Rivista Anarchica Online


Grecia

Exàrcheia e le Cicladi

di Moreno Paulon e di Steven Forti


Lo scorso maggio (“A” 380) Monica Giorgi, dopo un suo viaggio in Grecia, riferiva delle reti solidali e alternative, delle monete locali (invece della dracma) e di tutto un fiorire di esperienze vaste e significative in un paese ufficialmente solo “in crisi”. In queste pagine Moreno Paulon presenta alcuni aspetti del “mitico” quartiere alternativo al centro della capitale e ne dà una lettura originale. Steven Forti, per parte sua, è andato sull'isola di Syros e ha parlato a lungo con Teo Romvos, una vita nei movimenti anarchici e alternativi, dalle comuni dei primi anni '70 alle reti solidali che da anni funzionano nelle isole Cicladi e non solo. Prosegue così il nostro sguardo attento sulla Grecia, che per tanti aspetti forse non è “rimasta indietro” ma è un po' più avanti.

Atene, quartiere di Exàrchela. Sul muro
si legge la parola “eleutheria”, ovvero “libertà”


Il gatto e il topo nel cuore di Atene

di Moreno Paulon

Esistono molte rappresentazioni di Exàrcheia: giornalistiche, televisive, popolari, via blog. Tutte quante sono finte, nessuna è falsa, nessuna vera. Si sprecano cronache, condanne senza appello, panegirici, esotismi. Nell'Atene benpensante il quartiere è giudicato un brandello d'inferno da cui stare alla larga, mentre i mass media greci e internazionali descrivono l'area come una zona franca al di fuori della legge, una terra di nessuno “in pugno agli anarchici incappucciati”, una zona in cui neanche la polizia osa mettere piede, tanto fa paura. Secondo i resoconti più ingenui, i vigili non mettono neppure le multe per non finire ammazzati. Altre fonti affrescano invece un lido idilliaco, il regno delle possibilità, un esempio di anarchismo umanistico progressista pronto da esportare. Exàrcheia di per sé offre di tutto: centri occupati, caffè per turisti, alimentari, locali borghesi da Belle Époque, murales e vagabondi, migranti, impiegati, studenti, punk. È un quartiere per lo più residenziale, di ristoranti e librerie, di studi grafici, fumetterie, musica. A voler parlare di classi, si potrebbe dire che vi risieda non tanto la working class, quanto la middle class di Atene.
Fondato a fine ottocento, Exàrcheia è diventato il riferimento ideale della sinistra progressista e radicale soprattutto dopo il '73, quando nella notte del 17 novembre tre carri armati AMX 30 sfondarono i cancelli universitari del Politecnico per ordine del colonnello Papadopoulos, massacrando studenti, lavoratori e cittadini impegnati in un'occupazione di protesta contro la junta: dittatura militare al potere tra 1967 e 1974. La genealogia di molti movimenti anarchici, antiautoritari e antimilitaristi contemporanei risale a questi antenati.
Anno dopo anno i cortei commemorativi, gli scontri con le forze dell'ordine e i martiri della violenza repressiva hanno strutturato una robusta memoria collettiva di quartiere, sostenuta soprattutto dalle figure di due vittime troppo acerbe. Nel 1985 a morire durante una manifestazione fu Michalis Kaltezas, i cui quindici anni non seppero correre più veloce della pallottola che l'ufficiale Melistas mandò a rincorrerlo. Nell'inverno 2008 un altro adolescente, Alexis Grigoropoulos, è stato assassinato a bruciapelo dall'agente speciale Korkoneas. Nessun corteo in quell'occasione: semplicemente il giovane Alexis per strada disse una parola di troppo agli agenti, e Korkoneas decise di educarlo al silenzio sparandogli dritto nel petto. I mass media allora truccarono i dadi, montarono suoni di cortei e urla sotto i video amatoriali dell'omicidio per nascondere una violenza poliziesca ingiustificabile. Questo episodio in particolare ha unito attivisti della prima ora e società civile in settimane di guerriglia urbana e rabbia incendiaria contro le forze dell'ordine. Arrivarono poi dichiarazioni ufficiali di colpi esplosi per sbaglio, di improbabili rimbalzi, con avvocati difensori a blaterare di “impulsi” di fronte ai giudici (l'espressione dell'avvocato Lykourezos al processo fu “un bollore d'anima”). Melistas, castigato a due anni e poi assolto nel '90, è emigrato in Australia passando per una clinica psichiatrica di Patrasso, mentre a Korkoneas è toccato l'ergastolo. Da allora per molti abitanti i termini polizia, violenza omicida, militarismo e stato sono quasi sinonimi.
Molta stampa tuttavia diffonde slogan ingenui, enormi, pressapochisti, come: “a Exàrcheia lo stato non esiste” (si veda, uno per tutti, il capolavoro d'esotismo di Andrea Luchetta, 25/05/12 niente meno che su Limes di Repubblica, temi.repubblica.it/limes) e alimentano un immaginario fuorviante. Contrariamente ai generalismi salottieri sul “quartiere anarchico”, la maggior parte degli abitanti sa a malapena che cosa sia l'anarchismo e gli attivisti purtroppo non controllano nessun perimetro, non comandano alcuna area franca da nulla, ma cercano piuttosto con esigue forze di resistere e sopravvivere in un perpetuo contrasto politico giocato dalla parte del topo. Addirittura alcuni dei centri presentati frettolosamente come occupazioni e squat illegali anti-stato (per esempio il noto locale Nosotros) pagano invece regolarmente affitto e bollette della luce. Certo, sotto la superficie tranquilla della vita quotidiana è in atto una continua guerra a bassa intensità, ma è una lotta fatta di poche imprevedibili azioni fortunate e molte fughe nella tana, in cui gli attivisti politici (anarchici e non) difendono i pochi spazi che è loro concesso di mantenere. Penso a Sofia, attivista ventunenne, che lamentava: “La gente grazie ai media è convinta che qui facciamo chissà cosa, c'è chi ha una paura folle di noi senza neanche conoscerci e chi si aspetta che saremo noi a fare la rivoluzione per loro”.

