Rivista Anarchica Online




Conversando con il Pangea

foto di Paola Rizzu

In questo numero della rubrica ho deciso di pubblicare una corposa intervista su una esperienza di occupazione e autogestione. Attraverso il racconto degli attivisti e le foto di Paola Rizzu (attivista e fotografa) insieme riusciremo a conoscere la realtà del C.S.O.A. (Centro Sociale Occupato Autogestito) Pangea di Porto Torres (Sassari). Un grazie soprattutto a Claudio, Vincenzino e Federico che hanno avuto la pazienza e la voglia di rispondere alle mie domande.

A.S.

Per iniziare vi chiedo come e quando nasce l'idea di liberare una spazio?
Nel maggio del 2012 a Porto Torres in risposta all'ennesimo atto di mala gestione da parte dell'Amministrazione turritana è nata spontaneamente sul social network facebook una discussione tra cittadini, compresi tra i 16 e i 70 anni. Una discussione che protraendosi nei giorni ha continuato ad attirare curiosi. L'esigenza di una dimensione reale e di un incontro fisico ha poi fatto si che un gruppo di una quarantina di portotorresi iniziasse ad incontrarsi per continuare a discutere in riunione, sotto la torre aragonese, monumento adottato come simbolo, in un certo senso per la sua valenza di torre di guardia. Gli argomenti trattati, dal principio, individuavano l'oggetto delle discussioni nel disagio sociale e culturale della città, della Sardegna e del mondo, e nella miope e corrotta prospettiva politico-economica del nostro territorio. Immediatamente è iniziato anche un confronto sul sistema alternativo di convivenza e di produzione possibile.
L'incombere dei mesi autunnali ha evidenziato la necessità di avere uno spazio fisico coperto dove poter proseguire e sviluppare le sinergie sempre più importanti che continuavano a nascere. Si decide così di individuare una struttura pubblica abbandonata all'incuria e occuparla. Fra le tante a disposizione la scelta ricade sul bocciodromo comunale, “chiuso” da quasi un decennio. Ad onor del vero va' detto che si è tentato, singolarmente nei tempi precedenti, e vagamente anche come Collettivo, un percorso “legale ed istituzionale” per ottenere uno spazio, ma la risposta sempre insufficiente e superficiale dell'Amministrazione ha fatto ulteriore chiarezza sul da farsi: programmare un grosso evento pubblico con cui raccogliere i fondi necessari per l'avvio dei lavori e la sostenibilità dei primi mesi ed occupare. Occupare uno spazio per liberare le menti. Cercare attraverso un atto forte come l'occupazione di smuovere il senso di partecipazione dei cittadini. Dimostrare che attraverso l'azione diretta è possibile contrastare quel senso di bonaccia schiavista che da sempre sponsorizza la delega annichilendo l'individuo. Il Pangea nasce il 28 settembre 2012, in serata. Non assume subito questo nome, che arriva solo alcune settimane dopo convincendo tutti per il valore simbolico di unità nella dicotomia che esprime.

Corte Pangea - Pietre, carriole, occupazione e cultura.
Organizzandoci.

Come vi organizzate, che importanza date a una pratica autogestionaria, all'assemblea?
La settimana stessa si decide di programmare una prima assemblea pubblica per comunicare l'avvenuta occupazione alla città, che avesse all'ordine del giorno la discussione, il racconto e le intenzioni del collettivo occupante. Son stati mostrati i primi lavori di bonifica dello stabile e indicati i successivi passi da muovere. Nelle settimane a seguire sono iniziate le prime attività, tutte strettamente dettate dalle esigenze che si incontravano. Si sono individuate immediatamente le componenti strutturali del Centro, le mansioni necessarie per mandare avanti l'attività, o per meglio dire che la costituivano, e attraverso le spontanee attitudini di ognuno son state assunte volontariamente le relative responsabilità.

«Tra i principali organi di un corpo ci sono: quello che si occupa del monitoraggio e dello studio della situazione sociale, politica ed economica del territorio intorno, l'occhio; quello della manutenzione, costruzione e bonifica dello stabile, lo stomaco; quello della programmazione degli incontri tra realtà e culture, delle feste, dei dibattiti, i polmoni. Per chiudere, seguendo la metafora anatomica, in un certo senso l'organo già vivo sotto la torre i mesi prima dell'occupazione, l'Assemblea, il cuore.»

