrive: “Noi siamo così certi che l'istruzione è la misura del livello di libertà, di prosperità e di umanità che una classe o un individuo può raggiungere, che chiediamo per il proletariato non soltanto dell'istruzione, ma l'istruzione integrale.” Che cos'è dunque questa “istruzione integrale” di cui parla il grande filosofo russo? Bakunin prende questa idea di istruzione integrale, da Proudhon, anche se il filosofo francese la applica all'istruzione politecnica e quindi in Proudhon c'è in mente l'idea di “formare il lavoratore”, perché il centro della sua riflessione è il lavoro. In Bakunin, abbiamo un ampliamento di questo concetto, Quando parla di istruzione integrale non ha in mente il lavoratore ma l'essere umano in tutte le sue manifestazioni, non in quanto e solamente “lavoratore” ma principalmente come individuo sociale.

L'attualità del pensiero bakuniano

Per cui, per Bakunin l'istruzione integrale non è altro che una istruzione che si pone come obiettivo quello “di sviluppare tutti gli aspetti della personalità degli esseri umani”. Essa quindi è una istruzione che non privilegia l'aspetto cognitivo su quello pratico (questo richiama un tema fondamentale in Bakunin ovvero la centralità della relazione tra la teoria e la pratica), non privilegia la razionalità sul sentimento, non privilegia cioè una sola sfera dell'attività e dell'essere dell'uomo, in quanto ogni personalità è complessa, variegata e ricca e quindi, sulla base di queste concezioni di base, l'istruzione integrale significa (e questo concetto è importante per capire la critica alla meritocrazia) mantenere l'importanza che tutti gli esseri umani siano messi nelle condizioni, da parte della società, di sviluppare tutte le loro potenzialità, tutte le loro sensibilità, e qui, non solo quelle individuali ma proprio pure quelle che attendono alla sfera della personalità più intima come quella dei sentimenti, quella dello spirito (e anche qui sarebbe interessante interrogarci su quello che Bakunin intende come “spirito”), quella della sua manualità, quella del fare, quella della socializzazione e così via.
La critica feroce che viene fatta alla scuola anche contemporanea (e questa è l'attualità del pensiero di Bakunin anche in campo educativo), partendo e mantenendo dunque le analisi e le proposte di Bakunin, è che i vari sistemi scolastici di ormai tutte le nazioni sono sempre più votati a sviluppare una sola parte della personalità a discapito di tutte le altre componenti del bambino e della bambina. Quindi, l'istruzione integrale per Bakunin è un soggetto di pratica, irrinunciabile. Già nel 1869, quando Bakunin, senz'altro anarchico “in nuce”, affronta i suoi primi anni di militanza (nel 1869 lo ricordiamo, egli è ancora nell'”Alleanza”, non è già entrato nell'Internazionale e si sta “guardando attorno” nel panorama politico dell'epoca), sostiene il principio dell'istruzione integrale perché non possa esistere “sopra di lui” e cioè “nell'individuo”, per “proteggerlo”, per “dirigerlo” e dunque “per sfruttarlo” “nessuna classe superiore per la sua scienza”, “nessuna aristocrazia dell'intelligenza”. Qui, si trova chiaramente il nucleo della grande sfida che Bakunin ci pone ancora oggi nella “nostra società dei saperi tecnologici”. Ed ha pienamente ragione quando afferma che “tra tutte le aristocrazie, che hanno oppresso di volta in volta e, talvolta tutte assieme la società umana, questa sedicente “aristocrazia dell'intelligenza” è la più odiosa, la più sprezzante, la più impertinente e la più opprimente.”
Considerando dunque questo, seguendo criticamente ciò che Michail Bakunin ci ha insegnato e portando con noi, come un valore attuale, la “ribellione al sistema” che le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi ci esprimono quotidianamente nelle nostre scuole, concludo dicendo che:
Per noi “Rivoluzione è Educazione!”: e che, la pratica dell'“Educazione Integrale è la nostra Forza d'Azione!”.

Giulio Spiazzi