Atene, Exàrcheia. Murales

Incursioni violente e spettacolari

La polizia definisce il confine del quartiere con un rosario di pattuglie che presidia il perimetro 24 ore su 24. La squadra speciale Delta, istituita ad hoc dopo i fatti del dicembre 2008, scoraggia le iniziative di protesta esibendo un'aggressività smisurata. Le squadre armate sono ovunque, a meno di un chilometro da qualsiasi punto e pronte a intervenire con plotoni leggeri su agili motociclette Yamaha che scorrazzano per le vie tortuose ai piedi della collina di Strefi. Le incursioni armate sono fenomeni violenti e spettacolari. Gli agenti di questi corpi sono scelti e addestrati, estremamente feroci e corazzati, con il volto coperto e il pugno facile anche contro i civili (quando non la pistola). Le denunce di aggressione da parte dei cittadini sono numerose. Exàrcheia è sorvegliata inoltre attraverso agenti in borghese, finti turisti, finti vagabondi costantemente infiltrati nel quartiere. Quando le squadre irrompono per le loro operazioni lampo, sanno esattamente dove trovare ciò che cercano e quali condizioni generali li aspettino. Ho visto alcune di queste incursioni nella piazza principale e una in particolare ha portato all'arresto di un ricercato in meno di cinque minuti. La polizia spadroneggia, mette faccia a muro i passanti, li perquisisce per intimidirli, li percuote se resistono, viola i luoghi sacri degli attivisti per mettere in chiaro chi comanda. Le squadre speciali (delta, zeus, opke, mat, ekam, yat, ymet, zita...) sono ovunque nella capitale: presiedono punti chiave, si muovono in stormi, difendono le sedi dei partiti politici e il parlamento, deportano i migranti (vedi l'operazione Xenios Zeus), circondano Exàrcheia, incanalano e reprimono lì la rabbia sociale durante le manifestazioni pubbliche.