La prima attività istituita è stata proprio l'Assemblea, che voleva essere strumento di incontro e dialogo per giungere alla decisioni di volta in volta da prendere. Con l'aspirazione di trovare il sistema che meglio potesse garantire compattezza, funzionalità e risultati positivi nella fase decisionale si è iniziato a programmare altre attività, un giornalino interno ed una serie di primi incontri di cultura e d'arte, tra cui un cine festival dedicato al territorio e alla situazione petrolchimica. E proprio quell'aspirazione di totale incontro tra i componenti del Collettivo, unita alla voglia di sedersi e alzarsi tutti insieme dalle riunioni, ha portato ad immaginare un'assemblea circolare per favorire l'orizzontalità, che si esprimesse all'unanimità, che facesse, attraverso la ricerca e lo studio, del buon senso, del dialogo e della volontà la propria forza.

Music Revolution - La carica dell'elsa
che non risente della foggia

La vostra politica, il votro posizionamente è da subito quello libertario, anarchico?
La vicinanza e la sensibilità ai temi legati all'anarchismo erano già presenti nella maggior parte dei componenti del Collettivo. Un'adesione inizialmente per molti non consapevole, che solo successivamente ha trovato un nome. Adesione forse dovuta al carattere forgiato nell'insularità dei geni sardi e nella cultura di un popolo che da sempre ha subito codici estranei, d'accentramento, di forza della moneta del singolo, di prepotenza. Eppure l'Isola mantiene ancora oggi i propri valori autoctoni, antichissimi, che badano al corpo e allo spirito naturale di cui siamo parte e ai suoi riti, alla legge di causa effetto, al rispetto del collettivo, che favoriscono la comunità. Durante la caccia al cinghiale ad esempio, è usanza tagliare un pezzo di cuore e metterlo su un sasso, in modo che il corvo se ne cibi, così da poter restituire quello che alla natura è stato tolto.
Non è stata una adesione dettata dagli studi sul tema, dalla lettura di Bakunin piuttosto che da quella di Stirner o Malatesta, ma interna, viscerale, la scelta migliore da compiere, un'utopia ma positiva, una terra d'approdo in costante divenire. Anarchia come organizzazione. Un'altra delle questioni è stata la necessità di ribadire la nostra totale indipendenza politica e di idee, per sottolineare l'allontanamento dalle bandiere e dai padrini che di volta in volta ci si sono avvicinati, compresi magari sedicenti compagni anarchici! Dedichiamo allo studio delle possibilità che l'anarchismo offre la programmazione del mese di Aprile, invitando personalità, organizzando feste e concerti e siamo punto di distribuzione di A-Rivista Anarchica e Umanità Nova. L'unanimità da raggiungere nelle scelte dell'Assemblea, l'orizzontalità della discussione, e la possibilità data dalla posizione circolare delle sedie, di potersi guardare in faccia, hanno convinto il collettivo per la loro funzionalità e non per il loro vestito.

Che importanza avete dato nel vostro percorso all'estetica: arte ed artigianato?
Che la funzionalità dell'arte sia fondamentale all'interno di un processo di evoluzione della società è stato fin da subito un concetto presente e chiaro in maniera più o meno diffusa tra il Collettivo.
L'obbiettivo è quello di accrescere nella comunità cittadina il senso di partecipazione, di sé stessa e del proprio territorio di appartenenza. È stata ritenuta quindi di fondamentale importanza l'efficacia nella comunicazione.
Per logica l'assioma secondo cui il piacere ben dispone l'individuo porta a sostenere che in un contesto piacevole e favorevole un individuo sia maggiormente disponibile; e se la disponibilità è fondamentale per la crescita, è necessario che questa trovi come contesto una situazione il più possibile piacevole e favorevole.
Gli Eventi in programmazione al Pangea, dai concerti alle presentazioni di libri, in qualche modo in questo senso, sono una delle principali estensioni dell'Assemblea.

Per capirci: un austero congresso in cui gli esperti in “disordine gerarchico” parlano (di solito di sé) dall'alto dell'olmo per 40 minuti di fila ciascuno, senza mai curarsi minimamente del pubblico, estraneato, annoiato o frustrato nel vedere i propri tempi e livelli di partecipazione venire quasi sempre ignorati, non si può ritenere un efficace sistema di comunicazione.
Ben altra valenza comunicativa esprime l'incontro d'arte o cultura, peraltro ospitato in uno spazio occupato ricco di evidenze umane. Crea una dimensione orizzontale in cui il messaggio viene liberato dall'autorità costrittiva della “cattedra di ruolo” per diventare input indipendente veicolato, in questo caso, dall'azione creativa (di una presentazione, di un murales, di una piantumazione, di un concerto); viene reso alle persone, disponibile come materia pubblica da toccare e rimodellare in tutti gli alfabeti. Inserito in questa dinamica il pubblico annoiato ed estraneo ritorna ad essere insieme composito di individui presenti, che dialogano, condividono e confrontano, liberamente ognuno padrone dei propri tempi e spazi. Autogestendosi. Il gesto creativo predispone ad un differente livello di partecipazione, ad un'intensità particolare nella comunicazione, nell'apprendimento e quindi, ancora, nella crescita.(catarsi).

