Rivista Anarchica Online






Un cd, due libri

Questo mese ho pensato di segnalare alcune cose che ho preso oppure che sono arrivate per posta in questi ultimi tempi ed erano restate lì ad aspettare. Non sono uscite recentissime, ma mi hanno tutte incuriosito e non c'era motivo per passarle sotto silenzio.

Gioia a torrenti

Il nuovo lavoro dei Radio Zastava si chiama “Silentium” e proprio non riesco a toglierlo dal lettore. Me ne sono fatto una copia in formato mp3 che mi porto dietro da un bel po' nei miei percorsi casa-lavoro-casa quotidiani in treno, con risultati a volte imbarazzanti: immaginatevi le facce dei miei compagni di viaggio, seduti vicini ad un ultracinquantenne da un quintale tutto preso ad eseguire fanfare balcaniche con strumenti immaginari, e non vi dico altro perché ho imparato a non vergognarmi della mia felicità. Vi ho già raccontato su queste pagine (“A” 344, maggio 2009) del loro primo album, questo è già il terzo, nel frattempo ho avuto il piacere e la fortuna di ascoltarli più volte dal vivo. Mi è difficile raccontarvi la gioia di questa musica, gioia che scende a torrenti giù dal cielo, tradurre in parole la sorpresa grande che sta sotto e dietro e tutt'attorno ogni singolo pezzo, spiegare i colori, l'aria che si muove. Loro, quelli che suonano, sono bravi, dotati e convinti/motivati il giusto, fanno stare bene orecchie, stomaco, gambe, cuore e dentro in testa. Apprezzati da Boban Markovic ed Emir Kusturica e da altre migliaia di fans col nome magari meno conosciuto, i vari musicisti del gruppo non si sono accontentati di essere l'ennesimo gruppo-quasi-balcanico che gira per le sagre, optando per una gustosa contaminazione del repertorio e concentrandosi su esecuzioni sempre più complicate e funamboliche, spingendosi a vette impegnative come Nino Rota e alla “Danza delle spade” dell'armeno Aram Chaaturjan. Una gioia enorme e miracolosa: già a metà del secondo pezzo stasera è ricomparso il sole dopo quattro giorni di allagamenti.
Cercateli su www.radiozastava.com.

I Radio Zastava

Taglio determinato, stile accessibile

Sconfinatamente ignorante come sono, neanche immaginavo che un libro come questo potesse essere stato scritto. L'ho trovato ai primi di giugno su una bancarella a “Ritmi e danze dal mondo”, una manifestazione che si tiene da anni a Giavera del Montello, una ventina di chilometri a nord di Treviso, partita come occasione d'incontro con un gruppo di immigrati senegalesi e peruviani sul campo di calcio della parrocchia e divenuta una festa di scambi e trame che attira decine di migliaia di persone.
Il libro è De André in classe (ed. EMI*, € 11), scritto da Massimiliano Lepratti con l'esplicito intento di “usare” Faber e le sue canzoni come spunti per discussioni scolastiche. Un progetto mica da poco, direi. Appena nelle prime pagine scopro che ho preso un'edizione nuova: il libro era uscito già nel novembre 2010. Proseguendo nella lettura incontro una prefazione di don Andrea Gallo scritta come solo lui sapeva fare, e mi immergo in più di cento pagine zeppe di riflessioni, suggerimenti, note, ragionamenti e stimoli che mi hanno per molti versi meravigliato (quando alle scuole superiori ci andavo io, primi anni Settanta del secolo scorso, si stavano appena sperimentando le prime possibilità di fuga dalla rigidità dei programmi ministeriali: coi miei compagni avevo vissuto la lettura di alcuni estratti dell'Antologia di Spoon River -in un'edizione ciclostilata autoprodotta- come un'esperienza carbonara) e senz'altro arricchito. Del libro mi piacciono il taglio assai determinato e lo stile accessibile: ho avvertito presto che l'autore è un musicista proprio per la sensibilità e la cura che ha impiegato nello scegliere le parole, elementi che svelano altrettanto presto il carattere del suo impegno. Trovo che Massimiliano abbia messo dentro a questo libro tutto l'amore di cui è capace, rendendolo uno strumento utile, prezioso e condivisibile, e voglio ringraziarlo per questo. (* nota: EMI sta per Editrice Missionaria Italiana: a qualche lettore di “A” questo fatto magari farà alzare il sopracciglio. Vedo che in catalogo hanno anche un “Guccini in classe” dentro a cui non vedo l'ora di affondare).


Senza tracce di rimpianto

Altro libro, stavolta di un autore che conosco e che è passato spesso di qua. È Nati per questo (ed. Erranti, € 10) e contiene alcuni scritti brevi di Stefano Giaccone. Così come vi raccontavo di recente, alcuni dischi di Stefano li ascolto spesso e volentieri, mentre altri preferisco tenerli lì da parte. Succede lo stesso anche per le cose che ha scritto. Diversamente da quello di “La vena d'oro”, che mi ha visto arrivare alle pagine finali dopo un percorso frammentato in tentativi ripetuti e tempi allungati, riconosco nell'autore di “Nati per questo” lo Stefano a me più vicino e conosciuto, egoisticamente parlando lo Stefano dei tempi migliori. Lo Stefano con la penna affilata e quella meravigliosa capacità tutta sua di raccogliere le parole e infilarle una dietro l'altra in collane luccicanti. Questo non implica necessariamente che debba trattarsi di storie belle e solari e di racconti consolatori: quando ci si mette Stefano racconta la solitudine come un poeta, le sue canzoni migliori sono spesso quelle più amare e tristi, quelle dove i sentimenti si prendono a pugni a coltellate a colpi di pistola.
In questo libro ci sono evidenti riferimenti autobiografici, resi come improvvise deviazioni dalla normalità: un ritorno a casa si trasforma quasi in un'esperienza ultraterrena, le storie si riempiono di personaggi immaginari che stringono in bocca frasi che verosimilmente abitano un viaggio in autobus, in poche frasi si offre un mescolamento di intimità familiare e cose lette in giro su giornali da altrove lasciati su una panchina o sul posto libero in treno accanto al tuo. Sono tutte meditazioni su cos'è che rimane, su tutto ciò che sarebbe potuto essere, su tutto quello che non è stato, ma senza tracce di rimpianto, senza offrire l'altra guancia al destino.

Marco Pandin