Atene. Una squadra di agenti Delta a Exàrcheia

Un quartiere eclettico e multiforme

Molti fra gli attivisti più impegnati inoltre non friggono dalla smania di proclamarsi anarchici. L'etichetta “anarchici” riposa soprattutto sulle labbra di adolescenti in cerca di personalità, di chi pratica discriminazioni politiche, di conservatori che condannano le iniziative progressiste e disapprovano le sperimentazioni sociali non appena esse travalicano il margine della legalità. La militanza veste più quotidiano, non mostra A cerchiate sulle magliette, si identifica con interventi concreti e proposte alternative piuttosto che con dichiarate appartenenze identitarie. Comunisti, libertari, anarchici, situazionisti, socialisti, marxisti e gente comune senza etichetta partecipano spesso in ugual misura alle iniziative sociali. A Exàrcheia il caso più noto e frequentato da studiosi e turisti è il parco Navarino, uno spazio privato destinato a parcheggio e trasformato in verde pubblico per iniziativa spontanea degli abitanti, tre mesi dopo l'omicidio di Grigoropoulos. Una variegata assemblea popolare ha dichiarato l'area di proprietà pubblica, ha sollevato l'asfalto, smosso la terra, piantato alberi e un orto che a turno vengono curati e innaffiati dai cittadini, come accade in altri quartieri. Poco lontano è nato il non-negozio Skoros, per la raccolta e il baratto di vestiti, giocattoli, libri e oggetti per la casa, con gestione assembleare aperta e settimanale. Bandito il denaro se non con libere offerte per pagare l'affitto.
Sempre ad Exàrcheia aprì Sporos: la prima cooperativa greca di commercio equo e solidale, formata con il proposito di importare il caffè zapatista e favorire un cambiamento concreto nel processo di produzione e scambio internazionali. Anche questa iniziativa è stata gestita con struttura assembleare e senza velleità di profitto, fino a crescere e formare una più grande attività fuori quartiere. Alcune aree universitarie del Politecnico sono tuttora occupate stabilmente come squat e vi si svolgono conferenze, assemblee e incontri internazionali. Qui trovano asilo anche alcuni rifugiati palestinesi senza diritti, senza lavoro e documenti, senza una terra. Una o due volte a settimana un centro occupato allestisce cucine collettive per sfamare disoccupati e senza tetto, mentre altri militanti occupano casolari vuoti e desolati per offrire riparo a immigrati e disagiati della crisi, avviando piccole campagne abitative che sistematicamente vengono represse e abortite dall'intervento della polizia.
Sono stato ospite di un ufficio di polizia, dentro Exàrcheia, perché facevo troppe fotografie. Le forze dell'ordine hanno ai muri cartine dettagliate del quartiere divise cromaticamente per aree con ogni angolo sotto controllo. La strategia adottata dalle autorità nei confronti di Exàrcheia è un caso esemplare della relazione gatto-topo descritta da Elias Canetti: il gatto, potere forte, concede un piccolo spazio d'azione al potere debole, descrive un'area di sorveglianza fra le sue zampe, dove il topo si può muovere in libertà, gioca con gli artigli tenendo il topo sotto un controllo ancora più efficace. Dentro e fuori Exàrcheia, gli attivisti (anarchici e non) operano attraverso piccoli nuclei sparsi, propagano singole iniziative decentrate, puntiformi, non lo fanno definendo un confine netto. Se le forze di polizia attaccassero sapientemente i centri nevralgici del dissenso politico in tutta la città, molta parte del gioco sarebbe finita, ma il contrasto risulterebbe meno controllabile dall'autorità statale. L'esistenza di Exàrcheia fa comodo a tutti: attivisti e potere repressivo, ma soprattutto a quest'ultimo. I primi possono sperimentare, diffondere idee e pratiche di progresso sociale e contestazione con più respiro qui che altrove, il secondo può tenere ogni cosa sotto osservazione. Creare e reiterare un confine identitario rafforza l'opposizione politica interna e allo stesso tempo la rende più controllabile. Così, in questa tensione fra devianza e controllo, si struttura il volto di ciò che chiamiamo Exàrcheia: l'esotico “quartiere anarchico”. La realtà interna è molto più fluida, composita, frammentaria; perché designare retoricamente un'identità è sempre un atto funzionale a qualcos'altro: acquisirne il dominio.

Moreno Paulon



Fare rete alle Cicladi
(e non solo)


colloquio di Steven Forti con Teo Romvos

Mi accoglie con un grande sorriso e con degli occhi che ispirano subito simpatia sul tetto della sua casa di Ano Syros, il piccolo villaggio, tutto scalinate e tortuose stradine, innalzato dai veneziani nel XIII secolo su una delle colline dell'isola di Syros. Sulla nostra sinistra la cupola azzurra della chiesa ortodossa di Agios Nikolaos. Sotto di noi il porto di Ermòpoli, la città nuova che porta il nome di Hermes, il protettore dei mercanti, e che nell'ottocento fu il principale porto greco.