...dei miei desideri di anarchico slancio di scuro lo specchio,
dove crescono fiori senza cerniere...

Si è pensato anche di riempire dei messaggi che portiamo avanti ogni muro del Pangea, ogni filo d'erba, oltre ad ogni incontro, scrollando e alleggerendo dove ragionevole qualsiasi motivo di frizione non necessaria - le simbologie spesso sono preludio di inutili confini - disponendo le cose affinché i cittadini siano facilitati ad entrare e possibilmente impossibilitati ad eludere la comunicazione e i contenuti.

L'importanza dello spettacolo, della programmazione Eventi come estensione dell'Assemblea, è che assume da un lato il valore di pretesto aggregativo, di puro intrattenimento, dall'altro diviene atto centrale dell'azione politica. Il pubblico scevro di tutti i costrutti culturali e sociali che lo costipano nel processo che tenderebbe alla sovversione naturale dell'opprimente e alla vitalità, è entrato in un ambiente a sua misura, quella orizzontale, illegale ma legittimo, sociale e voracemente creativo. Immerso in questa dimensione ritorna individuo e scopre l'opportunità di rendersi attore ed autore di sé. La valenza straordinaria dell'arte è celare infatti fra le pieghe l'artigiano, l'autore, auto-produttore del proprio sostentamento - della sublimazione, della creazione, della messa in scena, della condivisione e dell'emulazione anche - presente in ogni individuo partecipe e attivo. Così cerchiamo di rivelare l'incontro tra eguali, che diviene festa come atto sovversivo, atteggiamento informale e libero di una solennità capovolta. Senza ostentazione di potere né giullari di corte. Senza mecenate. Che sia opportunità per l'autore, diversamente consapevole, di restituirsi, fuori dal perimetro di quello spazio libero ed occupato, cittadino un po' cresciuto. Il cerchio quadra, infatti, considerando che quel pubblico è composto dagli stessi cittadini sordi della comunità dei veleni, che “sono noi” imbambolati dai comizi televisivi dei partiti o dei sindacati e abituati a sentirsi inadatti, depressi, estranei alle decisioni della vita, della comunità come di sé. Avvezzi ormai all'abbandono, all'isolamento e all'alienazione, abiurano in favore di una realtà fatta dei modelli ineguagliabili delle televisioni o dei programmi di regime.

Ristabilendo i tempi della disponibilità ricalibrando le distanze, tra pubblico e individuo, tra padri e figli, tra accettazione e preclusione come tra arte ed intrattenimento, è possibile riscontrare una comunicazione diretta ed insostituibile, che richiamata a precisi contesti evoca precise dinamiche.
Per questo il Collettivo ha scommesso su una programmazione di incontri d'arte e cultura molto fitta e densa.