La cittadina di Siro-Ermòpoli sull'isola di Siro (o Syros)


Teo Romvos ha ancora il look del ribelle con la sua barba e i suoi capelli lunghi, ormai bianchi. Mi ricorda Georges Moustaki e un poco Charles Bukowski. Un Bukowski mediterraneo. Forse è però solo suggestione visto che Teo è stato, già alla fine degli anni settanta, il primo traduttore al greco dello scrittore americano. Nato nel 1945 ad Atene, Teo Romvos ha girato mezzo mondo tra gli anni sessanta e gli anni novanta, tra qualche film sperimentale nei tempi del maggio parigino e più d'una esperienza di scrittura creativa e di altri progetti cinematografici in Germania, mentre la Grecia viveva sotto la feroce dittatura dei colonnelli. E poi l'America Latina, gli Stati Uniti, il Giappone, l'Africa... e nel mezzo, tra uno spostamento e l'altro, la sua Atene, dove alla fine degli anni settanta mise in piedi anche la storica libreria Octopus, luogo di incontro di scrittori, artisti e attivisti. Dal 1993 Teo Romvos si è trasferito sull'isola di Syros dove continua a scrivere. Molte sono le collaborazioni su giornali e riviste, come quella con la rivista Trypa, il cui sottotitolo è niente di meno che “The Notorious Underground Magazine”. E molti sono i suoi libri, iniziando da Teletubercolosi del 1976 fino ad arrivare al recente Giorgos Negro, la tigre del Mar Egeo, passando per Tre lune nella piazza, Assassini del Nord, Drosoulites del Sud e l'interessantissimo Plotino Rodokanakis, un anarchico greco. Libri che sono anche scaricabili gratuitamente dalla sua pagina web.

Lo scrittore e attivista libertario Teo Romvos


Ma l'attività di scrittore di Teo si unisce indissolubilmente al suo attivismo. Ben prima dell'inizio della crisi economica, Teo ed altri amici fondarono Efplia, una rete che poco a poco è riuscita a mettere in collegamento molte realtà isolane, non solo nell'arcipelago delle Cicladi, ma anche negli altri arcipelaghi del Mar Egeo. “I sistemi di cultura insulare”, mi spiega Teo, “hanno funzionato in modo coerente e creativo per molti millenni. Oggi questo equilibrio viene spezzato da una crescita selvaggia che non ha inizio e non ha fine e che minaccia la salute e la vita degli abitanti delle isole. Con questa rete abbiamo voluto dire basta.” E, passandomi un bicchiere di un vino rosato, semplice e delizioso allo stesso tempo, continua: “Questo è un vino prodotto a Santorini. È unico. Forse è il migliore di tutte le Cicladi. Ed è così grazie al terreno vulcanico di Santorini. Un'isola che, come Mikonos, è stata rovinata dal turismo. Rovinata o meglio dire quasi distrutta.” In lontananza, nel nero della notte, si vede una luce che solca il cielo al di sopra della vicina isola di Tinos. “Vedi quell'aereo?”, mi domanda Teo. “È un volo charter per Mikonos. Ce n'è uno ogni tre ore. Sette voli al giorno. Ogni giorno. Per un'isola di meno di 100 km quadrati. A Santorini succede lo stesso. Capisci perché abbiamo voluto dire basta e fermare questo scempio?”
Dalla metà degli anni novanta, infatti, le isole greche sono state prese d'assalto dal turismo nazionale e internazionale con tutti gli annessi e connessi (costruzione di villaggi turistici e di hotel, di seconde case, di porti e di aeroporti, fenomeni di speculazione edilizia, ecc.) trasformando, purtroppo, in realtà il rischio di distruzione del territorio. La rete Efplia – termine greco che potremmo tradurre con “buona navigazione” – si è dunque mossa per organizzare e dare visibilità alle lotte in difesa del territorio e dell'ambiente portate avanti nelle diverse isole. Punto di contatto continuo di questa rete è l'omonima rivista a cadenza periodica con dossier su alcune delle più importanti lotte – come quella contro la costruzione dell'aeroporto per voli charter sull'isola di Syros e quella contro la costruzione del grande porto sull'isola di Naxos: due lotte entrambe conclusesi con un successo –, o su altre tematiche come la teoria della decrescita, le energie rinnovabili, il riciclaggio, l'agricoltura ecologica, l'acqua, l'alimentazione o le tradizioni popolari delle isole dell'Egeo.
Parlare delle lotte di Efplia e della teoria della decrescita significa parlare della crisi che stiamo vivendo da oltre cinque anni e delle cause di questa crisi. “Oggi stiamo vivendo i risultati di una crisi che non è solo economica”, mi dice Teo, “ma è una profonda crisi morale. La crisi morale di un intero popolo che, in questi ultimi anni, a causa di una falsa prosperità economica, è sprofondato sempre più nell'individualismo e nella mancanza di valori e di idee. Si è cercato di risolvere i problemi personali individualmente, dimenticandosi che l'unica soluzione si trova nella collaborazione e nella condivisione di idee. Insomma, in ciò che è collettivo”.