Ludopolitica: uno contro uno.
Malatesta molto prima che balilla

Ora parliamo di un aspetto centrale delle vostre attività, ovvero la lotta, la presenza sul territorio, i legami con la gente che vive l'isola e quindi la lotta contro le nocività, contro i veleni contro quel mostro chiamato ENI.
La lotta che sicuramente più ha caratterizzato le intenzioni e maggiormente caratterizza l'azione del Centro ha come obbiettivo ultimo quello di bonificare e riqualificare il territorio della Nurra devastato dall'industria petrolchimica. Ci siamo accorti che durante gli anni sessanta in Sardegna è stato attuato, sperimentato forse, uno dei primi “plagi mass-mediatici”, se così si può dire! operazioni che diventeranno tanto care al Potere nei decenni a seguire ed ancora. Circolavano sulle reti televisive nazionali dei documentari (RAI_istituto Luce) che sottolineavano l'arretratezza dei sardi, nell'industria chimica ma anche in quella edile quando venivano prese quasi a monito le tribali costruzioni in mattoni d'argilla e paglia oggi così in voga nella bio-edilizia!
Parliamo di un fenomeno, caratterizzato dalla veicolazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa, che ha per fine il dominio di un popolo attraverso la manipolazione culturale, l'annichilimento del suo senso di appartenenza. I lavoratori sardi degli anni 60-80, quando presi per fame quando meno, hanno imparato velocemente a vergognarsi della loro cultura agro-pastorale, delle loro radici di pescatori, della loro bonaria gentilezza come della loro lingua. Bisognava mettersi al passo col continente ed il riscatto da questa vergogna era rappresentato dal progresso industriale e tecnologico che, in Sardegna, era principalmente sinonimo di petrolchimico. Sono state quindi abbandonate o svendute le terre e trascurato il mare per un impiego più dignitoso e moderno, per uno stipendio grasso e sicuro ogni mese, installando una mastodontica centrale energetica sulla riva di una delle spiagge più preziose del Mediterraneo.
Restiamo nel nord ovest della Sardegna, dove la produzione va avanti tra Rovelli ed Eni, mano destra e sinistra dello Stato italiano, per quattro decenni scarsi immersa nella più totale indolenza.
Nel 2003 poi le cose accelerano di colpo, come un pugno negli occhi viene scoperchiata da I.r.s. - Indiendentzia Repubblica de Sardigna Minciaredda, la tristemente battezzata Collina dei veleni. Da quel momento il sistema di depurazione delle scorie provenienti dalle industrie chimiche finisce sotto la lente della Procura, il sito industriale turritano viene riconosciuto come S.I.N. (sito di interesse nazionale) e tutta l'area industriale portotorrese ha iniziato ad acquisire una sinistra fama. A ruota infatti segue la questione del molo Asi, la Darsena del porto industriale, focolaio di cancri; una storia infinita di contaminazioni che per altro sembrerebbe nota da tempi anche precedenti al 2003: c'è una perizia del tribunale di Sassari datata 1992, che arrivava alla conclusione che nella Darsena fosse presente un'importante contaminazione. I prelievi nelle acque della Darsena, furono effettuati il 24 maggio 2006: già allora i risultati parlavano chiaro: la “polla” che fuoriusciva da sotto la banchina conteneva elevate quantità di benzene e cloruri.
Secondo i dati dell'Arpas, nel tratto di mare, davanti al petrolchimico i valori di benzene sforano migliaia di volte quelli stabiliti dalla legge.
Il terzo macro-insieme che individuiamo pesantemente interessato dalla contaminazione è quello delle falde acquifere che si estendono sotto tutta l'area del S.I.N., che oltre a sfociare nelle acque del Golfo dell'Asinara, lasciano presagire tremendi epiloghi, insinuando tra la popolazione il ragionevole sospetto e quindi la paura che ad essere compromessa sia la possibilità di coltivazione agricola delle terre nurresi, almeno delle parti più a contatto con l'area industriale, quindi il cibo che abbiamo mangiato e mangiamo, quindi la pesca.
Sotto il coperchio c'erano tutti quegli ultimi quarant'anni di inquinamento e bugie, di negligenza sanitaria e ambientale, di fogne di stabilimento precarie, di operai coi vestiti d'amianto, di scarichi in mare o in pozzi di falda, di discariche abusive, di scarti di lavorazioni chimiche e xilitolo, benzene, fenolo, cumene, rame, e ancora cadmio, ammoniaca, mercurio, cianuri.
L'acqua di cui son composti tutti.
Così per anni è stata lentamente compromessa la salute del territorio e dei suoi abitanti nessuno paga e nessuno pulisce.

2012: sversamento di olio combustibile nel Golfo dell'Asinara.
Nero come la vergogna

Nel 2010 il polo industriale ha chiuso e attualmente Matrica, una divisione aziendale dell'Eni, sta costruendo, sempre in questi territori, un nuovo impianto, a biomassa, per portare avanti un nuovo progetto chiamato Chimica verde, grazie all'autorizzazione dell'uscente Consiglio Regionale, con a capo il forzista Ugo Cappellacci. Quello della Chimica Verde è un nuovo capitolo oscuro che merita di essere svelato.
Appare evidente il disegno che Eni vuole portare avanti sul nostro territorio, posticipare ed eludere la dovuta bonifica usando come specchietto per le allodole la fallimentare Chimica Verde, che svela in realtà un probabile inceneritore. Il tutto nella più cupa foschia, ancora spalleggiata dallo Stato Italiano del Potere, proclamando questo progetto come volano dell'economia del nord Sardegna. Il Pangea lotta affinché si ottenga la bonifica completa del S.I.N. di Porto Torres, su modelli già presenti in Europa. Altresì necessaria la riqualificazione di tutto il “patrimonio” cittadino, colpito a più livelli dall'inquinamento; uno degli aspetti più delicati per cui il Pangea vuole adoperarsi, con particolare sensibilità, è quello che riguarda il tessuto sociale portotorrese, lacerato ora - oltre che dalla dilapidazione culturale che i diversi decenni di industrializzazione petrolchimica hanno portato - dal ricatto generazionale che vuole gli operai a difendere con ferocia il posto di lavoro da Eni contro gli stessi figli che cercano giustizia e riscatto. Tutti ipoteticamente ammalati. Ancora una volta sarà il dialogo la via scelta per diramare queste distanze umane, cittadine e familiari... ma forse questa è meglio come domanda.

A cura di Federico Marras, Claudio Ruggiu e Vincenzino Madeddu
del collettivo C.S.O.A. Pangea (Porto Torres)