Syros, Ermòpoli. Un graffito chiede di liberare
l'anarchico Kostas Sakkas, liberato questo luglio
dopo 38 giorni di sciopero della fame


Teo ritorna con la mente alla sua infanzia e alle sue esperienze in giro per il mondo: “Da ragazzo non riuscivo a sopportare la cultura della competitività. Mi dava un fastidio terribile vivere in un ambiente in cui si doveva dimostrare costantemente la propria capacità nel perseguire un profitto e in cui si credeva che il denaro è una specie di bene supremo.” E continua, “nelle città europee dove ho vissuto, ho partecipato ai movimenti di squat e vissuto in comuni. Mi sono trovato a convivere con persone che davano tutte se stesse per delle idee, persone che lottavano per un mondo senza violenza, senza concorrenza. Cercavamo di creare uno stile di vita differente, in piccole comunità distanti da quello che si è soliti chiamare il ”mercato del lavoro“. Volevamo decidere insieme e volevamo condividere le nostre giornate, le nostre idee, i nostri valori e le nostre preoccupazioni”.
E oggi, mi spiega Teo, anche in Grecia, come già in altri paesi europei, in Australia e in Canada, stanno sorgendo molte iniziative che a questi valori fanno riferimento. Iniziative di economia alternativa e monete parallele, ad esempio. “Si tratta di gruppi di persone che vogliono essere indipendenti dal denaro. Ognuno dice quello che può offrire e ciò che gli serve. Si scambiano beni, servizi o conoscenze.” Teo mi racconta il caso della regione di Magnesìa in cui da tre anni a questa parte si sta portando avanti, nell'ambito del Network di Scambio e Solidarietà, l'esperienza dell'Unità Alternativa Locale (Ual) – Topikì Edallaktikì Monada (Tem) in greco – che sostituisce i prodotti e i servizi in euro, come aveva già spiegato molto bene su queste pagine Monica Giorgi (vedasi, Molto al di là dell'economia “ufficiale”, “A”, 380, pp. 24-29).
Di una rete come quella di Magnesìa fanno parte agricoltori, idraulici, avvocati, commercialisti, elettricisti, medici e negozianti. “Ma di reti come queste”, mi dice ancora Teo, “ve ne sono molte più di quante immaginiamo. E da molto prima che scoppiasse la crisi. In Germania soprattutto, dove vi sono decine di valute locali circolanti. Come nel caso della località bavarese di Chiemgau. Il Chiemgauer è stato creato nel 2003 e attualmente lo utilizzano come mezzo di scambio circa 3.000 persone e 600 imprese. Ma anche in Grecia ve ne sono altre, come nei casi di Atene, Salonicco e Creta.” Esperienze di grande interesse che ci danno qualche speranza in più.

Atene, Exàrcheia. Murales

Direi che non si sbagliava affatto quel ragazzo greco che, a un Vinicio Capossela sulle orme della musica rebetika, raccontava che “questa è la prima volta che la Grecia, che è stata sempre dieci, venti anni indietro, si trova davanti agli altri.” Non solo in negativo, ossia nelle sofferenze dell'austerità e delle politiche neoliberiste imposte alla popolazione, ma anche in positivo, ossia in nuove iniziative e nuove esperienze collettive che permettono di superare la crisi e, soprattutto, il modus vivendi e la forma mentis che l'hanno generata.

Steven Forti


Per maggiori informazioni:

romvos.wordpress.com
eyploia.gr
periodikotrypa.wordpress.com